Dopo il primo post sulla “cinesizzazione” dell’ Europa, mi e’ stato chiesto di portare almeno un esempio di questo fatto. Come ricorderete, la cinesizzazione consiste nel chiudersi a riccio -pur commerciando con l’esterno- applicando una legislazione interna che permette alle imprese di vivere – se l’interno e’ abbastanza grande- ma seguendo regole diverse , col risultato di costruire un mercato protetto.
Cosi’, eccovi un esempio: le famigerate agenzie di rating.
Occorre fare una premessa: col tempo, mediante la consuetudine -e la vampata mondialista del decennio scorso- le grandi agenzie di rating hanno potuto entrare a far parte del diritto. Non solo nel caso di contese viene giustificato il procuratore che investa in un investimento considerato “sicuro” dalle agenzie di rating, ma in molte nazioni europee e’ legge che alcune entita’ che hanno responsabilita’ sociale (per esempio i fondi pensione, ma anche alcune assicurazioni) possano investire solo in titoli che abbiano una resa AAA.
Capite che se in una nazione chiamata Francia il titolo di stato non ha piu’ questo rating, non solo c’e’ da temere che altri investitori stranieri abbandonino i titoli (dal momento che non possono per legge tenerlo), ma puo’ succedere anche che in Francia, le autorita’ di regolamento del mercato comincino a scalpitare nel vedere un fondo pensione che ha titoli -sebbene siano nazionali- non hanno il rating minimo consentito.
In generale si tratta di un approccio consolidato: anche laddove si siano fatte autorita’ di rating “proprie”, come in Cina, le si e’ poi usate allo scopo di regolare i mercati. Il regolatore, a seconda del rischio, ha stabilito dei rating minimi a seconda delle tipologie di societa’: come esempio ho usato un fondo pensionistico proprio per esaltare questo fatto, ma anche molte polizze di risparmio gestito -per legge- non possono agire come vogliono ma devono per forza di cose avere determinate composizioni di rischio.
Questo vi spiega come mai le agenzie di rating siano cosi’ attive in questa guerra condotta con armi non convenzionali: di fatto quando abbassano il rating costringono, pena l’intervento dei regolatori locali, gli investitori a disinvestire.
Perche’ allora i mercati hanno risentito cosi’ poco di questa ultima ondata? Essenzialmente perche’ i “regolatori” si sono un pochino fermati in attesa di un provvedimento “cinese”.
Il moloch tirato in ballo dall’europarlamento e’ la proposta di Leonardo Domenici, che verra’ messa ai voti il 28 febbraio, sulla regolamentazione delle agenzie di rating. Nella versione iniziale del regolamento, l’ ESMA avrebbe avuto il potere di sospendere qualsiasi validita’ riguardante il rating di paesi in difficolta’, dove per “sospendere” significa far venire meno i divieti automatici che esistono (per esempio sui fondi pensionistici) ad attenersi al rating “AAA” per i propri investimenti. Oggi rimangono solo norme sulla concorrenza , ma Martin Schultz adesso e’ presidente del parlamento, e spingera’ in quella direzione.
Gli inglesi hanno, a mio avviso, fermato il topolino facendo passare l’elefante. Hanno cioe’ cassato (col voto di Lady Asthon Martin, o come diavolo si chiama quella sconosciuta) il punto che permetteva alla ESMA di derubricare un debito nazionale dal computo del rating, ma hanno fatto passare un punto ancora piu’ devastante. Il quale punto, se considerate che il nuovo leader del parlamento europeo si chiama Martin Schultz e che ha giurato vendetta alle agenzie di rating (ha detto “il loro potere ha i giorni contati”) , e che Schultz e’ stato votato contro ben DUE candidati inglesi, probabilmente passera.
Che cosa succedera’, allora , da quando questa norma verra’ recepita? Succedera’ che gli enti dovranno ancora evitare i rischi, ma non saranno piu’ vincolati dal rating delle tre grandi. Potranno magari scegliere quale agenzia usare per i propri affari, per dire. Ma in generale il punto non e’ questo: il punto e’ che se in tutto il mondo il regolatore si basa sul rating per contenere il rischio sistemico inteso come rischio somma di tutti i singoli rischi, qui in UE dovra’ iniziare a fare in un modo diverso: la norma dice che il rating NON puo’ prevalere.
E’ sostenibile? E’ sostenibile quanto lo si sostiene: voglio dire che se fallisce un fondo pensione europeo lo stato ha la legittimazione politica per intervenire economicamente e salvarlo. I pensionati votano, e i futuri pensionati anche. Non credo preoccupi qualcuno. Per gli altri tipi di investimenti, piu’ o meno e’ lo stesso: se riguardano migliaia o milioni di contribuenti, lo stato avra’ la legittimazione per intervenire. Ovviamente poi stara’ a chi gestisce gli acquisti di titoli valutare il rischio in maniera piu’ o meno euristica.
Ma adesso guardatela con un orizzonte piu’ ampio: innanzitutto i fondi pensionistici di tutta europa potranno comprare debito sovrano europeo o nazionale. Se pensate ai legami politici che questi fondi hanno in paesi che hanno (e mantengono orgogliosamente) un grosso welfare, va da se’ che ci sara’ una corsa. Essendo i titoli europei sottovalutati perche’ sotto tiro, rendono molto e il rischio e’ basso: solo il fondo pensione dei fessi non ne approfitterebbe, una volta stabilito che il rating non e’ piu’ prevalente.
Ma l’effetto ancora piu’ grande e’ la cinesizzazione: il fondo europeo, qualsiasi cosa venga scelta come prevalente dal nuovo diritto europeo, potra’ dire ai cugini anglosassoni “io posso comprare quella roba li’, e tu no”. Il risultato e’ che l’europa gioca con alcune regole, il resto del mondo con altre. E anche il resto del mondo e’ diviso nei cinesi che usano le stesse regole ma col loro sistema di rating , e quel che rimane dell’ “occidente” che usa le regole consuete, ovvero la regolazione del rischio “classica” fondata su criteri basati sul rating.
Come vedete, la cinesizzazione non si basa su provvedimenti clamorosi . Probabilmente i giornali non parleranno nemmeno del provvedimento in questione, che viene anzi minimizzato dicendo “prima era ferocissimo, adesso e’ mutilato”. Ma il problema e’ che e’ mutilato dal lato sbagliato: la differenza di regole produrra’ un abisso. Pensate per esempio ai software che valutano automaticamente il rischio e prendono piccole decisioni , al ritmo di circa 5 al secondo. Bisognera’ riscriverli. Cosi’ come bisognera’ riscrivere tutti i software che fanno calcolo automatico del rischio di portafogli, e via dicendo.
Nel tempo, qualsiasi sia la regola prevalente scelta, si finira’ con l’essere praticamente incompatibili col resto del mondo. Ottenendo quindi una piazza finanziaria “chiusa”: sufficientemente grande da starci bene, ma anche priva di interoperabilita’ con le altre. Sara’ persino difficile per un manager cresciuto in un insieme di regole abituarsi a prendere decisioni veloci in un sistema molto diverso:quindi anche la migrazione di manager sara’ piu’ difficile.