Sopa e pipa (NSFW)

C’e’ ancora una certa farlock-storm sul blog, quindi continuo a tenerli lontani col solito metodo (TETTE). Anche perche’ questo post intende appunto parlare delle campagne contro SOPA e PIPA, le due leggi americane -per ora- rimandate ad una seconda lettura al Congresso.E quindi attira i farlocchi come mosche. Da addetto ai lavori, mi sembra essenzialmente che si stia dimenticando il punto piu’ importante, punto che vorrei innanzitutto rimarcare qui.
Molte volte ho detto che le restrizioni sulla diffusione di materiale via internet sono essenzialmente a svantaggio di chi si illude di proteggersi , portando a sostegno di questo fatto il ruolo delle radio negli anni ’60 e ’70. Se e’ vero che diffondevano musica facile da registrare su cassetta e gratuitamente – pagando una lieve somma alla SIAE – ,dall’altro erano l’unico modo per far conoscere la musica ai giovani. Se qualche artista avesse citato per danni una radio per aver diffuso gratuitamente la sua musica, il risultato sarebbe stato che tutte le radio lo avrebbero tolto dalla programmazione, trasformandolo in uno sconosciuto. Cosi’ ho sempre riso di queste campagne “per la liberta’”: oh, si tolgano pure da ogni sito web i cantanti delle grandi major. Fatelo. Fate si’ che arrivino solo su due o tre siti autorizzati e due o tre store. E poi vediamo chi muore di fame prima.

Usciti dal giudizio nel merito, mi rende invece  molto perplesso l’approccio alla protesta che si e’ diffuso in Italia.
Per una ragione molto semplice: TUTTI, e ripeto TUTTI i provvedimenti previsti da SOPA e PIPA sono gia’ legali in Italia da anni, e vengono gia’ usati da anni.

 

Per anni si sono oscurati i siti di gambling online semplicemente obbligando i provider ad oscurarli sui DNS. C’e’ da dire che l’utente ha iniziato ad usare OpenDNS, ma questa pacchia in alcuni provider non ce l’avete piu’: i pacchetti UDP destinati alla porta 53 sono rediretti sul DNS del provider stesso. (1)

Parlo proprio della legge a tutela del monopolio di stato sui casino’, che vincola i provider ad oscurare i siti che non sono autorizzati dai monopoli :  legge 27 dicembre 2006n296

 

Facciamo un passo indietro: aa che cosa dice di fatto questa legge americana? Dice essenzialmente, in due versioni diverse, che un contenuto ritenuto illegale puo’ essere bloccato ovunque sia, che il raggiungimento del dominio puo’ essere reso impossibile, e che il provider non puo’ rifiutarsi di collaborare con le autorita’ a riguardo, e che le major o il loro rappresentante (l’equivalente della SIAE da noi) puo’ dare inizio alla procedura.

 

La domanda e’: in italia non e’ gia’ cosi’ da anni, forse?

 

 
LEGGE 18 marzo 2008, n. 48
Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalita’ informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno.
4. All’articolo 254 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni : 
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Presso coloro che forniscono servizi postali, telegrafici, telematici o di telecomunicazioni è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica, che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall’imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato»;

8X—

 Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici cui è rivolto l’ordine previsto dal comma 4-ter deve ottemperarvi senza ritardo, fornendo immediatamente all’autorità richiedente l’assicurazione dell’adempimento. Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici è tenuto a mantenere il segreto relativamente all’ordine ricevuto e alle attività conseguentemente svolte per il periodo indicato dall’autorità.

Ora, il fatto che si siano chiusi i siti di gambling , cosi’ come la finanza possa chiudere per evasione (su denuncia SIAE) un sito ove si pirata del software, e’ molto semplice: in Italia, leggi analoghe a SOPA e PIPA sono in vigore da anni. Voi direte che non si menziona la malvagia multinazionale che darebbe l’ordine, ma in Italia e’ ancora peggio: se il magistrato chiede a qualcuno di fare il vostro nome -torturandolo mediante mesi e mesi di detenzione preventiva- allora puo’ decidere che la vostra corrispondenza “possa avere relazione”. Faccio notare che non c’e’ scritto “abbia relazione” , ma “possa avere”, il che significa che il sequestro puo’ avvenire SENZA che ci sia bisogno di dimostrare che voi abbiate fatto qualcosa di male. In confronto, le norme americane sono permissive: in Italia, chiunque dica che il vostro sito “possa avere” relazione con il reato e’ in grado di sequestrarlo.Adesso pero’ dobbiamo chiederci: perche’ nessuno ha protestato all’introduzione di queste leggi in Italia? Semplice: perche’ secondo i sostenitori del “villaggio globale”, quei farlocchi che non hanno mai messo mani su un router ma parlano di social e di media e di internet e di liberta’ 24/7, “una legge nazionale dal punto di vista di Internet e’ solo un fenomeno locale”.

Allora, direte voi, se davvero  “una legge nazionale dal punto di vista di Internet e’ solo un fenomeno locale” perche’ si fa tutto questo casino per PIPA e SOPA?
Il problema non sta nella natura delle leggi (in altri paesi, Francia compresa, ci sono regole ancora piu’ restrittive delle nostre e di quelle americane), sta nel fatto che “dal punto di vista di Internet” le leggi nazionali sono solo fenomeni locali, TRANNE QUELLE STATUNITENSI.

Allora, signori, il problema che state cercando di affrontare non e’, di per se’ stesso, nella natura delle due leggi: il problema risiede  in un fatto ancora piu’ imbarazzante, e cioe’ che Internet e’ TROPPO americana per essere l’ente “globale” ( e quindi quasi extraterritoriale) che pretendete.

 

Le leggi che ho trascritto sopra, che sono leggi italiane, non sono SOLO leggi italiane: sono l’applicazione italiana di un regolamento europeo. Ora, se sommiamo i paesi europei ove si e’ applicato questo regolamento, otteniamo un bel gruppo di quei paesi che (almeno ufficialmente) garantiscono la liberta’ su internet. Ciononostante, quello che e’ successo mostra una cosa: “dal punto di vista di Internet” gli Stati Uniti d’America non sono uno dei tanti posti “locali”, ma sono un punto assolutamente CENTRALE.A dirlo non sono io: e’ il vostro stesso comportamento: state partecipando a battaglie civili per la liberta’ di Internet quando quelle leggi arrivano negli USA, ma non avete mosso un dito quando sono arrivate in tutta la UE. Come mai?

La differenza e’ semplice: quando un regime (come l’Egitto o la Cina) blocca o censura il traffico su internet, quello che pensate e’: beh, sono paesi che non contano tanto per internet, si tratta di regolamenti locali che non inficiano la liberta’ complessiva del media. Ma quando la stessa cosa avviene negli USA, non ne siete piu’ sicuri. Ed a ragione: la quantita’ di indirizzi assegnati, di traffico, di business, e di entita’ necessarie a godere del “web 2.0” che sono soggette alle leggi americane (google, facebook, twitter, wordpress, solo per nominarne alcuni) e’ tale che internet e’, se la leggiamo come “luogo virtuale”, in gran parte soggetta a leggi americane.
Sul piano del trasporto, negli ultimi anni il problema e’ abbastanza mitigato: la ragnatela di cavi in fibra posati negli oceani e il livello di interconnessione sono cresciuti enormemente, quindi il problema sul piano del trasporto si pone ormai poco. Le grandi zone geografiche (RIPE, etc) sono in grado di rimanere in piedi quasi – dico quasi- da sole.

Il resto viene meno quando saliamo un attimo di livello nello stack. Sino al trasporto e al livello IP siamo messi meglio -ma non ancora bene- rispetto a qualche anno fa, quando si dipendeva interamente dagli USA. Sul piano dei DNS, almeno a livello dei TLD, (i nomi come .com .net .org, eccetera) siamo ancora troppo sbilanciati verso gli USA. Troppi dei root servers sono ancora americani. Sicuramente e’ una buona cosa che oggi con 150.000 euro si possa creare un TLD autonomo (tipo io potrei creare una cosa come .uriel, o .tette) , ma oggettivamente quel che succede e’ che il tutto e’ troppo sbilanciato verso gli USA. Il governo americano puo’ , solo coi TLD sotto la sua supervisione, effettivamente causare problemi gravissimi al 60% dei domini mondiali, in un modo o nell’altro , sotto la sua giurisdizione.

Se stiamo su un altro gradino applicativo, quello dei servizi WEB/SOA etc , siamo messi ancora peggio. Il mondo che chiamate “social” di fatto e’ americano quasi per intero! Google, Bing, MSN/Live, Yahoo, WordPress, Twitter, Facebook, Tumblr, Posterous, praticamente TUTTO e’ negli stati uniti e risente delle leggi statunitensi.

Questa e’ la ragione per la quale non potete restare indifferenti, la VERA ragione, a quanto avviene negli USA. Perche’ sapete benissimo che gli USA per “internet” e specialmente per il “Social” non sono “un posto qualsiasi”, sono praticamente il 100% della vostra “liberta’”.
Ma c’e’ una cosa ANCORA piu’ imbarazzante in questa storia. Supponiamo adesso di fare il seguente discorso:

 “per preservare la liberta’ di Internet e preservare Internet come luogo neutrale e libero, e’ necessario che la sua architettura cambi, e che si distribuisca meglio nel mondo, in modo da impedire che un solo paese, fossero anche gli USA, possa distruggerne la liberta’”.

Sarebbe un discorso logico e lecito, se l’intento e’ proprio quello di garantire che Internet (nel caso odierno, i Social Media) si mantenga come molti la vogliono.

MA che cosa succederebbe se proponessimo una cosa simile? Semplicemente, avremmo soltanto pochi estremisti europei e qualche governo antiamericano a supportarci. E sapete perche’? Perche’ non solo LO SPAZIO VIRTUALE di fatto e’ uno spazio AMERICANO, ma lo e’ anche la stragrande maggioranza di coloro che si sentono “netizens” e coloro che si impegnano perche’ Internet sia neutrale e libera.(2)

Cosi’, quello che scoprite e’ che su internet puo’ nascere un grande movimento per la liberta’ solo se i grandi big del social media AMERICANO (quali possono essere i CEO di Twitter, Facebook, Google, & co) si schierano insieme alla massa di “netizens”, cioe’ di coloro che si sentono cittadini della rete, CHE SONO ANCORA IN GRAN PARTE AMERICANI. La conclusione sociopolitica , ancora piu’ imbarazzante  di quella tecnologica, e’ che

se ci rifieriamo al sogno di una internet libera, non solo dobbiamo constatare che e’ in gran parte americana la parte tecnologica  , ma siamo costretti a constatare che anche la parte civile, politica e sociale e’ , ancora una volta, quasi totalmente americana.

Non solo e’ americano Facebook, ma sono americani il 70% di  coloro che vogliono tenerlo completamente libero e che sono in grado di impegnarsi perche’ succeda. E’ ovvio che in un periodo di elezioni se scendono in campo Mr Google, Mr Facebook e la silicon valley tutta col suo business, la legge si fermera’. Ma e’ uno stop momentaneo. E ancora una volta, dovuto a vicende interne AMERICANE.
Che cosa sostiene la situazione attuale? Innanzitutto il fatto che quanti sui mass media parlano di internet normalmente non ne capiscono mazza. Ho letto la versione italiana di Wired abbastanza da capire che e’ ancora peggiore di quella in inglese: early users, early users, early users. Di tecnici neanche a parlarne, in genere sono traduttori di roba letta sul web.

La seconda componente dannosa sta negli autonominatisi “guru di internet” presso la stampa locale. Essi parlano di Internet come se fossimo nello Sprawl di Gibson, ignorando qualsiasi cosa sia infrastruttura, pensando che internet sia come l’etere, cioe’ che sia una tecnica di trasmissione su aria e non una infrastruttura, e che il software sia qualcosa di “astratto”, cioe’ qualcosa che vive nel mondo delle idee. Sono in genere umanisti di merda, e questo dice tutto: che cazzo volete che capisca di questioni reali un laureato in filosofia? E’ gia’ tanto che riesca ad allacciarsi le scarpe senza perdersi nei dubbi.

Cosi’, l’atteggiamento ipocrita produce in meccanismo del genere:

  1. Quando non vediamo minacce alla liberta’ digitale oppure le vediamo applicate in “paesi merdofani” , cioe’ paesi non ariani, ce ne infischiamo con un certo snobismo , tanto diciamo che “Internet trova SEMPRE il modo di aggirare gli ostacoli” , “un provvedimento nazionale per internet e’ un regolamento locale”, altre snobistiche MINCHIATE del genere. Se le traducessimo, si tradurrebbero in “tanto Twitter e’ in america, chi se ne fotte del merdone in Siria?”, ma a questi autoproclamatisi guru manca l’onesta’ intellettuale per capire che le due cose si equivalgano: internet aggira gli ostacoli europei , cinesi/altri paesi merdofani, per la semplice ragione che si trova negli USA.
  2. Quando arriva l’amara verita’, e cioe’ che se un ostacolo si trova negli USA internet NON puo’ aggirarla e no, NON si tratta di un mero “regolamento locale”, essi dribblano ancora una volta il problema , partendo a testa bassa in un ottuso “protestismo” da sessantottini, il quale ottunde le menti e impedisce alle persone di riconoscere il problema per cosi com’e’. Che non esiste un Facebook europeo, non esiste un Twitter europeo, non esiste un Google europeo, non c’e’ possibilita’ alcuna di aggirare l’ostacolo rifugiandosi in un’altra oasi di liberta’ qualora l’ostacolo si trovi negli USA. Sono troppo impegnati a protestare, loro.

E cosi’, difficilmente se ne uscira’: forse se ne uscira’ quando e se in palio ci saranno questioni che interessano davvero , ma per ora non e’ assolutamente possibile convincere l’opinione pubblica del fatto che il problema non siano SOPA e PIPA, che sono leggi che hanno analoghi in quasi tutta Europa (a proposito, dove eravate? Ah, si: a dire che tanto Internet avrebbe aggirato l’ostacolo). Non e’ possibile spiegare che alla fine dei conti Internet aggira gli ostacoli in un solo modo, cioe’ passare per gli USA, e che quindi la sua capacita’ di essere libera non risiede nella sua tecnologia, ma nel fatto che sinora il governo americano cosi’ ha voluto.
E’ possibile che questa cultura cambi? No, finche’ in prima linea a discettare di Internet e liberta’ civili ci sono i farlocchi di Wired e tutta l’allegra compagnia di idioti riciclati , detti “early users”, che continuano a vomitare minchiate letterarie su problemi che sono tecnici, e che non possono capire perche’ capire farebbe loro crollare l’universo di riferimento:

per quelli che parlano e straparlano di diritti civili “su internet” e’ TROPPO difficile ammettere che quando scrivono qualcosa in rete possono farlo non perche’ sono “cittadini della rete” ma perche’ sono, di riflesso, cittadini pseudo-americani. Per loro e’ impossibile ammettere, prima di tutto con se’ stessi, che la liberta’ di cui godono quando sono in rete non e’ la liberta’ DI INTERNET ma la liberta’ DEGLI USA, e per loro e’ sempre e comunque difficile ammettere che, di fatto, il cittadino libero di internet non e’ altro che uno straniero MOLTO meno libero in patria, che eredita ATTRAVERSO la rete le liberta’ DEI CITTADINI AMERICANI. Non esiste il “netizen” coi suoi diritti, non esiste alcun cittadino di internet coi suoi diritti, sulla rete esiste solo un cittadino americano con una nazionalita’ diversa.

Ammettere questo, per certa gente in perenne lotta contro l’imperialismo , sarebbe anche troppo.

Sarebbe troppo difficile, anche sul piano esistenziale, ammettere sui loro blog che la loro liberta’ digitale non viene da “Internet”. Viene da Washington.
Uriel
(1) La cosa sarebbe meglio risolvibile se Opendns permettesse l’uso di porte TCP diverse, ma qui andiamo sul tecnico.

(2) Non scendo nel merito della rivendicazione in se’, sto solo considerando gli intenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *