EU dopo il Brexit.

EU dopo il Brexit.

E’ molto interessante come il Brexit venga visto (o venduto dai giornali) come un fenomeno dall’impatto principalmente economico, ma non politico, da valutarsi in termini di esportazioni. Ci stiamo chiedendo quali e quanti clienti siano usciti dall UE, senza chiedersi che genere di politica stia uscendo dalla UE.

Allora bisogna guardare indietro alla UE , per vedere le cose in prospettiva. La UE che nasce, passando da CECA e poi CEE, ancora senza UK, era un posto che definirei “stataleggiante”.

Era la UE delle quote latte, delle quote sullo zucchero, dei regolamenti asfissianti. E lo era per un motivo: era l’unione di stati che erano tutti estremamente statalisti. In Italia c’erano ancora IRI e i colossi di stato e la cassa del mezzogiorno, in Germania quasi tutte le aziende erano in comproprieta’ con stato, länder e kreis, esistevano ancora leggi che obbligavano praticamente chiunque volesse fare qualsiasi cosa ad avere una licenza. La Francia aveva uno stato onnipotente e ramificatissimo, nonche’ centralizzato, e lo stesso valeva per tutti i membri.

Quando e’ che l’europa e’ diventata cosi’ mercatista da avere un commissario alla concorrenza, e da imporre agli stati di vendere per “aprire il mercato interno dei servizi?”.

Possiamo andare indietro nella storia e notare che ad un certo punto UK entra nell’unione europea. Ed e’ un bel bestione, perche’ ha un signor PIL. Il problema e’ che e’ un paese cosi’ liberista e mercatista da poter vendere il liberismo alla EU. Quando dico “vendere” intendo che la cosa e’ costata molto, nel senso che l’apertura del mercato interno dei servizi si e’ spinto al punto che EDF (Electricite’ de France) ha controllato la rete elettrica di Londra. Quindi gli inglesi si presentano in europa, e in cambio di alcune contropartite (a volte salate) riescono ad imprimere alla UE un andamento liberista e mercatista, a spese degl statalisti. In cambio ne hanno l’apertura del mercato dei servizi finanziari e lo stop degli aiuti di stato.

Dopo la Tatcher la tendenza e’ continuata col New Labour, che ha visto gli inglesi fare sempre lo stesso lavoro in sede UE: votare contro qualsiasi provvedimento “statalizzante” e votare a favore di qualsiasi provvedimento liberista e mercatista, spesso portandosi dietro uno stuolo di alleati del momento.

Dopo anni di questa pressione, la UE e’ l’ente liberista e mercatista che conosciamo.

Ma ora se ne sono andati. Il “fornitore di liberismo e di mercatismo e’ fuori”. A rimanere dentro sono stati che hanno sempre avuto una fortissima tendenza alla statalizzazione, alla regolamentazione e all’intervento dello stato sul mercato.

Certo, ci sono alcune nazioni europee che sono ancora liberiste: Olanda, Danimarca, Lussemburgo. E poi? Uhm… niente. Persino le nazioni che gli UK avevano fatto entrare nella EU come alleati, i paesi del vecchio blocco di VArsavia, sono degli statalisti forsennati.

Insomma, con la Brexit la EU ha perso il piu’ grande fornitore di liberismo e mercatismo. E’ quindi prevedibile una svolta statalista generalizzata, e un comportamento “da stato” delle istituzioni europee. Non per nulla, stiamo vedendo:

  • un tentativo di statalizzazione della rete di Telecom Italia, mentre DTelekom e’ ormai al quaranta e rotti per cento del governo tedesco, e i francesi stanno a loro volta ricominciando ad entrare nel mondo telco. CDP in Italia e’ sempre piu’ assertiva,(pensate alla direzione dell’operazione della vendita della borsa di milano, o della trattativa con Autostrade) e lo stesso (anche con la scusa del Covid) era gia’ in atto in tutti i paesi europei, da quando il Brexit e’ stato chiaro.
  • interventi statali “ a sostegno delle imprese colpite dal Covid”, da Lufthansa ad Alitalia, salvataggi di banche”, e a livello piu’ alto aiuti alle imprese (Il SURE) e l’istituzione di fondi per le infrastrutture come ESM e Recovery fund.
  • il budget UE che anziche’ diminuire come volevano gli UK e’ rimasto alto, nonostante la loro uscita.

Tutta questa roba NON ha alcun corrispondente in NESSUNA politica britannica: le aziende non stanno venendo aiutate dallo stato se non in maniera insignificante, ammortizzatori sociali da Covid stanno a zero (o quasi), statalizzazioni non se ne vedono all’orizzonte.

Dobbiamo prepararci ad una EU che abbandona le istanze mercatiste e liberiste, e semmai si limita ad armonizzare l’azione statalizzante dei singoli paesi. Non esiste piu’, di fatto, alcun paese rilevante che spinga in direzione opposta.

Per questa ragione vediamo gli stati pensare (e a volte mettere in atto, come con la Borsa di Milano ed Autostrade) delle operazioni prima impensabili.

Ed e’ per questo che tutti sono cosi’ intransigenti con gli UK: in realta’ tutti i paesi europei vogliono piu’ stato , e non vogliono un paese iperliberista a 40Km di mare, che si metta a deregolare ogni cosa. Non lo vogliono gli spagnoli, non lo vogliono i francesi e non lo vogliono nemmeno i tedeschi. Anche gli italiani, che oggi si preoccupano del prosecco, sanno benissimo che avrebbero grosse grane se gli inglesi liberalizzassero il mercato del prosecco, consentendo a qualsiasi azienda (italiana o meno) di chiamare cosi’ un vino fatto con la polverina liofilizzata.

La meravigliosa “unita’ di intenti” che anima la UE nelle trattative del Brexit non e’ altro che questo: la possibilita’ di tornare allo stato regolatore di prima, e di ricostruire i mercati interni. Si tratta di politiche che oggi avvengono in quasi tutti i paesi non EU, che per via dell’influenza inglese sono state vietate in EU, ma adesso che non c’e’ piu’ il gatto c’e’ la fila di topi che vogliono ballare.

Il problema e’ che si tratta di pratiche normali: quasi nessun paese al mondo, tranne UK e USA, hanno problemi ad accettare che lo stato sia cosi’ presente nell’economia. Quello che voglio dire e’ che se anche USA e UK si mettessero a strillare per il un nuovo protezionismo statale UE, il resto del mondo (per esempio la Cina) sarebbe perfettamente a suo agio con una UE che si crea la sua IRI, la sua CDP, e con tutta una serie strumentale di leggi e regolamenti che tengono la competizione internazionale fuori dalle scatole.

In ogni caso, comunque reagiranno gli altri paesi, di certo e’ che senza una spinta verso liberismo e mercatismo (che veniva dagli UK, che votavano sempre risoluzioni in questa direzione) e senza un’allergia allo statalismo di stampo europeo, che vedeva sempre gli inglesi votare contro e trascinarsi dietro qualche alleato , la EU e’ destinata a diventare un luogo sempre meno liberista e mercatista, e molto, ma molto piu’ statalista.

Poi, che lo faccia in prima persona con le sue istituzioni o come luogo per armonizzare statalismi diversi, e’ da vedersi e dipende dalla forma politica che assumera’.

Se fossi in voi non scommetterei tanto sul liberismo nel continente europeo. Non sembra piu’ essere un cavallo promettente.

Commenti

  1. epif.gilardi

    L’IRI, la Cassa del Mezzogiorno, sono istituzioni vituperate da decenni, ma resta il fatto che se l’Italia è diventata una grande potenza industriale nel dopoguerra lo dobbiamo anche a queste istituzioni. Poi ci diranno mirabilia del genio italico, dell’intraprendenza delle PMI, tutte cose innegabili, ma senza la presenza dello Stato in economia saremmo rimasti un paese di straccioni per lo più semianalfabeti. Poi, dagli anni Ottanta, all’insegna dello slogan “meno stato, più mercato”, abbiamo distrutto quasi tutto. Il risultato lo conosciamo. Eh no, troppo comodo prendersela con il Covid, quando già per conto tuo eri in decadenza, è logico che un’epidemia ti investe come un’onda di piena e finisce di metterti in ginocchio. Del resto, pur avendo molte più risorse di noi, non mi pare che poi il Regno Unito sia in ottima salute, dopo quarant’anni di liberismo.

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