Scrivere sci-fi.

Siccome sto scrivendo Pietre (lo sto finendo, abbiate pazienza) e uno mi chiede di descrivere come vedo la fantascienza, lo faccio giusto come “pausa di ripasso”. Anche perche’ sulla fantascienza si sono scritte corbellerie su corbellerie.

La prima cosa da capire sulla fantascienza e’ che si e’ trattato dell’ UNICO genere letterario del secolo scorso a scrivere novita’. Certo, si scrivevano anche libri di altro genere, ma essenzialmente a scriverli , criticarli e premiarli era un’accademia che parte da un presupposto sbagliato:

l’umanita’ , qualsiasi cosa sia, e’ una qualita’ espressa ed analizzata nei suoi termini massimi e completi dai “classici”, una volta ed una volta per tutte. “Umanita’ che cambia”, quindi e’ sinonimo di umanita’ che finisce, perche’ ogni cambiamento rispetto al classico e’ minore e peggiore del classico.

Questo assioma lo si trova ovunque nella letteratura moderna, tantevvero che gli ultimi premi nobel vengono sempre da qualcuno che scrive di qualche popolo puzzone di qualche sobborgo di sarcazzistan povero del sudamericamediorientafrica , laddove cioe’ l’uomo somiglia di piu’ al primitivo puzzone che loro chiamano uomo “classico”: il greco o il romano.(1)
Una volta condannati a pensare come “genuino” solo l’essere umano che ha almeno tre parassitosi , un moribondo in famiglia, un parente che si prostituisce,  dentro una societa’ di “poveri ma felici“, e’ ovvio che qualsiasi descrizione di un essere umano “cambiato” o “migliorato” col progresso viene vista con repulsione. Da cui, non c’e’ alcuna letteratura dopo l’ Arcadia. Il movimento letterario noto come “Arcadia” e’ semplicemente l’epitaffio della letteratura,  la  sua lapide (rigorosamente bianca e con le colonne doriche).
Morta l’accademia (e non la piangero’ di certo) , rimane la fantascienza. La fantascienza e’ l’unico genere letterario che ha il coraggio di immaginare un’umanita’ diversa per via di novita’ della scienza e’ la fantascienza.
La fantascienza e’ lo stupore dei pochi scrittori rimasti (o dei nuovi scrittori nati tra le tombe della letteratura morta) di fronte a tre concetti: l’esistenza di altri mondi e (forse) di altre creature, l’esistenza e la percorribilita’ di uno spazio siderale sterminato e fuori controllo, l’arrivo di tecnologie che cambiano radicalmente la vita dell’uomo.
Nasce, cioe’ , un nuovo ignoto. Un nuovo spazio ove coltivare nuove domande.
Da questo stupore -prima emozione genuina che si sia provata nel mondo della letteratura da diversi secoli- nascono tre grandi filoni, tutti legati al nuovo spazio creativo.

Primo: arriva il mostro.

L’umanita’ ha sempre partorito mostri. Dalle chimere alle arpie, leviatani e ippogrifi, sirene ed echidne , ciclopi  e draghi, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Con la biologia e tutta la scienza e l’esplorazione del mondo questi mostri sono finiti.
Diciamo la verita’, la letteratura ne sentiva la mancanza. Cosi la fantascienza ha prodotto tutto un ecosistema di mostri, che a volte (come Alien e Predator) interagiscono tra loro. Essi sono di diversi tipi: i mostri che troviamo nello spazio (viaggiandoci), i mostri che vengono da altri pianeti , i mostri che creiamo noi con la tecnologia.(un sottofilone e’ quello degli eroi sovrumani che noi creiamo con la tecnologia).
Il filone mostri va dal semplice ‘spara all’insettone” fino a domande piu’ complicate tipo “potremmo conviverci” o “e’ giusto sperimentare fino a quel punto”: lo scrittore di sci-fi si porta di fronte ad interrogativi etici di fronte ai quali i merdosi cattedratici rispondono sempre allo stesso modo: “se vivessimo come i greci con le statue bianche e i pastori e le colonne doriche spezzate allora non avremmo questi problemi. L’invenzione del vapore e’ stata un grandissimo errore! Penitenziagite, folli!E che un’aquila vi si strappi il fegato ogni giorno della vostra vita, che passerete incatenati ad una montagna(2)”.

Secondo: fantascienza di mare.

Prima di conoscere la radio e il radar , l’umanita’ aveva uno spazio, anzi due, ove collocare storie che sfidavano l’ordinario. Erano il mare e l’oltremare. Nel mare poteva succedere di tutto, si poteva incontrare di tutto, e oltre il mare ancora di piu’. In generale le grandi distanze erano uno spazio per la fantasia, dal momento che si poteva fantasticare di persone mai viste, usanze mai viste, regole mai viste.
Oggi con i satelliti e le radio e l’aviazione il mare non ha nulla di misterioso e magico, e ai vecchi harem orientali che eccitavano tanto i nostri nonni si sono sostituiti i veri bordelli con le bambine e la scabbia. Non c’e’ piu’ sul pianeta un posto ove sognare avventure su vasta scala, ove non solo il protagonista ma il mondo di riferimento siano inventati.
Ebbene, definisco fantascienza di mare tutta la fantascienza che vive semplicemente grazie al “grande mare” che e’ lo spazio, e a quanto c’e’ dopo. Star Wars poteva essere scritto nel 1700, semplicemente cambiando lo spazio col mare, gli alieni con i diversi popoli ancora esotici e i pianeti con le isole. Ne sarebbe uscito un discreto romanzo d’avventura, qualcosa tra Michele Strogoff e Sandokan.
In realta’ Star Wars ha bisogno estremo di spazio e pianeti, dal momento che sul pianeta terra la sua trama  risulterebbe essere incollocabile: ma il bisogno e’ circostanziale, dovuto semplicemente alla estrema antropizzazione del pianeta. Non c’e’ alcun bisogno reale dello spazio, se non nel fatto che il pianeta terra e’ conosciuto, e lo stesso dicasi dei suoi popoli.
Questo genere in genere si pone interrogativi anche importanti, come “in che diavolo di modo governare una intera galassia?” -sensato visto che non esistono tecniche contabili relativistiche: un’economia del genere sarebbe interessante- sino all’effetto che farebbe una diaspora dalla Terra, o l’incontro di Odissea nello spazio.
Anche Battlestar Galactica e’ un esempio di questa fantascienza: in passato si sarebbe scritto di un qualsiasi popolo di quaccheri che cerca una nuova sistemazione nel West, o della diaspora ebraica. La fantascienza di mare si caratterizza per il fatto di aver spostato nello spazio le storie che prima erano ambientate in mare o in grandi distanze desertiche, come il Sahara o l’Asia, dove potete trovare di tutto.

Parte terza: mamma voglio sposare uno ztranx.

Questa parte della fantascienza e’ piu’ focalizzata a chiedersi in che modo l’umanita’ cambierebbe o cambiera’ semplicemente per l’introduzione -anche senza voli spaziali- di nuove tecnologie. Esse vanno dall’energia atomica ai robot, dalla genomica all’elettronica, alle nuove droghe, alla tecnologia bionica.

E’ una fantascienza che va interrogarsi su diverse questioni cui un tempo rispondevano gli umanisti, quelli che oggi sono troppo impegnati a rimproverare il mondo per aver contraddetto Plutarco.
Questo filone esplora tutti i possibili cambi, e va da chi si interroga sul dopo-olocausto nucleare, alle conseguenze dell’inquinamento, sino a Matrix che si interroga sul mondo virtuale.
In genere non ci sono mostri, ma lo scopo e’ di portare un’invenzione alle sue estreme conseguenze sociali, sino a mostrare che genere di distorsioni potrebbe provocare. In questo filone le invenzioni sono le piu’ disparate, dalla genomica alle interfaccie uomo-macchina, ai cyborg sino alle intelligenze artificiali.
La trama e’ generalmente avvincente e avventurosa come quella di Blade Runner o di Rollerball, due casi di domande sulla natura dell’umanita’. L’umanista classico di fronte ai replicanti di Blade Runner direbbe che la colpa e’ tutta di un mondo che non vive piu’ come i greci, e di fronte alla societa’ pianificata di Rollerball direbbe che la colpa e’ di un mondo dove Plinio il Vecchio non viene letto abbastanza.
In realta’ la ribellione di Rollerball e gli interrogativi di Blade Runner (e del libro originale, circa una societa’ fondata sulla pretesa di empatia ove e’ emarginato chi non sia abbastanza empatico) sono sin troppo profondi, ma nessuno dei cialtroni accademici potrebbe rispondervi perche’ manca loro il background tecnologico e scientifico per capire il problema.
Questa fu la prima fase della fantascienza, prima di quello che io definisco “i cialtroni accademici ritornano”. Succede che ad un certo punto l’accademia rosica di arrivare sempre dopo, e rosica di vedere i vari Kubrik , Heinlein &co chiamati a parlare , mentre loro al massimo scrivono ancora di straccioni del sarcazzistan che scoprono quanto i greci avessero ragione a descrivere l’umanita’ come ad una continua rissa per farsi succhiare il cazzo da qualcuno/a che invece lo succhiera’ a qualcun altro.(3)
Cosi’ decidono che anche loro vogliono una fetta della torta, e iniziano ad usare i loro appoggi dentro il mondo dell’editoria per prendersi una fetta di spazio. Nascono cosi’ i filoni “puzzo-di-merda-non-per-caso” della fantascienza: se Umberto Eco dovesse scrivere SF, scriverebbe merda “cyberpunk”.
Essi si caratterizzano per una cosa semplice: non serve un background scientifico/tecnologico per scrivere di quella merda. Basta conoscere la merda che si infila a tonnellate nella sci-fi, e che si studia nelle accademie. Medioevo, storia, passato, storia, medioevo, passato.

Quarto filone: una merda chiamata cyberpunk.

Premesso che il cyberpunk nasce (almeno ufficialmente) da un’opera che andrebbe nel settore “come le tecnologie cambiano la nostra vita” , ad un certo punto avviene un certo bailamme e improvvisamente tornano i cialtroni accademici. E iniziano a spiegarci che se vogliamo davvero investigare l’umanita’, dobbiamo metterci nell’UNICO periodo in cui era tale. Indovinate un pochino? Ma sono ancora greci, medioevo, romani, e comunque passato.
Tecnologie? Poche, mai descritte, e comunque passano sempre in secondo piano. Spazio: lo si menziona, ma e’ sempre in secondo piano. Mutazioni? Nuovi uomini? No, SEMPRE vecchia merda.
 Quando sono arrivati gli accademici con la loro merda di avventure nel medioevo, nel periodo delle guerre civili americane, e tutto quanta quella storia inutile -inutile per come la studiano, cioe’ come favoletta morale- che vogliono insegnare a tutti i costi, anche quando il pubblico sbadiglia.
Nascono cosi’ inutilita’ da rifondaroli drogati come Eymerich l’inquisitore, minchiatine superflue come alieni che arrivano e ci intimano di non ammazzare piu’ i cuccioli di foca , e tutte le altre porcherie che vogliono semplicemente tradurre la puzzolente noia che si prova nei dipartimenti di lettere del vecchio continente -quale fucina di nuova fantascienza, un simile vecchiume!- , e che invece sono ancora 50 anni PIU’ VECCHI del Mafarka di Marinetti.
Con questo voglio dire che per scrivere fantascienza occorre essere impressionati dal progresso. Ma se lo scrittore rifiuta di comprare il telefonino e non sa che cosa si stia studiando nei laboratori dei fisici, che cazzo dovrebbe scrivere in un libro di fantascienza?
Non voglio citare gli illustri, ma andiamo anche nel (mio) piccolo. Nella saga di Cibo le razze usano per spostarsi e farsi guerra l’iperspazio , cioe’ allentano la pseudo-metrica del continuum spaziotempo. Sino a quando i Namaiti non arrivano a pervertire la natura monotonica del momento relativistico, e si trovano in un subspazio a curvatura negativa , il che e’ come dire che sono -contemporaneamente- sotto OGNI mattonella del pavimento su cui camminate, a qualsiasi velocita’ voi camminiate, loro devono solo scegliere su quale piastrella emergere.
Ovviamente il subspazio e’ piu’ adatto alla guerriglia perche’ se non permette veri spostamenti dall’altro permette di apparire dietro all’avversario. Tuttavia, qualcuno potra’ ancora ammirare la bellezza di strategie a quattro dimensioni e l’eleganza intellettuale di muovere flotte immense in un universo pseudorelativistico secondo curve che devono tenere conto dello spazio reale.
Ma se parlate di questo ad un Evangelisti vi guarda perso: che diamine significa, vi chiedera’ “monotono?”. E che cosa accidenti e’, di preciso, una pseudo-metrica di un continuum? E chi era questo Minkowsky?
Ovvio che lui vi tira fuori una troiata come una particella “psi”, che rappresenta “il pensiero” : e che altro potrebbe fare? Che altro sa?
Allora, andiamo a come dovrebbe essere un libro di fantascienza:
Il libro di fantascienza e’ innanzitutto un romanzo, con la struttura del romanzo -situazione iniziale , rottura , epilogo finale- . Esso rappresenta una nuova umanita’ che si trova di fronte ad un NUOVO spazio di possibilita’, offerte dal progresso tecnologico. L’umanita’ puo’ anche non essere quella terrestre odierna ma deve ricalcarne le pulsioni , le fattezze e le domande, mentre il progresso tecnologico deve rendere possibile una organizzazione sociale , economica e culturale oggi impossibili o NON ANCORA impossibili.
La fantascienza deve innanzitutto rappresentare UN POSSIBILE FUTURO per l’umanita’. Senza questo, e’ solo un pretesto per collocare protagonisti improbabili, contenuti strampalati e ambientazioni discutibili.
La Diaspora di Cibo non e’ evidentemente l’umanita’ odierna fuggita a dei predatori, dal momento che ottomila anni dopo torna sulla terra e tutto quello che leggete su Cibo, ma non potete esserne certi sino a quando io non diro’ che non e’ possibile alcun tempo circolare. E se lo dicessi, allora sono due razze diverse ma simili.(4) In entrambi i casi, il fatto che sia possibile  immaginare la terra all’inizio della Diaspora di Cibo , rende almeno possibile che io stia parlando di una futura umanita’.
C’e’ lo spazio e la scienza e  la tecnologia e le mutazioni. Insomma, c’e’ tutto.
Mentre in moltissima fantascienza moderna, semplicemente, non c’e’ nulla.
E’ quella che scrivono gli umanisti.
Uriel
 (1) Si, sono state civilta’ altissime. Infatti i puzzoni che piacciono tanto ai nostri umanisti erano schiavi, e i potenti si sforzavano di andare oltre quella miserabile esistenza bestiale che oggi i nostri umanisti chiamano “umanita’”.
(2)No, non e’ gratuito. Serve solo a far capire come le teste di cazzo accademiche non abbiano neppure capito quello che sostengono di conoscere, ovvero l’umanesimo greco e la sua sfida agli Dei.
(3) Potrei riassumere, in linea di sintesi, l’intero mondo dei classici in questo semplice paradigma. I greci non fanno altro che descrivere un’umanita’ chiassosa, bellicosa e continuamente arrapata, arraopata  al solo pensiero di fare a cazzotti con qualcuno per farsi succhiare il cazzo da qualcun altro. Il resto e’ marketing.
(4) No, sto solo elencando idee che ho scartato. Non si tratta ne’ della stessa razza ne’ di razze distinte. E saranno tutti cazzi vostri leggerla sino alla fine per capire come ho violato il principio di non contraddizione.

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