Sulle cosiddette “femministe”

Sulle cosiddette femministe

Sulle cosiddette femministe

Quando si parla del problema del “femminismo” di solito si commette l’errore di confondere almeno tre periodi del femminismo stesso. E come capita per ogni cosa, se andiamo a fondo scopriamo che anche all’interno di queste tre ondate troviamo differenze molto forti: sono differenze nel tipo di militanza, nel modo in cui la militanza si manifesta, e nelle istanze politiche che raccolgono il consenso verso questo argomento.

Quindi, voglio chiarire che il discorso si applica all’ultima ondata di femminismo, per come sta evvenendo in “occidente”, con le massime punte negli USA, i cui avvenimenti politici si riflettono inevitabilmente sul resto del mondo “occidentale”.

Ci sono pero’ degli errori logici comuni che non posso fare a meno di sottolineare.

Il primo errore , ed il piu’ evidente, e’ quello di confondere le condizioni sufficienti con quelle necessarie. Una condizione e’ sufficiente per una data proposizione quando basta che sia vera la condizione per dire che sia vera anche la proposizione, ma la proposizione potrebbe anche essere vera senza. “Se piove mi bagno” e’ in generale vero, ma potrei bagnarmi anche per altri motivi.

Le condizioni necessarie sono quelle che sono richieste perche’ una proposizione sia vera. In questo senso, “se sono una femmina partoriro’ figli” e’ una condizione necessaria, in quanto non e’ possibile partorire figli se non essendo femmine.

Il mondo del femminismo moderno commette il catastrofico errore logico di confondere le condizioni sufficienti con quelle necessarie, quando parla del “Patriarcato” , ovvero del “privilegio maschile”.

Le femministe non fanno altro che notare un fatto: la stragrande maggioranza dei ricchi e potenti e’ di sesso maschile. Fin qui tutto bene. Da qui deducono che siccome i privilegiati sono maschi, allora tutti i maschi sono privilegiati.

Questa cosa non ha senso: se esaminiamo il numero di morti sul lavoro, scopriamo che il 97% dei morti sul lavoro sono maschi. Se esaminiamo i morti nelle scorse due guerre mondiali, scopriamo che se contiamo solo i soldati il 98% dei morti erano maschi, e solo includendo i civili scendiamo ad un misero 86%. Ora, questa affermazione dovrebbe contenere qualche sospetto in se’.

L’errore evidente e’ questo: il fatto che tutti i privilegiati siano maschi non implica che tutti i maschi siano privilegiati. La prima e’ una condizione necessaria, l’altra e’ sufficiente: se diciamo che e’ necessario essere maschi per essere privilegiati (tutti i privilegiati sono maschi) non stiamo dicendo che e’ sufficiente essere maschi per essere privilegiati (tutti i maschi sono privilegiati).

Si tratta di un errore catastrofico, perche’ le femministe di ultima ondata continuano a dire che “un genere opprime l’altro” partendo dall’assunto che tutti i maschi sono privilegiati, ma se sapessero usare la logica e distinguessero condizioni necessarie da condizioni sufficienti, la conclusione sarebbe diversa:

“Esiste una elite di maschi  la quale opprime, senza distinzioni, sia quasi tutte le donne che la stragrande maggioranza degli uomini”.

Questo e’ piu’ coerente con la nostra esperienza, per esempio quando contiamo i morti sul lavoro, o i morti in guerra. E’ difficile pensare che una classe di privilegiati vada volontariamente a morire: se tutti i maschi fossero privilegiati, a fare i lavori pericolosi ci andrebbero le donne.

Questa prima catastrofe logica e’ la ragione per la quale il femminismo non riesce ad ottenere quello che vuole. Alla classe dominante non basta fare altro che aizzare i rimanenti maschi contro le donne, e il potere delle femministe e’ facilmente bilanciato.

Questo errore, il confondere le condizioni sufficienti con quelle necessarie, e’ estremamente comune nella loro dialettica: quando dicono che tutti gli stupratori sono maschi in genere le femministe chiudono il discorso dicendo che “dunque ogni maschio e’ uno strupratore”, e cosi’ via. Si direbbe quasi che la loro cultura prediliga questo tipo di errore: del resto, se volessi farlo anche io, potrei dire che siccome quelle che dicono “ogni maschio e’ uno stupratore” sono femministe, allora tutte le femministe le dicono.

Un altro catastrofico errore che fanno le femministe odierne e’ quello di affidarsi all’intersezionismo come teoria che spiega le discriminazioni. L’intersezionismo dice che se siete , che so, lesbiche sarete vittima di pregiudizi perche’ siete lesbiche, mentre se siete neri sarete vittime di pregiudizi per il colore della pelle, quindi se siete lesbiche e nere allora possiamo calcolare il pregiudizio come combinazione lineare dei due.

Il problema di questa teoria e’ che , come tutta la sociologia anglosassone, non somiglia per nulla alla realta’. Se abbiamo una teoria , essa non deve spiegare solo quello che succede negli USA (a meno che non sia un modello della societa’ americana) , ma deve spiegare quello che succede ovunque e in qualsiasi epoca.

Ma non e’ quello che incontriamo nei casi eclatanti: quando gli ebrei furono sterminati da Hitler, avevano un solo simbolo addosso. Cosi’ come ne avevano uno i comunisti e gli omosessuali. Secondo la teoria intersezionista, spulciando gli archivi dovrei trovare persone che avevano DUE simboli addosso: ebreo E comunista, o ebreo E omosessuale. Ma le cose non andavano cosi’.

Lo stesso potremmo dire della situazione sovietica e di quella cinese: i sistemi repressivi non accumulano quasi mai le accuse: ne basta una.

Al contrario, se osserviamo la realta’ scopriamo una cosa molto piu’ basilare: se esistono piu’ condizioni per venire discriminati, si viene discriminati per la piu’ evidente.

Esiste sicuramente una scelta da parte di chi perseguita su quale condizione usare, ma la somma descritta dagli intersezionisti e’ del tutto priva di riscontri nella realta’.  Un negro comunista omosessuale di San Marino non verra’ mai discriminato per la sua omosessualita’ , ma principalmente per la sua pelle.

Non abbiamo visto , sinora, xenofobi infuriati con gli immigrati perche’ omosessuali: la ragione e’ il colore della pelle. Avete mai sentito salvini arrabbiarsi per tutti i gay che sbarcano sulle coste italiane? Eppure, statistiche alla mano, almeno 100.000 di quegli immigrati che sono arrivati negli ultimi 3 anni sono gay.

La conseguenza di questo errore e’ quella di costringere le persone a cospargersi di etichette: {negro, comunista, sanmarinese} ,  {donna, bionda, lesbica} , eccetera. Ma tutto questo in realta’ non funziona per una ragione: il problema non sta nei motivi per i quali si viene discriminati. Il problema e’ che si viene discriminati.

La radice del concetto di discriminazione e’ che richiede che non ci sia uguaglianza. Il contrario di un sistema che discrimina e’ un sistema ove tutti sono uguali. Ma un sistema ove tutti sono uguali non puo’ richiedere a tutti di etichettarsi con una miriade di simboli diversi: nel momento in cui ognuno si diversifica, ha posto le basi per la discriminazione.

Un sistema privo di discriminazioni puo’ esistere solo se parte dall’idea che tutti siano uguali sul piano dei diritti, o se intende arrivare alla conclusione che tutti siano uguali sul piano dei diritti: ma se consideriamo questo, le etichette degli intersezionisti sono controproducenti, perche’ introducono una serie ancora piu’ ampia di motivi per cui siamo disuguali.

Se si intende partire dall’idea che tutti siano uguali sul piano dei diritti, allora tutte queste etichette sono inutili perche’ ci dicono soltanto quante possibili discriminazioni possono avvenire, ma non ci aiutano ad eliminarle: al massimo ci aiutano solo a contarle.

Se invece partiamo dall’idea che l’uguaglianza dei diritti sia l‘obiettivo ai fini pratici, allora tutte queste etichette non fanno altro che complicare la prassi, in quanto combattere la “discriminazione” come concetto non ha piu’ senso: occorrera’ combattere milioni e milioni di possibili discriminazioni. Un lavoro infinito.

Magari sul piano accademico contare le discriminazioni sara’ anche utile, ma sul piano politico esistono due soli sistemi: quelli basati sull’uguaglianza e sull’equita’, e quelli che discriminano. Calcolare quanti tipi di iniquita’ e quanti tipi di disuguaglianza esistono serve solo a complicarsi la vita.

L’ultimo errore e’ quello di non affrontare bene il problema del potere. Il problema dell’ultimo movimento femminista e’ che si limita ad osservare la percentuale di donne che siedono in posizioni di potere per giudicare quanto “giusta” sia una societa’.

Questo approccio e’ catastrofico per diversi motivi. Il primo e’ che le posizioni di potere e di privilegio sono poche. Questo significa che e’ possibile pensare ad un sistema nel quale il 5% delle donne occupa TUTTI i posti di potere, e il 95% sono oppresse dal primo 5%. Esattamente come ora un 5% di maschi privilegiati opprime, oltre alle donne, anche il 95% di maschi rimanenti.

Il secondo motivo per cui e’ catastrofico e’ che dimentica un fattore: la felicita’, o se preferite il benessere. Se io vado a giudicare in quale paese le donne stiano meglio contando in quali paesi esse vivano in posizioni di potere, ovviamente otterro’ come risultato i soliti paesi scandinavi. Ma se andiamo a misurare in quale paese le donne si dicono felici, per esempio, il risultato cambia di molto, e troviami ai primi posti dei paesi che sono “sorprendenti”.

Il nodo del “potere” e’ il motivo per il quale nel paese piu’ “femminista” del mondo solo l’ 8% delle donne si dice femminista: poiche’ si tratta di donne che non ambiscono a posizioni di potere, non appoggiano delle istanze politiche che chiedono piu’ potere , come posti di responsabilita’ o altro.

C’e’ infine il punto segregazionista che e’ ancora peggiore.

Il segregazionismo e’ quel fenomeno per il quale se io dico che un club non accetta donne perche’ facciamo “cose da uomini” vengo accusato di maschilismo, ma e’ possibile creare un club di donne che non ammette uomini perche’ “sono cose da donne”.

Il problema di questo segregazionismo non e’ solo il fenomeno “TERF”: il problema e’ che non puoi aggiungere l’uguaglianza dando alle donne i lavori che prima erano degli uomini, se non consenti in parallelo agli uomini di fare il lavoro delle donne.

E cosi’ siamo tutti orgogliosi del fatto che le donne ora siano nelle forze armate (prima lavoro da uomini) ma nessuno nota che nel mondo dell’istruzione l’80% degli insegnanti in Italia sono donne. In questo senso, si e’ creato un club che e’ di soli uomini, cioe’ il club di quelli che non progettano di fare gli insegnanti.

La cosa che queste persone non capiscono e’ che, nel momento in cui hai creato un club ove non possono entrare gli uomini, hai anche creato un club di soli uomini: quello di coloro che non possono entrare nel tuo club per definizione.

Tutte queste catastrofi logiche non fanno altro che convincere le persone che questo “patriarcato” di cui parlano avra’ molto difetti, ma almeno e’ razionale. Si tratta sicuramente di una questione estetica ma, appunto, la politica non ha niente in comune con la realta’, essendo una categoria dell’estetica.

E se oggi , nel paese di maggiore successo, solo l’8% delle donne si dice femminista, esiste un problema di consenso, cioe’ un problema politico.

Ovvero, un problema estetico.

https://keinpfusch.net/sulle-cosiddette-femministe/

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