Sul mito degli educatori.

Sul mito degli educatori.

Quando un preciso tipo di crimine diffuso arriva alle cronache, puntualmente qualcuno tira fuori la necessita’ di educare. La cosa potrebbe anche essere corretta, ed in principio non ho nulla in contrario. Ma c’e’ un problema: chi dice questo poi non si rivolge mai agli educatori per attuare il piano.

E’ indubbio che , per esempio, una certa educazione sessuale sia positiva. Non so che effetto farebbe sugli italiani sapere che i loro figli e le loro figlie hanno , a scuola, preso una banana e hanno imparato a metterci sopra un profilattico (come succede qui nei licei), ma in generale non sono contrario all’educazione sessuale, e credo anzi sia una cosa positiva.

Quindi trovo logico che, se il problema e’ diffuso, si debba puntare su una migliore educazione. Ma prima ancora di soffermarmi sui problemi pratici, quello che noto e’ che prima si dice “bisogna educare”. Poi si grida: “giusto, bisogna dire a Marilyn Manson di fare canzoni diverse”.

A quanto pare, in Italia c’e’ una strana connotazione passiva nel concetto di “educazione”, per la quale educare non sembra essere un processo attivo dove si insegna qualcosa a qualcuno, ma una specie di caccia al “cattivo esempio”.

Quindi si dice “educhiamo”, e sin qui tutto bene. Ci si aspetta che domani ci sara’ il ministro dell’istruzione e si discutera’ con lui sul da farsi. E invece, appare dal nulla Rocco Siffredi. O Marylin Manson. O Valentina Nappi.

Va bene, ma stavamo parlando di istruzione. C’e’ un ministro che fa questa cosa.

E se si parla di educare i giovani, mi aspetto che:

  • Scuola. E’ il posto dove i ragazzi passano piu’ tempo da svegli. 
  • Famiglia. Il secondo posto dove i ragazzi passano piu’ tempo da svegli.

Peraltro, sia in tema di aiuto alla famiglia che in tema di scuola esistono due ministri addetti.

Invece, succede questo:

  • Quello che sta succedendo e’ orribile.
  • La soluzione e’ educare!
  • Giusto!
  • Prendiamo per il colletto Ivo Balboni il Maligno e diciamogli di smetterla con le barzellette che racconta!!
  • What?

Quando buttate sul tavolo il tema dell’educazione, siete poco credibili per la semplice ragione che poi non coinvolgete mai i principali attori dell’educazione, ma tirate fuori delle persone che ,oltre a non essere educatori, non hanno mai preteso di esserlo.

E’ successa una strage a Columbine? Bisogna cambiare la cultura delle armi? Chiedete a Marilyn Manson. E’ la persona adatta.


So che ora tutti diranno “ma i cattivi esempi fanno male”, compresi gli ex elettori di Silvio, ma il problema e’ che anche ammesso che Valentina Nappi abbia il potere di diseducare tutti i maschi gorilla del paese insieme a Siffredi (i genitali piu’ potenti della storia, evidentemente) , anche eliminando il problema dei cattivi esempi (cioe’ della diseducazione), non avete ancora risolto il problema dell’educazione. 

Ok, nel ragazzo non mettiamo i messaggi sbagliati. Ma chi ci mette quelli giusti?


A questo punto comincia il braccio di ferro. I soliti laici salteranno su e diranno che deve essere la scuola. Prima di parlare di soldi e di programmi, facciamo un passo indietro.

Voi ricordate che la scuola italiana e’ quel posto dove se una docente e’ vittima di revenge porn, i colleghi la denunciano per “havere fattho i fhilmini zozzi” e la preside la licenzia, vero?

Che genere di educazione sessuale vi aspettate, di preciso, da bifolchi del genere? Certo, sono i bifolchi che hanno vinto un concorso, che non conteneva nemmeno UNA domanda di educazione sessuale, ma ripeto: il docente medio italiano ha l’educazione sessuale di un panda confuso. 

La prima obiezione di ordine pratico che avrei, quindi, e’ che la scuola italiana non e’ adatta al compito. Forse, investendo si potrebbe cambiare, ma siccome si tratta di 1.200.000 addetti circa , bisogna aspettare che i bifolchi attuali vadano in pensione e che l’ambiente diventi civile. 

Parliamo di un ciclo di 20/30 anni.


A questo poi si deve aggiungere che molti di questi giovani criminali non sono andati a scuola. Se considerate che in Italia si esce dalla scuola dell’obbligo a 15 anni, si deduce che bisogna finire questo processo educativo completo PRIMA dei 15. 

SE non si arriva alla “buona educazione” prima dei 15 anni, tutti quelli che smettono a 15 anni saranno privi di educazione sessuale. Quindi, anche ammesso che si possa trasformare la scuola italiana in un posto CAPACE di trattare educazione sessuale, rimarrebbe il problema di quella parte di ragazzi che lasciano la scuola prima .

In secondo luogo, bisogna anche capire che molti dei ragazzi che lasciano la scuola lo fanno per poverta’ delle famiglie. Quindi ci troveremmo in un paese ove i poveri stuprano, mentre i ricchi lo fanno leggermente meno. Ma anche ammesso che chi ha compiuto il ciclo completo di educazione sessuale non stupri piu’, le fascie piu’ povere (quelle dove guardacaso succedono gli stupri piu’ efferati) sarebbero comunque intoccate.

Questo non significa che non valga la pena provarci. Ma significa che non bisogna aspettarsi i miracoli.


Rimane la famiglia. 

E quando si parla di famiglia, bisogna prendere delicatamente il problema. Partiamo quindi con una domanda molto delicata. Una domanda di basso profilo.

Avete notato che tra gli stupratori non ci sono MAI del ragazzi cresciuti da coppie omosessuali?

E non e’ una domanda provocatoria. Perche’ nasconde, se  raffreddiamo gli animi, un processo fondamentale. Le famiglie omosessuali sono “costrette”,  o almeno condotte con una certa pressione sociale, a spiegare ai figli perche’ due persone sono una famiglia. 

Sono “costrette” perche’ ovviamente il mondo esterno e’ quello che e’, perche’ vogliono irrobustire i figli contro i bullismi e contro certe parole che sentiranno, per tantissimi motivi , ma il punto e’ questo. Sono praticamente le uniche famiglie ove, sin dall’infanzia, qualcuno si mette di fronte ai figli e spiega per quale motivo l’affettivita’  e’ sufficiente a formare una famiglia, e che il tipo di attivita’ sessuale e’ secondario all’affettivita’.

In pratica, le uniche famiglie che si sentono in dovere di rispondere alle domande dei figli quandi si tratta di sessualita’ e affettivita’ sono le famiglie omosessuali. Perche’ in una famiglia gay prima o poi i bambini tornano a casa con delle domande , “che vengono da fuori”. 

Nelle famiglie “normali” invece no: e’ “normale”. Lo fanno “tutti”. Niente domande. Niente risposte.


Ma non ho tirato fuori la questione delle femiglie gay per nulla. Oltre al fatto di subire una pressione enorme a spiegare molte cose ai figli, secondo punto e’ che sono le uniche a venire scrutinate. 

Con questo voglio dire che , in ultima analisi, nessuno si e’ mai chiesto se una famiglia coinvolta nella mafia sia adatta a crescere figli. Nessuno si e’ mai chiesto se una famiglia con un tasso di criminalita’ (anche altissima) sia adatta ad educare figli. Nessuno si chiede se determinate zone del paese, diciamo “a stato assente”  siano un posto adatto a crescere figli. Gli unici che devono (nel discorso pubblico) provare la propria idoneita’ sono le coppie omosessuali.

Per dirne una, viste le dichiarazioni del compagno della Meloni, io metterei al riparo la figlia da uno che la pensa in un certo modo. Stai parlando di una bambina che diventera’ una ragazza, andra’ alle feste, uscira’ con le amiche,  e tornera’ a casa la notte da un padre che pensa sia inevitabile stuprare ragazze ubriache. Cosa potrebbe mai andare storto?

Il punto che voglio aprire, cioe’, e’ questo: cosi’ come ci chiediamo se le famiglie omosessuali siano adatte a crescere figli, perche’ non cominciamo ad allargare la questione a tutte le altre famiglie?

Davvero pensiamo che le famiglie che stanno insultando le vittime di stupro da parte dei loro figli “siano adatte ad avere figli”, o siano “la famiglia giusta in cui crescere”? E le famiglie dei mafiosi? E quelle dei criminali? E quelle degli evasori fiscali?


La mia congettura, cioe’, e’ che se vediamo pochi (o nessuno) di questi stupri efferati commessi da giovani cresciuti in famiglie omosessuali , il punto e’ che:

  • Le famiglie omosessuali sono, prima o poi, “costrette” ad affrontare il tema dell’affettivita’ e della sessualita’ coi figli. Le altre famiglie no.
  • Le famiglie omosessuali si sentono scrutinate, ovvero si sentono di dover rispondere ad una domanda “la vostra famiglia e’ il posto giusto dove crescere dei figli”, che le altre famiglie spesso non si pongono proprio.

Ovviamente non sto proponendo che solo le famiglie omosessuali debbano crescere figli: ma entrambi i due fattori sono facilmente riproducibili. 

E’ sicuramente possibile porre una pressione sulle famiglie, semplicemente nel caso in cui, per esempio, si noti che (come succede nei casi di questi giorni), siano i familiari a minacciare le vittime o le loro famiglie: se ci sono bambini in quelle famiglie, vanno tolti e dati in adozione. Sono famiglie adatte ad allevare figli? Sono il posto ove un bambino dovrebbe crescere? Poniamoci per loro la stessa domanda che, ipocritamente, buttiamo sul tavolo nel caso delle famiglie gay, volete?

Se cominciassimo a considerare non-idonee ad allevare figli le famiglie ove succedono certe cose, cominciassimo a scrutinare le famiglie che si dicono “normali”, forse riusciremmo a simulare la stessa pressione sociale che porta le famiglie gay a spiegare ai figli la relazione tra affettivita’ e sessualita’, e che li porta ad accertarsi di essere il posto giusto ove un bambino puo’ crescere.

Perche’ alla fine dei conti, e’ sempre chi riesce a fare scuola. 

Non chi fallisce.


Quanto alla scuola, visti i tempi di attuazione di un piano del genere, si dovrebbe iniziare, ma alla fine dei conti i risultati si vedrebbero solo tra 20 anni. 

E no, ne’ Rocco Siffredi ne’ Valentina Nappi sono “scuola”.

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