Il lavoro come commodity.

Ho menzionato , nello scorso post, il lavoro come commodity, e siccome lo avevo menzionato anche in un post prima, diverse persone sul forum hanno chiesto di preciso cosa si intenda. Cosi’ faccio un post piu’ chiaro, anche se la mia personale opinione e’ che il concetto dovrebbe essere chiaro.

Una commodity, normalmente tradotta in italiano come “materia prima”, e’ un bene totalmente indifferenziato  – ovvero il prodotto ha sempre le medesime qualita’ – e assolutamente fungibile, ovvero ottenibile senza altre complessita’ se non un contratto di acquisto.

Un esempio e’, che so io, il carbone, o l’alluminio. Esistono sicuramente molti tipi di alluminio o carbone, certo, ma una volta stabilito “carbone tipo X” , esso e’ quello, chiunque ve lo offra, chiunque lo compri, e l’unica , diciamo “faccenduola” da sbrigare per averlo e’ acquistarlo.

Definire il lavoro come commodity significa, cioe’, una cosa molto semplice:

  • Il contratto in essere tra lavoratore e azienda deve essere un mero contratto di acquisto, senza nessun altro termine contrattuale. Esso deve scambiare soldi con quantita’: tot lavoro di tipo X  in cambio di tot soldi.
  • Non deve esistere alcuna differenza ne’ tra fornitori, ne’ tra acquirenti. “Tot lavoro di tipo X” deve essere tale, che lo compri Google o che lo compri Gennaro Esposito SNC, e deve essere sempre tale, che lo VENDA Google o che lo venda Gennaro Esposito SNC.

come potrete intuire, questa definizione cozza abbastanza con la realta’, se non in casi particolari (il lavoro a bassissima qualifica, per esempio, come il lavoro sui campi) e non e’ un caso, per una semplice ragione.

Il primo momento in cui il lavoro fu una vera commodity fu il periodo schiavista americano. Lo dico perche’ gli schiavismi precedenti non erano il mero acquisto di un bene: nel periodo romano, per esempio, il padrone dello schiavo ne aveva la patria potestas e doveva curarlo, per dirne una.

Il primo momento della storia in cui l’acquisto dello schiavo e’ DAVVERO un uso del lavoro come commodity e’ lo schiavismo americano, ed in generale lo schiavismo del periodo coloniale dopo la scoperta delle Americhe. Il fatto che l’idea di “lavoro come commodity” venga dal mondo anglosassone, e venga assorbita molto bene da alcuni imprenditori, dice due cose.

La prima e’ che il mondo anglosassone non si e’ mai liberato dalla cultura schiavista, e la seconda e’ che anche per molti imprenditori europei l’azienda e’ ancora una capanna dello zio tom, in stile schiavista.

In pratica, l’idea del “lavoro come commodity” e’ semplicemente il modo in cui un mondo, quello anglosassone, che ha dovuto rinunciare allo schiavismo coloniale, cerca di reintrodurlo nella prassi, sotto un altro nome.

Andiamo al significato economico.

Quando si ricorre alla schiavitu’, ovvero al lavoro come commodity?

Si ricorre alla schiavitu’ quando il mercato si amplia , riducendo i prezzi, ma le imprese non possono – o non vogliono – aumentare la propria efficienza migliorando le tecnologie.

Nel caso romano, quando fu costruita la citta’ di Portus  (http://it.wikipedia.org/wiki/Porto_%28citt%C3%A0_antica%29 ) che fu il piu’ immenso sistema portuale mai costruito al periodo – e per diversi secoli dopo – ovviamente la merce inizio’ ad arrivare a Roma da ogni parte. Siccome e’ sempre possibile che da qualche parte ci sia una buona annata di qualcosa, i prezzi medi scesero. Da quel momento, il fabbisogno di schiavi crebbe: la tecnologia ovviamente non poteva stare alla pari del commercio, visto che la ricerca tecnologica era scarsissima e procedeva lentamente.

Di conseguenza, il fabbisogno di schiavi crebbe enormemente mano a mano che l’impero, crescendo, si consolidava (gia’ con Traiano, ma anche dopo, con Adriano) e costruiva sistemi di trasporto. L’espansione mercantile produce un calo dei prezzi, il mondo produttivo non riesce a rincorrerli innovando le tecnologie, e il risultato e’ sempre la stessa proposta: usiamo gli schiavi per ridurre i costi di manodopera.

Successe la stessa cosa anche con lo schiavismo americano, che non a caso riguardava le zone meno industrializzate dell’america del Sud, e che si rese necessario quando la dimensione del mondo coloniale – e delle flotte mercantili – era tale da abbassare OGNI prezzo, al di sotto del limite che era possibile raggiungere innovando gli strumenti produttivi.

In pratica succede cosi:

  • Espansione mercantile.
  • Deflazione del prezzi al consumo.
  • Introduzione della schiavitu’.

Allo stesso modo, quello che sta succedendo ora e’ che dopo aver “globalizzato” il pianeta si siano abbassati i prezzi al consumo, poiche’ c’e’ sempre e ci sara’ sempre un altro posto ove la tal cosa costa meno. E se mettiamo tutti i vasi in comunicazione, il risultato sara’ che il prezzo sara’ sempre il prezzo minore , worldwide.

La differenza pero’ e’ che oggi l’innovazione corre. Quindi, di fronte ad un calo dei prezzi generalizzato di ogni cosa, ci sono DUE soluzioni:

  • Espansione mercantile.
  • Deflazione del prezzi al consumo.
  • Introduzione della schiavitu’ OPPURE miglioramento tecnologico.

questo e’ il punto. Se un tempo l’introduzione della schiavitu’ era un messaggio del tipo “commerciare qualcosa di economico e’ piu’ conveniente che produrlo in loco , qualsiasi cosa facciamo”, oggi significa “commerciare qualcosa di economico e’ piu’ conveniente di produrlo in loco PERCHE’ NON VOGLIAMO INNOVARE I PROCESSI PRODUTTIVI”.

La schiavitu’, per esempio, fini’ con l’industrializzazione, ovvero quando l’innovazione tecnologica permetteva di ottenere tessili grezzi a prezzi ancora migliori rispetto ai tessili prodotti nei campi. Ma dobbiamo ricordare che la fine della schiavitu’ fu anche un periodo di enormi conquiste tecnologiche in generale: andiamo dai primi esperimenti con l’elettricita’, l’arrivo dei motori a scoppio, delle macchine a vapore, e tutta una serie di scoperte di portata epocale.

Quello che stiamo vedendo avvenire in alcuni paesi occidentali invece, e’ preoccupante proprio per questo: sebbene il ritmo delle innovazioni sia enorme, e quindi di per se’ non ci sarebbe problema ad innovare, gli imprenditori scelgono la schiavitu’.

E’ come se , pur dopo l’arrivo del trattore , dei fertilizzanti e delle nuove tecniche di raccolta, qualcuno dicesse “io non comprero’ un trattore per arare meglio e avere piu’ cotone per ettaro: voglio invece cento negri”, per produrre meno, ma diminuire i costi fissi”.

Questo e’ il messaggio di Renzi alla Leopolda, e con lui degli imprenditori che lo seguono. La rimozione delle tutele sindacali in Italia e’ una scelta di questo tipo: le aziende italiane sono poco competitive, ma non innoveranno, non scelgono la tecnologia – che richiede investimenti – ma scelgono lo schiavismo: il lavoro come commodity.

E prova ne sia e’ che il disegno di Renzi non ha corrispondenti nemmeno nei paesi “flessibili”: persino in USA e in UK si avrebbero, per il lavoro, tutele superiori a quelle che si avranno in Italia dopo le riforme di Renzi. Questa e’ la prova di una cosa semplice: gli imprenditori italiani non credono nella tecnologia, bensi’ nello schiavismo.

La cosa che mi viene da dire vedendo il modo con cui si giustifica la riforma dell’ art.18 e’ semplice:

FUGGITE, SCIOCCHI.

Nell’applaudire la “Leopolda” gli industriali italiani vi stanno dicendo che hanno fatto una precisa scelta di campo: di fronte all’alternativa se essere competitivi mediante innovazione tecnologica o se esserlo mediante schiavismo – lavoro come commodity – essi hanno fatto una scelta precisa. Che e’ il RIFIUTO della tecnologia.

E questo vi spiega come mai sui giornali vedete tutte queste bellissime startup: nella disperata necessita’ di mostrare che il paese avanza nella tecnologia, essi mettono in primo piano le startup che fanno meraviglie con la tecnologia.

Ma se vi chiedeste dell’adozione di nuove tecnologie da parte di aziende esistenti, specie se grandi, rimarreste delusi. La loro strategia NON contiene innovazione tecnologica, ma schiavitu’, ovvero lavoro come commodity.

Perche’ il lavoro come commodity non solleva l’economia? Per le stesse ragoni per il quale il nordamerica era economicamente piu’ robusto dell’america sudista: il lavoro come commodity distrugge l’orizzonte degli investimenti.

Vediamo perche’.

Qual’e’ la prima cosa che si toglie allo schiavo? E’ molto semplice: la liberta’ di muoversi.

Perche’ lo schiavo negro non poteva lasciare la piantagione? Perche’ lo schiavo romano non poteva allontanarsi dalla casa? Beh, e’ molto semplice: perche’ ovviamente, se lasciati liberi, gli schiavi se ne sarebbero andati altrove.

Certo, se lo schiavo nasce in schiavitu’ e cresce in una casa probabilmente non sapra’ dove tornare: ma se prendete il giovane schiavo tracio appena catturato, quello si mette a camminare verso est e torna in tracia.

Il dramma di questa nuova schiavitu’ e’ che, appunto, si sa benissimo che sia una schiavitu’, ma i nuovo negrieri si sono dimenticati un “piccolo” particolare. Che non sanno come togliere agli schiavi la liberta’ di movimento.

Il collasso di questo tipo di stronzate pseudomercantili, cioe’, consiste nel fatto che nel proporre la schiavitu’ si dimentica di non possedere lo strumento chiave della schiavitu’, ovvero le catene.

Ma qual’e’ lo schiavo che abbandonera’ la piantagione per primo?

  • Il negro troppo anziano non se ne andra’. Ormai e’ anziano, non si sente in grado di ricominciare daccapo, ed e’ allergico al rischio. E ormai si e’ abituato.
  • Le donne sole non se ne andranno, perche’ e’ troppo rischioso. Le donne sole con figli  , meno che meno. Sono vulnerabili e refrattarie al rischio.
  • Chi ha malati, anziani, handicappati in famiglia non se ne va perche’ non si spostano facilmente e hanno bisogno di cure.
  • L’ignorante non se ne andra’, poiche’ non conosce le opportunita’, e comunque non e’ certo di potervi accedere. Preferira’ vivacchiare in loco, spesso diventando un criminale.
  • Se ne andra’ il giovane che si sente in forze, e’ cosciente delle opportunita’ esistenti altrove, che non teme il rischio, che non ha figli.

ora, il problema non e’ “se potete sopravvivere senza l’ultima categoria di persone”. Gli industriali che hanno scelto lo schiavismo hanno DECISO di sopravvivere senza quell’ultima categoria di persone.

Il problema semmai e’ se potete vivere con una sovrabbondanza delle prime tre.

Se ci fate caso, si tratta innanzitutto di tipologie che hanno bisogno di welfare:

  • Gli anziani che rimangono sono un costo per il sistema pensionistico.
  • Le donne sole e le donne sole con figli sono un costo per il welfare.
  • Malati e handicappati rimangono in loco.
  • I criminali sono un costo sociale e un costo per lo stato.

quando io vedo le statistiche e vedo che nell’ultimo anno hanno lasciato l’ Italia circa 400.000 persone, pari ad un anno di nascite, so benissimo che NON si tratta di tutti i nati di un anno. So invece che molte nazioni europee si sono specializzate nel “cherrypicking” , cioe’ nella capacita’ di scegliere gli italiani piu’ comodi:

  • Hanno studiato in Italia, a spese del welfare italiano.
  • Hanno imparato a lavorare in Italia, con formazione a spese dell’industria italiana.
  • Se hanno figli non sono neonati, e la parte piu’ costosa per il welfare, l’infanzia, e’ a carico dell’ Italia.
  • Generalmente non sono handicappati o malati , che non si spostano, e quindi alla sanita’ costano meno rispetto a 400.000 locali.
  • Arrivano solo DOPO aver trovato lavoro, cioe’ sono un introito fiscale certo.
  • Non votano, producendo una classe di lavoratori “meno problematica”.
  • Sono tutto sommato felici di essere in quel posto, il che aumenta i consumi perche’ aumenta la fiducia del consumatore.
  • Se sono delinquenti, li puoi espellere dopo il processo.

ma se questo beneficia le nazioni vicine, il problema sono gli effetti che ha sull’ italia. Quelli che sono rimasti, infatti:

  • Continueranno a chiedere sempre piu’ formazione, a spese dello stato.
  • Sono handicappati o malati, e richiedono cure mediche.
  • Sono delinquenti e richiedono  sforzo da parte dello stato.
  • Hanno famiglie problematiche a spostarsi, tipicamente anziani o malati in famiglia.
  • Sono donne sole o ragazze madri.
  • Sono anziani e godono della pensione.

queste categorie rimangono. Il problema dell’emigrazione non sta nel fatto di perdere risorse utili – ma chi ha scelto lo schiavismo ha gia’ deciso di perderle –  ma in chi rimane.

Quei 400.000 che se ne vanno sono probabilmente distribuiti su 10 anni di nascite, ma se adesso prendete quei dieci anni, scoprite che adesso la media di delinquenti, ragazze madri, famiglie con anziani, handicappati o malati, eccetera, si e’ alzata del 10%.

Non perche’ siano peggiorati, ma perche’ la media prima conteneva anche chi se n’e’ andato, mentre adesso contiene solo chi e’ rimasto.

Se la domanda “perche’ la gente fugge?” non dovesse spaventare abbastanza il governo, dovrebbe invece riuscirci la domanda “perche’ la gente rimane?”.

Perche’ quando andiamo a vedere “perche’ la gente rimane”, tutte le ragioni si riassumono sempre nella stessa: “richiede spesa pubblica per qualche motivo”.

Il motivo per il quale il sistema schiavista di oggi non funzionera’, cioe’, e’ che lo schiavo non ha catene che lo trattengano, ma PEGGIO, che quando esso ha le catene, tali catene SONO UN COSTO PER LO STATO.

E’ piu’ o meno la situazione dello svuotamento delle regioni meridionali: mano a mano che gli elementi produttivi se ne andavano, tutti si concentravano sul fatto “ma qui tanto non producevano niente”, ma non si notava come i rimasti fossero, essenzialmente, coloro che avevano parenti anziani a carico, familiari malati, precedenti penali e vita di espedienti, e tra gli onesti, chi aveva LAVORI STATALI.

Se avete ventitre’ milioni di lavoratori nel privato, e tre e mezzo sono statali, il rapporto e’ di circa 3.5:23.

Ma se 400.000 persone lasciano il paese, esse sono TUTTE da un lato: 3.5:22.6

I lavoratori pubblici, cioe’, ve li tenete TUTTI, mentre quelli nel privato no: per mantenre uno statale adesso occorrono PIU’ tasse di prima sui privati.

Quello che vedranno succedere i nostri eroici imprenditori schiavisti, cioe’, e che alla diminuzione del costo del lavoro orario seguira’ un inesorabile aumento della tassazione. Gli schiavi, privi di catene, se ne vanno , lasciando pero’ immutata la spesa pubblica, che e’ causata principalmente da chi rimane.

In definitiva, cioe’, alla Leopolda hanno preso DUE decisioni orribili, nel decidere di dare man forte a chi vuole la distruzione dell’ articolo 18:

  1. La creazione di una classe di schiavi privi di catene, mentre i confini sono aperti , spostarsi costa poco e comunicare a grandi distanze non costa quasi nulla.
  2. La rinuncia all’innovazione, dal momento che la fine dell’ Art.18 non aiuta gli imprenditori a innovare.
  3. Una selezione inversa del welfare, che porta i meno bisognosi di welfare ad andarsene via, e i piu’ bisognosi a rimanere, che inevitabilmente produrra’ un aumento della pressione fiscale.

quanto accaduto alla Leopolda, cioe’, le parole che si sono dette e gli “industriali” che hanno parlato, sono un segno chiaro di peggioramento futuro. Questi segnali parlano di imprenditori che NON scelgono l’innovazione preferendo la schiavitu’, parlano di un governo che affoghera’ sempre piu’ nei propri conti, e parlano di pressione fiscale in continuo aumento, e di un mercato interno che , mano a mano che viene lasciato da centinaia di migliaia di cittadini, stagna.

Perche’, giusto, 400.000 persone in eta’ lavorativa che se ne vanno significa ANCHE un mercato interno che fa -1%.

Finche’ siete in tempo fuggite da quel posto, e ricordate che persino negli ultraliberisti USA, quando vi si licenzia per motivi sbagliati, potete far causa e avere un sacco di soldi.

Questa cosa “ma gli altri lo fanno”, cioe’, e’ una palla bella e buona.

Uriel Fanelli lunedì 27 ottobre 2014

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