Sudici suicidi.

Sembra che in Italia tenga banco la storia dei tizi “perseguitati dal fisco” che si uccidono, o che si barricano col fucile da qualche parte puntando l’arma su qualche impiegato, colpevole di pretendere persino che loro paghino le tasse. Credo di aver accumulato, in questa settimana, una decina di email ove mi si chiede di dire che lo stato sta uccidendo le persone. No, non lo diro’. E non me ne frega un cazzo di quel che pensa Grillo a riguardo.

La prima cosa che viene da dire e’ questa: se qualcuno ti chiede di pagare tasse che non hai pagato, innanzitutto il problema e’ che non hai pagato le tasse. Qualcuno dice che siccome il governo ruba allora se si pagano tasse il governo ruba di piu’. Interessante: come dire che siccome ce l’hai piccolo, se ti trombo la moglie ti faccio un favore.  Non mi convince.

Non mi convince innanzitutto perche’ non vedo nell’evasore un personaggio scandalizzato dalle ruberie del governo, un uomo giusto in lotta contro lo sceriffo di Nottingham. Non mi sembra che questi non paghino le tasse per protesta: ho come il vago sospetto che quando qualcuno si mette in tasca soldi di tasse  non pagate, lo faccia per goderseli.

L’italia e’ piena di gente che lotta per dei principi di liberta’, ma stranamente questi principi di liberta’ coincidono sempre e solo coi loro porci comodi. Gli stessi che si fanno i cazzacci degli altri quando vogliono andare contro le convivenze gay sono quelli che strillano a piu’ non posso per la privacy quando gli fanno una multa in autostrada: stranamente, questo “fatti i cazzi tuoi” vale solo per gli affari loro.

Ora, mi spiace: quelle tasse erano dovute. E sono tasse arretrate: queste persone SAPEVANO di dover pagare quelle tasse. Lo sapevano da anni. Non hai soldi per far fronte alle spese di conduzione comune? Chiudi. Non riesci neanche a pagare il dovuto ? Fallisci.

La prima condizione e’ che sembra che aprire un’azienda e tenerla aperta sia diventato un must. In Italia ci sono troppe microaziende. Aziende che galleggiano e bastano si e no a pagare le spese, intasando il mercato con un’offerta monotona e obsoleta. Galleggiano perche’ il cliente e’ anche amico, e tolgono lavoro alle aziende che invece vogliono fare innovazione.

Prima scopriamo che non vivono senza credito dalle banche, cioe’ sono aziende che usano il credito anche per la spesa corrente. Sarebbe gia’ un buon motivo per chiuderle (Basilea III, pensaci tu!) perche’ sono aziende che non cresceranno MAI, quando scopriamo che oltre a non vivere senza debiti, riescono anche a non vivere pagando le tasse.

E se la cosa non dovesse bastare, scoprirete anche che non pagano nemmeno i fornitori.

In pratica, queste aziende :

  • Non rischiano soldi loro perche’ aprono coi soldi delle banche.
  • Non pagano le tasse perche’ non ce la fanno.
  • Non pagano i fornitori perche’ non ce la fanno.

Ora, signori, in queste condizioni un’azienda NON DEVE STARE APERTA. Credete di fare un favore alla nazione se tenete aperto? No, non lo fate.

L’ Italia, il vostro paese, ha bisogno di CRESCITA. Perche’ ci sia crescita, occorre che LE AZIENDE crescano. Un’azienda che paga le bollette solo se ha credito, non paga i fornitori perche’ non ce la fa, non paga le tasse perche’ non ce la fa, CHE DIAMINE DI CRESCITA VI POTRA’ DARE?

La mia personale opinione e’ che fa bene Equitalia a cercare di scovare gli evasori fiscali. Gli italiani si lamentano in continuazione che non si pagano tasse, che i ricchi non pagano tasse, vogliono che la gente paghi le tasse, e… poi si incazzano se gli fanno pagare le tasse.

Ora, facciamo un’ipotesi. Il governo fa una legge con la quale e’ facilissimo avere i crediti dovuti. C’e’ un cliente che non vi paga? Bene, fate la tal cosa e puf, lo costringono a pagare. Che cosa succedera’? Succedera’ semplicemente che avrete un’altra ondata di suicidi.

Cosi’, siamo alla verita’:

  • Ormai e’ normale non pagare le aziende fornitrici.
  • Ormai e’ normale non pagare le tasse.
  • Ormai e’ normale non investire nell’azienda soldi propri.

L’azienda e’, cioe’, una specie di banca a fondo perduto: incassa e basta, ma non paga mai. Le aziende italiane non riducono le spese: riducono i pagamenti. Per ridurre le spese bisogna fare innovazione, mentre per ridurre i pagamenti basta smettere di pagare.

In passato, queste tre esigenze si soddisfacevano cosi’:

  • Non c’era modo di farsi pagare dal furbo, tantovale patteggiare la meta’.
  • Il governo fara’ una qualche sanatoria.
  • Apro 50 conti in 50 banche, ogni conto con lo stesso fido , moltiplicato per il numero di banche.

Tutto questo non poteva durare. E non e’ che una cosa che non puo’ durare diventi normale se a memoria d’uomo si e’ sempre fatta.  L’ Italiano e’ uno che dice “se ti butti da 60 metri ti ammazzi. Se ti butti da 6000 metri, ci vuole un sacco di tempo. Ti abitui. Dopo un pochino, cadere e’ normale. Quando arrivano al suolo, dicono “cazzo, ma non potete pretendere che io resista allo schianto! Eccheccazzo, qui sono minuti che si cade e’ non e’ mai successo niente di male! Perche’ proprio adesso? Perche’ proprio io?”

Ora, aziende che vivono a credito perenne, pagano se e quando vogliono e vivono di sanatorie non hanno alcuna speranza di sopravvivere. Non dovevano neppure esistere, e non dovevano nemmeno nascere.

Adesso cosa succede? Succede che qualcuno ti fa pagare le tasse. Orrore, orrore! Orrore? Ma cosa?

La gente dira’ “ma le tasse sono troppo alte”. La domanda e’ “e con cio’?”. “Le tasse sono troppo alte” e’ un problema politico. Non autorizza nessuno a non pagarle. Semplicemente, se non riesci a pagarle CHIUDI. Sara’ poi un problema del governo , se la tua azienda e’ davvero preziosa, notare che ci sono meno aziende cosi’ preziose a pagare le tasse.

Quando qualcuno dice questo, si discute di problemi culturali, ma allora potrei anche dire una cosa.

Durante le mie ferie oggi finite sono stato (due giorni fa) a Sirmione, dopo aver portato a Gardaland Uriel Jr,(1) e mi e’ accaduto un incidente spiacevole. Volevo entrare in un locale per un panino ed una birra , ma quando mi sono avvicinato (era un posto tipo “Da Mario”, in una piazzetta , di fronte  all’ Hotel Catullo) un tizio si e’ messo a gridare “ma guarda qui, e’ tutto il pomeriggio che non si fa un cazzo, e questi arrivano adesso! Ma e’ un lavoro, questo?”  E poi in pratica ci ha chiuso la porta in faccia, per chiudere il locale.

Ora, di per se la cosa e’ solo una minchiata  spiacevole: Mario non si preoccupi, non mi presentero’ piu’ fuori orario, di qualsiasi ora si parli. Anzi, approfitto per un appello: se il locale di Mario (Sirmione)  e’ vuoto, non riempitelo. Mario si offende, a quanto pare. (consiglio invece, nelle vicinanze,  l’ Hops! : birra Hefeweizen ottima e stinco  da urlo! )

Ma a parte lo spiacevole incidente, quello che ho notato in giro e’ stata la patetica pretesa , la velleita’, l’assurda mossetta con la quale OGNI fottuto negozio italiano pretende di essere un posto esclusivo, una reggia degna solo del miglior Jet-Set, un posto dove dovresti pagare solo per farti vedere li’ dentro. Ogni cazzo di negozietto italiano, di ristorantino che altrove sarebbe poco piu’ di un bistro’ , dei garage ridipinti dove fatichi a muoverti e senti tutto quel che dicono i vicini, dove quando ti sposti un poco con la sedia urti la schiena del vicino di tavolo, tutti questi  pretendono sempre ed invariabilmente di essere la crema della crema, che Chef Maxime gli fa una sega.

Noterete questa tendenza in ogni settore: spacci di vestiti che vendono la stessa merda di chiunque altro (“le migliori marche” = “le stesse marche che hanno tutti”)  si atteggiano a boutique di Haute Couture.

busaun_louis_onofre
Non una mignotta qualsiasi. Una mignotta pret-a-porter, direttamente dal salone della Moda di  Parigi.

Tutto, tutto, tutto e’ fatto per ALLONTANARE il cliente: perche’ la parola ‘esclusivo’ significa proprio questo: QUALCOSA CHE ESCLUDE I PIU’. Non c’e’ , per dire, la cosa del “fur alle” : per tutti.

Mentre nel resto del mondo POCHI negozi (Manhattan, certe zone di Londra, certe zone di Parigi o Milano) cercano di essere “esclusive”, e tutte le altre scrivono “fur alle”, in Italia sembra che oggi non ci sia negozio che non voglia comunicare l’idea che solo una ristrettissima  cerchia di persone sia abbastanza strafica da metterci piede.

Ora, ovviamente, se il 100% dei negozi intende dividersi l’ 1% dei clienti (i soli cosi’ strafichi da poter mettere piede in tali cosce di Giove) sono liberi di farlo. Ma non ci vuole un genio a capire che mentre l’italiano medio si sente meno ricco del solito, fare negozi la cui immagine dice “solo per ricchissimi” sia controproducente: riempira’ i discount.

Un negozio puo’ coltivare un’immagine del tipo “questo e’ un negozio CARO, dunque per pochi“, ma se c’e’ un periodo di crisi, la mia personale opinione e’ che si tratti di una strategia, per dire “sub ottimale”

Come si collega questo pippone al discorso dei suicidi?

  • Moltissimi negozi, ristoranti, ed altri locali soggetti ad alta tassazione forfettaria stanno per chiudere.
  • Moltissime aziende stanno per trovarsi di fronte alla situazione in cui non riescono a restituire soldi alle banche, a pagare i fornitori, a pagare le tasse.

Tutto questo non e’ dovuto allo stato malvagio che pretende di essere pagato: se dessimo una equitalia ai fornitori che faticano a farsi pagare, lo stesso problema salterebbe fuori anche tra privati. E se dessimo una equitalia alle banche, lo stesso problema succederebbe tra banche e privati.

La verita’ e’ semplicemente che in Italia avere un negozio e’ una condizione , tradizionalmente, borghese. Chi apre un negozio  , tradizionalmente, crede di essere entrato di diritto nel novero delle famiglie borghesi, ed innalza il proprio stile di vita.

Non esistono negozi rivolti a tutti per la semplice ragione che il gestore per primo ritiene che il solo fatto di possedere un negozio lo scaraventi diritto diritto tra i borghesi.  Il negozio per primo viene vissuto come uno status symbol per il negoziante: come tale, esso non puo’ essere un negozio “per tutti”, ma rispecchiera’ la visione che il negoziante ha di se’: parte della classe borghese, dell’elite locale.

La quantita’ enorme di negozi poco invitanti, che mandano il messaggio “non sei abbastanza fico per entrare qui” e’ dovuta principalmente a questo: il negoziante italiano crede di essere fico solo perche’ ha un negozio, e di conseguenza il negozio deve esprimere la sua narcisistica mania di superiorita’.

Se il negoziante crede di essere speciale, importante, un pezzo unico e raro, un capolavoro della natura, un fiore che sboccia ogni secolo, il suo negozio non potra’ che essere rivolto a persone che siano almeno altrettanto.

Lo stesso dicasi delle aziende: per decenni chiunque fosse un imprenditore si atteggiava a Rockfeller in potenza, a genio degli affari, a grande capitano d’industria. Il solo fatto di avere partita IVA, l’azienda o addirittura la fabbrichetta era per molti equivalente ad una scalata di classe. Solo per il fatto di essere “imprenditori” si sentivano speciali, importanti, autorevoli, invincibili, infinitamente ricchi, e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Oggi, quello che stanno per scoprire e’ l’amara verita’. E cioe’ che un negoziante non e’ entrato nella borghesia: certo, se hai una catena di negozi si. Se hai un negozio nel centro di MAnhattan si. Ma se hai “non solo scarpe” sulla statale 68, no. Sei tale e quale ad un operaio. E allo stesso modo, se hai una piccola torneria non sei Agnelli. Sei un individuo che si chiama “artigiano” ed hai circa lo stesso reddito di un comune dipendente, e gia’ un impiegato ti scavalca.

Ovviamente, un paese delle botteghe come l’Italia vive questa cosa come uno choc. Cosi’, quando arriva la cartella delle tasse e scopri che non sei uno che con i biglietti da cinquecento si accende il sigaro, in loro avviene un vero e proprio choc culturale. Settecento anni di italia di botteghe che crollano, facendo scoprire l’amara verita’ : non c’e’ molta differenza sociale tra chi ha un singolo negozietto ed un operaio. Quindi, sarebbe meglio se l’operaio fosse ( e si sentisse) il benvenuto nel negozietto.

All’estero si dice che nei momento di crisi la parola “exklusiv” vada sostituita con “fur alle”, che la parola “super” vada sostituita con “good!”   , e cosi’ via. Questo perche’ cambiano le condizioni, ed in un momento di austerity e’ meglio abbassare il target.

Questo l’imprenditore italiano non lo capisce: non solo non ha cambiato stile di vita, ma rifiuta di accettare il fatto che oggi la famiglia media non se la sente di entrare in un luogo dove c’e’ scritto “esclusivo”, perche’ sa , perche’ percepisce ora piu’ del solito, di NON appartenere ad un ceto alto. Non lo era prima, ma almeno poteva illudersi: oggi, la sola parola “esclusivo” mette ansia alla famiglia in austerita’.

Se in un momento di buoni affari un ristorante poteva scrivere “prestigiosa vista sul lago” , e’ perche’ la famiglia passava di li’, pensava “magari costa di piu’ per questo”, ma poi diceva “vabe’, dai, per una volta paghiamo di piu’ ma stiamo sul lago”. Mentre oggi, la famiglia media dice “cazzo, cosi’ poi  vado fuori budget” e la scritta “prestigiosa vista sul lago” allontana i clienti anziche’ avvicinarli. Cio’ che prima era bello, oggi e’ brutto.

Ma anche questo concetto per il bottegaio italiano e’ troppo: scoprire di avere “un bar aperto la sera” e non “un pub” potrebbe anche essere traumatizzante. Perche’ se hai un pub sei borghese, se hai un bar sei quasi proletario. E loro si sentono tutti borghesi.

Cosi’ rassegnatevi: il negoziante italiano ha un’immagine di se’ vecchia di 700 anni. L’imprenditore ne ha una che deriva da Vanzina e dagli anni 80, ma non cambia molto. Essi condurranno uno stile di vita legato alla loro condizione presunta, condurranno i negozi e le aziende come se fossero nel centro di Manhattan o se tutti fossero Facebook, sino a quando non arrivera’ loro una cartella delle tasse, o una banca richiedera’ loro di rientrare, o un cliente li citera’ in causa per essere pagato. In quel preciso momento realizzeranno di essere solo dei pezzenti velleitari, indebitati sino al collo e con un bel vestito addosso. E in quel momento, si lamenteranno contro i malvagi che pretendono di essere pagati.

Se questo e’ sufficiente per causare nell’imprenditore uno choc culturale tale da spararsi, beh, il problema non e’ completamente del fisco o della banca che chiede il rientro o del tribunale che accetta l’istanza fallimentare.

E’ anche colpa di un pochino, diciamolo, di ignoranza.

E all’ignoranza c’e’ una sola risposta.charles_darwin_l

Ah, si , ho una bruttissima notizia per voi: un ex collega che e’ rimasto a lavorare in Italia mi ha , proprio ieri, raccontato una cosa. Il governo italiano ha chiesto alle aziende telefoniche di comunicare tutti i numeri di cellulare che sono risultati in roaming da localita’ come Seychelles , Canarie ed altri. E ha chiesto anche i numeri attaccati alle celle di alcune  localita’  vacanziere italiane. Solo UNA telco, dove lavora il mio amico, gli ha dato qualcosa come centomila e rotti nomi.

O qualcuno  a Roma mi legge, o qualcuno ha capito come fare davvero lotta all’evasione arrivandoci da solo.

Preparate il colpo in canna, se volete.

Uriel Fanelli, 31 ottobre 2012

 

 

 

(1) Si, lo ammetto. Faccio il turista. Ma e’ bello: sono riuscito a divertirmi a Gardaland, non so se mi spiego. Io che mi diverto a Gardaland e’ quasi una violazione di qualche legge delle fisica. Cioe’, io sono uno che non ha amici, ho solo nemici che odio meno di altri. E ammetto di essermi divertito a Gardaland!  No, non ho comprato le Birkenstock. Non ancora, intendo. Ma ho un negozio vicino a casa mia, e ci sto pensando.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *