Si dice “satira” o “ninfomane”?

Mi trovo a dire cosa io pensi della satira italiana. La mia risposta e’ abbastanza semplice: i nostri “satiristi” sanno realizzare il prodotto “satira” e conoscono gli aspetti stilistici ed estetici della satira stessa. Non sono pero’ professionalmente preparati a gestire l’attivita’ del “satirista” nelle sue implicazioni materiali. Ottimi operai, pessimi professionisti. Mi spiego.

Checche’ ne dica Luttazzi, non esiste alcun “dirito di satira”. Esiste un diritto di espressione, che e’ disciplinato dalla legge nei limiti del rispetto della persona. Le leggi che fanno questo si basano su concetti assai difficili da definire univocamente, al punto che spesso tutto dipende dalla libera interpretazione del giudice. In caso di scontro tra il potere e il comico, infatti, il potere ha SEMPRE tutti i mezzi che servono a fargliela pagare cara. Ed e’ per questo che i comici hanno la professionalita’ che serve a gestire questo genere di relazioni pubbliche.

Secondo punto: non e’ vero che esistano paesi nei quali ogni politico possa venire bersagliato liberamente. In TUTTI i paesi del mondo, vengono bersagliati i politici che accettano di esserlo. Alla base di tutto questo c’e’ una serie di accorgimenti , un “balletto” che porta il comico a conoscere i limiti del consentito, personaggio per personaggio. E’ la professionalita’ del comico rimanere dentro questi limiti, o essere “borderline” per alimentare l’illusione di essere “scomodo.

In tutto il mondo, ci sono politici che accettano di buon grado la satira (e magari si lasciano sfottere liberamente) come politici che la detestano. Generalmente, il secondo tipo non viene mai fatto bersaglio di satira. MAI. Questo produce una “mappa” di politici e di argomenti “tabu’” per ogni politico. La professionalita’ del comico NON consiste solo nel produrre la satira, ovvero il prodotto editoriale, ma nel muoversi in questa “mappa” .

Come si crea questa mappa? Prendiamo un esempio abusato, Letterman. Letterman ha una trasmissione enormemente popolare, al punto che pochi politici rifiutano di essere presi di mira da lui. La ratio e’ che tale notorieta’ ripaga della diffamazione. Ma rimane il fatto che il politici vogliano venire “satireggiati” da lui.

Letterman ha uno strumento potentissimo dalla sua parte: avendo il booking pieno di politici che CHIEDONO di apparire alla sua trasmissione, diciamo da qui a tre anni, sa che implicitamente tutti questi politici accetteranno di essere presi di mira. In questo modo, se supponiamo una trasmissione ogni settimana, ci sono tre anni per cinquantadue pezzi grossi che puo’ bersagliare direttamente o meno. Letterman pero’ non e’ uno stupido: non toccherebbe MAI un politico che non sia in coda.

Un altro modo per costruire questa mappa e’ il balletto delle citazioni per danni: faccio l’esempio di Forattini e d’Alema. D’Alema e’ un politico che soffre molto del suo passato comunista. In una UE fatta per quasi un terzo da paesi che hanno sofferto il comunismo e da una NATO nelle stesse condizioni, questo puo’ renderlo impresentabile. Durante la corsa verso la carica di “Mr Pesc”, infatti, la Polonia avanzo’ dei dubbi circa il suo passtato.

D’alema ha sempre mostrato di gradire la satira, quindi, (il fut-fut di Striscia, per dirne una) con una sola eccezione. Una vignetta di Forattini che lo voleva ad agire per conto del KGB , sbianchettando la lista delle loro spie in italia. Il risultato fu una citazione per danni contro Forattini, che fu ritirata in seguito ad una “cordiale telefonata”.

Questo “balletto” e’ il balletto col quale si costruisce una “mappa”, nell’ambiente dei comici satirici, la quale mappa chiarisce chi gradisce la satira, su quali argomenti e fino a che punto. Con questa citazione per danni d’Alema ha chiarito che non gradisce essere accostato all’apparato oppressivo sovietico. Le ragioni sono ovvie e le ho menzionate sopra.

Oggi, un satirista che raffigurasse d’Alema con un impermeabile, un cappello (tipica tenuta della SPIA) nell’atto di lavorare per il KGB probabilmente sarebbe un fesso. Non perche’ avrebbe prodotto uno spettacolo scadente (il che potrebbe non essere a seconda della bravura) ma perche’ non ha saputo lavorare dietro le quinte con la medesima professionalita’ con cui ha lavorato sul palcoscenico.

Essenzialmente, il lavoro del comico satirico appare come un lavoro da cane sciolto, ma le cose non stanno cosi’. Il balletto delle querele non e’ altro che un balletto nel quale  il singolo personaggio pone dei limiti . Il grande comico satirico osserva la geografia delle citazioni, ne riceve all’inizio della carriera, patteggia con la famosa telefonata chiaritrice, e a quel punto impara cosa dire e cosa no.

Esso ha due professionalita’ (almeno): la prima e’ quella di confezionare un ottimo prodotto editoriale. LA seconda e’ quella che serve alla mera sopravvivenza. Luttazzi sapeva benissimo di non dover toccare temi escatologici espliciti, e ne aveva avuto sentore. Un professionista alla Letterman avrebbe acquisito il messaggio e avrebbe evitato la cosa della vasca da bagno di merda.

Il nostro paese e’ pieno di personaggi che hanno creduto davvero a quello che il comico satirico vuole far credere: ovvero di essere completamente libero e di dispiacere alle controparti, cioe’ al potere. Questa e’ la terza abilita’ del comico satirico, che e’ simile a quella dell’ammaestratore di leoni.

L’ammaestratore di leoni sa che il leone traccia attorno a se’ una zona di sicurezza, fuori dalla quale il leone ti osserva e basta. La sua bravura e’ di fingere di essere in pericolo a beneficio dei telespettatori, sapendo bene di muoversi in una zona consentita dal leone: egli sa bene che in caso di guaio, nessuno farebbe in tempo a fermare il leone essendo l’animale molto vicino.

Cosi’, un comico satirico in tutto il mondo ha almeno TRE professionalita’:

  1. Confezionare un prodotto editoriale divertente e gradito al pubblico.
  2. Saper costruire, nel tempo e con diversi metodi,  una mappa nella quale gli e’ consentito fare cio’ che fa.
  3. Saper illudere il lettore che tale mappa non esista , e lui si muova liberamente dispiacendo alla sua vittima.

Osservando la satira italiana, noto alcune cose. La professionalita’ “1″ e’ piuttosto diffusa, e spesso migliore rispetto a quella di molti paesi. In tutta onesta’, molti programmi satirici americani sono di una noia e di una banalita’ che andrebbero inclusi nella lista delle armi di distruzione di massa.

Il punto “2″ e’ una nota dolente , perche’ i politici srembrano preparati e lanciano i messaggi esattamente come i loro colleghi stranieri: con una causa per danni che sono disposti a ritirare (per la prima volta) dopo una “simpatica telefonata chiarificatrice”, nella quale il politico spiega al comico i paletti che pone. D’Alema ha spiegato bene che del suo passato comunista e filosovietico NON vuole sentir parlare, e abbiamo visto il perche’ di recente quando si sono avanzate riserve su di lui proprio per questo passato. Moltissimi comici italiani vantano invece di aver ricevuto un sacco di querele, ma NON capiscono o non conoscono il senso di queste azioni, non sfruttandole per capire quali siano i limiti imposti.

Su punto “3″, siamo alla follia. I comici italiani sembrano degli attori di cinema che insistano nell’usare armi vere durante la recita. Il loro modo di apparire scomodi al potere sembra essere quello di diventare effettivamente scomodi al potere. Il che e’ follia pura, perche’ il potere ha MILLE modi per eliminare una persona scomoda. Se il potere si mette contro una persona e si accanisce, puo’ causargli in maniera “sotterranea” un sacco di disastri. Figuriamoci un potere che non ha problemi nel colpirti pubblicamente come ha fatto Berlusconi con Luttazzi. La cosa che i nostri comici non capiscono e’ che la liberta’ e l’indipendenza, nonche’ la scomodita’ verso il potere, sono una completa FINZIONE in tutto il mondo.Semplicemente, i comici stranieri sanno alimentare questa finzione, cosi’ come il domatore di leoni sa alimentare la finzione di essere in pericolo.

Ma il domatore non si sogna di alimentare la finzione di pericolo INTRODUCENDO UN VERO PERICOLO, cosi’ come Stallone non userebbe mai armi vere sul set. Indubbiamente le armi vere proverebbero ( renderebbero piu’ realistica e credibile) la figura di Rambo; il problema e’ che causerebbero morti vere e danni reali.

I nostri comici mi ricordano molto Brandon Lee, l’attore che mori’ durante le riprese di un film perche’ la pistola era stata caricata con munizioni vere. Ma nel caso di Brandon Lee fu un incidente. I nostri comici invece insistono nel caricare tutte le armi con munizioni vere per alimentare una sensazione di realismo e di coraggio, il guaio e’ che poi si lamentano degli effetti di tale decisione.

In pratica, direi che 8+ per il prodotto editoriale, 3– per la capacita’ di gestire il “dietro le quinte”.

Uriel

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