Cyberpunk.

Cyberpunk.

Cyberpunk.

Oggi per via delle feste di Natale ho avuto modo di parlare con una cugina. E quando parli con chi ricorda la tua giovinezza, spesso ricordi cose che avevi dimenticato. Insomma, alla fine si parla di come vanno le cose nell’ informatica, e arriva la frase cruciale.

Dovresti contento, tutte le cose che immaginavi, le cose che leggevi sulla fantascienza, tutto il cyberpunk, si stanno avverando. Adesso arriva anche il mondo virtuale, dai, si sta avverando tutto quello che sognavi da piccolo. E tra poco ci sara’ lo Sprawl, e tutto quanto.

E’ vero. Sta succedendo. Perche’ non ne siamo felici?

Qualcuno mi potra’ dire che e’ perche’ tutto questo e’ frutto di governi corrotti e autoritari, di grandi corpotaration che mirano al denaro, di mafie e di sfruttamento. Aha.

Ma non e’ che il cyberpunk dipingesse le cose in maniera molto diversa. Nel mondo di Gibson, Assange sarebbe stato rapito o assassinato o sbattuto in carcere. Un sicario avrebbe raggiunto Aaron Swartz  e lo avrebbe liquidato, inscenando la sua morte per impiccagione.

Nessun ingrediente manca, a quanto pare: certo, anziche’ delle Zaibatsu giapponesi abbiamo dei giganteschi conglomerati americani ma non cambia molto. Ci sono le fughe rocambolesche di Hackers, come Snowden, ci sono le intelligenze artificiali e ci sono i droni.

E’ tutto come nel libro, o quasi.

Ma allora perche’ non siamo eccitati, felici, entusiasti?

Beh.

Immaginate per un attimo di venire catapultati in Neuromancer. Eccitante.

Eccitante. Sino a quando Molly, la superkiller potenziata cazzutissima e sexy non si rivela essere vostra zia , Giovanna. E che dire di Willis Corto, che in realta’ e’ Sergio, il vostro barbiere. Armitage e’ il vostro ferramenta.

L’intelligenza artificiale che manipola tutto in realta’ e’ il mainframe di Unipol Assicurazioni.

Capite che tutto cambia. Non appena mettiamo elementi di realta’ dentro la narrazione, la narrazione diventa noiosa. Innanzitutto perche’ , per quanto possa essere esperta, vostra Zia Giovanna ha dei polpacci che sembrano dei paracarri varicosi e non ce la vedete a scopare in poszioni erotiche che vi grida “madooo’, mo che bel bigolo”. Non funziona. Molly era diversa era una cyberguerriera potenziata, vostra zia giovanna e’ una cosa diversa.

Ed anche se la potenziate, comunque non cambia niente. Fara’ i tortellini e le lasagne in 3 secondi netti, ma non ce la vedete come guerriera potenziata esperta di arti marziali, a meno che i cannelloni non siano diventati uno stile del Ju Jitzu.

Questo e’ il punto.

E’ possibile che tutto quello immaginato da Gibson, con pochissime differenze del tutto estetiche, si realizzi. Ma in questo mondo non ci saranno Molly, Case, Dixie Flatline ,Peter Riviera e Willis Corto. Non ci sara’ invernomuto.

Quando ci entreremo troveremo nostra cognata, fornaio , la postina, Giovanni il portinaio, Beppe il barista. Avremo a che fare con la graffetta di Office, non con invernomuto.

Tutta quella gente banale che ci faceva cosi’ schifo da leggere Neuromancer per sognare qualcosa di diverso.  Qualcosa di piu’ importante. Qualcosa di piu’ grande.

Quando fummo in grado di costruire un modem seguendo le indicazioni di un piccolo giornale di elettronica edito a San Lazzaro di Savena (BO) , la prima cosa che abbiamo fatto e’ stata di collegarci ad una BBS, e da li’ chiedere aiuto per creare la nostra BBS locale nel nostro prefisso telefonico, per pagare solo la TUT ma non l’interurbana. Ed eravamo eccitatissimi.

Da questo punto di vista, vedere “la BBS del mondo”, cioe’ Facebook (non e’ altro che un’interfaccia web ad una BBS) , dovrebbe averci resi superfelici. La fa girare una “evil corporation” certo, ma non e’ che le Zaibatsu che assoldano Yakuza (nei libri sul cyberpunk ce ne sono sempre) siano tanto migliori.

Ma il problema di Facebook , rispetto a tutto quello che era il Cyberpunk, non e’ che Zuckerberg e’ malvagio: anzi, questo e’ esattamente il punto di tutto il Cyberpunk.

Il VERO problema di Facebook , quello che non ce lo fa riconoscere come parte di uno scenario Cyberpunk, e’ che dentro ci sono  il barbiere, il barista, la Zia Giovanna e il portinaio.

Pensateci bene: E’ SUCCESSO DAVVERO.

Da un laboratorio cinese, in piena dittatura comunista, con una mezza guerra fredda e droni nucleari che sfrecciano per la stratosfera,  esce un virus mutante che scatena una pandemia su scala planetaria. Sistemi di propaganda artificiale si scatenano per tutta la rete, allo scopo di sabotare gli sforzi delle nazioni. C’e’ qualcosa di piu’ fottutamente Cyberpunk?

E lo  sarebbe, se non ci trovassimo il Generale Pappalardo a guidare i no-vax, e Salvini, e la Meloni: sconfinate distese di miserie umane, piccinerie esistenziali che lo scarafaggio di Kafka sembra Carlo Magno, e le masse di schiavi che si dovrebbero ribellare alla tirannia sono una pila di Bimbiminkia che lottano per il diritto di andare al bar a farsi un grappino senza mostrare la vaccinazione.

Sognavamo Billy Idol, abbiamo avuto Iva Zanicchi.

Il motivo per cui sognavamo le distopie Cyberpunk, oltre alle fichissime tecnologie, era che non c’era la stessa gente di merda di sempre. Gli stessi mediocri, gli stessi poveretti, gli stessi provinciali ignoranti, gli stessi bigotti puritani e ipocriti, gli stessi merdosi riciclatori di titoli di giornale.

Certo, anche nel mondo Cyberpunk ci sono ghetti e ci sono i poveri e c’e’ un popolo ignorante e rassegnato, ma ha la cazzo di dignita’ del perdente. La “white trash” che noi aborrivamo, invece, ha la spocchia del vincente di provincia, del mezzagabbana dei paesino, dell’intellettuale da circolo del PD di Casalecchio, dell’imprenditore della ditta Fratelli Fedozzi.

I ricchissimi dei romanzi Cyberpunk erano uomini potenti, che manco riuscivi a vederli, e avevano l’immenso carisma del potere che soffoca l’umano, che prende il posto del suo volto,  e produce degli uomini dalle vite consumate all’insegna del potere. Qui abbiamo Zuckerberg che fa ricorso contro una sentenza della Verstager. Una che non ha nemmeno un occhio artificiale. Sto gia’ dormendo.

E allora diciamo la verita’: il Cyberpunk e’ una cosa fantastica. E tutti noi che lo sognavamo ci butteremmo dentro a pesce, se non fosse che questa realta’ alternativa e’ come andare in vacanza a Formentera per un italiano, o a Parma di Maiorca per un tedesco: che cazzo “stacchi dalla vita di tutti i giorni”, se nell’hotel di fronte c’e’ il tuo capufficio e al ristorante incontri il tuo barbiere?

Il problema di questo cyberspazio, cioe’, e’ che invece di trovarci dentro gente fichissima ci troviamo dentro le solite persone, di una piccineria sconcertante:

  • i colleghi
  • i vicini di casa
  • i parenti
  • i bimbiminchia
  • i centri sociali creati dalla Digos (ormai tutti)
  • le Karen che lottano per il diritto alla messa in piega
  • la prozia che scassa la minchia coi messaggi di buongiorno.

dove’e’ l’epica umanita’ che invece doveva esserci?

La verita’ quindi e’ che i vecchi “Cyberpunk” non disprezzano il lato tecnologico di quanto sta succedendo, e persino i lati negativi, cioe’ distopici, di quanto vediamo in un certo senso ci stanno.

Quello che non ci sta e’ di entrare nel Crawl e anziche’ Willis Corto ci troviamo il Generale Pappalardo.

Sognavamo Billy Idol, e invece sentiamo da Facebook la musica di Iva Zanicchi.

La fantascienza non ha avuto il difetto di immaginare tutto: sul piano tecnologico si sta avverando TUTTO. Il difetto della fantascienza era di non capire che se non togli dal cazzo la Zia Giovanna, non puoi avere Molly.

E nessuno scrittore ci ha ancora spiegato come togliersi dai coglioni quella vecchia puttana bigotta.

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