Riparliamo di Ukraina

Riparliamo di Ukraina

E’ un po’ che non parlo di Ukraina, quindi parlo un pochino di Russia, perche’ il problema e’ che mentre l’Ukraina sta venendo inserita nel sistema di combattimento integrato della NATO (altrimenti non si riescono ad usare i Patriot, a meno che non ci siano soldati USA ad operarli), il destino del conflitto nel 2023 e’ deciso da come si evolve la situazione in Russia, ed in particolare nel Khazakistan.

Per capire questo occorre capire quali sono le costanti della storia russa. L’ideologia del nazionalismo russo oscilla tra due poli, che possiamo simboleggiare con due tendenze intellettuali: panslavismo e orientalismo.

La corrente ideologica panslavista , che nonostante sia rimasticata da Dugin rimane riconoscibilissima ed intatta, vede la Russia come “casa degli slavi”, e quindi vede la russia inglobare tutti i popoli slavi, compresi Polacchi, Ukraini, Bielorussi, Serbi, Croati, e molti altri, in una Rus’ ideale. Quello che sta al di la’ degli Urali e nelle zone turcomanne e’ impero, gente conquistata che e’ spendibile e depredabile a piacimento. 

La corrente orientalista e’ vittimista e dice che la Russia deve smetterla di illudersi: non sara’ mai accettata in Europa come pari, e quindi le conviene rivolgere lo sguardo alle grandi civilta’ orientali e lasciarsi contaminare, diventando definitivamente orientale.

Attualmente, e’ inutile dirlo, domina fortemente l’ideologia panslavista.

Ma questo significa una cosa: la Russia vede il suo spazio vitale nelle zone etnicamente slave dell’Europa. 

Chi si illude che Putin costruira’ gasdotti per arrivare a Cina e paesi asiatici si illude: investire simili cifre per produrre valore fuori dalla Rus’ slava e’ completamente impensabile, e Putin non lo fara’ mai. 


Un altro sguardo va dato alle dinamiche economiche tradizionali russe, che si sono mantenute tali anche durante l’ URSS. Il centro di tutto, ove converge ogni bene materiale ed ogni ricchezza, e’ il distretto noto come Moskova, ove sorge Mosca. 

In passato, durante l’ Urss, tutta la produzione dei paesi del Patto di Varsavia, ma anche delle zone periferiche dell’ URSS, finivano col convergere su Mosca e San Pietroburgo (Pietrogrado, poi Leningrado, poi di nuovo San Pietroburgo) , ovvero i centri della Rus’ slava. Attivita’ estrattive erano presenti ovunque, e anche industrie, ma : mano a mano che la modernita’ e la strategicita’ crescevano, le industrie si avvicinavano a Mosca.

Il modello, in un modo o nell’altro, persino nel periodo comunista, depredava i paesi vassalli, costringendoli a vendere tutto alla Russia, rimanendo con un pugno di mosche. All’interno tutto procedeva a furia di latifondo: immense quantita’ di risorse sfruttate con una resa bassissima, che pero’ si concentrava tutta in poche mani, tutte a Mosca.

Questo modello e’ durato sin dalla fondazione della Russia, con la dialettica Zarato-Boiari, poi in Urss e’ stata ricalcata dal sistema sovietico (non tutti i sistemi comunisti sono sovietici) e infine dal sistema degli oligarchi. Immense quantita’ di risorse vengono sfruttate senza rese altissime in percentuale, comprando tecnologia straniera ma non sviluppando quella locale, a beneficio di pochissime persone, impoverendo il resto del paese.

Questo sistema latifondista ha un ciclo a due fasi: il ciclo di arricchimento dei boiardi dello zar e dell’impoverimento delle masse, seguito da un ciclo di guerra nella quale la Russia si espande, procacciando altre risorse per il centro, ed eliminando i boiardi con la scusa della guerra e della repressione di spie e traditori.

Cosa succede se il ciclo fallisce? Succede quello che sinora, in 600 anni di storia, la Russia e’ sempre riuscita ad evitare sul rotto della cuffia, ovvero rivolte nelle periferie povere e distacco di pezzi dell’impero.

Per la sua cultura economica, la Russia ha due possibilita’: espandersi depredando periferie e paesi vassalli o collassare in pezzi. 


Capite ora il problema: i russi non stanno riuscendo ad espandersi in Ukraina. Anche se la distruggessero radendola al suolo, non raggiungerebbero l’obiettivo di portare a Mosca o nella Rus’ centrale nuove risorse e nuove produzioni. 

E questo significa una cosa: Mosca teme di non riuscire a tenere fedeli a se’ le repubbliche ex sovietiche in tutta l’Asia, e tutte le zone russe dell’asia estrema. Perche’ si stanno impoverendo (se sono zone russe) o si stanno lentamente ribellando al diktat di produrre ed estrarre ad esclusivo beneficio di Mosca e della Rus’ slava.

Finora, Putin ha mandato a morire in Ukraina persone delle periferie povere, quelli che rubano lavatrici e lavandini perche’ non li hanno a casa. Impoverendo ancora quelle zone togliendo risorse umane.  Cosa che peggiora ancora di piu’ il problema.

L’unione Sovietica era una superpotenza perche’ aveva dietro la produzione di 420 milioni di persone, tra URSS e paesi satelliti, che aveva Mosca come “cliente primario”. Le industtrie della Germania Est, della Polonia, Ungheria, i pozzi di petrolio in Romania, le miniere di Uzbekistan e Kazakistan, tutto finiva a Mosca: erano obbligati a vendere tutto , e SOLO semmai avessero rimanenze potevano tenerle. Ma le richieste russe non lasciavano mai rimanenze.

Se ora la Russia non riesce ad espandersi in Ukraina, cioe’ a procacciare nuove risorse da prelevare e portare al centro, la Russia comincera’ a perdere prima gli stati satelliti asiatici, e poi pezzi di Russia asiatica, partendo da quelli piu’ colpiti.

Per questa ragione, all’ Ukraina basta resistere meta’ dell’anno prossimo, al massimo a fine anno, poi Putin avra’ un gigantesco problema in Asia: il Kazakistan, cioe’ le regioni che un tempo si definivano “tartare”.

Putin ha bisogno di invadere delle nazioni grandi e costringerle a convogliare nuovi prodotti e ricchezze verso Mosca, altrimenti la Russia comincera’ a crollare a pezzi. Non possono essere nazioni lontane o collegate via mare perche’ la Russia non e’ una talassocrazia e non controlla i mari: devono essere paesi limitrofi.

Il prossimo candidato “naturale” per questa operazione e’ il Kazakistan.  Se fallisce in Ukraina, deve provarci col Kazakistan. E in fretta. 

Il kazakistan sinora ha venduto risorse principalmente a Mosca, che per via di una vecchia amicizia tra dittatori e per via di ragioni storiche (principalmente collegamenti ferroviari) era il “cliente principale”. Nonche’ parte dell’alleanza militare russa che si sforza di imitare la NATO (https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_del_trattato_di_sicurezza_collettiva).

Negli ultimi tempi la CSTO sta mostrando solenni crepe, e la guerra tra armeni e azerbaijani sta rendendo instabile la zona. Inoltre, i cinesi stanno cominciando a costruire ferrovie e ai kazaki piace commerciare coi cinesi. C’e’ il rischio di una disgregazione imminente di un altro pezzo della zona di influenza russa. 

Del resto, l’operazione in Ukraina e’ partita subito dopo aver riportato l’ordine in Kazakistan: https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_OTSC_in_Kazakistan

Potete aspettarvi che i russi scoprano un giacimento di nazisti in kazakistan gia’ a meta’ dell’anno prossimo, se non riusciranno a cavare molto dall’ Ukraina. Seguira’ una guerra, cui i cinesi non potranno rimanere indifferenti.


In definitiva, quindi, agli Ukraini non rimane altro che resistere un altro anno. Gia’ a meta’ anno Putin negoziera’ un cessate il fuoco, dopodiche’ sara’ meglio non essere Khazaki. 

La NATO armera’ i khazaki? No, perche’ all’occidente conviene che siano i cinesi a farlo, rimanendo coinvolti e distraendoli da taiwan. 

Ma il sistema economico russo , ora che non riesce a ripartire col latifondo energetico, deve espandersi ad ogni costo, oppure andra’ in pezzi.

Se fossi khazako, comincerei a comprare armi. 

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