ILVA: quando la soluzione e’ peggiore del male.

ILVA: quando la soluzione e' peggiore del male.

ILVA: quando la soluzione e' peggiore del male.

Sto seguendo i tentativi di ‘Salvare ILVA’ dell’avvocato provincialotto che il Vaticano ha imposto come Presidente del Consiglio , d’accordo con la massoneria, al secolo un certo Conte. Devo dire una cosa: se non fosse vero, sarebbe da film comico.

Il punto e’ semplice: se Arcelor Mittal ha DECISO di disinvestire (o di non investire piu’) quei 4,2 miliardi su Taranto, la decisione e’ presa. Se una multinazionale pianifica il prossimo anno/due anni/la durata dell’investimento complessivo su Taranto, e toglie dalla bilancia 4,2 miliardi di euro, li ha tolti. Non cambiera’ idea. Il processo che serve a prendere una decisione da 4,2 miliardi coinvolge tutta la governance aziendale, compresi gli azionisti.

E se TUTTI gli attori coinvolti nella decisione di NON investire 4,2 miliardi di euro sono d’accordo nel NON investire, la decisione e’ presa. Dopodiche’ si decidera’ come, si assumeranno le persone adatte e si decidera’ COME fare, la strategia. Ma se la decisione e’ presa, e’ presa. Potete mettervi il cuore in pace.

Se invece la decisione NON e’ presa, allora e’ solo un bluff, e la cosa migliore e’ parlare del Dopo-Arcelor. Ve ne andate? Bene, ciao. Adesso scusate, dobbiamo pensare al dopo. Buon ritorno a casa.

Al contrario, la classe politica italiana crede ancora in uno dei paradigmi che la rendono tanto inaffidabile, ovvero la “ritrattativa infinita”. E come se non bastasse, lo stanno facendo ragionando come se Arcelor fosse un vicino di condominio.

La prima genialata che vedo in giro e’ l’approccio “Ma io ti porto in Trubunale”. Ora, sto cercando di capire quale sia la strategia dietro questa cosa. Stiamo dicendo che una sentenza del tribunale potrebbe costringere un investitore che NON vuole (piu’) investire ad investire quattro miliardi di euro? Sul serio?

Cioe’, ammettiamo pure che il tribunale di Milano dica “ehi, hai firmato un contratto, ora devi comprare ILVA”. Ok. Anche con delle clausole come il mantenimento del livello occupazionale, o sul risanamento dell’ impianto, davvero credono che qualsiasi cosa mantenga un livello occupazionale E renda meno inquinante un impianto sia per forza di cose un piano industriale?

Cosa impedirebbe ad Arcelor di prendersi i clienti piu’ “succosi”, e lasciare a Taranto a fare lavori sempre meno qualificanti, riducendo gli investimenti in innovazione alle mere misure contro-inquinamento, e basta? Nulla. Le clausole dell’acquisizione costringono Arcelor a rimanere (per un certo numero di anni) entro certi livelli occupazionali, e a bonificare alcuni impianti, ma il fatto che ILVA debba rimanere produttiva e aggiornata tecnologicamente viene dato per scontato.

Un altro punto e’: ok, e se il tribunale di Milano si incazza, cosa fa? Non stiamo parlando di una corte internazionale, o di un tribunale commerciale internazionale.Nemmeno di una corte europea, che potrebbe al limite impensierire il socio francese di ArcelorMittal. Stiamo parlando del tribunale di Milano. Cosa gli fanno? Mandano i Carabinieri in India? Sequestrano beni che ArcelorMittal NON possiede in Italia? L’unica facility che potrebbero sequestrare in Italia e’ a Piombino, ed e’ microscopica.

Che diavolo di potere effettivo ha, su una multinazionale, il tribunale di Milano? Pensate che possa esserci escalation? Illusi. Durante la fusione tra Arcelor e Mittal, il governo francese si oppose , o sembro’ opporsi. Immediatamente il governo indiano ribadi’ che se il governo francese avesse bloccato la fusione, l’ India avrebbe immediatamente scatenato una trade war con la Francia. E i francesi fecero marcia indietro. Davvero pensate che la cosa possa funzionare per l’ Italia? (a proposito, ricordate dei Maro’?) .

Il punto e’ molto semplice: se vogliono andare via, la maniera migliore di scoprire le carte e’ di iniziare a pianificare il “dopo”. Un “dopo” nel quale Taranto produce acciaio e Arcelor non vende un chiodo in Italia: se un governo vuole ostacolare un concorrente straniero, puo’ scatenare tutta la burocrazia piu’ demenziale contro gli importatori.

Ma la cosa peggiore e’: che tipo di messaggio si sta dando agli altri imprenditori stranieri che volessero arrivare in Italia, come successe con NTV?

Beh, si sta dicendo questo:

  • una volta che avete toccato un’azienda italiana l’avete sposata.
  • la magistratura e’ controllata dal governo, al punto che su comando del governo stesso spunteranno inchieste penali e civili.
  • qualsiasi accordo col governo puo’ essere vanificato da qualsiasi partito , da un ex magistrato governatore della regione, dai magistrati locali.
  • non importa cosa succeda sul mercato, una volta che avete toccato un’azienda italiana non potete piu’ ripianificare nulla , dal momento che l’azienda e’ vostra MA ANCHE del governo, MA ANCHE della politica, MA ANCHE dei magistrati.

ora, capite bene che dal punto di vista di un imprenditore questo bizantinismo e’ assolutamente delirante. Si, l’Italia puo’ avere tutte le ragioni del mondo, ma alla fine dei conti qualcuno ha i soldi e qualcun altro no. Se volete che qualcuno ci butti i soldi, non avete che da fare quello che chiede LUI. Perche’ qui e’ il punto.

Questa saga sta danneggiando OGNI investimento futuro in Italia, senza per questo garantire alcun ritorno nella vicenda ILVA. E’ il risultato di un provincialismo ignorante, di un premier che si muove con una multinazionale come se stesse citando per danni il vicino di casa. Un piccolo professorino avvocatino di provincia.

In questo momento la BCE sta stampando soldi. Una cordata di banchieri e CDP potrebbe chiedere soldi alla BCE per poi concederli in prestito ad un’industria. Gli interessi sarebbero praticamente nulli. Quindi non esiste uno strettissimo bisogno dei soldi di ArcelorMittal: 4 miliardi non sono una cifra enorme per la BCE.

Il vero problema e’ che una “cordata italiana”, o un eventuale gruppo nazional-industriale che rilevi ILVA, si troverebbe automaticamente nelle stesse mani che oggi stanno gestendo la vicenda. Nelle mani di dilettanti provinciali che non si fanno scrupoli a giocare con un’azienda strategica per vincere le prossime elezioni comunali o regionali, nemmeno nazionali.

E quindi torniamo al problema: la gestione della vicenda ILVA non e’ catastrofica solo perche’ otterra’ solo quello che ArcelorMittal ha gia’ deciso di ottenere (e nessun altro risultato e’ possibile), ma perche’ sembra rispondere alla domanda “Ma si puo’ ancora fare una grande industria in Italia?”.

E la risposta e’ quella sbagliata.

Fonte: https://keinpfusch.net/ilva-quando-la-soluzione-e-peggiore-del-male/

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