Cubetti di caso.

Chiuderei la storia di Taleb chiarendo una semplice cosa che trovavo scontata ma vedo che non lo sia: il legame tra caso e predicibilita’. Insisto su Taleb perche’ mi terrifica l’idea che sia ascoltato. Cioe’, quando penso che gente come lui viene letta -e creduta- nel mondo finanziario, e’ il momento in cui penso sia necessaria un’opera simile alla Rivoluzione Culturale cinese, per rieducare questa gente.
La cosa su cui Taleb (a quanto vedo dai commenti) e’ riuscito ad ingannare piu’ gente e’ il legame tra impredicibilita’ e’ assenza di cause, cioe’ casualita’ completa (separazione da ogni altro evento sul piano del legame causa-effetto) degli eventi che risultano impredicibili.
Taleb sfrutta alcune assunzioni del lettore disattento per inserire i propri errori logici, convinto che tanto (il suo lettore medio probabilmente e’ un altro finanziere, cioe’ un individuo che ha ancora meno cervello di un soldato (1)) nessuno andra’ mai a vedere le cose in maniera logica.

Innanzitutto, Taleb falsa il concetto di predicibilita’. Egli riduce la predicibilita’ all’idea che notando una regolarita’ dell’evento, noi siamo portati a pensare che A sia la “causa” di B.
Secondo lui, cioe’, una predizione avviene cosi’ e solo cosi’, se y e’ un evento successivo ad x:
(per ogni x,y,  (vedo(x) => vedo(y) )  =>  ((vedo(x) ∧ vedo(y) ) => (x => y))
Questo e’ quello che potrei chiamare “regolarita’” di un evento: dal fatto che ogni volta che vedo X subito dopo vedo Y, deduco che ogni volta che appaiono entrambi allora X e’ la causa di Y.
Questo modo di pensare e’ tipico di un periodo che si chiama positivismo. In quel periodo, si pensa che “tutto abbia una spegazione logica”, dove per spiegazione “logica” si intende che osservando Y bisogna solo  cercare quale evento X precedente (o quale serie di eventi) sia la “causa” di X.
In realta’, pero’, il concetto di casualita’ puo’ anche essere allargato. Mi riferisco al fatto che i precursori di un evento possono anche essere stabili e regolari, SENZA essere la causa di un evento. Prendiamo per esempio il concetto di “sintomo” cosi’ noto in medicina. Il medico che fa una diagnosi osservando i sintomi puo’ anche effettuarla semplicemente conoscendo l’eziologia della malattia. Egli SA benissimo che ad uccidere il paziente sia la data malattia, oppure no, e non i suoi sintomi.Faccio notare che il medico puo’ anche NON sapere cosa sia a causare la malattia: il termine “sindrome” indica un complesso di sintomi che magari indicano benissimo una certa malattia, ANCHE NEL CASO LE CAUSE SIANO SCONOSCIUTE, o nel caso tutte le relazioni tra causa ed effetto (il modo di agire della malattia) siano ignote in parte o completamente.
Nei primi anni dell’ HIV, per esempio, non si era isolato il virus, TUTTAVIA si era notato il complesso coerente di sintomi (la sindrome) che portava alla morte del paziente. Detto questo, il medico poteva prevedere la morte del paziente osservando dei precursori che NON erano la CAUSA della morte del paziente.
In quel caso, si puo’ dire che:
(per ogni x,y,  (vedo(x) => vedo(y) )  =>  ((vedo(x) ∧ vedo(y) ) => (x ∧ y))
In quel caso, sto sempre enunciando un principio di regolarita’, ma non dico piu’ che quando x e y appaiono regolarmente insieme allora posso pensare che x sia la causa di y. Dico che se osservo x e y regolarmente insieme, ne deduco che compaiano sempre in coppia. Senza alcuna implicazione che li leghi.
Questo approccio e’ quello usato dai medici quando parlano di sindrome e usano solo i sintomi per dedurre una malattia, ma e’ anche quello che si usa oggi nelle previsioni del tempo: anziche’ simulare migliaia di km di gas turbolenti, si osserva lo scenario, per dire, in europa, e si osserva la regolarita’ tra la comparsa di alcuni fenomeni e le condizioni di pressione, temperatura, vento, umidita’ di una griglia di punti. Se si osserva che, regolarmente, quando la temperatura del mare e’ tot E quella dell’aria e’ TOT e quella di terraferma e’ TOT e cosi’ via, allora si “prevede” l’andamento del clima, non perche’ si abbia un modello, ma perche’ si hanno una serie di “precursori”, che non sono le cause del clima, ma compaiono regolarmente prima. Anche lo studio dei terremoti si sforza di trovare precursori simili.
In entrambi i casi, pero’, il punto e’ la regolarita’ delle correlazioni: in definitiva, quello che Taleb considera “prevedibile” e’ solo l’insieme dei fenomeni che sono strettamente regolari.
Ora, forse i fisici rideranno: sebbene molti di loro siano figli del positivismo, hanno imparato con grande perdita di fiducia che un evento non si puo’ descrivere solo in termini di “avviene o non avviente”, come ho fatto io usando una logica binaria, ma anche in termini “probabilita’ che avvenga”. Per fare questo, pero’, sono dovuti andare un pochino OLTRE Gauss.
Nel senso che se affermiamo che il mondo e’ logico dobbiamo per forza di cose stabilire un legame tra un nostro pensiero (la logica) e un esternalismo che e’ l’esperimento. L’esternalismo (2) , in questo caso, deve restituire un valore logico: la misura e’ (nei limiti dell’errore) quella che ci aspettiamo, oppure no.
Ad un certo punto pero’ i fisici hanno dovuto per forza di cose associare entita’ fisiche ad una funzione di probabilita’. Nel caso della logica, l’esperimento doveva misurare la particella dove ce la aspettavamo e con l’energia (velocita’) che ci aspettavamo. Nel caso della probabilita’, il problema si faceva piu’ arduo: in che modo si puo’ MISURARE una probabilita’, che in se’ NON e’ una grandezza fisica ma un numero puro?
Ovviamente i fisici iniziarono a fare delle approssimazioni, cosa che era loro congeniale fare per via degli errori di misura: “se in un dato intorno di spazio e’ contenuto il 99.9% di probabilita’ che un elettrone sia qui, allora possiamo dire che e’ dentro quel cubetto”. Questo pero’ era un pochino barare, nel senso che si tentava di allargare un dominio [0,1]  facendolo diventare qualcosa come ]0+ε, 1-ε[ , cosa che i fisici erano gia’ abituati a fare perche’ ε non era altro, prima di allora, di un errore di misura.

Ma questo non bastava, ed il paradosso di Schroedinger lo testimonia: c’e’ un sacco di spazio tra i due estremi. Cosi’ , visto che dovevano essenzialmente predire la probabilita’ che da uno stato X si finisse ad uno stato Y, e questa cosa curiosamente corrispondeva (in sistemi molto chiusi e molto lineari) con una differenza di energia, gente Boltzmann arrivo’ in loro aiuto, e:

 semplificando un pochino

 

Insomma, se mescolate una sostanza con un’altra ottenete una reazione. Ma perche’ avviene, di preciso? Perche’ , essenzialmente, il risultato della reazione e’ piu’ PROBABILE dello stato precedente. Prendete un secchio. Mettete tutte pesche da un lato e tutte mele dall’altro, separandole con un ordine chiaro. Adesso agitate il secchio. Vi aspettate di trovarle ancora in ordine, in disordine, o ancora di piu’ in ordine? Ovviamente trovate piu’ probabile il disordine.
Questo pero’ non prova nulla sinora, perche’ la costante di Boltzmann e’ tale che la sua teoria si applica a cose piu’ piccole. Cosi’ c’e’ ancora il problema di trovare un legame col mondo reale, quello che osserviamo. E infatti, puntualmente tale legame arrivo’:

 

Guardate che analogia tra l’entropia dell’informazione e la formula dell’entropia termodinamica di Boltzmann.  Che cosa significa questa analogia? Significa essenzialmente che NON possiamo applicare, strettamente , la formula di Boltzmann alle mele e pere, o al bicchiere sul tavolo, perche’ anche se concettualmente i conti devono tornare sono cose troppo grandi rispetto alla costante di Boltzmann. MA. C’e’ un MA.
Il fatto che la formula dell’entropia dell’informazione sia cosi’ simile a quella termodinamica mi permette di trattare <mela> e <pesca> non come oggetti fisici composti da miliardi di atomi in relazioni complesse tra loro, ma come SIMBOLI in una teoria dell’informazione. E , dal momento che le formule sono analoghe, mi aspetto RISULTATI ANALOGHI.
Cosi’, misurando l’entropia dell’informazione di <mele> e <pesche> intese come simboli  e disposte in qualche ordine, posso aspettarmi risultati ANALOGHI di quelli che otterrei se tentassi di calcolare l’entropia del mio secchio per capire se esso finira’ in ordine o meno dopo essere stato agitato.
In questo modo, ecco realizzato il “ponte” che i fisici volevano tra la lettura di una misura di una funzione “probabilita’” e una serie di simboli da manipolare a parte secondo una teoria analoga: se nel caso del positivismo il legame tra logica ed esperimento e’ “i numeri sono quelli previsti: si/no”, nel caso delle probabilita’ di stato la cosa si potrebbe riassumere come “le probabilita’ termodinamiche coincidono con quelle delle analoghe probabilita’ di occorrenza dei simboli”?
Ovviamente ci sono molti modi per formalizzare questa cosa, per applicazioni “terrestri”, ma se andate avanti con la fisica sino ad Hawkins ed Immirzi scoprirete [che alla fine e in condizioni estreme,] l’entropia dell’informazione e l’entropia termodinamica sembrano coincidere perfettamente anche in termini fisici e i conti devono tornare ALLA PERFEZIONE.
Morale della storia: a questo punto, il principio di regolarita’ viene meno: se un evento x ed un evento y si susseguoni, posso dire che osservarli insieme mi dice essenzialmente che la probabilita’ di stato di Y era piu’ alta di quella di Y.  E’ come dire che se Y e’ piu’ probabile di X, allora qualche “forza” spingera’ tutti i sistemi in uno stato X a cambiare stato e finire in Y. Ed il legame che divide le due cose e’ semplicemente il fatto che, in qualche modo, differenza di probabilita’ ed energia SONO LEGATE tra loro.  E poiche’ questo ha un corrispondente nel mondo dei simboli, possiamo usare questo principio non solo nel mondo dei fenomeni che misuriamo con gli strumenti dei fisici, ma anche nel mondo dei fenomeni che, dato un linguaggio, possiamo indicare con una serie di simboli.

Per questa ragione, se metto cinque mele e cinque pere in un secchio, allineate, e le agito, mi aspetto di trovarle in disordine.

Per un sistema chiuso, l’ entropia corrisponde alla misura quantitativa di Shannon del massimo possibile disordine nella distribuzione del sistema sui possibili microstati.

Cosi’, come potete immaginare, oggi il concetto di “relazione causa-effetto” e’ molto cambiato. Se prendete un diodo tunnel e lo osservate, scoprirete che fa l’impossibile. NON c’e’ alcun legame di causa-effetto che spieghi l’effetto misurato da Leo Esaki: quello che succede in un diodo tunnel e’ interamente probabilistico. E’ sicuramente spiegabile pensando che ad un certo punto sia molto piu’ probabile che un certo numero di elettroni siano da un lato (quello che Taleb definirebbe “sorprendente”) del GAP. Ma , attenzione, perche’ se ci basiamo solo su una regolarita’ basata sulla prassi (si oppure no), NESSUN elettrone dovrebbe oltrepassare il GAP.
Quindi no, il concetto di causa-effetto cui fa riferimento Taleb e’ superatISSIMO dalle scienze fisiche. Ma andiamo nel dettaglio.
Taleb dice che non e’ possibile predire l’evento “tale libro fa un best-seller mai visto prima” osservando il libro o l’autrice. Lo sintetizza dicendo che noi “restiamo sorpresi” dall’evento. Ma la sorpresa dell’osservatore non significa nulla: se mi addormento e vengo svegliato da qualcuno, sono sorpreso dall’evento, ma non c’era nulla di imprevedibile.
Questo e’ il primo punto da smantellare: “quel libro e’ diventato un bestseller mai visto” e’ un evento che , essenzialmente, non si verifica solo quando l’autrice e’ brava e il libro e’ bello. Questo lo dice anche Taleb. Ma Taleb dimentica una regola dei fisici: per dire che c’e’ l’elettrone, loro prendono il cubetto e lo allargano fino a quando non contiene il 99.999qualcosa per cento di probabilita’ di contenerlo.
Taleb invece NON fa questo. Siccome la PICCOLA porzione di evento che osserva NON gli basta a predire TUTTO l’evento, lui dice che e’ impredicibile. Ma non e’ vero.
“Il libro e’ un best-seller” e’ un’affermazione complessa. Contiene circa venticinque milioni di decisioni da parte dei clienti. Contiene una catena di distribuzione libraria grande venti nazioni. Contiene un marketing in quindici lingue. Contiene quindici traduzioni eccellenti del libro.
POSSIAMO DIRE CHE TUTTO QUESTO SIA NATO PER CASO? No.
Allora, facciamo come i fisici: se nel PICCOLO cubetto (autore,libro) NON trovo abbastanza probabilita’ di avere un best-seller, perche’ non allargare il cubetto? Prendiamo un cubetto piu’ grande, il quale contiene, per dire, l’autrice, il libro, quindici traduzioni, un canale di distribuzione multinazionale, un investimento in marketing non indifferente, i gusti dei clienti.
Adesso, diciamo, siamo piu’ vicini, ed il nostro cubo contiene MOLTE piu’ probabilita’ di best-seller, cosi’ come un cubo piu’ grande per i fisici ha piu’ possibilita’ di contenere un dato elettrone.
Certo il best-seller puo’ mancare, cosi’ come un elettrone dispettoso puo’ essere dall’altra parte della galassia mentre voi lo immaginate a Casalecchio. Ma se il fisico puo’ dire “in quel cubetto di spazio c’e’ il 99.999% di probabilita’ di avere l’elettrone, cioe’ dell’orbitale”,  io posso dire “in quella combinazione di fattori c’e’ il 99.999% di avere un best-seller”.
Perche’ allora gli economisti non riescono a fare quella previsione? Eh, semplice: perche’ accettano di lavorare SOLO su dati di sintesi.
Se prendiamo l’idea che Taleb ha di “best seller”, lui vi dira’ che e’ “numero di copie vendute in tot anni di tale prodotto”. Ma sono cazzate. O meglio, no: e’ un indicatore di sintesi.
Se chiedeste ad un fisico che cosa sia un best-seller, lui probabilmente individuera’ il fenomeno FISICO connesso alla parola, e vi dira’ che la componente piu’ rilevante sono i gusti dei clienti, seguita dalla capacita’ di distribuzione, e come condizioni necessarie che il libro sia stato scritto e che sia tradotto nelle lingue e che il cliente sappia come e dove procurarselo. Otterrete pero’ un discreto plico di informazioni, che va BEN OLTRE l’indicatore di sintesi che Taleb intende per “best-seller” .
Lo stesso dicasi per la prima guerra mondiale. Osservando SOLO il comportamento dei governi , magari, non era possibile prevedere la guerra se non a posteriori, cioe’ non prevederla affatto. Ma allargando il cubetto si potevano sicuramente scorgere le spese di riarmo, le esigenze insoddisfatte di alcuni popoli, i problemi economici irrisolti, e con un “cubo” piu’ grande (ed una eventuale teoria formale della storia) si poteva anche dire che “si, in un cubo che contenga le ragioni economiche, quelle sociali, le opinioni della popolazione , le spese di riarmo, le condizioni demografiche favorevoli alla guerra, c’e’ il 99.99% di probabilita’ che esploda una guerra”.
Il problema, appunto, sta nella dimensione del cubo. Se, come fanno tutti i finanzieri, ci si ostina a considerare SOLO indicatori di sintesi (best-seller= numero di copie vendute, guerra=costi+morti, economia=PIL) e cosi’ via, e’ OVVIO che non si predice un cavolo: se il cubetto e’ troppo piccolo, non c’e’ abbastanza probabilita’ da descrivere un evento: in un cubo cosi’ piccolo, magari l’elettrone non passera’ MAI.
A rendere ciechi quelli come Taleb non e’ il fatto che OGNI evento enorme e sorprendente sia casuale: e’ che gli indicatori di SINTESI che loro usano NON sono sufficienti a calcolare alcunche’. Non posso prevedere la nascita dell’ IT semplicemente osservando il PIL: posso prevederla se includo le enormi spese militari americane per i processori di silicio negli anni 80 e 90, la necessita’ di aumentare la produttivita’, l’esistenza di un partito (quello di Clinton) che puo’ vincere le elezioni e pensa che l’ IT sia il modo per aumentare la produttivita’ stessa. E mano a mano che allargo il cubo uscendo dagli indicatori di sintesi,  IN QUESTO CUBO, SI, L’IT puo’ solo scoppiare negli anni ’90.

 

 Quello che Taleb &co. non vogliono capire e’ che l’economia e la finanza sono cieche perche’ si basano (e si ostinano ad usare) degli indicatori di sintesi. Se io chiedo quale sia l’andamento della borsa di oggi mi risponderanno con UN indice. Ma il sistema che tale indice vorrebbe sintetizzare e’ cosi’ immenso che e’ come dire “mela”  quando l’unita’ di misura e’ grande quanto la costante di Boltzmann.
Certo, potrei anche dire “mela” e usarlo (come ho spiegato sopra) nel senso di simbolo dato un linguaggio ed una certa occorrenza. Cosi’ come potrei usare ogni dato di borsa come simbolo di un linguaggio, e a quel punto fare l’analogo di una fisica che usi al posto delle grandezze fisiche i simboli in uso, sfruttando l’analogia tra entropia dell’informazione ed entropia termodinamica. Ma questo puo’ funzionare solo se la borsa ed il mercato funzionano in maniera analoga ad una fisica, cosa che non e’.
E cosi’, le miserabili fesserie di Taleb si riuniscono ad una semplice affermazione:
Chi cerca di fare previsioni di mercato o su grandi eventi sistemici e’ cieco perche’ e fin quando si ostina ad usare solo indicatori di sintesi per indicare il sistema.

 Ovvero, i finanzieri sono ciechi. Sono ciechi PERCHE’ usano solo indicatori di sintesi. Sono ciechi QUANTO si ostinano ad usare solo indicatori di sintesi. Sono ciechi FINCHE’ usano solo indicatori di sintesi.  Ma la loro cecita’ e’ dovuta alla LORO scelta di usare SOLO indicatori di sintesi: bestseller=numero di copie vendute.E per nascondere il fatto che NON riescono ad analizzare la realta’, dicono “la realta’ e’ casuale , tutto avviene per caso”.

No, signori, non e’ vero: anche i fluidi turbolenti sono prevedibili , tantevvero che andate in aereo. Il guaio e’ che NON si fa usando degli indicatori di sintesi.
Ovvero, usando quegli “indici” che i finanzieri si ostinano ad usare per indicare le cose.
E se questi non funzionano, e’ inutile dare la colpa al caso che sarebbe ovunque: e’ semplicemente che NESSUNO raccoglie abbastanza dati, nessuno li elabora abbastanza, eccetera.
Del resto, se per fare una presentazione ad un manager del finance  NON devo superare le quattro slide perche’ “dopo le quattro slide il contenuto non viene ritenuto”, davvero pensiamo che un IDIOTA (3) possa prevedere alcunche’?
There iz tu much writingz in tiz szlidez, ya.I cannot predict nezt bestzellerz , yah.
Uriel
(1) Einstein sosteneva che per fare il soldato (marciare, lottare &co) fosse sufficiente il modollo vertebrale.
(2) Un uso del nostro sistema nervoso che va oltre i limiti fisici del sistema nervoso umano, cioe’ l’epidermide. In genere detto “misura” od “osservazione”.
(3) Mia figlia, 4 anni, ritiene senza sudare 5 pagine di un libro di fiabe fatto di figure. Poiche’ un manager di 40 non ritiene , sembra, 5 slide di powerpoint, ed il QI e’ il rapporto tra eta’ reale ed eta’ percepita nella prestazione, il QI del mio manager e’ < 4/40, cioe’ 0,1*100 < QI10. Non e’ che loro VOGLIANO usare indicatori di sintesi, e’ che proprio NON CE LA FANNO ad andare oltre, ecco tutto.

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