Looting & Politica

Chi segue il declino velocissimo degli USA sta sentendo parlare di “looting”, ovvero di saccheggi. Essi vengono dipinti come atto di antipolitica, senza pero’ rendersi conto del fatto che se tutti ne parlano e c’e’ dibattito attorno ad essi, sono gia’ diventati atti di politica.

Per capirlo bisogna osservare un pochino cosa dice il capo di qualsiasi gruppo ai suoi. Lo dice in molti modi, lo dice piu’ o meno esplicitamente, a volte in maniera sublimata (quando il capo dello stato fa visita alle forze armate, per esempio), ma alla fine la prima affermazione di qualsiasi leader politico e’ sempre quella: con me al comando, siete al sicuro. O se preferite, “io vi proteggero’ “.

Per questa ragione a Trump e’ necessario far vedere che lui e’ un presidente “law and order”, e che manda i soldati a presidiare le strade. Se vuoi rimanere un leader, devi per forza dire ai tuoi che li proteggerai. E poi devi farlo.

In questo senso, la continuazione dei saccheggi e’ un messaggio politico: “non sei in grado di proteggere i tuoi” significa anche “come leader non vali niente”. Significa che il leader ha fallito nel primo dei suoi compiti.

Quindi si, potete masturbarvi quanto volete, ma il saccheggio su vasta scala e’ un atto politico, eccome. Ed e’ per questo che occupa tutti i giornali e tutti i commentatori politici ne parlano.

Arrivano poi quegli intellettuali che continuano a sostenere che la protesta e’ illegittima se e’ violenta. Interessante speculazione, ma l’obiettivo di una protesta non e’ quello di essere legittima, e’ quello di essere efficace.

Bollare la protesta come illegittima e’ come bollarla come calcarea. Ok, una protesta violenta e’ calcarea. E sticazzi ce lo scriviamo?

Sono esistite in passato delle proteste (in genere pacifiche, ma anche no) che sono state definite come legittime, e quindi il governo e’ sceso a negoziare e ha fatto le riforme richieste. Molto bene.

Ma adesso parliamo di questo pianeta: davvero pensate che Trump scendera’ mai a negoziare, e che poi fara’ tutte le riforme che servono a rendere meno violenta la polizia e meno razzista la societa’? Trump? Con il suo elettorato?

Non lo fara’ MAI.

Ma se sappiamo gia’ che Trump non scendera’ MAI a negoziare con chi protesta, sappiamo gia’ che e’ inutile tenere la protesta su binari di legittimita’. A quel punto, visto che i negri americani possono vivere senza paura di essere ammazzati a random solo se Trump viene sconfitto, devastare oggetti ed edifici e’ una strategia ragionevole. Per due ragioni.

Di fatto, i manifestanti hanno comunque tutte le chances del mondo, mentre chi deve difendere un fronte troppo esteso si trova comunque a perdere l’iniziativa. Questo e’ il motivo per il quale la guerriglia urbana e’ una delle piu’ dure in assoluto. E voglio far notare che i manifestanti sinora non hanno usato armi da fuoco. Il che significa una cosa: loro hanno ancora spazio per scalare, mentre l’esercito le armi da fuoco le ha gia’ in mano. Se i manifestanti scalano con le armi, l’esercito NON puo’ scalare con artiglieria o carri armati, che devasterebbero la citta’ ancora di piu’. L’uso dell’esercito e’ una finta minaccia , e prima o poi i manifestanti se ne accorgeranno.

Il problema vero, e l’errore di Trump, e’ stato proprio quello di ridurre tutto all’uso della forza. Perche’ adesso DEVE usare la forza, E DEVE FAR VEDERE CHE LA USA, ma tutto quello che non vuole e’ una battaglia, tantomeno vuole altre vittime di colore.

In pratica, Trump cerca di spegnere una rivolta contro i metodi brutali della polizia , che sono emersi nonostante i tentativi della polizia di nasconderli, introducendo ancora piu’ brutalita’, nonche’ mettendosi nelle condizioni di doverla mostrare al pubblico.

Non credo che questa vicenda , a meno di altri catastrofici errori, possa giovare a Trump. Del resto, subito dopo una protesta contro la repressione delle proteste di Hong Kong, Trump che invoca esercito e forza sui manifestanti e’ tutto quello che desideravano a Pechino.

Chissa’ quanto avrebbe pagato Pechino per un poliziotto che uccidesse male un negro, di fronte alle telecamere, durante gli scontri a Hong Kong e le proteste di Trump