Per capire un attimo, occorre riassumere la storia delle fondazioni bancarie.
Un tempo esistevano le casse di risparmio. Si trattava di enti del diritto pubblico, nate essenzialmente nella fine dell’ 800, allo scopo di finanziare la piccola borghesia. Oggi diremmo le PMI. Si tratta di banche a controllo statale, basate su una raccolta iniziale di fondi , da parte di persone che tuttavia non partecipano (o partecipano poco) alla conduzione della cassa stessa.
Da statuto, una cassa di risparmio deve dedicare un certo budget a far crescere l’economia locale, facendo cioe’ quello che oggi potremmo definire “piccolo venture capital” , di dimensioni estremamente provinciali. Ripeto: si tratta tuttavia di enti disciplinati dal diritto pubblico. Significa che, pur non essendo organici allo stato quanto potrebbero esserlo l’esercito oppure l’anagrafe, non sono soggetti privati.
Le casse di risparmio sono state la colonna portante del boom del triveneto , della Lombardia, e del successo iniziale delle PMI.
Arriva l’unione europea, e ben sapendo di avere un governo “tecnico” di centrosinistra decide che questa forma di azione (tutto sommato sociale) sia un pericolosissimo contributo pubblico all’industria. E trovano sponda molto felice di togliere ossigeno alle PMI e alla borghesia italiana nel “riformare” le casse di risparmio.
Per riformare le casse di risparmio , lo strumento furono le cosiddette fondazioni.
Per soddisfare la UE , le fondazioni sono enti del diritto privato. Significa che sono dei privati veri e propri. Ma.
Il problema e’ che nel trasformare le casse di risparmio in fondazioni, quello che si fa e’ di dare alla fondazione la maggioranza nel consiglio di amministrazione della ex cassa di risparmio. E il controllo della fondazione? Quando si puo’, la si assegna a chi gia’ detiene la maggioranza del capitale della cassa di risparmio.
E quando la cassa e’ ancora, di fatto, a conduzione pesantemente pubblica per via della polverizzazione del risparmio? Beh, e’ semplice: si procede per nomina politica. Fu cosi’ che, con un atto di malcostume lottizzatore mai visto prima, le fondazioni bancarie nascono gia’ “prese” da una precisa area politica, cioe’ il centrosinistra.
Che cosa succede a quel punto alle fondazioni bancarie? Esse avrebbero dovuto prendere il posto delle casse di risparmio, che erano locali, radicate sul territorio e avevano la precisa missione di finanziare le attivita’ della piccola borghesia (oggi diremmo PMI).
Ma “casualmente” succede che le grandi banche, come se prevedessero il futuro, si fiondano a depositare soldi attraverso personaggi discutibili, dentro le casse di risparmio. Il risultato e’ che la stragrande maggioranza delle volte anche il “privato” riesce a diventare padrone della fondazione che ora possiede la cassa di risparmio.
Alle fondazioni viene poi assegnato tutto il patrimonio immobiliare e i beni di interesse artistico che le casse possiedono, sia per acquisti che per sequesri giudiziari. Essendo delle entita’ no-profit, almeno in teoria, esse hannoa gio a diventare padrone del patrimonio senza gravare fiscalmente.
Cosi’, in breve tempo le fondazioni bancarie si consolidano e diventano padrone delle banche. In seguito, cona ltre piccole riformine, si ottiene la completa autonomia nell’elezione del consiglio di proprieta’.
Risultato: la maggior parte delle banche italiane e’ proprieta’ delle fondazioni, con la sola eccezione di alcune banche popolari. Le fondazioni, essendo state nominate da un governo di sinistra , sono proprieta’ della sinistra. Nessuno dei soloni che si stracciano le vesti per l’impero di Berlusconi , ovviamente, ha qualcosa da ridire circa un “conflitto di interessi” in un governo che nomina tutto il potere bancario prendendolo da un solo partito.
Con questo si infligge un colpo mortale alle PMI. Inizia quel “declino” che dagli anni ’90 non le ha piu’ abbandonate. Perche’ il boom delle PMI italiane e’ dovuto proprio, ed in gran parte, al credito locale. I nuovi padroni del sistema bancario non hanno voglia di finanziare PMI. Preferiscono partecipare a grandi eventi mediatici, preferiscono la finanza, non alimentano piu’ la piccola borghesia italiana, cosa che era missione (sin dal 1800) delle casse di risparmio.
Capite adesso perche’ la Lega punti alle fondazioni. Le PMI che costituiscono il suo zoccolo duro sanno bene che il loro successo iniziale fosse dovuto al credito locale. (1) Essi sanno che con la nascita delle fondazioni sono state defraudrate dello strumento finanziario che ne ha visto l’ascesa.
E cosi’, adesso premono perche’ la Lega riprenda il controllo delle fondazioni: non potranno avere di nuovo le casse di risparmio, ma se soltanto riducessero in salsa federalista le fondazioni , sarebbe gia’ un bel vivere.
Che strumenti puo’ usare la Lega per conquistare le fondazioni?
Beh, innanzitutto puo’ premere sulle regioni e sulle provincie. Esse sono gia’ dentro alle fondazioni, e quando non sono dentro alle fondazioni con un membro direttivo , possono esercitare immense pressioni per via della mole di attivita’ “no-profit” che vengono finanziate in tandem tra enti pubblici e fondazioni (mostre d’arte, etc).
Diciamo che in una regione come il Veneto e la Lombardia le fondazioni non hanno molte possibilita’ di resistere a lungo senza accettare i nuovi vincitori. In Piemonte dipende tutto da come si giochera’ la partita nel biellese, e da come verranno divise le torte del federalismo fiscale, ma potrebbero stracciare anche quelle.
In definitiva la base leghista vuole che il credito delle fondazioni (e delle “fondazioni cassa di risparmio”) torni sul territorio, ma non sotto forma di attivita’ filantropiche e no-profit (che finiscono regolarmente nel circuito del volontariato cattocomunista) ma anche come credito vero e proprio erogato dalle banche associate.
E se non si riuscisse a modificare la modalita’ di erogazione delle banche collegate, che almeno si prendano le “attivita’ filantropiche” e , in falsa veste, le si porti a finanziare di fatto l’economia leghista delle PMI di area.
Bossi sta costruendo l’analogo del sistema cooperativo/economico del PCI, e dopo aver catturato la zona produttiva adesso ha bisogno della zona creditizia. Non so se sia lui, o se sia qualcun altro, ma sembra avere le idee molto chiare sul come muoversi e sulle mosse da fare per sfruttare la vittoria elettorale.
Sebbene venga considerato un bifolco ignorante, sembra l’unico politico ad avere una roadmap del potere chiara e stampata nella mente, e un’idea chiara dei punti chiave da conquistare.
Che cosa succederebbe se ci riuscisse, come e’ facile intuire in almeno 3 regioni? (Lombardia, Veneto, Piemonte, forse anche Liguria?).
Innanzitutto, le gia’ scarse finanze del PD si ridurrebbero al lumicino. Il PD e’ una macchina costosa, ed e’ gia’ molto vicino alla paralisi per mancanza di soldi. Ormai gli mancano persino per le campagne elettorali. Se si incrina il meccanismo delle fondazioni, viene meno quella “cultura” , quel “no-profit” che ancora mantiene un giro di giovani di buone promesse e di studiosi di teoria della banana , nullafacenti delle belle arti nel bar di sotto, eccetera. Insomma, un grosso taglio alle clientele. Il che significa un grosso taglio ai voti.
La geografia delle fondazioni e’ , per chiarirci, questa:
1. Fondazione Cariplo
2. Fondazione Compagnia di San Paolo
3. Fondazione Monte dei Paschi di Siena
4. Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona
5. Fondazione Cassa di Risparmio di Torino
6. Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna
7. Ente Cassa di Risparmio di Firenze
8. Fondazione Cassamarca
9. Fondazione Cassa di Risparmio di Padova and Rovigo
10. Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo
11. Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia
12. Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
13. Fondazione Cassa di Risparmio di Modena
14. Fondazione Cassa di Risparmio di Genova and Imperia
15. Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
16. Fondazione Cassa di Risparmio di Parma
17. Fondazione Roma
18. Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia
19. Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone
20. Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti
21. Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo
22. Fondazione Cassa di Risparmio di Forli’
23. Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi
24. Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni
25. Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
26. Fondazione Monte di Parma
27. Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara
28. Fondazione Cassa di Risparmio di Imola
29. Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori
30. Fondazione di Piacenza e Vigevano
31. Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia
32. Fondazione Agostino De Mari Cassa di Risparmio di Savona
33. Fondazione Banca del Monte di Lombardia
34. Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata
35. Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno
36. Fondazione Cassa di Risparmio di Fano
37. Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
38. Fondazione Cassa di Risparmio di Asti
39. Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
40. Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli
41. Fondazione Banco di Sicilia
42. Fondazione del Monte di Lucca
43. Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara
44. Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia and Pescia
45. Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano
46. Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste
47. Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
48. Istituto Banco di Napoli Fondazione
49. Fondazione Banco di Sardegna
50. Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia
51. Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra
52. Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila
53. Fondazione Cassa di Risparmio e Banca del Monte di Lugo
54. Fondazione Cassa di Risparmio di Cento
55. Fondazione Cassa di Risparmio di Viterbo
56. Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena
57. Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini
58. Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola
59. Fondazione Cassa di Risparmio di Rieti
60. Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano
61. Fondazione Cassa di Risparmio di Saluzzo
62. Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia
63. Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno
64. Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno
65. Fondazione Cassa di Risparmio di Fano
66. Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola
67. Fondazione Cassa di Risparmio San Miniato
68. Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto
69. Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo
70. Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro
71. Fondazione Pescarabruzzo
72. Fondazione Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania
73. Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana
74. Fondazione Banco del Monte di Rovigo
75. Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni
76. Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi
77. Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto
78. Fondazione Cassa di Risparmio di Bra
79. Fondazione Cassa di Risparmio Prato
80. Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza
81. Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia
82. Fondazione Cassa di Risparmio di Rieti
83. Fondazione Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana
84. Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto
85. Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano
86. Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo
87. Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona
88. Fondazione Cassa di Risparmio di Città di Castello
89. Fondazione Monte di Pietà di Vicenza
Come potete vedere, (magari ne ho dimenticata qualcuna) , se anche pensiamo che le fondazioni presenti nel centro italia rimangano rosse e resistano, (dopotutto c’e’ anche il potere del PDL, non solo la Lega) , e quelle del nord inizino a cadere , il risultato e’ che al sud rimane poco o niente, se non le banche mainstream. Non che i rossi abbiano pensato al sud piu’ di tanto; in ogni caso, la finanziarizzazione dell’economia rossa almeno teneva soldi in circolo nel circuito del culturame farlocco e dei progetti ecoinutili e biofighetti, che si prestano bene all’amicone che vien dalla campagna a lavorare dove ci sono i soldi.
La leghizzazione delle fondazioni del nord, per inciso, probabilmente sarebbe un toccasana per le PMI , o almeno un nuovo vantaggio (almeno cosi’ sognano loro; di certo dara’ una marcia in piu’ alle imprese “padane”, cioe’ vicine alla Lega) , ma oltre a strangolare l’economia futile che in un qualche modo si ridistribuisce per tutto il paese , portera’ di fatto ad avere due diverse condizioni di credito al nord e al sud del paese.
Adesso chiediamoci: una volta federalizzata la questione fiscale e quasi tutte le funzioni regionali di sistema, e una volta create condizioni di credito diverse (piu’ di quanto siano oggi), Bossi ha davvero bisogno della secessione? O piuttosto, non l’ha gia’ fatta sotto gli occhi di tutti?
Si continua a dipingere la dirigenza leghista come un branco di bifolchi; e nondubito che abbiano fatto di tutto per apparire tali in pubblico. In privato, pero’, o almeno alla guida del loro partito, sembrano essere gli unici che marciano verso un obiettivo chiaro, con delle roadmap chiare e una chiarezza di pensiero notevole.
Sfotteteli pure. Chiamateli pure bifolchi. Dipingeteli come ottusi valligiani dalla minchiata facile. Ma sono ad un passo dal raggiungimento dei loro obiettivi. E con ogni probabilita’ nessuno degli “intelligentoni” e dei “coltissimi” riuscira’ a fermarli; ormai sono ad un passo.
Certo, continuera’ ad essere Italia. Non sara’ una secessione ufficiale. Non sara’ una secessione politica. Ma se riescono (come sembra probabile per via del potere locale che hanno, anche sulle imprese) ad avvicinarsi alle fondazioni, avrete comunque due italie diverse, cosi’ diverse che la secessione vi sembrera’ solo un atto formale.
E non e’ detto che la Lega la chieda mai piu’, da quel momento in poi.
Perche’ dovrebbe?
Uriel
(1) In generale l’esistenza delle casse di risparmio costringeva anche le altre banche locali ad essere un pelo piu’ tolleranti.