Tablet & Cloud, II

Noto che il post su tablet & cloud ha lasciato alcune persone interdette perche’ non chiarisce alcuni equivoci. In questo caso sono io a dover fare ammenda, visto che lavorando nel settore sto dando troppe cose per scontate. Inoltre, chi ha comprato riviste di informatica consumer ha acquisito altri equivoci per via del particolare approccio della stampa “spacializzata” del periodo.

 

Quando l’informatica inizio’ a diffondersi, divenne chiaro che serviva una stampa specializzata che se ne occupasse. Dico “serviva” perche’ furono le case editrici a riflettere sull’idea di aggiungere o meno una testata che parlasse di informatica al loro portfolio.
Quello che fecero, e qui fu l’errore, fu di trattare l’informatica esattamente come trattavano le altre materie specialistiche legate a prodotti consumer molto diffusi: la motocicletta e l’automobile.

 

I giornali italiani(1) di informatica nascono, tranne poche riviste specializzate in programmazione (e poi quasi sempre chiuse) , con lo stesso taglio e la stessa strategia dei giornali che trattano di motociclette e di automobili. Il risultato e’ stato un approccio all’informatica  identico a quello delle automobili.

 

Il risultato era che tutti i pareri tecnici si focalizzavano su tre direttrici:

 

  1. I nuovi prodotti usciti, confronto tra loro, prova su strada (in alcune riviste di informatica NON si degnarono nemmeno di nascondere il fatto che stavano facendo un giornale di automobili che parla di computer) , marchio, costo e voto.
  2. Dotazione materiale del nuovo modello di automobile computer, con elenco sistematico dei componenti, della cilindrata frequenza della CPU, della velocita’ , della comodita’ dei sedili interfaccia e usabilita’, eccetera.
  3. In caso di software, la dotazione funzionale del programma, l’elenco delle features a bordo, quante marce possibilita’ di configurazione, quanti pulsanti, quanto accattivante fosse la nuova carrozzeria  schermata iniziale , eccetera.
Ora, il punto e’ molto semplice: quando si presenta un’automobile si dicono tutte queste cose, per la semplice ragione che il giornale di automobili o di motociclette NON ha lo scopo di chiarire al lettore se il tale veicolo e’ utile: ha lo scopo di dirgli se e’ bello, se si guida bene, se e’ costruito bene, se e’ potente, se e’ veloce, ma l’utilita’ e’ un concetto che si applica poco (in fondo le auto fanno tutte la stessa cosa, esclusi i consumi la loro utilita’ e’ di portarci in giro, idem per le moto), cosi’ i giornali specializzati si concentrano sul manufatto.

 

Il concetto e’ che siccome l’utilita’ e’ abbastanza simile (il codice stradale e’ uguale per tutti e l’uso che facciamo delle auto e’ quello di salirci per muoverci, a prescindere dai motivi) , e le possibilita’ di customizzazione sono MOLTO piu’ limitate rispetto ad un PC, allora tutto si basava sulla dotazione e sulle caratteristiche costruttive.

 

Cosa voglio dire?

 

Voglio dire che il consumatore di informatica e’ stato DISEDUCATO a pensare ai computer come a dei manufatti che possono essere buoni o cattivi in se’, come le automobili. Ma mentre e’ ovvia la funzione dell’automobile, alla fine della presentazione del nuovo PC di marca XYZ, tot GHZ, tot ram , tot disco, l’utente aveva la domanda in testa: “bello, ma cosa ci faccio?”.

LA domanda ovviamente non si pone ne’ con le motociclette ne’ con l’automobile, perche’ e’ del tutto ovvio quello che ci si fa. MA col computer non bastava dire “e’ potente, e’ veloce, ha ram, ha tanto spazio”, perche’ poi il lettore chiudeva la pagina e diceva “ok. ma perche’ dovrei comprarli per la mia azienda? Devo davvero inseguire il modello?”.

 

E’ mancata, da parte della stampa specializzata, la trattazione dell’ambito piu’ importante, ovvero l’ UTILITA’.

 

I giornali di informatica continuavano sulla falsa riga dei giornali di automobili, e dopo le solite tre pagine sul nuovo PC ZAXXON 1490, 3GHZ cpu con 4MB cache , 4GB ram 1TB hard disk GPU RISC 128MBram , gli unici che sapevano cosa farci erano gli appassionati di giochi.

 

Cosi’, quando ho iniziato ad esaminare gli iPad dal punto di vista del backend , in qualche modo ho generato qualche disagio. Nessun giornale di informatica ha mai detto “questo nuovo PC ha tot ram in piu’, ma non vi serve ad un cazzo di niente se comunque non ci fate almeno questo e quello e nella vostra azienda non c’e’ un uso di questo genere“.

 

La mia trattazione dell’ iPad e dei tablet in generale, nonche’ del concetto di cloud pubblico, sono state improntante non alla solita disquisizione automobilistica cilindrata/potenza/coppia/velocita’/consumi trasportata all’informatica (pollici schermo/cpu/gpu/ram/os/wifi/g3) ma alla sua utilita’.

 

A prescindere da quanti pollici, da quanta cpu, gpu, ram , os , wifi, g3 voi abbiate sul tablet, cioe’, il tablet vi sara’ utile SOLO se dietro ci mettete un backend come strato di dati e la possibilita’ per il tablet di lavorare offline per qualche tempo e poi sincronizzarsi. Una specie di cache locale da sincronizzare.

 

Questa non e’ una valutazione di performance, ne’ di capacita’. E’ semplicemente una valutazione legata all’infrastruttura: il tablet e’ concepito come terminale , e un terminale non serve a nulla se non c’e’ dietro una determinata rete.

 

Allo stesso modo, ho esaminato il cloud senza andare a guardare gli strilli per la nuova buzzword. Tecnologicamente i cloud si basano sulle possibilita’ (e sulla bonta’) degli strati ipervisor e dello svincolo tra immagini in esecuzione e hardware reali. Ma questa non e’ una novita’ tecnologica, lo fanno da anni ed anni i mainframe IBM, gia’ dalle versioni meglio accessoriate degli AS/400 e sui mainframe con Z/OS.

 

Il cloud a sua volta nasce come modello commerciale proprio perche’ se ne valuta solo l’utilita’. Nessuno vi dira’ mai quante CPU, quanta ram, quanto storage, che storage e che fibra e che switch usino i cloud che usate. Vi diranno solo il “taglio” dell’istanza che andate ad avviare.

 

Ora, adesso dov’e’ il vostro dio del “quante cpu quanta ram quanto storage quanti mhz quanta GPU”? Che fine fa lo sbagliatissimo (e diseducativo) approccio dei giornali di informatica italiana, quando dietro la parola cloud non c’e’ nessun manufatto preciso da recensire ma soltanto un generico termine che indica proprio L’ASSENZA DEL MANUFATTO DA RECENSIRE?

 

Alla fine, cioe’, i nodi della stampa “specializzata” (in automobili e motociclette) che si e’ occupata di informatica sono venuti tutti alla luce.(2)

 

Oggi ci si trova a gestire una crescita del mercato di tipo molto diverso. Le capacita’ ormai sono praticamente sufficienti (avete oggi sul tavolo la potenza di un CRAY che io installavo all’inizio della mia vita lavorativa. Con quella roba di CRAY si e’ fatto il boeing 737. Non mi raccontate che voi, a parita’ di potenza,  non ci potete fare i vostri powerpoint, che mi fate ridere!) e occorre occuparsi di utilita’. Ovvero della capacita’ di un sistema informatico , e mi riferisco alla capacita’ end-to-end,  di aiutarvi a fare il vostro lavoro.

 

Il punto che nessuno vuole ammettere e’ che per 30 anni la stampa specializzata vi ha illusi che per migliorare la vostra produttivita’ avevate bisogno di piu’ CPU, di piu’ ram, di piu’ disco, di una scheda grafica migliore, (cosa vera in ambiti specialistici) quando la verita’ e’ che avevate bisogno di una valutazione migliore di quelli che oggi si chiamano “use-case”.

Qualcuno mi ha detto che l’ iPad non parte perche’ ha un “rapporto prezzo prestazioni” molto cattivo. Questo e’ un buon ragionamento per un’automobile, ed e’ questo che una cattiva stampa informatica vi dice. Ma adesso proviamo ad immaginare che:

 

  1. Ci sostituiamo il navigatore dell’auto. Diciamo un tomtom. Risparmio: -100 euro.
  2. Con un vivavoce o una cuffietta bluetooth, ci sostituiamo il cellulare. Dipende dal modello.
  3. Non abbiamo piu’ bisogno del pc portatile, con la sua carica di costi batteria, tastiere rovinate, alimentatori guasti, etc. Dipende dal modello.
  4. Meno rischi (assicurativi e non) di smarrimento, o legati allo smarrimento (licenze di programmi di crittazione del disco).
Ecco che diventa sempre piu’ attraente. Qual’e’ la differenza? Eh, che e’ piu’ utile. MA tutte queste utilita’ non dipendono dal tablet in se’: dipendono dallo strato di backend.

 

Questo non e’ un ragionamento strano (non sto difendendo o insultanto l’ iPad, sto solo ragionando come ragiono al lavoro, quando non devo guardare buzz&brand) , e’ un semplice ragionamento da architetto di sistemi. Se il mio cliente mi dice “secondo te il manager che fa questo e quello ha ragione di comprare un iPad”, la mia risposta sara’ “dipende dallo strato di backend: con lo strato giusto possiamo evitare i costi di manutenzione del PC portatile, degli hard disk , del cellulare aziendale , e in caso di furto buttiamo fuori il tablet dalla rete e nessuno accede ai dati, come invece temiamo succeda quando smarriamo un portatile con l’hard disk(3)“.

 

Questo non e’ un ragionamento strano , vi giunge nuovo perche’ la stampa specializzata del mondo informatico vi ha semplicemente abituati a vedere le periferiche e i computer con la stessa ottica con la quale stavate a guardare le automobili e i relativi  componenti di tuning.

 

Il problema del tablet come terminale e’ che anche se possiamo arricchire il tablet, in ultima analisi la sua bonta’ dipende dal backend di servizi che stanno dietro. Ma i giornali di IT non sono abituati a parlarne. Ne’ hanno le competenze per farlo: essi stessi hanno dei servizi IT patetici, ne ho conosciuti da consulente.

 

D’altro canto, giudicare uno strato di backend non e’ facile in termini quantitativi, cioe’ nei termini che hanno caratterizzato l’approccio tenuto sinora. Valutare l’utilita’ di un sistema di backend e’ un lavoro specialistico che fanno gli architetti di sistema (nel caso: IO) , e moltissimo dipende dagli use-case.

 

In definitiva, quindi, quando si dice “Tablet+Cloud” non si sta indicando un prodotto che si valuta mediante la coppia “prezzo/prestazioni”. Stiamo indicando un prodotto che si valuta in termini di “ritorno di investimento nel caso specifico dell’applicazione specifica”.

 

Pochi per esempio conoscono i costi aziendali del mantenimento dei laptop. Alimentatori e batterie in primis. Componenti meccanici (tastiere e hard disk) a seguire. Smarrimenti e relative licenze di software per la crittazione. Licenze del software, e aggiornamenti su scala corporate usando sistemi di distribuzione centralizzati.

 

In piu’ il nostro manager ha sempre un cellulare di cui fa il backup sul laptop. In piu’ ha un monitor aggiuntivo sulla scrivania, e spesso una docking station. I costi del cellulare aziendale vanno dal sistema it che ci sta dietro (nel caso di un blackberry aziendale) ai soliti alimentatori che si perdono/rompono, agli smarrimenti (e relativi sw di crittazione, nel caso del blackberry gia’ built in nel cellulare) , eccetera.

 

Non sarei cosi’ sicuro, dopo aver considerato questo, che un dispositivo senza parti meccaniche, senza problemi di licenza, senza hard disk ne’ software di crittazione, senza un costoso caricabatterie ma un semplice cosino USB , non sia conveniente solo perche’ costa 800 euro. Anzi, il CoO (Cost of Ownership) potrebbe essere radicalmente piu’ basso di laptop, smartphone e compagnia bella.

 

Ma tutto, ripeto, dipende da uno strato di backend che deve rendere utile il nostro terminale, quale il tablet e’.

 

Quindi no, so bene di aver usato una logica che non e’ quella dei giornali di automobili informatica che avete letto sinora nel giudicare la coppia iPad/Cloud nello scorso articolo: mi sono concentrato sulla possibilita’ di creare uno strato backend decente , piuttosto che prendere in esame le caratteristiche dell’oggetto o degli oggetti.

 

Il che e’ giusto: il backend appropriato e’ diverso di caso in caso, e la parola “cloud” puo’ indicare cose molto diverse tra loro. Il punto da valutare resta quello dell’uso e dell’utilita’.

 

Ma di questo, i giornali di informatica italiani non vi hanno mai parlato.

 

Vi auguro buon weekend con questo articolo qui:

 

 

Uriel

 

(1) Forse e’ successo anche all’estero, ma per certezza parlo di quelli che conosco e che ho seguito nel tempo, come i giornali italiani.

 

(2) L’approccio tecnicista del tipo “how much” , tipico di automobili e motociclette, e’ normalmente quello che rende i giornali del settore automotive inapprocciabili alle donne. Nonostante i pc aziendali usati per scopi di office automation furono usati principalmente da donne, i giornali di informatica erano quasi tutti a pubblico maschile. Come quelli di automobili e motociclette: nessuno, pero’, si e’ mai posto il problema. Per le case editrici  era ovvio, perche’ stavano facendo una brutta copia di giornali gia’ maschili. Per tutti gli altri commentatori, era semplice incompetenza.
 
(3) In realta’ i manager della mia azienda hanno l’hard disk criptato. Ma comprare un software ad hoc per farlo COSTA. Invece se il contenuto e’ remoto ed e’ sul mio cloud ,  semplicemente blocco la tale macchina dall’accedere ai dati. Fine della fiera.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *