Trump&Twitter

Trump&Twitter

Una delle cose belle di fare IT e avere avversari incompetenti e’ che i vostri avversari si spareranno sui coglioni con le loro stesse mani. E’ il caso di Donald “Stable Genius” Trump, che ha appena firmato un executive order per sancire che no, da ora i social network sono civilmente responsabili per i contenuti degli utenti.

Sia chiaro, un ordine esecutivo e’ il peto rumoroso della gerarchia delle fonti del diritto americane. Perche’ una cosa simile passi occorre che il Congresso la faccia passare, come tutto cio’ che inficia la liberta’ di parola (e quanto e’ garantito dalla costituzione americana).

Ma supponiamo pure che passi. Che cosa ha fatto il nostro genio stabile? Ha costretto le piattaforme a leggere preventivamente i contenuti e filtrarli. Il contrario di quanto voleva.

Ma andiamo per passi. Innanzitutto, come stavano le cose prima?

In quasi tutto l’occidente, un social network non e’ considerato come un ente editoriale, nel senso che si riconosce solo come piattaforma neutrale, dal momento che i contenuti vengono dagli utenti. Essendo considerati neutrali, non rispondono i sede civile degli effetti di quanto diffondono.

Se un social network dice che bevendo disinfettante si previene il coronavirus, cioe’, una persona danneggiata da questa pratica non puo’ citare Twitter per danni, ma si rivale solo (in teoria) su chi ha diffuso la notizia.

Ma questo richiede che ai social network sia riconosciuto lo status di piattaforma neutrale. Ecco, Donald “Stable Genius” Trump sembra aver capito che i social network sono una piattaforma non neutrale. (Di questo passo, forse in 15 anni capira’ di essere stato eletto per volere di Zuckerberg.)

Tolta l’assunzione di neutralita’, l’ordine dice che da adesso i social devono essere considerati civilmente responsabili. Ed essere civilmente responsabili significa che se un milione di persone leggono che bere disinfettante fa bene, in teoria puoi avere una class action di un milione di persone che hanno bevuto il disinfettante. Esattamente come se lo avesse scritto un giornale.

Ma questo non ottiene l’effetto che spera Trump, anzi ottiene il contrario.

Perche’ adesso per i social le Fake News diventano un rischio enorme. Prendiamo per esempio i post di Trump corretti da Twitter.

In quei post si dice che le lettere per votare stanno venendo inviate a tutti, anche a quelli che non le hanno chieste. Twitter ha corretto il presidente dicendo che non e’ vero, e bisogna richiederle.

Adesso rifacciamo lo stesso con le nuove regole. Il presidente dice che tutti riceveranno una lettera senza fare nulla. Ma se qualcuno si siede sul divano ad aspettare, non riceve nulla, e perde il diritto di voto, adesso puo’ fare causa a Twitter per questo . E chiedere milioni in una class action.

Che cosa puo’ fare Twitter per evitarlo? Il link con il facts checking non e’ sufficiente: non e’, infatti, obbligatorio cliccarlo. Qualcuno potrebbe dire che non ha cliccato, perche’ gli bastava la parola del POTUS.

Quindi?

Quindi Twitter fara’ quello che fa ogni giornale in quella situazione:

  1. o pubblichera’ una smentita sullo stesso canale (ma questo non lo mette al sicuro dalla causa)
  2. impedira’ alla notizia di essere pubblicata.
  3. attacchera’ un disclaimer of liability alla notizia.

La 3 significa che attacchera’ alla notizia un’etichetta nella quale si dice che l’azienda non e’ in nessun modo legata o riconducibile a quanto detto, non approva ne’ depreca quanto detto, e non e’ responsabile o perseguibile per quanto detto, e tutta la parafernalia legale del caso.

Ora, vedere il tuo post con un link nel quale si dice “sia chiaro, con questa merda non voglio averci a che fare, e’ tutta roba sua e non voglio sentirne parlare” non e’ necessariamente piu’ delicato rispetto ad un link che dice leggi anche un’altra opinione su questo argomento.

Ma questa e’ la teoria. In pratica, occorre osservare due cose

  1. gli USA sono pieni di canali televisivi che pubblicizzano merda e diffondono le cose piu’ strampalate. Il giornalismo USA si e’ specializzato nel lasciar parlare il tizio che vende olio di serpente, con il giornalista (se presente) che tiene (ad arte) un atteggiamento di neutralita’ ostentato. In questo modo, e’ ancora possibile far girare notizie false, a patto che la TV impari la tecnica giuridicamente accettata per dissociarsi da quanto detto. Esiste tutta una parafernalia giuridica che serve proprio a questo.
  2. La stampa USA gode di un regime fiscale favorevolissimo. Di conseguenza, modificare questo articolo per i social networks da un lato assegna loro responsabilita’ editoriali, ma in secondo piano apre la porta ad una gigantesca operazione di elusione fiscale. Gli avvocati dei social network potrebbero anche opporsi a questa nuova legge portandola alla corte suprema, ma potrebbero anche non farlo preferendo portare di fronte alla corte il fatto che se sono imprese editoriali ALLORA devono beneficiare delle stesse condizioni fiscali.

Riguardo alla 2, prevedere cosa faranno i social e’ difficile. Ma la 1 e’ il problema. E’ il problema perche’ non esiste ancora una prassi consolidata per i social network. Per esempio, sui giornali la pubblicita’ (o native advertisement) e’ marcata con dei bollini o con un font diverso, e le opinioni controverse sono sempre marcate da un disclaimer ove il giornalista spiega “Tizio e’ il personaggio molto controverso. Abbiamo deciso di intervistarlo, etc etc”. Nel dire “tizio e’ un personaggio controverso” il giornale, per prassi giuridica, si “distacca” dalle sue convinzioni e in tribunale potra’ usare questa prassi nel caso qualcuno segua le indicazioni del politico.

Per questa ragione e’ stato possibile mandare in onda il filmato ove il presidente consiglia di iniettarsi disinfettante in vena o farsi carbonizzare dai raggi gamma per evitare il coronavirus. Entrambi i metodi funzionano, nel senso che non vi ammalerete piu’ di coronavirus, ma non vi ammalerete perche’ siete morti. Tuttavia, emettendo una serie di adeguati “segnali” giuridicamente accettati come prassi, il giornalista puo’ dire, prima di mandare il filmato, “oggi il presidente ha detto qualcosa che ha causato numerosissime reazioni avverse nella comunita’ scientifica”, e togliersi di dosso l’accusa di endorsement della profilassi presidenziale.

Nei social questa prassi non esiste ancora, o non e’ consolidata. Facendo precedente, potrebbe succedere che la reazione di Twitter (attaccare un link alle notizie) sia la via considerata accettabile o legalmente sicura: serve una causa vinta da Twitter a riguardo. In america esiste un mercato di cause intentate da “complici” delle aziende, al solo scopo di fare precedente. Significa che dopo le elezioni una persona potrebbe far causa a twitter dicendo di non aver potuto votare perche’ aspettava che le arrivasse a casa il certificato per posta, come letto su Twitter. Twitter obiettera’ di fronte al giudice di aver piazzato il link con l’opinione opposta, e se il giudice accettera’ allora ecco il precedente.

Ma potrebbe anche succedere che la prassi si evolva, per esempio mediante un diverso colore dei tweet, un diverso font, un bollino di disclaimer. Cosa succedera’ in questo senso e’ imprevedibile.

Ma in ogni caso, Trump non ci guadagnerebbe nulla. Qualsiasi sia il disclaimer che da ora verra’ attaccato ai tweets, per lui cambia poco. Che sia un font diverso o un colore diverso, entrera’ nella coscienza sociale per dire “bugia”. Come dire “alone viola”, diremo che so “falso come un tweet in Comic Sans”.

Per ora, la situazione evolve cosi’:

trump

e cosi’. Si direbbe una guerra dichiarata.

trump

Il secondo punto e’ che questo appioppa delle responsabilita’ alle imprese, ma offre loro molto potere: cosi’ come fa un giornale, i social potranno rifiutarsi di pubblicare qualcosa perche’ non corrisponde ai fatti e sarebbe perfettamente legale. Come ha detto Zuckerberg, non e’ saggio censurare i social per combattere la censura. E se considerate che Twitter NON HA censurato il presidente, ma ha solo attaccato un link a pagine con fatti diversi, si tratterebbe di un’azione che , per risolvere un problema inesistente, ha creato il problema che si voleva risolvere.

Una situazione alla Freddy Krüger: se lo sognate arriva.

D’altro canto, l’impatto puo’ essere fortissimo. Tutta la legislazione che ha prodotto la “neutralita’” di Internet proviene da quella USA. Erano gli USA che venivano presi come esempio di legislazione perfetta per la crescita di un ecosistema digitale. I legislatori e i giudici europei sono sempre stati piu’ inclini a considerare editoriali quei sistemi che consentivano di diffondere opinioni e notizie.

Una volta che la legislazione USA cambia, e’ destinato a cambiare l’intero panorama giuridico. Se consideriamo che Internet viene censurata dai paesi praticamente ovunque, tranne USA e parte dell’ UE (ma avveniva malvolentieri e su spinta USA), se gli USA cambiano direzione , le forze compresse dalle scelte statunitensi torneranno a premere sul legislatore.

In particolare, una volta stabilito che i social sono enti editoriali, la web tax e’ inevitabile: e’ come se un giornale prendesse la notizia da un altro giornale. Se Facebook diventa un ente editoriale, sara’ costretto a pagare i diritti per i contenuti che pubblica. La legislazione esiste gia’.

L’impatto catastrofico e’ per Google, che e’ menzionato a sua volta dall’ordine esecutivo. Questo significa molto per youtube, ma per il motore di ricerca e’ devastante, perche’ renderlo “attivita’ editoriale” significa costringere google a pagare per i contenuti, ad esserne civilmente responsabile o ad attaccarli ad un disclaimer e in ogni caso neutralizzarli.

Trump, nella sua incompetenza frettolosa , ha aperto un vaso di Pandora che non immagina. Adesso gli altri attori in gioco devono essere veloci e affrettarsi a prendersi un loro spazio mentre dura il caos. (fediverso, mi senti?)

Ma in ogni caso, non netrarra’ alcun beneficio. Anzi, ha probabilmente peggiorato la situazione.

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