Sul mito del “consenso”

Sul mito del consenso

Oggi e’ la giornata nella quale ogni maschio e’ sul banco degli imputati per i crimini commessi da qualcun altro, cosi’ come ogni donna e’ una vittima per via di cose che ha subito qualcun’altra. Per i veri criminali e le vere vittime non cambia nulla, come sempre. In questo meccanismo controproducente (per le vittime), pero’, sono riuscito a individuare un ingranaggio particolarmente dannoso, che e’ il concetto di “consenso”.

Si tratta di un termine , o di un concetto, che e’ nato principalmente per motivi giuridici, nel senso che e’ nato per aiutare i giudici a capire se ci sia stato stupro oppure il maschio sotto accusa abbia agito in buona fede, avendo ricevuto questo benedetto “consenso”.

Capire che si tratti di un concetto puramente giuridico e’ semplice: basta aprire la scatola e guardarci dentro. Se esaminiamo il concetto di consenso cosi’ come viene insegnato dai soliti “maestri”, notiamo che viene visto come un contratto (o almeno una liberatoria) di qualche tipo, che si traduce in:

  • il ricevente e’ esentato dalle conseguenze (almeno giuridiche) delle azioni sessuali che compie.(per esempio, se c’e’ consenso non e’ stupro)
  • chi concede il consenso da quel momento non puo’ piu’ accusare la controparte di stupro, e di conseguenza e’ legittimo che subisca l’approccio sessuale del ricevente.
  • il ricevente ha ricevuto il diritto di portare avanti la propria condotta sessuale, ed e’ quindi legittimo che dia vita ad un approccio sessuale, piu’ o meno completo.

queste tre cose sono molto utili ai giudici per capire se ai fini del codice penale stiamo assistendo ad uno stupro o meno, ma la domanda che mi pongo e’ la seguente:

davvero qualche donna ha mai firmato un simile patto col diavolo quando si e’ messa sotto le coperte con qualcuno?

SI’, qualche donna lo ha fatto: esiste, nel mondo del BDSM, qualcosa del genere a questo contratto. Il problema e’ che normalmente viene inteso come un contratto di tipo “master-slave”, cioe’ un trasferimento di potere che vede uno dei due “dominante” e l’altro come “sottomesso”. Quindi, se parliamo di mondo BDSM, il consenso come viene inteso normalmente ha un senso ed e’ esattamente quello che ho descritto, e che gli avvocati usano nei tribunali.

Ma il problema e’ che questo concetto di “consenso”, utile ai giudici e ai dungeon BDSM, sta venendo portato fuori ed applicato alla vita normale. Nella quale, credo di poter dire con una certa confidenza, nessuna donna ha mai sottoscritto , implicitamente o esplicitamente, un simile patto. Esso ha senso per i giuristi e nei tribunali, ripeto, perche’ devono ricercare un criterio di liceita’.

Ma nella vita succede altro. Quando una donna si infila sotto le coperte con voi , nuda e chiaramente libera di farlo, non sta affatto dando alcun “consenso”. Quello che sta dando e’ fiducia.

Se la prossima domanda e’ “ma che differenza c’e’”, la risposta e’ semplice: ai fini pratici positivi (cioe’ quando tutto va bene) , e’ circa la stessa cosa. Ma se esaminiamo la cosa con lo stesso rigore di prima, questo non succede. La fiducia, a differenza del “consenso”:

  • non solleva nessuno da alcuna responsabilita’,
  • non assegna a nessuno il dover di subire le avance di nessuno,
  • non assegna a nessuno il diritto di farle.

Penso che su questo sia facile avere il consenso, ma noto una cosa.

Nessuno sta esaminando il problema in maniera altrettanto analitica. Nella giornata di oggi, tutta l’inutile retorica si sta concentrando proprio sul concetto di “consenso”, e sulla parola “consenziente”, ovvero sull’idea che esista un qualche tipo di atto, gesto o momento a partire dal quale un maschio e’ autorizzato a fare delle avances SENZA poter essere accusato di stupro.

I maschi “progressisti”, altrettanto ineducati, al massimo obiettano che normalmente le donne non sarebbero molto esplicite, quindi il contratto e’ ambiguo nei termini. (onestamente non capisco da che pianeta vengano. Non ho esperienza gigantesca in materia e non sono decisamente un Brad Pitt, ma io le ho trovate sempre piuttosto “esplicite”, per usare un eufemismo. O forse erano solo disperate per la mia imbranataggine?).

Ma supponiamo pure che il contratto diventi davvero esplicito: ad un certo punto una vi firma “la liberatoria”, perche’ cosi’ viene presentato “il consenso” ai fini giuridici e morali, ve la firma su carta e lo deposita da un notaio. Immagino che ora nessun maschio si sentirebbe confuso da un contratto “ambiguo”. Ma la domanda e’: ha senso? E’ realistico? E specialmente : e’ quello che succede nella mente di una donna (BDSM escluso?).

Credo di aver espresso chiaramente il problema: ci si sta concentrando nel definire lo stupro in termini contrattuali, ovvero come violazione di un contratto , o di mancanza di una “liberatoria”, anziche’ in termini fiduciari, cioe’ come meccanismo che implica l’abuso di una data fiducia, non fosse altro che quella di chi accetta di rimanere da sola in ascensore con voi. Lo stupro, cioe’, andrebbe definito come l’abuso di una data fiducia (a prescindere dal “consenso” , da una liberatoria o da un contratto) e non come la mancanza di una liberatoria o la violazione di un contratto, detto “consensualita’”.

Ovviamente, una volta definito “essere consenzienti” come se fosse l’aver firmato una liberatoria, oppure aver firmato un vero e proprio contratto, e burocratizzata la sessualita’ in questo modo, per le donne non andra’ decisamente meglio. Andra’ meglio per i penalisti nei tribunali, certo. Lo dico perche’, appunto, questa burocrazia e’ molto usata nel mondo BDSM, e serve a definire un rapporto di sottomissione sessuale, compreso di safe word, cioe’ di una clausola che serve ad uscire dal contratto in termini immediati, almeno nel BDSM SSC. Nei contratti RACK la safe-word puo’ mancare, per dire.

Il problema di contratti simili, che sarebbero assolutamente perfetti per i giuristi quando si tratti di stabilire se ci sia stupro o meno, e’ questo: esso implica e richiede che esista un trasferimento di potere.

Ed e’ per questo motivo che onestamente ridacchio quando vedo questa specie di autodafe’ contro tutti i maschi. Esso e’ risibile, perche’ lo stesso Torquemada sarebbe stato molto meno credibile con una corda da impiccato al collo.

Un giudice che mi mette sul banco degli imputati , sotto la scritta “l’innocenza non prova nulla”, potrebbe essere terrificante … se non si fosse cosparso di benzina e non tenesse in mano una candela.

La pila di idioti/e che e’ salita oggi sul podio del virtue signaling per avere la sua patente di oplita del bene sta costruendo , per le donne, un mondo assai peggiore di quello che esisteva gia’ da prima. Imprimendo nelle masse il concetto di “consensualita’” come lo si sta definendo ora, cioe’, stanno trasformando ogni rapporto sessuale in un trasferimento di potere, con la donna che ,in un contesto cosi’ definito, gioca il ruolo della sottomessa che ha firmato una liberatoria.

Questo genere di disastro succede sempre quando, per sciatteria intellettuale, chi dovrebbe essere educato sale in cattedra, ed e’ quello che sta succedendo in tutto il fiume di retorica che vedo scorrere.

Complimenti, signora giudice. Mentre penzola dalla forca che lei stessa ha montato, le dispiace se vado a casa? Ho cose piu’ importanti da fare….

Per esempio, osservare una pila di cattivi maestri insegnare qualcosa che presentera’ loro un prezzo carissimo quando il concetto sara’ mainstream, e che peggiorera’ la situazione anziche’ migliorarla.

Quello che succedera’ , o meglio: che sta gia’ succedendo, e’ molto semplice. La burocratizzazione del sesso. Ora, per il maschio non c’e’ nulla di terribile se ad un certo punto qualcuno dice , che so io, “A,B,C= consenso”, “Z,Y,K=stupro”. Il problema viene per le donne, perche’ una volta che la cassazione avra’ stabilito nero su bianco cosa sia A,B,C, e cosa sia Z,Y,K, tutta la responsabilita’ passa nelle mani della parte che firma il contratto col diavolo , mentre allo stupratore rimarra’ solo da trovare un modo per soddisfare alcuni requisiti procedurali.

Ma specialmente, avendo definito A,B,C (siano parole , azioni, opere od omissioni) come una forma di “sono consenziente” o “liberatoria”, si definisce il sesso come trasferimento di potere, da chi dice A,B,C, a chi e’ beneficiario.

Il disastro e’ difficile da spiegare in termini astratti, ma e’ semplice da mostrare in termini concreti se usciamo dal mondo dello stupro ed entriamo in quello della violenza domestica matrimoniale: in questo caso, la vittima si era sposata il carnefice. Esiste la clausola di uscita (il divorzio), e quindi in teoria ad un certo punto avrebbe firmato un consenso (nel caso di matrimoni cattolici, quel contratto dice che la sposa non deve mai lasciare il focolare domestico e ha il dovere di tentare con ogni mezzo di salvare la famiglia, anche in caso di violenze). Ma questo ,onestamente, non sembra migliorare la situazione: al contrario un contratto vincolante (pure se non consente la violenza sul coniuge) non e’ affatto di aiuto, semmai e’ una difficolta’.

Trasformare la decisione sbagliata di concedere fiducia a qualcuno in un atto del diritto (“matrimonio”, “consenso”, o altro) non funziona se quello che si voleva fare era di consentire alle vittime di sfuggire al carnefice.

Secondo voi, un carnefice che ha convinto una tizia a dire “si , lo voglio” di fronte ad un prete e 4 testimoni, avra’ difficolta’ a trovare il modo di convincerla a dire che vuole fare sesso in maniera da manifestare “consenso”?

Quindi no, non ho paura di questo processo ai maschi, per quanto il giudice stia cercando di apparire terribile, ha potere ma non ha forza. Nella mancanza di educazione sessuale ed affettiva, si sta operando per trasformare in un problema di “consenso” quello che e’ un problema di fiducia. E questo fara’ molto piu’ male alla giudice che a me: posso tranquillamente sedermi sulla riva del fiume e aspettare di vedere le lacrime di una generazione di donne che vedono un gesto di fiducia trasformarsi nella firma di una liberatoria. Buona fortuna, signore.

Ah, si, se volete darmi una patente di maschilismo per questo post, fate pure: il mondo si divide tra maschi che ne hanno una e maschi che ne avranno una, quindi sono in buona compagnia.

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