Si fa presto a dire porno

Si fa presto a dire porno

Avviso ai naviganti maschi: se siete ancora nella fase infantile del maschio, nella quale vi sentite amati solo se una donna vi offre il corpo, e credete che una donna nel venire con voi dia un “consenso”, questo post potrebbe darvi brutte notizie.

Detto questo, sembra che dopo il 5G e i vaccini, sia la volta del porno. La crociata contro il porno ha gia’ prodotto una improbabile legge in Francia, che obbligherebbe siti porno a chiedere la carta di credito degli utenti per verificare la maggiore eta’. Ma se ne fa un gran parlare perche’ ci sono pubblicita’ esilaranti sul fatto che i bambini imparino il sesso sui siti porno (dimenticando di imparare cosa sia una “relazione”, ammesso che qualcuno disponga di una definizione precisa) e siccome in politica una rondine fa primavera, non ci vuole molto a capire che sta per partire anche in Italia una crociata contro il porno online.

Come puo’ finire?

Allora, iniziamo a capire quale sia il modello economico del porno online, cioe’ della pornografia moderna. Vediamo quindi come guadagnano tutti “gli addetti”, per categorie.

Attori e attrici.

Nessuno di voi ha, negli ultimi anni, pagato per vedere del porno. Su qualsiasi sito andiate, tutto il porno che volete e’ gratis. Poiche’ e’ dubitabilissimo che attori e attrici possano davvero guadagnare molto dei propri film (diritti, distribuzione &co) come accade per il cinema, vi sarete chiesti come guadagnano gli attori.

Qui e’ semplice: si tratta essenzialmente di escort di ogni sesso. Prostituzione. Avrete sentito di Trump che ha pagato 150.000$ per una notte con una pornodiva. Perche’ cosi’ tanto quando si possono trovare ragazze anche piu’ belle per molto meno? Perche’ e’ una pornodiva, cioe’ ha il suo nome e’ un brand.

Non sei andato a letto con una qualsiasi, sei andato con Stormy Daniels. Famosa pornostar. Un fenomeno che si chiama “branding”, cioe’ Stormy Daniels ha un marchio registrato, nell’immaginario maschile. Cosi’ come Lexington Steele lo e’ in quello femminile/gay americano, e Rocco Siffredi e’ un marchio in Italia.

Insomma, queste persone fanno gli attori porno perche’ si tratta di un canale pubblicitario, atrraverso il quale diventano “prostitute con un marchio”, che e’ il loro nome d’arte. Non importa loro di guadagnare come si fa con il cinema, con le vendite del film o con i diritti di distribuzione. Questo e’ un modello vecchio che non funziona piu’ , non per nulla in Italia il porno come settore e’ morto. (checche’ ne dica Siffredi).

Le case produttrici non sono altro aziende pubblicitarie che aiutano le/gli escort a costruire il proprio brand, il marchio. Se pensate ad una come Sasha Grey, per esempio, ne ricordate il nome dopo anni che non fa film. Questo significa che, ad occhio e croce, una notte con Sasha Grey costa circa 80-100.000$. Dico “ad occhio e croce” perche’ non conosco il suo listino prezzi, e posso solo interpolare tra le prostitute/pornostar che sono finite in qualche scandalo, e si sa il prezzo.

Se avete il listino prezzi di Sasha Grey, facciamo come faceva Totem, e scrivete a “[email protected]”. Il messaggio non mi arrivera’, ma vi sentirete persone migliori per averlo fatto.

Le case produttrici guadagnano in due modi: il primo e’ che il boss ogni tanto invita le attrici a qualche party, che poi diventa un’orgia, e le persone ricche che vanno al party pagano per questo. Oppure, se pagate adeguatamente, potreste anche avere il telefono personale “di lavoro” delle stars.

Quindi a livello di produzione si tratta di prostituzione: la prostituta si fa il proprio marchio , o brand, e anche il pappone che fornisce il contatto si fa il brand, tipo “Brazzers”.

Se li contattate e avete quel tot di soldi da pagare, vi mettono in contatto con l’attrice che volete. Per avere le esenzioni fiscali degli artisti queste case di produzione fanno anche il DVD e tutto quanto, ma e’ uno specchietto per le allodole. Alzi la mano chi ha comprato un DVD porno negli ultimi 10 anni.

Papponi con un brand che danno lavoro a escort con un brand.

Questo branding e’ molto sofisticato nel senso che sono divisi per genere in maniera molto minuziosa (Milf, BBW , etc) e rispecchiano molto i gusti della clientela e l’offerta di prostitute a seconda del tipo. Per esempio, dopo la comparsa di miliardari africani e di ricchi afroamericani e’ esploso l’interracial, l’abbondanza dell’offerta di mistress BDSM ha prodotto come risultato che quasi tutto il porno BDSM mostri delle mistress e pochissimi master, e cosi’ via. Insomma, il settore della produzione del porno si adegua come un guanto alle dinamiche della prostituzione.

Poi andiamo ai siti web che prendono quei film e li danno via gratis.

Il loro modello di business e’ dovuto a due fatti. Il primo e’ che hanno letteralmente inventato una tecnologia, quella che chiamiamo CDN. Non che vendano tecnologie CDN, ma il punto e’ che tenere un “pod” di un sito porno e’ abbastanza economico in termini di storage, e usa praticamente SOLO le risorse che servono. Poiche’ i costi opex sono minimizzati e anche il capex e’ basso, il break even e’ molto semplice.

A quel punto, il sito guadagna attraverso un altro strumento di prostituzione online, detto “cam girls”. Si tratta dell’equivalente telematico dei telefoni erotici. Prostitute senza brand , di ogni eta’ e tipo ed estrazione sociale, si fanno vedere in webcam e/o chattano con voi in qualche modo, ad una certa cifra al minuto. Come un telefono erotico, ma con una telecamera.

Nel caso dei siti, cioe’, il modello economico e’ quello della prostituzione virtuale di prostitute senza marchio famoso. Sono, cioe’, quelli che un tempo negli USA si chiamavano peep show , che ora avvengono su scala planetaria.

Tutto questo non e’ nuovo: si sa benissimo che il nome “pornografia” indichi la narrazione della vita delle prostitute, quindi sapere che si tratti della parte “marketing” o “advertising” della prostituzione non dovrebbe stranizzare nessuno.

Detto questo, il punto del porno online e’ chiaro: si tratta di un mondo legato alla prostituzione organizzata su scala globale, e difficilmente qualche politico ha la forza di sfidare la prostituta di cui si serve. Nemmeno Berlusconi e’ riuscito a controllare davvero le sue stesse escort.

Si tratta quindi di una battaglia di facciata, dalla quale ogni attore si sfilera’ giusto cinque minuti prima che parta la battaglia stessa. Per capirlo basta osservare le critiche.

  1. Non educa i ragazzi alle relazioni personali. Bella frase, ma a questo punto si apre la porta a molte domande. La prima e’ “perche’ mai il porno dovrebbe farlo”? Lo scopo del porno e’ di narrare la vita delle prostitute in quanto tali,e lo fa benissimo: solo chi dimentica che siano prostitute crede il contrario. Ma non e’ l’apologia il punto: il punto e’ che qualcuno a quel punto si chiedera’ “ma se non il porno, allora CHI?” deve educare alle relazioni di tipo sessuale? La famiglia? No: verrete sommersi da un coro di “e adesso come lo spiego a mio figlio”? Storicamente la famiglia italiana e’ terrorizzata solo all’idea di educare i figli, figuriamoci se la proposta dara’ forza al vostro partito. Allora la scuola? La sola ipotesi di fare educazione sessuale nelle scuole , o di proporla, da’ l’orticaria a qualsiasi politico italiano. E allora chi dovrebbe farlo? Questa domanda rimarra’ senza risposte perche’ le risposte non ci devono esistere, questo argomento e’ debole politicamente.
  2. Non educa al consenso. Questo e’ irrilevante e’ ridicolo. Si tratta di prostitute, cioe’ di persone che hanno un contratto commerciale. Nessuno chiede il consenso in un contratto commerciale. Non e’ che se compro un biglietto e salgo in treno devo chiamare il capotreno e chiedere se Deutsche Bahn si sente violentata se mi siedo al posto 75 della carrozza 25 dell’ ICE. “Scusi, lei si sente vulnerable ed abusato se metto il bagaglio sullo scaffale?” non e’ la domanda che farei ad un controllore tedesco e non prevederei un #metoo degli autoferrotramvieri tedeschi nei prossimi mesi. Morale: nessuno si aspetta il consenso perche’ e’ dato per scontato. Ma ripeto , non e’ l’apologia il problema: nella sostanza il consenso le attrici lo danno eccome, ed e’ il motivo per il quale la parola piu’ usata nel porno e’ “yes! oh yes!”. (e’ un trucco con cui si evitano conseguenze legali negli USA, peraltro) . Il consenso (che pure non sarebbe necessario nel caso di film) esiste, e per tutto il film, e viene gridato un centinaio di volte per attrice. Un simile argomento non ha presa sulle masse, anche perche’ alla prima intervista della Nappi quella vi risponde che sogna che il proprio retto diventi un bene pubblico, e siete fottuti.
  3. Da’ un’immagine sbagliata della donna sempre disponibile. Questo mantra femminista e’ ridicolo se non patetico , ma riflette un fenomeno reale che il porno online ha innescato, cioe’ l’invisibilita’ femminile. Prima del porno online, quando il porno di per se’ era raro , una donna leggermente scoperta che fosse entrata , diciamo, nel lounge di un aereoporto avrebbe avuto tutti gli occhi addosso. Ad un uomo, mediamente non succedeva, nel senso che siamo abituati ad essere invisibili: anche quando le donne ti notano, difficilmente lo danno a vedere, quindi la sensazione e’ quella di essere invisibili. Ora che esiste il porno e l’immagine di una donna completamente nuda e’ comune, il corpo femminile sta lentamente scivolando nell’invisibilita’. Una scollatura, se va bene, la notano i cinquantenni. Uno spacco fa notizia solo tra i pensionati. Questo scivolamento nell’invisibilita’ , cui gli uomini sono abituati, sta rendendo isteriche le donne invisibili per eccellenza, cioe’ le femministe. Il problema del porno online non e’ quello di dare l’immagine sbagliata della donna come genere, il problema e’ quello di togliere l’immagine di dosso alla donna come seduttrice. Una perdita di potere che le femministe, dipendenti dal potere, non possono tollerare. Ma le femministe in politica sono marginali, per cui una crociata del genere porterebbe pochi voti.

Credo quindi che questa ondata di repressione del porno non abbia molte chances di avere successo.

Al massimo faranno qualche scenata, ma niente di piu’. E la legge francese non avra’ altro effetto se non un ennesimo disclaimer ove si informano gli utenti francesi che il sito non e’ soggetto alla giurisdizione francese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *