I parolai dei diritti digitali

I parolai dei diritti digitali

C’e’ una categoria di persone che mi sto stancando di ascoltare. Non perche’ io non condivida quel che dicono. Mi sto stancando di ascoltarli perche’ sono di quei tipi che alla fine parlano per sentito dire, e come risultato non fanno niente. Dicono di fare, ma alla fine producono solo girotondi.

Parlo di girotondi quando chi introduce un tema politico si limita ad azioni che sono del tutto ininfluenti, come appunto fare un girotondo attorno ad un palazzo di giustizia.

Il tema dei diritti digitali, come per esempio la data collection, sta venendo affrontato esattamente in questo modo: con dei bellissimi girotondi.

Quando mi dicono che bisogna ribellarsi a questo e a quello e “uscire da google” in genere mi trovo a rispondere sempre la stessa cosa: guarda, io ormai faccio self-hosting di tutto, quindi ne sono uscito da mo.

Ed ecco che la risposta e’ sempre “si ma tu sei un tecnico, mica possono farlo tutti”.

La risposta e’ che possono farlo tutti. Vediamo di capirci:

  1. I DNS dinamici sono ormai gratuiti. Con alcuni router (es, Fritz) arrivano di serie.
  2. LetsEncrypt consente di avere i certificati gratis.
  3. Un raspberry oggi ha 8GB di Ram. Consuma pochi watt.

Allora mi direte che le persone non sanno fare a configurarsi questo e quello. Ma sono balle anche queste.

Se i guerrieri della privacy volessero davvero diffondere il selfhosting, invece di creare pagine html con la lista dei software (alternativi) da installare e configurare, non dovrebbero fare altro che comprare un bel raspberry, installarci il software in modalita’ “vanilla”, fare l’immagine della SDcard, e offrirla in scaricamento insieme ad un bel manualino. Vuoi una SD card con , che so io, mastodon installato? Bene, eccola. Appena la apri ti compare il tuo wizard. Vuoi il tuo server XMPP per non usare whatsapp? Scarica l’immagine qui e segui le tre istruzioni su come metterci il tuo bel hostname.

Certo, forse l’uomo comune non lo farebbe ugualmente perche’ e’ pigro: ma in questo caso la causa sarebbe persa. Ma adesso mettiamoci nei panni di quelli che NON sono pigri. Mettiamoci nei panni dell’uomo “non tecnico” che VORREBBE installare il suo pleroma su un raspi, che VORREBBE perdere quelle due o tre ore per farlo. Ma non sa come fare, e non ha piu’ di quelle due/tre ore.

Chi aiuta quest’uomo?

Potrebbe comprare un kit gia’ fatto con il raspi, il case, una sd card gia’ preinstallata, ove scrivere due o tre parametri per far partire tutto, per esempio. In una mattina di lavoro potrebbe farlo anche senza particolari conoscenze.

Ma , ripeto, questa persona se cerca le istruzioni per farlo si perde in centinaia di siti “antagonisti” come questi farlocchi.

Ora, se siete dei sysadmin sicuramente sono cose utili. Io personalmente collaudo questi software quando ne vedo uno menzionato, se prima non lo conoscevo.

Ma l’uomo comune non ha bisogno di questo, e non sa che farsene. La soluzione per l’uomo comune e’ la scatoletta gia’ fatta, da comprare ed installare con pochi passi. Perche’ non e’ vero che l’uomo comune non e’ un tecnico: magari lo e’. Magari e’ il tecnico che fa funzionare la corrente elettrica nella vostra citta’. Forse e’ il tecnico che fa funzionare la macchina per le radiografie. Forse e’ il tecnico che aggiusta i treni. Non esiste un solo tipo di tecnico: la storia del “non essere tecnico” non e’ una scusa. Il problema e’ che per fare selfhosting bisogna essere tecnici in uno specifico campo.

Ed e’ questo il punto: non potete avere la spocchia di Harry Potter che ce l’ha coi babbani quando uno vi dice di non essere un tecnico informatico, e poi magari e’ quello che ripara le risonanze magnetiche negli ospedali (il che ne fa un personaggio abbastanza tecnico, direi!).

Il punto e’, se vogliamo che la gente cominci a prendere in considerazione le vostre alternative per curare la privacy, occorre che possano averla facilmente.

Occorre che possano fare come con qualsiasi prodotto: compri la scatola, la installi, magari la configuri con non piu’ di uno o due parametri, e vai.

La verita’ e’ che moltissimi di questi “hactivisti” fanno le pagine “alternative” per poi scrivere su Linkedin “hactivist, privacy advocate”, e ci mettono “curatore della pagine XYZ.hackers.staccahstaccah” , e se la cavano con poco, basta fare copia/incolla di qualche sito simile, e via. Altri vogliono fare politica, hanno intuito che il tema “tira”, ma non sanno cosa fare, quindi si limitano a ripetere quello che sentono dire, e si fanno anche loro la pagina copia/incolla col software libero.

Sono impazziti per tutto il lockdown a cercare una soluzione per la videoconferenza che scalasse, solo perche’ non conoscevano la parte SDP del protocollo SIP, che puo’ delegare la scelta del codec al client.

Ma non bisognava solo trovare una soluzione che funzionasse tecnicamente: bisognava anche trovarne una che founzionasse politicamente, cosi’ chi se ne fotte se ci sono gia’ soluzioni allo stesso problema: se framapiaf e’ politicamente fico, bisogna usare qualsiasi cosa propongano loro. E chi se ne fotte se Asterisk , fa questo da anni ed e’ opensource, ed e’ testato ormai da milioni di utenti.

Ho smesso di ascoltare gli opliti della privacy e delle liberta’ digitali. Mi limito a rispondere che sto facendo selfhosting di tutto. E se per caso qualcuno di loro mi risponde che non tutti possono farlo, la mia risposta e’ semplice:

“se non tutti possono fare self-hosting, e’ perche’ tu e quelli come te avete fallito nel renderlo facile”.

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