E riecco la lotta al rave.

E' davvero alienante , dopo qualcosa come 35 anni, vedere che nulla e' ancora cambiato in Italia. Mi riferisco alla storia dei Rave clandestini, di cui si parla di continuo, come se fossero il Male assoluto. E senza dire per quale motivo nascano.

Il Rave , o Free Party, e' il nome anglofono di qualcosa che succedeva anche in Italia, e ben prima che qualcuno si prendesse la briga di affibbiargli un nome. Ed esistevano anche in Emilia Romagna, nonostante di discoteche ce ne fossero a Bizzeffe. Solo che non si chiamavano Rave. Erano solo “feste”.

Per capirlo occorre sapere quale fosse l'orizzonte di un adolescente di provincia negli anni '80. Raccontero' una storia. 1984. E' inverno (non ricordo il mese). Su un giornale obbligatorio in ogni bar del paese appare un annuncio: arrivano i Mötley Crüe a Bologna. Io leggo, esco di casa e corro dagli amici metalli a dare la notizia. Molto bene.

Due giorni di lotta con i genitori e possiamo andarci, a patto di dormire da una zia. Ok. Adesso, problema: dove si comprano i biglietti? Andiamo al bar a cercare il giornale, e ovviamente il quotidiano non e' piu' li'. Ma non e' che lo hai tenuto? No, dice il barista, li butto via. Ok. Allora andiamo dal buon Ivo che li compra e li tiene. Ma no, non li tiene nemmeno lui. Allora andiamo in biblioteca comunale e scopriamo che tengono si le vecchie copie dei giornali (specialmente quello obbligatorio in Emilia, che cominciava per U) , ma devono aspettare giorni prima di avere la copia, perche' altrimenti la gente non compra piu' i giornali.

Siamo nel 1984. Non esiste internet. In paese il negozio di dischi ha in vetrina gli Inti Illimani. (esisteva una specie di accordo tra negozio di dischi e comune/partito: siccome la biblioteca comunale gli comprava le eccedenze, in cambio il negozio di dischi doveva tenere solo alcuna musica ma non altra). Comunque nessuno sa dirci dove si comprano i biglietti, come, e quanto costano. Risultato: nessun concerto.

Questo era il panorama culturale della provincia. Esistevano club? Certo, potevi scegliere tra il Resistenza (CSOA) e quindi finire nel bellissimo mondo dell'eroina , oppure SPIM, e goderti gli Inti Illimani, Bowie, Pink Floyd e altra paranoia acida anni '70.

Ma erano posti di un maschilismo cosi' spiccato che le ragazze non ci venivano. E cosi'? E cosi' si facevano le feste. Ma qui arrivava Die Partei, il partito. Ma non quello satirico tedesco. Il PCI. E scoprivi che le tue feste disturbavano. Certo, una festa dell'unita' poteva sparare liscio alle due di notte sino ad essere udibile nei paesi vicini, ma la tua festa disturbava. Sempre.

Allora potevamo fare un'altra cosa. Cercare qualche contadino che avesse un fienile. Dargli , a colletta, cinquantamila lire per il fienile. Si compravano cose da mangiare, cose da bere, si portava uno stereo e delle casse, e si faceva festa. Pomiciamenti e altro, casino, cazzate adolescenziali e tutto quanto.

Risultato? Meta' dei “compagni” aveva anche la tessera SIAE, e arrivavano puntuali, cosi' bastava tenere segreta la cosa e aspettare la nebbia (che a sua volta attutisce il suono) e si poteva evitare anche il PCI e i suoi sgherri. (nei primi anni ' 80 il PCI detestava il metal, ed era ricambiato dai metalli).

Questo non era un rave. Era un gruppo di adolescenti, dai 14 ai 17, che si organizzava in segreto una festa per sfuggire alle grinfie di una serie di mafiosi (SIAE, PCI, ACLI, discoteche stesse) che intendevano avere il monopolio. Dovevano decidere cosa si ascoltava, cosa si ballava come ci si divertiva (uguale a zero) e con chi. E il risultato era la piattezza omologatrice nel quale il PCI faceva sprofondare l' Emilia Romagna.

Il fenomeno dei rave propriamente detti arrivo' dopo, ma non era nuovo a nessuno. E inizialmente non aveva nulla a vedere coi centri sociali, che arrivano normalmente con 10-15 anni di ritardo (hanno il fuso orario della Digos).

Si trattava di sfuggire al “divertimentificio”, cioe' all'organizzazione politica ed economica del tempo libero giovanile. Il problema non e' il Covid oggi, cosi' come non era davvero la stupidita' musicale. Era il divertimentificio, come lo chiamavano negli anni '80. Un'organizzazione industriale che ti consentiva di divertirti, a patto che:

  • tu ascoltassi la musica giusta.
  • tu fossi vestito con i simboli del successo degli anni '80.
  • tu fossi “figo”, qualsiasi cosa volesse dire.
  • tu fossi allineato al PCI.
  • tu partecipassi ad una vera e propria sfilata. Essere in discoteca non era solo ballare e divertirsi. In pista stavi facendo uno show.
  • le ragazze accettassero di essere merce, ovvero venivano fatte entrare gratis per “attirare i maschi”.

allora, il divertimentificio era alienante, perche' era efficiente. Ogni disco era disegnata per fare profitto. O compravi qualche prodotto oppure rendevi fico il posto, cioe' eri il prodotto. Se non eri il prodotto o non consumavi prodotti, non eri uno da disco. Se non c'era la musica che volevi e il tuo gruppo stava qualche tempo sui divanetti, solo per stare in compagnia, ti facevano presente che la pista vuota non era bella da vedere. Eccetera.

Il punto e' che il divertimento si era staccato dalla liberta'. La differenza tra divertimento e divertimentificio e' la differenza che passa tra una passeggiata in campagna ed una marcia prussiana. Si va sempre da A a B camminando, ma manca la liberta'. Il divertimentificio non ti lascia alcuna liberta'.

Quando facevamo una festa, invece, le cose non stavano cosi'. Facevi un po' il cazzo che ti pareva, se volevi stavi sul divano, si poteva chiedere la musica a chi metteva i dischi, le ragazze andavano bene tutte e non solo quelle di un certo tipo, (nelle disco c'era l'ordine di scoraggiare le “ragazze tappezzeria”) e via dicendo.

Quando non riesci a fermare degli adolescenti che fanno le loro cose per i cavoli loro, sai cosa fai? Terrorizzi i loro genitori. E allora qualcuno ando' dai genitori a dire che le nostre feste erano piene di DROGA e ai genitori delle ragazze furono raccontate le fantasie erotiche piu' assurde.

Per farvi un'idea: nelle discoteche girava droga come se piovesse, e nel CSOA locale l'eroina era endemica. Ma il problema era la NOSTRA droga immaginaria.

Questa e' la storia di chi cerca di sfuggire al “divertimentificio”. Non importa se sia un rave party in un capannone industriale o una festa in un fienile. (arrivarono a mandare il compagno geometra del comune all'una di notte per chiedere se il fienile fosse abitabile: considerate che era un elemento cui “cadeva la penna” alle 12:30 di ogni giorno, e capirete ).

Il problema e' che il divertimentificio ha la sua economia, e non puoi pensare di divertirti spendendo pochi soldi, spendendo meno soldi, o spendendoli da chi vuoi tu. Devi spendere quanto vogliono loro, dove vogliono loro, e quando non spendi devi essere attraente, cioe' ti devi trasformare in quella che negli anni '80 era la “bella gente” che rendeva attraente il locale.

Questa e' l'economia del “divertimentificio”.

Immaginate lo scenario di oggi. Con il Covid-19 e' finita l'era delle discoteche. L' “Ape” dei milanesi e' morto. L' Happy Hour, e tutta la festa alimentata da poveri schiavi che non avevano il tempo di tornare a casa a mangiare un pasto decente e' un ricordo. Il divertimentificio si e' fermato. Il divertimentificio e' feroce. Rivuole i suoi soldi.

E questo e' il motivo per il quale non credo ad una certa narrativa dei party.

Perche' e' una musica che ho gia' sentito.

Si potrebbero smontare le accuse una ad una. C'era “musica forte ed alcool”. Accidenti. Alcool dalle parti di Trento. Una roba mai vista, per la regione che notoriamente condivide il ribrezzo per l'alcool con i talebani. La musica era forte. Beh. Visto il posto, deve essere stato un problema. Tutta quella gente che NON vive li', NON disturbata dalla “musica ad alto volume”. E hanno violato le norme del covid, non come quelli che sono in spiaggia in questi giorni.Ricordo inoltre che il posto e' all'aperto , cosa che nel resto d'italia autorizza a ballare. Ma loro sono nel divertimentificio. Del resto, al covid dovevano crederci davvero tutti, se il primo istinto dei carabinieri e' stato quello di circondare la zona, cioe' tenerli chiusi dentro al paese. Geniale. Clap, clap, clap.

E guardate che roba orribile che fanno!

Non voglio commentare il “pericolosi per la societa' “: onestamente, non so che posto di merda sia Folgaria, ma se qualche redazione puo' scrivere cose del genere senza venire incendiata da una folla coi forconi, e' un posto di merda dal quale il turista dovrebbe stare accuratamente al largo. Per evitare che la tolgano da quella pagina, faccio uno screenshot. Deve rimanere ai posteri un luogo di merda abitato da morti viventi putrefatti, che considera “un pericolo per la societa'” dei tizi che ballano.

pericolosi per la societa'

Chiunque voglia sfuggire al divertimentificio qualche accusa pronta la trova sempre. Leggendo sullo stesso giornale scopro che hanno “divelto una barra”. Crudelta' inaudita contro una specie in via di estinzione, le barre trentine. I rifugi sono pieni di barre trentine abbandonate in autostrada. Un “affronto alla memoria” , addirittura. Mancano solo il solito concorso in cristicidio, la shoah, le foibeh, e il riscaldamento globale (che ci sta sempre).

Il furore persecutorio verso chi fa dei Free Party non ha senso alcuno. Non serve a niente, non e' una priorita' per l'ordine pubblico, e il fatto che a 45 Km dal party abbiano fermato degli spacciatori mi dice poco. Ma la verita' e' semplice: il divertimentificio e' ferito, il divertimentificio e' affamato.

Il divertimentificio e' feroce.

Tutto qui.

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