Voto e spesa pubblica.

Un paio di persone mi hanno chiesto quali siano i limiti e gli errori che sta compiendo l’ M5S, e a parte il fatto di non avere una visione strategica ma solo tattica (1), il problema e’ che non hanno capito quali siano i legami tra spesa pubblica e voto, ovvero Grillo si illude che il voto sia libero e che gli elettori votino per una convenienza personale e non sistemica.

Mettiamoci due numeri. Lo stato riscuote circa 750 miliardi di euro l’anno in tributi di vario genere. Di questi, un centinaio vanno a pagare interessi, principalmente (oggi, ma da poco) a banche italiane, il resto a banche straniere.
Dei 650 miliardi di incassi, che cosa rimane? 248 miliardi l’anno vanno a pagare stipendi e a pagare servizi di infrastruttura, cioe’ a scaldare uffici, comprare il mobilio, pagare le bollette , etc.

Di fatto stiamo parlando di 3.6 milioni di impiegati pubblici, che – se ammettiamo che ognuno porti a se’ un altro voto, diciamo un familiare – fanno 7.2 milioni di voti.
Il numero totale degli elettori e’: 47.160.244 alla Camera e 43.062.020 al Senato
Se considerate che 7.2 milioni di voti sono gia’ catturati dalle clientele del lavoro pubblico – sindacati, patronati e raccomandatari di vario genere , da chi ti fara’ far carriera a chi ti ha permesso di avere il lavoro – il 15% dei voti e’ gia’ allocato in questo modo.
Come e dove finiscono i restanti soldi?
Rimangono 400 miliardi circa, il 25% del PIL, che finisce in appalti e consulenze.
Qual’e’ il problema? Se supponiamo che il 25% del PIL finisca con l’investire il 25% delle aziende, possiamo pensare che un altro 25% dei voti sia catturato. Il guaio e’ che stiamo pensando che lo stato si limiti al 25% delle aziende.
Voglio dire: se lo stato deve comprare una stampante e si rivolge ad HP (esempio) possiamo pensare che il partito al potere in un dato municipio possa influenzare il voto del rivenditore locale di stampanti HP.
Adesso andiamo oltre: immaginiamo che lo stato, cioe’ quel comune, compri a volte stampanti HP e a volte stampanti Epson e a volte Canon. Siamo a 3 rivenditori, anche se l’appalto e’ sempre un appalto di stampanti.
Cosi’, il punto e’ che quel 25% di PIL puo’ essere distribuito su una quantita’ di aziende che vanno ben OLTRE al 25% delle aziende. Tutte le aziende che ricevono l’appaltuccio, in genere piccole e medie imprese, sono (se subappaltatrici di un appalto grande) raccomandate o “caldeggiate” da un partito. Per i piccoli appalti, tutto va al ruffianamento personale del negozietto, che dice “io ti ho portato 20 voti”.
Ora, come sapete – se escludiamo la trattativa privata – per dare un appalto o una fornitura occorrono almeno 3 offerte. Per determinare il vincitore occorre che le aziende in gara – tutte e tre – siano d’accordo in anticipo sui prezzi. (2)
Ovviamente i partecipanti al gioco giocano su una logica di “a buon rendere”, ovvero se questa volta vinco io, la prossima vinci tu e la prossima vince lui. Morale della storia:  possiamo stimare su un campione abbastanza grande che il nostro 25% di PIL in appalti si spalma, di media, sul 75% delle aziende, che vengono cosi’ condizionate al voto.
Ora, abbiamo ottenuto un dato importante: adesso prendiamo il numero di aziende in Italia, che sono http://www.registroimprese.it/ sei milioni, per un totale di 10 milioni di persone – alcune imprese sono fatte da piu’ soci .
Se per omogeneita’ con l’ipotesi precedente (sui dipendenti pubblici) diciamo che ognuno di questi 10 milioni porti un voto, siamo a 20 milioni. 20 milioni, condizionati per il 75%, fanno 15 milioni di persone, ovvero un altro 32% dei voti.
La sola spesa pubblica, cioe’, copre il 47% dei voti (il 15% dei dipendenti pubblici e il 32% dei privati).
Rimane un’altra fonte importante di spesa pubblica, che sono le pensioni. I pensionati non lavorano, quindi in teoria sarebbero fuori da questo giochino. Invece no, perche’ esistono i sindacati dei pensionati, per esempio:  http://www.spi.cgil.it/ . Secondo i dati del tesseramento http://www.cgil.it/dettaglioDocumento.aspx?ID=16430  sembra che i pensionati iscritti siano altri tre milioni.
Risultato: un altro bel 7.5% dei voti controllati attraverso la spesa pubblica, ovvero la pensione.  Se – sempre per omogeneita’ – supponiamo un influenzato per ogni persona con un interesse, siamo ad un nuovo 15%. Piu’ il 47% di prima, siamo arrivati al 62% dei voti che sono coperti dalla spesa pubblica, ovvero in qualche modo coinvolti nella spesa pubblica.
Siamo un pochino nella merda, perche’ di fatto chi ci rimane? Ci rimane il disoccupato 3 milioni di persone , ed il precario, secondo ISTAT  circa 3 milioni di persone, e il rimanente mondo dei pensionati.
Disoccupati e precari fanno, da soli, un altro 15% di voti, e il resto sono pensionati non allineati a nessun sindacato. In media gli attori in gioco per questi pensionati sono la Chiesa e vari interessi legati alle rendite, come Borsa e Risparmio.
Qui siamo pero’ in un mondo eterogeneo che non e’ facile stimare. Quanti voti porta un disoccupato? E quanti ne porta un precario? Difficilissimo dirlo.
Cosi’, se supponiamo che i pensionati abbiano opinioni politiche formate da vecchia data e/o votino su suggerimento dei preti o di interessi di pancia (proprieta’ di case, bot, risparmio di vario tipo, rendite), rimane una base di disoccupati e precari, il che spiega il successone di Grillo in una regione – la Sicilia – che ha tassi di disoccupazione e di precariato altissimi.
Ma questa non vuole essere un’analisi: vuole semplicemente essere un lavoro di estrema sintesi, per mostrare un semplice concetto:

CON UNA SPESA PUBBLICA DELLA DIMENSIONE DI QUELLA ITALIANA, ALMENO I DUE TERZI DEI VOTI SONO SOTTO IL CONTROLLO DEI PARTITI CHE GESTISCONO LA SPESA PUBBLICA STESSA.

Grillo, cioe’, non puo’ crescere oltre. La sua intuizione, per la quale si sono italiani cui “va bene cosi'” e’ del tutto corretta, ma e’ OTTIMISTICA. Non sono solo 20 milioni, sono TRENTA milioni. Tanti sono investiti, direttamente o indirettamente, da 650 miliardi di spesa pubbblica.
Detto questo, l’ M5S non puo’ andare oltre, perche’ in ultima analisi non puo’ ottenere i voti di chi ha bisogno di un favore per vivere. (3)
Ovviamente il modo per “liberare” il voto , cioe’ altri elettori, e’ di ridurre la spesa pubblica, ma Grillo non ha provvedimenti in tal senso. Lui propone di spostare capitoli della spesa, cioe’ di prendere i soldi di tizio e caio (rimborsi elettorali, superstipendi, etc) e darli come “reddito di cittadinanza”. Se supponiamo che il reddito andra’ richiesto e che magari qualche amico nel posto giusto potra’ “caldeggiare” la tua richiesta di sussidio, in pratica Grillo lavora per perdere i propri elettori e ridarli a quei partiti che, avendo gli uomini giusti nel posto giusto, potranno promettere il sussidio in cambio di voti.
Il punto, cioe’, e’ che Grillo non puo’, con questa spesa pubblica, andare oltre ai numeri che ha fatto. Essi derivano dal fatto che moltissimi precari e disoccupati non credono piu’ alle promesse dei partiti che dominano la spesa pubblica, come lui stesso ha detto “in Sicilia il voto di scambio e’ finito perche’ non hanno piu’ soldi”. Il punto e’ che non appena ci fosse, per esempio, il “reddito di cittadinanza” (quello che qui e’ il Cap IV  della riforma Hartz, detto Hartz IV) , tutti i suoi elettori disoccupati andrebbero a chiedere l’integrazione del reddito , scoprendo che la si ottiene piu’ facilmente se qualche amico ti aiuta….. in pratica Grillo sta togliendo ai politici dei soldi, che pero’ torneranno agli stessi partiti sotto forma di voti!
L’unico modo che Grillo puo’ usare per spezzare il monopolio dei partiti sul voto e’ quello di avere un’azione distruttiva sulla spesa pubblica. Quella di deviarla di continuo dal suo corso naturale allo scopo di mandare a vuoto le promesse delle clientele.
Puo’ cioe’ rendere schizofrenica l’assegnazione di fondi, strillando allo spreco ogni volta: dieci miliardi della legge tot che dovevano andare in Calabria vanno , che so io, in Puglia. Cosi’, il politico calabrese che ha promesso quei soldi risulta inaffidabile. Poi, i soldi che dovevano arrivare in Puglia  per il tursmo finiscono in Toscana, e il politico pugliese molto forte col turismo , che prende i voti dalle associazioni di esercenti del turismo, appare inaffidabile.
Con una vera e propria disrupzione dei flussi di spesa pubblica, allora Grillo puo’ pensare di rompere i bacini di voti gia’ assegnati ai partiti. Altrimenti il suo partito non superera’ i numeri attuali, e come raccontano tutti i grandi strateghi da Mario in poi, “se hai fatto tutto quello che potevi fare e il tuo nemico e’ ancora in piedi, allora presto perderai la guerra”.
Questo e’ il limite materiale dell’ M5S: o trovano il modo di fare disrupzione della spesa pubblica, allocandola all’ultimo minuto ed in maniera a dir poco schizofrenica, oppure la macchina della spesa rimane quella, e le percentuali rimangono quelle.
Uriel
(1) Il fatto che si sia tattici senza essere strategici non previene di ottenere importanti vittorie, ma impedisce di ottenere LA vittoria. Erwin Rommel, per esempio, era un drago della tattica. Sfortunatamente era una capra sul piano strategico e bastava estendere il campo di battaglia per metterlo in seria difficolta’.
(2) Ricordi di quando i miei clienti erano scuole ed universita’.
(3) IL voto italiano e’ palese, dal momento che il numero di combinazioni (simbolo/candidato) ammessi alle elezioni e’ piu’ che sufficiente a “firmare” il voto per sezione.

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