Universita’

Non sono mai stato contrario all’istruzione universitaria, ma quando iniziano discussioni sul forum a riguardo, mi rendo conto che c’e’ un punto nel comportamento dell’universita’ italiana che non si vuole accettare. O meglio, il punto che l’universita’ italiana , a differenza di altre, non vuole accettare: non ha piu’ il monopolio della conoscenza di alto livello.

Un tempo, quando parlavate del Sapere con la S maiuscola, parlavate di universita’. E se non appartenevate a famiglie dell’alta o altissima borghesia, il problema non si poneva nemmeno: avreste frequentato universita’ italiane.
Non c’era storia: dentro il ceto medio, poi, si decideva se “fuori sede”, in media pagando anche un affitto e le spese del pargolo, che magari contribuiva con qualche lavoretto proprio, oppure “vicino a casa”, per chi non aveva cosi’ tanti soldi da spendere.

Questo dava all’universita’ italiana una posizione di monopolio sul sapere certificato di alto livello. E quando in Italia date un monopolio, ne risulta un disastro. Qualcuno dice che non c’era collaborazione col mondo del lavoro, ma sono fesserie: per anni Ingegneria Elettronica (e poi informatica) e’ stata l’ufficio di collocamento di Olivetti, Ingegneria Chimica e Chimica Industriale erano l’ufficio di collocamento di Eni/Agip, e potremmo continuare. Non c’e’ mai stato, in realta’, il gigantesco divario col mondo del lavoro.
L’universita’ e’ sempre stata molto abile ad accordarsi con le grandi aziende sovvenzionate dallo stato per scambiarsi favori e consulenze, se c’e’ una cosa che non e’ mancata all’universita’ italian non e’ stato il contatto col mondo del lavoro. E’ stato, semmai, il contatto con la realta’.
Quando si e’ aperto il mondo di Schengen, chi aveva gia’ le esperienze dell’ Erasmus avrebbe dovuto capire che tra andare a Lione e andare a studiare a Torino non c’era molta differenza di costi. Sebbene io non creda molto alla grandeur francese, era assolutamente ovvio che per uno studente calabro che scende a casa solo due volte l’anno, studiare a lione fosse molto piu’ pagante.
Si sarebbe dovuto notare come Berlino , Parigi, Londra esercitassero un fascino tremendo sui giovani studenti italiani, e come con il crollo dei costi dei voli, iniziava ad essere molto attraente l’idea di studiare all’estero.
Non avevano mai contato quanto pochi fossero gli studenti stranieri attratti dalle universita’ italiane. Non li contavano. Del resto, perche’?
Ma il problema di contatto con la realta’ non  era solo nel canale che va dalla realta’ all’ Universita’, ma anche nel verso opposto. Voglio dire, l’universita’ influisce sul mondo esterno? Quando riversa il suo sapere nella societa’, la cambia?
Quando un paese inizia a produrre il 200% in piu’ di laureati in una materia, normalmente dopo 10,15 anni un settore economico esplode. Oppure si cambia radicalmente la cultura del paese. Lo abbiamo visto succedere moltissime volte nella storia, lo vediamo succedere ai paesi emergenti. lo Zar Pietro vuole modernizzare la Russia, e allora che fa? Cambia le scuole tecniche e facilita l’accesso.
Negli ultimi anni in Italia si sono prodotte quantita’ ENORMI di laureati in giurisprudenza. Qualsiasi paese investa cosi’ tanto nel formare avvocati vede, nel medio termine, un MIGLIORAMENTO enorme del diritto, nella qualita’ del diritto prodotto (sentenze, atti, contratti, regolamenti, leggi).
Tutto quello che si e’ visto e’ stato Di Pietro “che ciazzecca”. Parlamenti che votano leggi incostituzionali (1), sentenze ribaltate e poi ribaltate ancora (viene da chiedersi se qualcuno abbia bevuto) , ed in generale un diritto (privato e pubblico) da terzo mondo.
In Italia si sono prodotti migliaia e migliaia di laureati in scienze definite umanistiche, letterarie, filosofiche. Ci si aspetterebbe una vera e propria esplosione di contenuti. Un tempo bastava un solo mecenate per far nascere intere scuole di pensiero, gente i cui contenuti facevano la storia.
Mi aspettavo come minimo che saltasse fuori il successore di Dante: a quei tempi si laureavano non piu’ di 30 persone ogni anno, e usciva gente come Ciullo d’Alcamo , e oggi con MIGLIAIA di laureati, si legge di cento colpi di spazzola, tre metri sopra il cielo, grande fratello. Un investimento enorme sbucato nel nulla.
A Bologna si e’ fatto il DAMS. Mi aspettavo i monty python, film bellissimi, gruppi stratosferici , una fucina di nuovi generi. Tutto quello che abbiamo avuto sono i Marlene Kuntz, il compleanno dell’iguana e l’esperienza di un pompino fatto da una tizia coi capelli verde vendetta. Qualsiasi colore sia.
Si sono laureate in “scienze della comunicazione” cosi’ tante persone che mi aspettavo un giornalismo incredibilmente penetrante, acuto, implacabile, professionale. C’e’ ancora Bruno Vespa in TV.
C’e’ qualcosa che non quadra, vero? L’universita’ italiana NON influisce sulla societa’. Potete produrre migliaia e migliaia di nuovi laureati in economia e commercio, e le aziende sono mal consigliate e male gestite, senza che nessuno di questi esperti, magari con la tesi in “economia comparata dell’ import/export” sputi un solo flebile consiglio , almeno uno ,  per fare bella figura quando riscuote la parcella per aver fatto…. il mero ragioniere.
Questo e’ il vulnus, il problema vero: l’ Universita’ italiana NON cambia la societa’.
Se in qualsiasi paese del mondo buttate soldi dentro un’universita’, piano piano la societa’ cambia. L’ Universita’ italiana sembra avere una specie di tubo di scarico per liquami, di quelli che scaricano direttamente in mare. Non cambia la societa’, non influisce, per quanto si spenda negli atenei , la societa’ e l’economia NON cambiano di una virgola.
il distacco tra universita’ e realta’ non si misura col fatto che l’ universita’ non capisca la realta’. Sta nel fatto che l’ universita’ NON CAMBIA la realta’.
Un tempo le cose non andavano cosi’. Il riscatto italiano nel dopoguerra si ebbe con il diffondersi dell’istruzione obbligatoria. Poi l’istruzione superiore getto’ migliaia e migliaia di tecnici pronti per botteghe, uffici e PMI (il trio Perito-Geometra-Ragioniere) , e l’economia del paese esplose. Cambio’ la cultura, perche’ improvvisamente il paese era pieno di gente che poteva aspirare ad avere di piu’.
Ma la generazione che si infilo’ in massa all’ Universita’…. non cambio’ nulla. Negli ultimi anni si sono prodotti migliaia e migliaia di ingegneri , e anziche’ trasformare il paese in un polo di tecnologia, sono andati a creare poli di tecnologia all’estero.
Ci sono due ragioni , simmetriche, per questo:
  • LA societa’ ha espulso l’universita’. Non e’ solo una tendenza anti-intellettualista. E’ proprio che chiunque non sia laureato si sente nel diritto di spalare merda sui laureati. Molti si arrabbiano perche’ non vengono assunti in quanto manca il titolo, e da quel momento passano la vita a denigrare chi ha il titolo, nel nome di una non meglio precisata manualita’ che darebbe loro poteri magici. Un malcelato senso di democrazia per il quale non si accetta piu’ l’idea stessa di competenza – non sarebbe egualitario – ha isolato le persone. Oggi non esistono piu’ vantaggi sociali nell’aver studiato.
  • L’universita’ non accetta la societa’ circostante. Un’idea di sapere come percorso iniziatico porta i professori a rendere l’apprendimento piu’ faticoso del necessario, perche’ se il professore e’ un sacerdote, allora occorre che sia un iniziato, e l’iniziazione si sa, e’ sangue sudore e lacrime. Mi meraviglia che non abbiano ancora introdotto il digiuno studentesco, la verginita’ delle laureande, l’autofragellazione pre-esame, l’ordalia di fine corso, pur di giustificare l’atteggiamento sacerdotale dei professori.
Un esempio degli effetti di questa politica e’ questo: sono milioni gli studenti che sono indecisi sul corso di laurea. Perdono mesi e mesi a cercar di capire che differenza ci sia tra una laurea in informatica ed una in ingegneria informatica. Al punto che se lo fanno dire da chi ha frequentato una delle due facolta’, e questo e’ gia’ un limite, perche’ al limite il confronto dovrebbe farlo chi ha fatto ENTRAMBE le facolta’, ma il paese non pullula certo di persone simili.
Non trovate nulla di strano nel fatto che NON SIA CHIARO , se non a chi ha frequentato la facolta’, che diavolo ci si studi dentro? Non trovate strano che si sappia cosa fanno i servizi segreti ma non si sappia una cippa di niente di cosa si insegni dentro una facolta’ , al punto da rivolgersi a chi c’e’ stato dentro?
Vi sembra normale che il contenuto didattico delle facolta’ sia ignoto ai piu’, quanto un segreto custodito piuttosto bene? Bisogna chiedere ad NSA, per sapere che differenza ci sia tra Informatica e Ingegneria Informatica? Mandare delle spie?
non trovate un pelo “opaco” il mondo universitario? Posso sapere in pochi secondi come si mangia in un determinato hotel, come si dorme, posso avere un’idea del menu di un ristorante a migliaia di KM da qui. Posso sapere come si lavora in Microsoft, posso sapere quali sono i problemi dei dipendenti di Google con una domanda su Quera, e porca troia, la differenza tra Informatica ed Ingegneria Informatica sembra il segreto meglio custodito del secolo?
I casi sono pochi:
  • Non c’e’ alcuna differenza.
  • La differenza c’e’, ma si fanno giuramenti col sangue, patti con Satana , si prendono familiari in ostaggio, si sparaflashano le persone come in MIB, perche’ NESSUNO sappia l’arcano segreto, e solo se incontrate qualcuno che ha frequentato la facolta’ saprete un -personalissimo- parere.
  • L’universita’ tiene lontana la societa’ al punto tale da offuscare il “prodotto” che “vende”, al punto che non si sa nemmeno che diavolo sia e in cosa differisca da altri. E’ un mondo lontano, di cui non si sa nulla. Si manderanno satelliti in orbita in Via Zamboni per sapere che cazzo si insegni.
il fatto che da fuori sia cosi’ difficile scegliere che facolta’ frequentare, o scegliere tra facolta’, spiega semplicemente quanto sia lontana, irraggiungibile l’universita’ rispetto alla societa’. La societa’ non riesce a sapere, se non con grandi sforzi, cosa si faccia di preciso li’ dentro, e come.
Ora, che consiglio posso dare ad uno studente che vuole sapere che differenza ci sia tra Informatica e Ingegneria Informatica? All’estero, scriverebbero un’email ad un tizio che si chiama “ufficio informazioni” della facolta’ di “Informatica” , chiedendo qualcosa tipo “how is Informatica compared, let’s say, with Ingegneria Informatica?”. (2)
Nelle facolta’ italiane una domanda del genere avrete una risposta  , anzi due, per la quale Ingegneria Informatica e’ piu’ cosi’ (segno del paraocchi per cavalli con le mani) , mentre Informatica e’ piu’ moderna, (segno del predicatore biblico con le mani). Tornerete a casa chiedendovi se volete diventare cavalli da tiro o somigliare a Cristo.
Il problema opposto e’ quello dell’universita’ che non cambia la societa’. Se non c’e’ interazione, e il sapere universitario non ha effetto, il problema che la persona si pone e’ “in che modo essere, che so io, un avvocato, mi posiziona nella societa?”.
Un tempo, quando l’universita’ influiva e cambiava l’universita’, chi sfornava intellettuali umanisti sapeva di aver creato una figura precisa, cui gli anziani avrebbero dato del voi, la cui opinione era ascoltata (e richiesta) in un certo modo.
Oggi, al massimo vi chiedono di mettergli a posto Windows. Ma non sono neanche sicuri, perche’ l’ingegnere informatico comunque e’ in competizione con “amico che ne capisce”, “collega che e’ un mostro e aiuta tutti in ufficio” , “vicino di casa che ci smanetta” , “cugino bbravo”.
Nel momento in cui produrre laureati in giurisprudenza non produce diritto migliore, e nel momento in cui buttate sul mercato 230.000 laureati in economia e commercio senza che le aziende ottengano altro che ragionieri costosi, e i bilanci non mostrano segni di migliore gestione, e’ chiaro che nessuno sa di preciso cosa sia un laureato in economia e commercio. Cioe’, che differenza c’e’ tra un ragioniere ed un laureato in economia e commercio?
Forse mi direte che ci sono mari e monti, ma in ultima analisi un laureato in economia e commercio fa il vostro modello unico, tale e quale ad un ragioniere.
L’universita’ e’ riuscita a creare molti laureati, ma non e’ riuscita a definire la figura del laureato in societa’.
In qualsiasi posto del mondo, anche senza arrivare agli eccessi tedeschi del “Dr” che diventa parte del nome di battesimo sui documenti (non scherzo) tutti avevano una chiara idea di cosa fosse una persona laureata in una data cosa, e del perche’ servisse proprio quella figura per fare quella cosa.
Sino a quel momento, l’universita’ influiva nella societa’, aveva leva. Se raddoppiavate il numero di ingegneri elettronici in una zona, prima o poi in quella zona nasceva molta elettronica. Se facevate un buon campus informatico, in quella zona nasceva un distretto informatico.
Un tempo, producendo molti umanisti cambiavate la cultura del luogo, si diffondevano idee che diventavano politiche. Prendete il GUF, il GruppoUniversitario Fascista, e guardate che peso ebbero gli iscritti anche dentro il mondo ANTIfascista.
Oggi fate il DAMS, e tutto quello che salta fuori e’ un aumento di pompini gratis in zona santo stefano. Si sono prodotti abbastanza laureati in cinema, comunicazione, musica, teatro, che l’ Italia dovrebbe avere la scena mondiale: avete ancora Moretti e Sanremo.

Qualcosa e’ andato storto.

Quindi, volete sapere cosa consiglio ad uno studente italiano confuso tra Ingegneria Informatica ed informatica? Un viaggio a Darmstadt con una low cost. Andate qui ( http://en.wikipedia.org/wiki/Darmstadt_University_of_Technology )  in un ufficio informazioni, e vi spiegano che diavolo si studia , corso per corso, e quali siano le differenze.

Sapete perche’? Perche’ se VOI non riuscite a capire che cosa si studi di preciso dentro una facolta’, forse faranno fatica, dopo, quelli cui direte che laurea avete.

e allora magari voi saprete che diavolo si studia ad Informatica, ma se non lo sa chi vi deve assumere, come non lo sapevate voi PRIMA, la vostra laurea non gli dice proprio nulla. Chi e’ fuori e vi deve assumere, o chiunque altro sia fuori, avra’ la stessa difficolta’ , gli stessi dubbi, che avevate VOI prima di iniziare gli studi. Se voi avete MOLTI dubbi,  CHIUNQUE altro li avra’.  Se c’e’ quel dubbio, se non e’ chiaro cosa si faccia di preciso, NON VI CI DOVRESTE ISCRIVERE.
Meno vi e’ chiaro cosa faccia una facolta’, meno informazioni chiare , precise e qualificate trovate,  MENO VALE la vostra laurea. Perche’ non e’ socialmente riconoscibile, non ha impronta, non influisce, non dice nulla su chi siete, cosi’ come non lo sapevate voi PRIMA di iscrivervi.

Uriel

(1) Altrove e’ considerato vergognoso che un politico venga bocciato dalla corte costituzionale o dal suo equivalente, significa  che non conosce o non capisce la costituzione del proprio paese.
(2) La diatriba tra “compared with” e “compared to” e’ accesa. Secondo l’accademia:

Strunk and White (The Elements of Style)

To compare to is to point out or imply resemblances between objects regarded as essentially of a different order

to compare with is mainly to point out differences between objects regarded as essentially of the same order.
Thus, life has been compared to a pilgrimage, to a drama, to a battle; Congress may be compared with the British Parliament. Paris has been compared to ancient Athens; it may be compared with modern London.

quindi, in questo caso si deve usare “to compare with”

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