Un’ Europa sempre piu’ cinese.

Mi hanno chiesto di parlare della lotta tra BCE e agenzie di rating, cosi’ mi accingo a farlo. Prima bisogna fare un esempio: nei secoli scorsi l’ Italia fu il campo di battaglia preferito di ogni guerra tra potenze. Abbiamo imparato amaramente una cosa: essere il campo di battaglia non e’ per nulla divertente. Oggi che c’e’ una guerra che si svolge nel mondo della finanza, anche il mondo della finanza imparera’ la stessa lezione. Mi spiego meglio.

 

E’ assolutamente chiaro quello che ho iniziato a dire ben prima che il governo di Berlusconi, malvagio quanto un SUV milanese, decadesse a favore del governo-fantoccio di Monti. In altre parole, e’ vero che le agenzie di rating, in combutta con i loro finanziatori piu’ o meno pubblici, stanno conducendo una guerra piuttosto feroce contro la BCE.

 

Gli scopi di questa guerra sono molteplici, e il primo e’ quello di fermare la cinesizzazione della UE. Che cosa intendo per cinesizzazione?

 

Per cinesizzazione di una nazione intendo il rifiuto degli “standard globali di fatto”  (di fatto tutti anglosassoni)  e l’istituzione di standard interni, la cui esistenza mina la forza esecutiva di tali standard nella misura in cui la loro applicazione si ferma sul confine della nazione in questione. Se la forza di tali standard de facto (o se preferite “common law”) e’ tale da piegare la nazione in questione, allora va tutto bene. Se il rifiuto viene da una nazione o da un gruppo molto forte, allora lo standard de facto vacilla.

Un esempio e’ proprio quello delle agenzie di rating. Chi ha deciso che , per dirne una, siano loro a decidere il valore delle societa’ e dei debiti nazionali? In realta’ nessuno: semplicemente si e’ presa l’abitudine di consultarle in passato, quando le informazioni erano assai rare da trovare.

 

Cioe’, mettetevi nei panni di un capitalista pre-internet: se e’ vero che il Nepal vi offre obbligazioni con un buon interesse, il vostro problema e’ “e se fallisse domani”? Il problema e’ che voi di Nepal non sapete una cippa, e quindi non avete nemmeno idea della situazione politica: e se ci fosse una rivoluzione?

 

Allo stesso modo, un’azienda potrebbe essere travolta da uno scandalo politico locale, da un evento sociale molto forte , da qualsiasi cosa. Come potete fare per saperlo, in tempi che vi permettano tuttavia di fare il vostro business, cioe’ brevi?

 

Vi serve un indicatore sintetico, che sia semplice da leggere, e che contenga tutte le informazioni possibili (anche politiche) su quanto sia buono il vostro investimento. Cosi’ sono nate le agenzie di rating: era assolutamente difficile, altrimenti, muoversi con la rapidita’ voluta in un mercato che era oscuro per gli investitori. La media dei ragazzini in cravatta che giocano a Wall Street non sa neppure cosa sia il Nepal, si limitano a leggere il nome del titolo, la sua resa e il suo rating. Se ci parlaste per qualche secondo, capireste che si tratta di subumani il cui sistema nervoso non supera la specializzazione di quello di una zanzara: sa vivere nel proprio ambiente, e’ estremamente specializzata, ma non riesce davvero a “pensare” perche’ non e’ strutturata per farlo.

 

Cosi’ nacquero le agenzie. Ce ne sono a centinaia nel mondo, e quelle che leggiamo sui giornali sono generalmente quelle che in passato hanno iniziato ad “azzeccarci” di piu’. Questa misura della loro bonta’ ha creato un nome, che e’ divenuto uno standard de facto: ma attenzione, perche’ nessuna legge lo dice, o almeno nessuna legge lo impone.

 

Quasi tutte le legislazioni hanno dei meccanismi per far si che usi e costumi diventino effettivi in tribunale, e cosi’ in assenza di altre regole, qualsiasi contesa che richieda una valutazione sull’operato di un operatore usera’ le maggiori agenzie di rating come riferimento: questo pero’ e’ un processo giuridico col quale si sono assorbite le agenzie di rating come consuetudine, fino a farne dei giudici di fatto.

 

Ma ancora, le consuetudini non sono tra le fonti del diritto piu’ alte; questo significa che sia un parlamento che  un giudice molto anticonformista potrebbero  decidere il contrario, come fa la  nostra Cassazione quando usurpa il compito legislativo al parlamento (quasi sempre. Ma la Costituzione ormai e’ come le mutande, ognuno ha  il modello  che preferisce).
 
Che cosa ha dato alle agenzie di rating la forza di essere cio’ che sono?

 

  1. Il fatto che fosse altrimenti molto complesso reperire informazioni su un dato titolo, sulla realta’ economica che il titolo sottende, sulle condizioni al contorno.
  2. Il fatto che seguendo le indicazioni dell’agenzia gli operatori facessero piu’ soldi rispetto a coloro che facevano di testa propria. (c’erano e ci sono tutt’ora).
  3. Il fatto di essere entrate nelle consuetudini giuridiche in quasi tutti i tribunali del mondo.
Ora, nel mondo di Google la prima spinta si e’ quasi esaurita: le notizie viaggiano ben piu veloci delle agenzie di rating, che peraltro annunciano le revisioni con largo anticipo, e quindi sono le agenzie ad inseguire il vero.

 

Per fare un esempio, abbassare il rating dell’ italia DOPO l’asta dei btp e’ stato un cataclisma: ma come, io partecipo all’asta, compro dei titoli , accetto un buon rendimento, e tu arrivi DUE GIORNI DOPO con un declassamento? Anni fa nessuno avrebbe saputo esattamente dell’andamento dell’asta di qualche giorno prima, per cui avrebbe fatto testo il rating: oggi, dopo che l’asta e’ andata in un certo modo, il declassamento non fa altro che confondere gli investitori: chi diamine ha ragione? I fatti o le agenzie?  (domanda niente affatto scontata, visto che in finanza i fatti sono ancora opinioni).

 

Allora, torniamo al punto di prima: il fatto che le informazioni oggi circolino in tempo reale rende sempre piu’ facile ad operatori “indipendenti” di fare il proprio lavoro senza le agenzie di rating. Rende sempre piu’ facile alle agenzie di rating “minori” di competere con le grandi, e di offrire una buona visione al mercato ai loro clienti.

 

Anche il secondo fattore va scemando: non solo per ragioni legate al conflitto di interesse queste agenzie sono sempre meno efficaci (l’esempio del declassamento dei debiti dopo due giorni dalle aste e’ un esempio) sul piano dei guadagni, ma le piccole agenzie , che adesso hanno accesso alle informazioni, riescono a lavorare con piu’ serenita’, meno pressioni , e a dare un servizio migliore (=piu’ redditizio) ai loro clienti.

 

Quando dico “meno pressioni” intendo quello che e’ successo con il declassamento del debito USA: all’indomani, gli americani si sono “ricordati” di inquisire una di queste agenzie per il disastro di Lehman Brothers. Interessante tempismo. Ma in che modo un’entita’ che si suppone “tecnica” puo’ lavorare in quelle condizioni?(1) Bisogna ammettere quindi che un’agenzia piu’ piccola potrebbe darmi un parere migliore sul debito USA: ma a questo punto,  perche’ riferirsi a quella maggiore?

 

Qui entra in gioco l’unico fattore rimasto in mano alle grandi agenzie di rating, che sono ormai dei giganti coi piedi di argilla: le consuetudini che diventano parte della dottrina giuridica.

 

Tali consuetudini sono consolidate nella misura in cui un giudice che vuole decidere una contesa ne ha bisogno: se tizio accusa caio di essere andato oltre il suo mandato accettando troppo rischio, io giudice come diamine faccio a sapere che cosa sia questo “troppo rischio?”. I casi sono due: o chiamo un perito (e ottengo una opinione diversa per ogni perito) oppure mi baso su qualche standard de facto. La difesa, del resto, fara’ lo stesso e dira “ehi, la mia decisione sul rischio era coerente con le principali agenzie di rating!”.

 

Ma il giudice ha in mente una intera gerarchia delle fonti del diritto: cosi’, se per esempio il parlamento legiferasse in proposito, o lo facesse la cassazione, dovrebbe seguire la fonte piu’ forte. E qui viene il punto: la forza delle agenzie di rating sta venendo messa a durissima prova dalla cinesizzazione delle grandi entita’.

 

Chi proponeva la UE e le grandi entita’ politiche come rimedio per l’economia mondiale e la sua stabilita’ non aveva fatto i conti con quella che era la dottrina cinese della politica interna, dottrina che sta diventando lo standard in ogni area, e che e’ il fulcro delle preoccupazioni anglosassoni.

 

Il governo cinese ha una filosofia dello stato interamente interiorizzante. Questa filosofia si basa sull’idea che se uno stato e’ troppo grande , troppo potente o troppo ricco, esso rappresenta un intero MONDO politico, e come tale e’ intangibile alle pressioni esterne nella misura in cui esso e’ capace di essere un mondo per i suoi cittadini.

 

Mi spiego meglio: se prendete un cittadino italiano e misurate il “dominio della sua vita” scoprite che nel 90% dei casi si tratta di un centinaio di persone e di qualche decina di km quadrati. Dentro il rimanente 10% rimane la gente che si sposta di continuo per il paese, e un 5% magari si sposta continuamente in europa. Se andiamo oltre alle persone e parliamo di aziende la cosa cambia, ma non di molto: l’ Europa “contiene” quasi il  70% del dominio delle aziende italiane, situazione che peggiora se andiamo in Francia e Germania.

 

Cosi’, se domani creassimo una differenza enorme tra le leggi interne alla UE e quelle esterne, in realta’ avrebbero impatti solo su una quantita’ relativamente piccola del PIL. E’ vero che commerciamo un centinaio di miliardi/anno con gli USA, ma se consideriamo che il PIL della UE sta sui 17 triliardi di dollari, siamo nel campo di pochi punti percentuali.

 

Quando una zona economica con un ente legislativo comune (stato o federazione che sia) ha un rapporto tra esportazioni e PIL interno di questo genere, cioe’, e’ in grado di sfidare le consuetudini globali dominanti e creare le proprie d’autorita’.

 

La Cina, per esempio, si e’ disfata dell’influenza delle agenzie di rating ufficiali, creando la propria ed imponendo che i giudici usino quella per le contese. Fatto questo, ovviamente si e’ creata una crepa, ma il governo cinese ha i mezzi per sostenere la crepa, e reagire ai tentativi di influenza.

 

Il problema e’ che negli ultimi tempi si sta cinesizzando anche la UE. Se prendete per esempio la storia della tassa sulle transazioni finanziarie, che sarebbe letteralmente mortale per la City (che gia’ non sta bene), si tratta di un provvedimento fuori standard. Tuttavia, l’area entro cui varrebbe tale provvedimento e’ cosi’ grande che sarebbe impossibile per gli anglosassoni emarginarlo con delle ritorsioni. Cosi’, gli inglesi hanno poco da stare dietro alla manica: se in UE si introduce quella tassa, la City la paghera’ ogni volta che dovra’ operare in UE. La City puo’ smettere di farlo? Certo: a patto di diventare di fatto una succursale di Wall Street, dove si troverebbe il solo mondo “libero” a loro disposizione: ormai le colonie cinesi sono soggette al governo cinese e il governo indiano non e’ cosi’ obbediente.

 

Adesso torniamo indietro alle agenzie di rating: abbiamo detto che di tre fattori di forza ne era rimasto uno, e che quell’uno sta scricchiolando. Ovviamente rimangono anche residui dei primi due fattori di forza, ovvero: quanto le agenzie aiutano gli operatori a prevedere il futuro.

 

Prendiamo per esempio la storia dello “spread tra bund e btp”: esso dovrebbe essere usato per decidere il costo dei prestiti dalla BCE alla banca di una nazione. Ma le banche greche, sebbene siano in una nazione al default, stanno ancora ricevendo prestiti dalla BCE. How it comes? Semplicemente la BCE ha deciso di infischiarsene del rating “default” assegnato alle banche greche, e al relativo spread.

 

Lo stesso dicasi per il resto d’europa: la BCE ha emesso un prestito da mezzo triliardo di euro con un interesse dell’ 1%. Ma se avessimo verificato spread e rating, avremmo visto che il prezzo doveva essere ben altro.

 

In pratica, cioe’, la BCE sta lavorando infischiandosene delle regole e delle consuetudini. Questo ovviamente  fa parte di una strategia “bellica”: se puntualmente gli investitori che usano i rating ci perdono dei soldi perche’ poi la BCE e gli altri enti fanno quel che gli pare, il risultato sara’ che le agenzie maggiori sara’ progressivamente sempre piu’ ignorato a favore di quelle minori, e ad un certo punto ci sara’ agio per una riforma che tagli fuori quel poco che ne resta.

 

Cosi’, questa e’ la cinesizzazione della UE nei confronti dei mercati: semplicemente fottersene delle agenzie e del verdetto dei mercati, costringendo gli operatori europei a guardare piu’ alla politica della UE che agli indici finanziari.  E quando gli operatori europei si saranno abituati a farlo, da quel momento sia il “verdetto dei mercati” che il “tasso del rating” saranno completamente ignorabili, e facilmente sostituibili da apposite leggi, che prenderanno immediatamente il posto delle consuetudini.

 

Qual’e’ la forza della strategia di “cinesizzazione” della politica? La forza sta nella debolezza della common law, cioe’ il fatto di basarsi su mere consuetudini: se e’ vero che le consuetudini diventano leggi, e’ anche vero che il governo controlla le consuetudini mediante la propria infrastruttura.

 

Il risultato e’ che i governi abbastanza grossi da poter resistere alle consuetudini e cambiarle in vaste aree possono semplicemente devastare qualsiasi sistema basato sulla “common law” o almeno sul suo concetto di base, cioe’ usare la consuetudine come fonte “alta” del diritto.

Governi meno legati alla common law avrebbero istituito le agenzie di rating come autorita’ semplicemente stipulando dei trattati internazionali, che hanno un posto “alto” nella gerarchia delle fonti del diritto. Ma inglesi e americani, abituati all’idea di “common law”, non ne hanno percepito la debolezza su scala internazionale, e il risultato e’ che oggi chiunque possa prendere provvedimenti su scala abbastanza grande da cambiare le consuetudini puo’ abbattere qualsiasi istituzione basata sull’idea che la consuetudine divenga legge. Come, appunto, le agenzie di rating.

 

E’ ovvio che tali consuetudini si propaghino prima ai paesi culturalmente e operativamente piu’ vicini, quindi la loro rottura dovesse venire prima da paesi abbastanza “culturalmente sconnessi”: nessuno in occidente avrebbe dubitato della dominanza della cultura finanziaria inglese, mentre spiegare a Pechino che si dovevano usare delle aziende qualsiasi purche’ site a Londra e New York per il rating era molto piu’ difficile: la prima cosa che si saranno chiesti e’ “possiamo farlo anche noi? Cosa ci serve?”. E se la risposta e’ stata “si, possiamo farlo anche noi, dobbiamo solo mandare un migliaio di persone a scuola a Londra e New York e poi mettere in piedi il tutto” , il costo valeva il vantaggio.

 

L’unico ostacolo alla cinesizzazione della UE era la presenza inglese: si sperava che prima o poi l’Inghilterra si sarebbe integrata, e quindi si e’ aspettato quasi due decenni prima di capire che sarebbe occorso alzare un muro. Finche’ si sperava che non cinesizzando l’europa  si sarebbe potuta inglobare la City, non lo si e’ fatto.

 

Ma nel momento in cui Cameron ha preso la (stupida) decisione che ha preso, il processo e’ iniziato e adesso non c’e’ piu’ alcuna scusa per fermarlo.

 

Presto l’allargamento dei confini europei significhera’ solo che in cambio di confini piu’ ampi abbiamo avuto confini piu’ difficili da varcare. Potremo fare sempre di piu’ a spasso per l’ Europa, ma la UE sara’ sempre piu’ diversa dal resto del mondo: se commerceremo molto, avremo leggi quasi incomprensibili dall’esterno, ed altrettanto ci appariranno le leggi altrui.

 

E cosi’, gli angli hanno realizzato, nel tentativo di combatterlo, il loro incubo peggiore: l’europa-fortezza dove niente puo’ entrare dagli USA.

 

A volte chi cerca di fuggire al proprio destino lo incontra proprio sulla strada che ha scelto per scappare, e questo sempra il caso.

 

Uriel

 

(1) Il debito USA , oggi come oggi, e’ almeno subprime. L’agenzia non aveva tutti i torti. E no, le armi nucleari non sono un indice finanziario. Almeno, non dovrebbero.

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