Transition management.

Vedo che sul blog di Grillo appare la solita previsione apocalittica riguardante il destino dell’ Italia, che e’ un misto di “dopo di me il sole” e “la fine e’ vicina”. Chi pensa questo non conosce una specialita’ del management, che si chiama “Transition management” , ove la parola Transition ha il divertente significato che ha nei tarocchi la carta della morte.(1)

 

Nei tarocchi, la carta della morte viene letta come passaggio, transizione, ed e’ circa il significato che i manager danno a “Transition manager” quando si tratta di chiudere dei servizi.

Supponiamo di essere una telco, o di essere google, o facebook, insomma qualcuno che ha un servizio cui sono iscritti milioni di utenti. Supponiamo che il servizio sia obsoleto, o che sia diventato antieconomico, o che semplicemente per la morte delle tecnologie su cui si basava sia necessario trasformare il servizio in qualcosa di nuovo e portare gli utenti altrove, oppure chiuderlo.
Chiaramente la nostra azienda sa bene che deve fornire qualche alternativa, altrimenti succedera’ che il cliente andra’ da qualcun altro spinto da quel servizio, ma poi “qualcun altro” si prendera’ la liberta’ di offrirgli tutto il resto dell’ecosistema di servizi, e quindi di togliervi il cliente del tutto.
Cosi’, entra in gioco il Transition management, una branca del management specializzata nel far morire i servizi , traghettando i clienti verso altri servizi, in modo da non perderli e anzi portarli verso modelli di servizio piu’ vantaggiosi.
In definitiva, il Transition manager arriva quando un servizio sta chiudendo, ed evita il “crollo”, ovvero la “rivolta degli utenti”, evita che nasca rabbia o risentimento verso l’azienda che comunque ti dice ” chiudo il servizio che ti piace, non mi interessa la tua opinione, fottiti pure”.
Cosi’ se google code dice che smettera’ di consentire i download del codice e che portera’ verso Drive i downloads, sta facendo Transition management: ti spengo un servizio, ma sia chiaro che ti “traghetto” verso un equivalente. Non e’ il miglior transition management che io abbia mai visto (integrare code con Drive era una soluzione molto migliore, bastava aggiungere un editor per il codice e la gestione dei progetti in Drive, e poi portare gli utenti di code a Drive )
Al contrario, quando google annuncia che spegnera’ News ma non offre nulla, fa pessimo Transition management. Quando una telco vi spegne il contratto e vi porta verso un altro contratto equivalente (o statisticamente tale) vi sta facendo Transition management.
Detto questo, a quale esigenza risponde il transition management? A questa:
  • Dobbiamo chiudere il servizio/contratto X. Le macchine sono vecchie/il servizio e’ obsoleto/non ci guadagnamo piu’.
  • Ma ci sono milioni di clienti li! Ci rovinera’ l’immagine! Ci saranno rivolte! Pestilenze! Cavallette! NON POSSIAMO!
  •  Certo che possiamo. Perche’ adesso esiste il Transition Management, e allora li gireremo verso un altro servizio.
  • Sia lode al titanico Transition manager!
Il transition management e’ un tipico problema nato nel mondo telco, ove esistono dispositivi dedicati a gestire la fatturazione di ogni contratto, e questi dispositivi invecchiano e vanno sostituiti, ma spesso il numero di utenti rimasti su un servizio vecchio e’ abbastanza alto da non voler essere perduto, ma troppo basso per i costi di esercizio del dispositivo stesso.
 Nato nelle telco, si e’ esteso al di fuori , ha preso prima piede nelle banche, le quali spesso si trovano nella condizione di chiudere un tipo di conto/contratto e portare i clienti su un altro, e oggi dilaga praticamente ovunque.
Di per se’ non e’ semplice, perche’ occorre fare un sacco di statistiche sull’uso del servizio da parte dei clienti, costi del servizio, spese del cliente, e cosi’ via, allo scopo di decidere su quale servizio portare il cliente. Capita spesso che un particolare contratto sim , diciamo che siano rimasti 100.000 utenti ad usarlo e quindi non si paghi piu’ , sia splittato in altri 3-4 servizi, a seconda dell’uso che ne fa il cliente.
Adesso, immaginiamo una scena simile, in un gruppo di “tecnocrati” , ovvero di funzionari politici che si riuniscono a decidere come gestire l’ Italia nella UE.
  • L’Italia non ce la fara’. Costa troppo alla UE mantenere i loro vizi, ha troppo debito, e le loro imprese fanno concorrenza alle altre senza portare alcun beneficio se non ai politici italiani, che le spellano di tasse. Va destrutturata e neutralizzata.
  •  Ma l’italia e’ la terza economia d’europa! Ci saranno rivolte! Pestilenze! Cavallette! NON POSSIAMO!
  • Certo che possiamo. Perche’ adesso esiste il Transition Management, e allora gireremo i loro settori produttivi in altre nazioni.
  • Sia lode al titanico Transition manager!
Voi credete che arrivera’ un momento detto “del crollo”, nel quale tutti dovranno aprire gli occhi e magari ribellarsi. Voi pensate che arrivera’ una specie di apocalisse nel momento in cui il tutto diverra’ insostenibile e sara’ chiaro che le cose si devono spegnere.
No, non funziona cosi’.
Quello che state attraversando e’ un classico processo di transizione, nel quale prima verranno portate ad altre nazioni le risorse piu’ redditizie, come si fa nelle telco quando si prendono i clienti che fanno piu’ traffico e gli si offre un altro contratto migliore contattandoli uno ad uno.
Poi si prenderanno le realta’ cosi’ cosi’, diciamo quelle mediamente redditizie, e le si porta a venire comprate per poi chiuderle dopo aver preso il valore, operazione meno costosa di un trasferimento.
Infine si prendono i clienti in perdita, i clienti-zero come li chiamano i Transition manager, e gli si offre un contratto alternativo, nel quale col loro stesso comportamento da clienti-zero finiranno col pagare di piu’.
Il comportamento del cliente-zero e’ specializzato su un contratto. Se io vi do’ le telefonate gratis da mezzanotte alle due di notte, e voi chiamate solo da mezzanotte alle due, fate due ore di telefonate al giorno quindi siete dei discreti clienti, ma siete clienti-zero perche’ non pagate nulla.
Allo stesso modo, chi oggi vive col pasto gratis verra’ messo in condizioni economiche infernali.
Avete cosi’ tre fasi della Transizione dell’ Italia:
  • Le realta’ che comprano e vendono con reciproco profitto per le altre nazioni europee saranno spinte a spostarsi altrove in Europa. Lo stesso dicasi per la manodopera qualificata.
  • Le realta’ che funzionano ma non sono cosi’ redditizie o fanno soldi solo in loco, senza benefici per altri paesi UE, saranno spinte a chiudere spontaneamente o a venire acquistate e poi chiuse.
  • La rimanente componente parassitale (se preferite le rendite) o comunque inutile viene spinta in condizioni economiche tali da pagare un prezzo enorme in termini economici, ovvero a dover vendere le proprieta’ per un tozzo di pane.
Voi direte “ma possiamo uscire dall’ Euro” oppure “Possiamo uscire dall’ Europa”. Forse credete di avere avuto l’intuizione geniale, o di avere di fronte la soluzione definitiva al problema, l’arma che se puntata su chi prende le decisioni potra’ fargli cambiare idea.
Non funziona. Dal punto di vista del Transition manager questo problema e’ “eseguire la transizione senza che il cliente vada dalla concorrenza”. Se la UE e’ l’azienda, NON-UE e’ la “concorrenza”.
Quello che fa il transition management e’ osservare l’offerta della concorrenza e fare in modo che al cliente singolo , e ripeto singolo – perche’ qui e’ il trucco – convenga di piu’ rimanere col nuovo contratto.
Alla singola azienda che si trasferisce in Olanda, Svizzera, Germania, Austria, come sta succedendo in massa, viene comunque offerto DI PIU’ di quanto potrebbe offrire l’ Italia se anche uscisse dalla UE o dall’ Euro.  Del resto, che cazzo gliene frega ad un imprenditore di avere una moneta svalutata se poi deve sempre avere a che fare con una burocrazia mostruosa ed un fisco assassino?
Tutto quello che hanno da offrire i sostenitori dell’ uscita dall’ Euro o dalla UE e’ di svalutare la moneta. Quello che hanno da offrire i paesi ove emigrare le aziende italiane e’ una burocrazia piu’ efficiente ed una tassazione minore e piu’ semplicee piu’ credito dalle banche. La concorrenza, cioe’,  NON HA un’offerta migliore.
Se anche svalutaste la moneta, sugli imprenditori italiani   rimarrebbe la scure del fisco, il cappio della mancanza di credito e il macigno della burocrazia. Forse venderebbe di piu’ all’estero, ma di quei soldi non gli rimarrebbe NULLA in tasca. Gli conviene molto di piu’ muoversi e tenersi i clienti italiani.
Alla seconda tranche di aziende, che vogliono essere comprate o chiudere, di avere la lira anziche’ l’euro non frega niente. Anzi, chi vuole vendere preferirebbe ricevere in cambio euro anziche’ lire svalutate, magari per tentare fortuna altrove. E chi vuole chiudere non cerca di sicuro un salto nel vuoto di una imprevedibile conversione e di imprevedibili impatti sulle banche.
Infine, quandi arrivera’ la fase della svendita degli immobili, tutti preferiranno vendere in euro piuttosto che vendere in lire svalutate, cioe’ svendere a stranieri. E i dipendenti di stato preferiranno essere pagati in Euro piuttosto che far perdere valore di acquisto agli stipendi in lire svalutate.
Come vedete, in tutti e tre i casi  la concorrenza non ha un’offerta migliore. Tutte e tre le tranches di italiani preferiranno tenere cosi’ le cose e opteranno per l’opzione che viene loro offerta. Chi pianifica di andarsene lo trovera’ piu’ conveniente che avere una lira svalutata, che non risolve il problema fiscale, o burocratico, o del credito bancario.
Chi poi si trovera’ a chiudere o a vendere, o a ridimensionarsi, preferira’ sempre il bilancio in euro alle incognite di una lira svalutata che farebbe aumentare i suoi debiti.
Infine, chi si trovera’ a vivere vendendo pezzo a pezzo il patrimonio immobiliare e le sue rendite preferira’ che le rendite siano in euro e vendere i patrimoni immobiliari avendo in cambio euro.
L’idea della concorrenza, cioe’ di uscire, non piacera’ a nessuno.
L’ Italia e’ in pieno processo di transition management. Non avverranno crolli, perche’ il transition management e’ un insieme di tecniche specializzate nell’ EVITARE crolli. Non ci sono stati nel massacro spagnolo, ne’ in Grecia, ne’ in Irlanda , e non ci saranno in Italia.Chi sogna rivoluzioni e’ gia’ stato tenuto in considerazione come offerta concorrente, e non e’ una grandissima offerta per nessuno.
Grillo dice che si tratta di un dicreto collasso, perche’ non conosce il nome dell’operazione, e mi sembra strano e sospetto che non lo conosca nemmeno tale Roberto Orsi, della LSE: si chiama “Transition management”.
Forse Casaleggio dovrebbe sapere quanto sofisticate e quanto tecnicamente efficienti siano le tecniche come questa, specialmente se per decine di anni vengono collaudate da aziende con un numero enorme di clienti, come sono banche e telco. Gli incompetenti e i dilettanti capiranno cosa stia succedendo solo alla fine, o quasi.
Colgo l’occasione per rispondere ad una domanda ricorrente che mi viene fatta: ” ma se tu SAI che cosa stia succedendo e come andra’ a finire, perche’ non lotti di piu’? Perche’ non fai qualcosa come Grillo?”.
La risposta e’ semplicissima, anche se dolorosa.
Quando vivevo in Italia, e lavoravo li’, tante volte ho cercato di proporre miglioramenti. Ho cercato di fare davvero il consulente, di dire cose che avessero valore.
Ma ogni volta, sedicenti “manager” cui non farei decidere su un pic nic fuori porta bloccavano tutto.  E pensavo “ti fai chiamare manager, ma tu non meriti il tuo stipendio”.
Quando ero in Italia vedevo ristoranti coi tavoli stipati , sedia contro sedia, pur di non aprire un secondo ristorante nella stessa citta’ o pur di non ingrandirsi, e pensavo ” ti fai chiamare commerciante, ma non meriti i soldi che guadagni”.
Quando ero in Italia e vedevo aziende lavorare in spazi troppo stretti, con attrezzature insufficienti che costringevano i lavoratori a ritmi e modi inumani, pensavo “ti fai chiamare imprenditore, ma non meriti il tuo reddito”.
Quando da studente affittavo appartamenti in condizioni impresentabili , da padroni di casa avidi ed evasori, pensavo ” tu sarai anche un borghese, ma non meriti quello che hai”.
Quando ero in italia e chiamavo un artigiano a casa, e mi facevano dei lavori penosi solo perche’ non perdevo giorni a controllarli minuto per minuto, io pensavo “ti fai chiamare artigiano, ma non meriti i soldi che guadagni”.
Posso continuare con professionisti, dipendenti pubblici, politici. Ogni volta che ci ho avuto a che fare, ho pensato “tu non meriti il reddito che hai”.
Oggi, tutti quei redditi vi verranno tolti.
Il motivo per cui , pur sapendo di essere parte del processo di Transition management, non riesco a battermi, e’ che dentro di me c’e’ la voce della verita’, che mi dice questo:
essi meritano tutto il male che gli succede, e chi non lo merita se ne andra’  altrove, a prendere cio’ che merita.
Qualcuno vi ha detto che avete avuto un tenore di vita che non potevate permettervi. E’ stato gentile. Io penso che avete avuto un tenore di vita che non MERITAVATE.
E non riesco, non riesco davvero a vedere ingiustizia in chi vi toglie un tenore di vita che non avete mai meritato. La vedo come la giusta punizione per chi non ha mai agito in modo da evitarlo, nel modo che avrebbe portato l’ Italia fuori dalla merda.
Perche’ se la maggior parte degli artigiani, dei dirigenti, dei professionisti, dei borghesi, dei lavoratori, e specialmente dei CITTADINI, avessero fatto bene il proprio dovere, oggi non sareste li’.
Ovviamente c’e’ chi non merita questa punizione. Confido molto nel fatto che possa andarsene ed evitarla.
Per gli altri, non provo nessuna pieta’: li trovo COLPEVOLI, e quindi meritevoli di una durissima PUNIZIONE.
E no, non vi illudete: “Transition management” significa che non trascinerete a fondo con voi proprio nessuno. Agitare questo spauracchio non serve a niente, e cianciare di solidarieta’ europea non nascondera’ il fatto che , in ultima analisi, dopo aver spolpato il nord dell’ Italia adesso volete spolpare anche il nord dell’ Europa.
Non vi illudete, perche’ lo sanno benissimo, cosa si nasconde dietro alla “solidarieta”.

Ho vissuto sino a 20-25 anni in un’Emilia che aveva poco da invidiare alla Germania. Oggi , sento persone dall’ Emilia e mi parlano di una regione nella stessa condizione di  quella che 20.25 anni fa era la peggiore zona del meridione del paese: stessi discorsi, stesso andamento pseudo-buono.

Ma quando poi parlo con molti bolognesi e li vedo oggi ridotti a quei piccoli cervellini da buchini di culo, insettini modaioli dalla mente troppo schizzinosa per qualsiasi cosa sia migliore, piu’ grande, piu’ bella o piu’ moderna,  non riesco a non pensare che la devastazione del loro tessuto industriale non sia altro che la punizione che meritano.

Parlo col ferrarese moderno e mi trovo di fronte un maiale abbronzato e volgare, accompagnato da una troia colorata che si atteggia a contessa. Parlo colo bolognese moderno e mi trovo un insetto menefreghista e strafottente  coperto di monili pederastici, troppo impegnato a sfoggiare un nuovo piumino e una figa ignorante col labbro salvagoccia.

E tutti mi dicono “da noi – i solito riferito ad una zona di 5-10 km -, ancora la merda non e’ arrivata”. Capiranno il problema solo quando sara’ sul tappeto della porta di casa.  

Non riesco a pensare che popolazioni simili meritino tanto, molto, e neanche quanto basta. Cio’ che hanno SCELTO di essere li squalifica sulla scala umana a tale punto che non li riconosco nemmeno come tali.

Quelli che si atteggiano a nazionalisti sono cosi’ ignoranti da non capire che il loro “nazionalismo” non e’ altro che un torneo nazionale di provincialismi.

Che cosa credono di MERITARE?

Non riesco a vedere alcuna ingiustizia. E quindi, nessun motivo per battermi.

Uriel
(1) Trovo divertente che il mondo del management prenda in prestito i concetti dalla magia, perche’ di fatto testimonia a maggior ragione come non si tratti di una scienza.

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