Sul riscrivere quanto gia’ scritto.

Sul riscrivere quanto gia' scritto.

Non capita spesso che io scriva di questioni legate alla letteratura. Ma vedo che in Italia si discute molto ( a differenza di paesi ove questo non e’ avvenuto) della ri-traduzione del Signore degli Anelli, da parte di Ottavio Fatica.

La prima cosa da dire e’ che si tratta di una polemica provinciale. Per provinciale intendo qualcosa che ha senso esclusivamente all’interno di un preciso territorio, nonostante si parli di qualcosa che e’ noto su scala piu’ ampia. Ricorda quelle mozioni comunali contro la guerra fredda. Ok, certo, certo: USA e URSS erano spaventatissime dall’opinione del Sindaco di Sbronzate sul Crippa. Ne siamo sicuri.

Allo stesso modo, la traduzione in italiano del Signore degli Anelli fa poco scalpore fuori dall’Italia, e riguarda una cerchia di discorsi che a loro volta non possono varcare i confini perche’ hanno senso esclusivamente in una gerarchia di valori che esiste solo localmente. E no, giustificarsi con citazioni colte di questo o quel grande autore non cambia la localita’ della discussione. Rimane quindi una discussione provinciale.

Come tutte le discussioni provinciali ha bisogno di una cosa: l’assioma locale che si enuncia in   “cosa pensiamo  della tal cosa noialtri di Sbronzate sul Crippa viene prima della cosa stessa”. Il provincialismo si riconosce anche dalla procedura di sostituzione della sostanza , che viene rimpiazzata dal gossip locale sulla sostanza stessa.

Allora  cominciamo. Che cos’e’ il Signore degli Anelli? E’ parte di una saga piu’ ampia, di un genere che oggi si chiama “fantasy” perche’ quasi nessun adulto ha il coraggio di chiamarla col nome giusto: “Fiaba”. Un pochino come la gente che non va a bagasce ma esce con una escort: molti preferiscono ammettere di amare  il fantasy ma non confessano di leggere fiabe.

Chi ha letto Frazer invece sa che la fiaba e’ un genere complesso , con una funzione sociale molto importante, ed una potenza tale da costutuire  le fondamenta antropologiche per la costruzione della religione. Se gli adulti non leggessero fiabe, o non lo avessero fatto, non esisterebbero le religioni, che non sono fiabe per adulti, ma la rielaborazione adulta della realta’ sotto forma di fiaba .

Allora, come funziona il fantasy, cioe’ la fiaba? Essenzialmente, e’ sempre la storia di un rito di passaggio. Si tratta di un concetto molto caro agli antropologi, e si parla di un rituale, cioe’ di una narrazione, del modo in cui un bambino diventa un adulto accettato come tale nella societa’. Nel corso della fiaba il bambino deve innanzitutto conoscere il male, sconfiggerlo, e nel farlo deve acquisire il bagaglio morale che ne fara’ un adulto: amicizia, forza, coraggio, lealta’, astuzia, competenza, resilienza, discernimento tra bene e male, e  tutto quel che serve.

Una fiaba e’ un romanzo che inizia descrivendo lo stato iniziale del protagonista come infantile. La fiaba puo’ farlo in maniera metaforica come La Contea degli Hobbit, che vivono evidentemente in uno stato infantile , ignari dei mali del mondo. Puo’ anche essere una condizione esplicita, come succede ad Harry Potter nella fiaba della Rowling, che comincia col protagonista che e’ effettivamente un bambino, e termina la sua fatica da adulto.

Dopo la prima fase, entra in gioco un ente esterno (che e’ sempre esistito, e’ antico o almeno precedente, ma aspettava l’ingresso in scena del protagonista per tornare), ente che normalmente e’ malvagio e perturbatorio dello status quo. Spesso e’ anche sovrumano, o almeno magico. Spesso viene anche personificato, o almeno idealizzato: di certo ha un nome proprio. In magia, perche’ un ente esista e’ sufficiente che abbia un nome.

A quel punto al protagonista e’ chiesto di combattere il male, e di uscire (volente o nolente) dalla propria condizione infantile per lottare , e grazie alla lotta. In alcuni casi la stessa vita all’ombra dell’ente malefico si caratterizza come una lunga marcia verso l’era adulta, un rituale di passaggio fatto di battaglie che si protraggono negli anni.

Attorno a lui ci sono figure che rappresentano categorie morali e sociali, come figure parentali, (anche se raramente il protagonista maschile ha una figura materna con se’, e lo stesso capita alle figure femminili, che non hanno quasi mai un padre ad accudirle) , figure non parentali ma patriarcali (Gandalf e Saruman, per esempio), figure   politiche (re e regine, comandanti militari, insegnanti e maestri, ed altro) e figure religiose, che nella fiaba assumono sempre i contorni di figure magiche (Lady Galadriel, per dirne una) e vi compaiono (spesso sublimate) altre delle figure con cui l’adulto deve avere a che fare da grande . Dall’interazione con loro il protagonista deve trarre il bagaglio morale che ne fara’ un adulto accettato come tale dalla societa’.

Insomma, una fiaba  ( o se preferite “il racconto fantasy” ) e’ un romanzo, strutturato di conseguenza  (normalita’, perturbazione/avventura, nuova normalita’) , che narra un rituale di passaggio dall’infanzia verso l’era adulta. In alcuni casi tutto e’ identificato come  metafora (La Contea come situazione infantile, per dire) oppure molto esplicito come capita in Harry Potter, che e’ letteralmente la storia di un bambino che diventa adulto, della formazione del suo bagaglio morale, e delle prove che deve superare, insieme agli insegnamenti che deve acquisire.

Cosa c’entra con una traduzione? C’entra perche’ volevo far notare la chiara esistenza di un canone , cioe’ di qualcosa che deve esserci se si intende scrivere una tal cosa. Esiste un canone della fantascienza (anche piu’ di uno, a dirla tutta) e un traduttore non puo’ fare altro che rispettarlo, oppure rischia di ottenere un effetto catastrofico. Per esempio, potremmo definire gli hobbit come adulti maturi e riservati, e gli elfi come un club di intellettuali effemminati , ma questo andrebbe a cozzare palesemente con l’intento dell’autore e con le esigenze del canone.

Allo stesso modo, se definissimo Lady Galadriel come “MILF”, probabilmente saremmo abbastanza aderenti al suo status (anzi, ricadrebbe persino nel genere “GRANNY”, vista l’eta’), ma nonostante  la sua somiglianza ai fatti della narrazione questa traduzione metterebbe fuori posto… la narrazione. E anche se definissimo “interracial” il matrimonio tra Arwen e Aragorn diremmo il vero, ma sposteremmo la narrazione su binari che non sono quelli della fiaba. (a meno che gli adulti non vi abbiano raccontato fiabe DAVVERO strane).

Insomma, le parole contano, perche’ le parole sono caratteristiche di un genere. Se dicessimo che l’anello e’ “un malware” che se indossato a lungo “puo’ deployare un nuovo firmware ostile nella tua mente” descriveremmo quello che succede a chi lo trasporta , ma la terminologia dell’ IT non e’ adatta a quella della fiaba, o del fantasy se preferite. E dire che gli anelli precedenti erano dei trojan che tenevano una backdoor aperta per l’anello che li avrebbe controllati tutti descriverebbe l’anello, ma le parole sarebbero fuori contesto.

Una traduzione non e’ mai “neutrale”. Potete farmi tutte le vostre seghe mentali sul testo noumenico , ma alla fine usare una terminologia dell’ IT in un mondo che e’ descritto tecnologicamente parlando come un mix tra medioevo, rinascimento e barocco non ha alcun senso.

E’ chiaro che se descriviamo un mondo arcaico ,tecnologicamente e socialmente (tutto fa pensare ad una societa’ del medio medioevo) , dovremo usare dei termini desueti, o addiruttura arcaici. Del resto se dovessi fare fantascienza cyber e descrivessi come “possessione demoniaca” un virus che prende il controllo di un computer, o come “maleficio da luoghi lontani” un attacco di hacker su internet, non ci caverei i piedi molto bene. Anche “hacker” tradotto in “potente stregone” funzionerebbe, ma la storia non sarebbe la stessa.

Per prima cosa, quindi, posso criticare la traduzione di Fatica perche’ abbandonare i termini arcaici nel descrivere una societa’ arcaica finisce con lo stravolgere la storia. Non e’ neutrale. E mi spiace, ma e’ sbagliato: ripeto, potrei riscrivere tutto LOTR usando i termini dell’ IT. In fondo quasi tutto cio’ che facciamo nell’ IT ha un suo corrispondente magico, perche’ prima era possibile pensare un attacco da parte di un malware come “incantesimo” se non “possessione”.  E magari potrei definire come “IBM” gli elfi, e in qualche modo funzionerebbe anche.  Credo. Spero. Qualsiasicosa.

Ma non otterrei LOTR. Otterrei uno stravagante romanzo di FS cyber, con un inconsueto intento epico. O forse otterrei solo Matrix con meno vestiti fetish: “uno non fa un SQL injection a Mordor.evil cosi’ facilmente”.

E c’e’ un’aggravante. Tolkien era un accademico nel campo della letteratura,  specializzato in inglese antico, noto per la traduzione di poemi epici come Beowulf. Cioe’, se una persona di tale background decide di usare termini arcaici o desueti, ha parecchie buone ragioni per farlo. E ci ha messo studio. Lavoro. Ricerca. Ha fatto parte del processo creativo. Nell’uso dei termini arcaici, Tolkien da’ valore al romanzo. Lo rende ricercato.

Per fare un confronto , la traduzione tedesca di LOTR, per rispettare questo processo creativo, ha tirato fuori parole che prima conosceva solo il proctologo di Odino. Se non avete mai avuto contatti con Odino (o col suo proctologo) prima di oggi, leggere LOTR in tedesco e’ quasi impossibile.

Non e’ possibile , per via di quella che definirei “la logica dei fatti umani”, che si possa togliere la componente arcaica dal linguaggio di LOTR. Non potete togliere ad un autore la sua intera formazione, e cancellare una parte importante del processo creativo. Anche perche’,

se togliete ad un libro il linguaggio dell’autore, state togliendo il libro all’autore.

E il noumeno ve lo potete anche ficcare laddove il Proctologo di Odino giunge di rado.

L’ultimo punto e’ l’epica. A molti, specialmente a sinistra, non piace che si parli di epica. Non piace perche’ riconoscono nel fascismo una narrazione epica della nazione, non piace perche’ l’epica e’ incentrata sulla figura dell’eroe , e di eroi molti a sinistra non vogliono sentir parlare, a meno che non si tratti del simulacro detto “popolo”.

Eppure, l’epica e’ un bisogno. Il bisogno di una narrativa epica pervade sia la societa’ che gli individui. L’io maschile non potrebbe esistere senza una narrazione epica. E nutro forti sospetti anche su quello femminile. Esiste un bisogno di eroi. Qualcuno ha scritto che gli fa pena una nazione che ha bisogno di eroi. Peccato che le nazioni che non ne hanno bisogno sono, in generale, dei giganteschi centri commerciali senza finalita’.

Perche’ lo dico? Perche’ LOTR e’ sicuramente un romanzo epico. Potete fare tutti i salti mortali che volete, ma non e’ stato il popolo ad abbattere Sauron. Sebbene il proletariato di Mordor sia decisamente maltrattato, a farlo fuori e’ stato Frodo, insieme ad un manipolo di guerrieri. Guerrieri, non metalmeccanici.

E non so come sia la vostra vita quotidiana, ma sono abbastanza certo che non abbiate incontrato un Balrog nelle ultime settimane. Non avete mai partecipato a gigantesche battaglie a cavallo, non avete mai partecipato ad un assedio in armi, affrontato paludi mefitiche ed altre cose. Non avete mai ucciso un orco, e neanche baciato un elfo. Se vi capita spesso di farlo, probabilmente vi drogate. Oppure , dovrete ammettere che LOTR narra di vicende un pelo piu’ epiche della vostra vita quotidiana.

Insisto:  LOTR e’ un romanzo epico.  E’ epico da fare schifo, perche’ comunque raccontiate quelle vicende, il Fosso di Helm non assomiglia al vostro supermarket preferito. Per un cazzo di niente. E potete cambiare il linguaggio quanto vi pare, ma si tratta sempre di una fortezza. Non un condominio. Non un ufficio. Non un supermarket. Non un distributore di benzina. E’ una fottuta fortezza.

E stare dentro una fortezza mentre ventimila orchi (settemila secondo la questura) vi assediano e’ una cosa epica. Molto piu’ epica delle riunioni che fate in ufficio. Delle liti che fate con vostra moglie. Molto piu’ epico di qualsiasi cosa vi sia mai capitata, e che vi capitera’ nella vita.

Una volta stabilito che LOTR e’ un romanzo epico, il problema e’ che il tentativo di Fatica di normalizzare il linguaggio , togliendo l’epica fino a trasformare la trama di  LOTR in una rissosa gita aziendale , non funziona. Non puoi togliere l’epica da un romanzo che ne trasuda. La trama stessa, la logica della trama, parla di un gruppo di EROI che sfidano praticamente ogni forza nota e malvagia per compiere una missione EROICA.  E’ un cazzo di tizio che deve distruggere l’arma del giudizio dentro un maledetto vulcano, che si trova nel mezzo di un deserto mortale, circondato da milioni di orchi, dentro una fortezza impenetrabile, sorvegliata dal MALE in persona.

Non e’ vostra suocera che va a fare pilates. Non ci assomiglia neppure di striscio.

Se togliete l’epica da LOTR, state narrando la storia di vostra suocera che va a fare pilates. Certo, girare con una Fiat 600 fino alla palestra puo’ essere complicato. Trovare parcheggio ancora peggio. Ma vostra suocera che fa Pilates non sembra proprio un assalto di cavalleria (a voler essere onesti, un assalto abbastanza improbabile, ma Tolkien non era un esperto di storia militare) contro un’armata di Uruk-hai. Mi spiace. Non me ne voglia vostra suocera. Sono cose diverse.

Ed e’ qui che torniamo al provincialismo. Sicuramente, i soliti che tirano fuori il noumeno ogni volta che vanno al cesso (insomma, certi che approvano la nuova traduzione hanno passato cinque anni sulla littorina per Ferrara, a darsi delle arie per il liceo bourgeoise che frequentavano!!!) diranno che tutte le mie obiezioni sono nulle.

Diranno che alla fine dei conti il noumeno di qui e il noumeno di la’, la rava et la fava, e che alla fine l’epica di LOTR e’ inventata ed artificiale, e tireranno fuori improbabili cazzate riguardanti la rivoluzione proletaria che ha abbattuto Saruman: gli Ent come luddisti ante litteram, giusto?

E tutto il consueto turbine di cazzate che li caratterizza, e blablabla.

E qui torniamo al provincialismo italiano. Dove LOTR e’ un libro di destra . Nell’asfittico panorama italiano si pretende che tutte le categorie politiche ed intellettuali siano riconducibili ad una diarchia , “destra” e “sinistra”.

Nella mente provinciale di chi approva il lavoro di Fatica, ci sono troppi elementi insopportabilmente di destra in LOTR: l’epica, il richiamo ad una societa’ tradizionale e bucolica, il “legame indissolubile tra l’uomo e la sua terra”, e il nazionalismo insito nel fatto nel racconto che ogni popolo sia diverso dagli altri, anche biologicamente, quindi esteticamente. Per non parlare del fatto che non ci sono negri.(ops!)

Se venisse riscritto dagli spocchiosi che stanno approvando la nuova traduzione, gli elfi sarebbero operai di Pozzuoli, gli Hobbit sarebbero sindacalisti di Casalecchio di Reno, gli orchi sarebbero tutti nella celere, e alla fine Frodo sarebbe un tizio che arriva a Mordor per assistere alla rivolta proletaria degli orchi, che vogliono la fine dell’imperialismo americano, simboleggiato dal Presidente Sauron.

Ma il tentativo di ridurre LOTR a qualcosa piu’ di “sinistra” , qualcosa di piu’ “moderno” (nell’accezione di “pop”) appiattendone il linguaggio, diluendo l’epica, modernizzando i termini arcaici, e’ piu’ patetico che ridicolo. Perche’ non fa altro che mostrare l’imbarazzo di chi ha predicato un’egemonia culturale, quando si trova di fronte un’opera che delle  stronzate provinciali tra Peppone e Don Camillo se ne infischia bellamente.

Spiace per gli spocchiosi Wu Ming, (ho avuto la sfortuna di sopportare conoscere personalmente uno di loro sulla Littorina per Ferrara, ogni giorno per anni,  e devo dire che “mi auguro sia migliorato molto crescendo“) e mi spiace anche per tutti gli impiattatori di merda che cercano di proporre una pessima traduzione come oro colato , ma per loro vale quanto ho scritto sul “manifesto della Tirotta”:

Sul riscrivere quanto gia' scritto.

E la traduzione di Fatica non fa altro che costruire una versione pop  di LOTR, che altri impiatteranno in quantita’ minimal, avendo cura di aggiungere inutili arzigogoli, banali e privi di senso come il noumeno a quello che e’ un piatto gia’ rovinato dalla sua voluta insipienza. Per non parlare della costante velleita’ insita nell’apologia dell’opera di Fatica.

Perche’ alla fine, diciamolo, il prodotto di molti, se non tutti gli “intellettuali”  italiani e’ proprio questo: una quantita’ minima di merda pop impiattata con un contorno di inutili arzigogoli, banali e privi di senso, decorata con tutta la velleita’ possibile.

Perche’ se il fascismo e’ solo un travestimento da maschi forti, la sinistra italiana e’ solo un travestimento da intellettuali. Gente che negli anni ’80 entrava nelle librerie dicendo  “devo farmi una cultura, mi dia il libro piu’ noioso che ha”. Gente che in casa aveva un’enciclopedia scelta sulla base del colore , che si intonasse al mobilio.

E poi prendevano la Littorina per Ferrara.

Fonte: https://keinpfusch.net/sul-riscrivere-quanto-gia-scritto/

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