Siena, UK.

Mentre si discute di MPS e Grillo tuona contro le pratiche discutibilissime di Unipol, arriva forse una ammissione di impotenza su cui si dovrebbe riflettere. E mi riferisco alle parole di Andrew Bailey, capo di un ente britannico che si chiama Prudential Regulation Authority, ed in teoria dovrebbe svolgere compiti di sorveglianza sull’operato delle banche.

Di fatto, in una dichiarazione rilasciata ai giornali (1) , Bayley ammette che le grandi banche ed i grandi gruppi di affari non siano  gia’ “too big to fail”, ma che siano anche “too big to prosecute”.
La ragione di questa intangibilita’ alla legge e’ la stessa per la quale alcune entita’ non possono fallire: se una grande entita’ finanziaria viene messa sotto inchiesta, il panico che questo produce in borsa causa una specie di cataclisma.

Prima di dichiarare la morte dello stato moderno, dobbiamo considerare due cose. La borsa italiana e’ relativamente piccola, contiene poche centinaia di aziende e non muove tantissimo dell’economia italiana, almeno se paragoniamo la situazione italiana a quella inglese.
In Inghilterra la borsa fa circa – direttamente – il 30% del PIL nazionale, e se sommiamo anche lo strato di servizi – per lo piu’ telematici – arriva al 60%. Il risultato di questo e’ che il paese stesso dipenda dalla finanza. Cosi’ questo fenomeno e’ sicuramente piu’ grave in UK che in Italia.
Tuttavia , il punto e’ che con questa ammissione lo stato di diritto britannico e’ semplicemente arrivato alla fine. Si e’ iniziato a dire che se una banca commette un crimine non si possa punire, perche’ il solo fatto di mettere la banca sotto inchiesta causa un disastro economico.
Ora, quando si dice una cosa del genere, che cosa si sta dicendo?  Si sta consigliando a tutte le aziende di corporarsi fino a diventare enormi, e di quotarsi poi in borsa. Facendo questo, esse si porrebbero al di sopra della legge, e  potrebbero commettere crimini a piacimento.
Il problema di Unipol, quindi, cosi’ come il problema di MPS, si inseriscono proprio in questo filone. Sia Unipo che MPS, al crollo , possono causare danni catastrofici all’economia italiana. Anche nazionalizzandoli – ammesso che il quadro normativo ed europeo lo consenta – il risultato non cambia di molto. Se da un lato nazionalizzando MPS si salverebbero i risparmi delle famiglie , dall’altro lo stato si accollerebbe un buco da 21 miliardi. Il dramma di tutto questo e’ che, essenzialmente, poi sarebbero gli stessi cittadini “salvati” a venire depredati di quanto serve per tenere a galla MPS.
Lo stesso dicasi di Generali, Unipol, Unicredit, SanPaolo , e tanti altri: in generale, le conseguenza di un’inchiesta sono troppo grandi perche’ l’inchiesta avvenga senza pressioni.
Non deve stupire il suicidio del direttore per la comunicazione del Montepaschi: le notizie sono proprio al centro di questo fenomeno.
Qualcuno pensa – l’ho anche detto nello scorso post vocale, sbagliando – che sul direttore suicida del Monte dei Paschi in fondo non ci siano tanti motivi di indagare e accusare, in quanto dirigendo “solo” la comunicazione non doveva sentire troppo il peso di questa situazione.
Ma adesso facciamo un passo indietro e mettiamo tutto insieme: abbiamo detto che molte banche siano “too big to prosecute”. Adesso diciamo che sono troppo grandi per pagare perche’, la NOTIZIA della loro punizione causerebbe il panico in borsa.
E adesso siamo vicini al centro: a mettere sulla graticola l’economia non e’ la persecuzione della banca in se’. E’ la NOTIZIA della sua persecuzione. Nel momento in cui la banca e’ sotto inchiesta , occorre che qualcuno gestisca questo effetto spaventoso che mette la banca al di sopra della legge.
Lo schema e’: INCHIESTA -> NOTIZIA -> CROLLO DELLA BORSA.
Capite bene che a gestire il servizio di relazioni pubbliche della banca non e’ un manager secondario. E’ quel manager che ha il potere, o il comando, del fattore che puo’ devastare la borsa, ovvero del fattore che e’ cosi’ deterrente per lo stato che gli inglesi si sono arresi alle banche.
Se esaminiamo l’inchiesta sull’ MPS, per esempio, notiamo subito una gigantesca differenza rispetto alle altre inchieste: la mancanza di intercettazioni telefoniche ed intercettazioni ambientali.
Solo DOPO il suicidio del manager si va a cercare nella sua rubrica e si va a scavare nelle sue telefonate. Ma se ricordiamo bene, la stessa magistratura non si fece MAI problemi ad intercettare anche l’ultima delle succhiacazzi di Berlusconi.
 Non si puo’ dire che la differenza stia nella delicatezza della materia, visto che all’epoca Berlusconi era un capo di governo. Dunque?
La verita’ e’ che anche i magistrati inquirenti sono limitati. Sanno che se agissero con le consuete intercettazioni, l’ intero gotha bancario e finanziario sarebbe toccato dalla loro inchiesta. A differenza dell’inghilterra, ove una singola entita’ puo’ produrre un disastro perche’ troppo grande, anche in ITALIA una singola entita’  sotto inchiesta puo’ causare un disastro perche’ E’ TROPPO CONNESSA.
E’ assolutamente chiaro che se i telefoni dell’ MPS venissero messi davvero sotto controllo, e si piazzassero microfoni e telecamere ovunque – come si fece con le bagasce di Berlusconi – l’intero establishment bancario e finanziario italiano crollerebbero in una gigantesca inchiesta sui loro vizi.
  In questo senso, anche l’ Italia e’ nella medesima situazione dell’inghilterra: le banche e le finanziarie in Italia sono cosi’ interconnesse e condividono cosi’ tanti uomini che la NOTIZIA di un’inchiesta e la notizia delle relazioni tra entita’ sarebbe sufficiente a creare un effetto domino in borsa.
Sebbene la borsa italiana non sia grande quanto quella inglese rispetto al PIL, questo produrrebbe una catastrofe. E non dico che sarebbe colpa delle inchieste.
Se infatti si mettessero sotto inchiesta gli uomini dell’ MPS, la banca si limiterebbe a cacciarli e a prendere altri amministratori. Se poi l’inchiesta si allargasse al CDA, che so io, di Unicredit, anche la seconda banca potrebbe sostituire i manager coinvolti con una certa facilita’.
Il guaio e’ che la NOTIZIA produrrebbe un disastro. La NOTIZIA. E’ la notizia che distrugge la banca, non l’inchiesta. E’ la notizia che distrugge la borsa, non l’inchiesta. E chi ha la notizia, chi controlla la notizia, ha il potere di minacciare.
E allora   iniziamo a sospettare che il ruolo di un “responsabile per la comunicazione” non sia solo colui che gestisce i comunicati stampa e difende l’immagine dell’azienda.
Egli e’ portatore della piu’ tremenda ARMA di ricatto che la finanza esercita contro gli stati.
Se la NOTIZIA , se qualche fuga di notizie , se qualche tipo di comunicazione dai mass media arriva alla borsa, inizia un disastro che fara’ passare allo stato la voglia di ficcare le mani nelle banche.
E quest’arma ce l’ha in mano il responsabile della comunicazione: e’ lui che gestisce , manipola, forse crea, “LA NOTIZIA”. E’ lui che puo’ trattare con lo stato e dire “cari signori magistrati, se continuate cosi’ io dovro’ fare un comunicato , e il comunicato dovra’ per forza essere letto, e se viene letto la borsa italiana collassa”.
Allora, quello che si e’ suicidato non era un manager secondario, non era un manager che non prendeva decisioni, non era il manager che non si capisce cosa c’entri.
Era piu’ o meno questo:

 

 

Era una persona che poteva gestire il meccanismo della comunicazione, quella pistola che dice allo stato “provaci e ti mando a pezzi l’economia”.

Una pistola cosi’ potente che lo stato britannico ha gia’ dichiarato la propria resa.

Uriel

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *