Si fa presto a dire telelavoro.

Si fa presto a dire telelavoro.

Si fa presto a dire telelavoro.

Vedo in giro che “grazie” al coronavirus l’Italia si sta concentrando sulla possibilita’ di far lavorare da remoto le persone, ed in particolare l’ e-learning. Niente di nuovo, visto che sono un grandissimo sostenitore di questo metodo, e niente di male dal momento che tra MOOC e cose come coursera, e tutto l’universo che ci sta attorno, non si tratta di una tecnologia d’avanguardia.

Il problema vero della tecnologia, pero’, e’ l’implementazione. E’ come quando si parla di voto elettronico: il voto puo’ essere preciso e privato quanto una transazione bancaria, se lo implementiamo con tecniche , infrastrutture e metodi di una banca. Diventa una barzelletta alla Rousseau se lo implementiamo come fa uno studio pubblicitario.

Allo stesso modo, la teledidattica puo’ essere uno strumento tremendo se viene usato in maniera qualificata, come fanno molte aziende che ci fanno i corsi d’aggiornamento dei dipendenti.

Lo stesso vale per il telelavoro.

La mia personale esperienza di implementazione mi dice una cosa: tra sicurezza perimetrale, strumenti attuativi (hai bisogno di un qualcosa che faccia VPN con una capacita’ adeguata per tutti gli impiegati), strumenti informatici che non richiedano interazione (se stampi in ufficio chiaramente devi essere in ufficio per prendere il pezzo di carta in mano) , e tutto quanto , si tratta di sistemi che per lavorare bene richiedono design, implementazione, sicurezza e infine addestramento.

Certo, se usate un metodo agile/scrum potete anche lavorare da qualsiasi posto, in termini di gestione del team e del lavoro. Se usate un sistema di ticketing anche, nel caso non lavoriate in Agile.

Cosi’ adesso che si dice “per il coronavirus adesso tutti lavoriamo da casa” mi viene un dubbio. Perche’ i casi sono due:

  • I sistemi erano pronti da prima, ma non venivano usati.
  • I sistemi NON sono pronti, quindi ci sono due possibilita’.

Nel primo caso, bisogna capire per quale motivo non siano stati usati questi sistemi prima. La risposta e’ molto semplice: corruzione. Se domani mando a casa il 40% degli impiegati, pago meno elettricita’, pago meno riscaldamento, pago meno carta sulle stampanti, pago meno bollette telefoniche (ammesso che io possa passare ad un VOIP), eccetera. Poi ci sono meno persone che vanno in auto, che vanno a mangiare fuori a mezzogiorno, e tutta l’economia che gira attorno al fatto che “andiamo a lavorare”. Quindi ci sono dei fornitori scontenti.

Quindi, tutti i “fornitori” (o perlomeno i beneficiari) hanno corrotto chi prende la decisione di adottare il telelavoro, (attraverso i soliti tramite, cioe’ i sindacati) e non se ne e’ mai fatto nulla.

Nel secondo caso, cioe’ la completa impreparazione delle infrastrutture (che ritengo piu’ probabile in quegli enti/aziende che non hanno mai preso in considerazione la cosa) , ci sono due possibilita’.

La prima possibilita’ e’ da scartare. Nel migliore dei casi si otterrebbero sistemi insicuri, inefficenti per inesperienza, poco sperimentati, e spesso proprietari. Qualcuno pero’ ci provera’, nel caso in cui ci sia un “amico beppe” che vuole un appaltino.

Ma nel caso di sistemi raffazzonati personale  sarebbe ancora piu’ impreparato e confuso, e tutto finirebbe nel nulla. Sul piano della sicurezza, poi, la cosa sarebbe ingestibile.

La seconda possibilita’ e’ che questi problemi si possano comprare come SaaS. Questo pero’ non esclude un certo impegno finanziario nell’infrastruttura,  da parte di chi adotta il sistema: in ogni caso, il dipendente per lavorare da casa deve disporre di un computer, di una connessione veloce, e di un qualche equipaggiamento (cuffie/microfono/telecamera) che siano compatibili col resto.

Detto questo, bisogna chiedersi quale sarebbe la curva di adozione.

In questo caso, come e’ capitato nelle scuole che hanno adottato Discord, la curva di adozione sara’ piu’ semplice, ma per una ragione specifica:

Gli studenti lo sanno gia’ usare.

Discord e’ un sistema di chat molto usato per il gaming, e quindi fornisce gia’ tutta una serie di strumenti che, se non sono specifici, almeno sono collaudati per il lavoro di squadra (almeno in astratto). C’e’ chi ha usato a questo scopo Whatsapp, e chi ha usato Telegram, ma alla fine il punto e’ lo stesso: la percentuale di adozione e’ molto migliore perche’ l’adozione risale ad anni fa.

E’ chiaro che se la maggior parte dei fruitori e’ gia’ preparata nell’uso di uno strumento, e qualcuno dice “beh, completiamo l’adozione portandolo tra le minoranze”, la curva di adozione si velocizza.

Per quanto riguarda la scuola, personalmente credo che sia possibile un’adozione della teledidattica “abbastanza veloce”: l’unico collo di bottiglia e’ costituito da sindacati e docenti, che hanno una fifa boia di essere misurati. E sanno bene che tutti questi sistemi lasciano una traccia. Tutto rimane scritto, e puo’ essere portato come prova.

Quando ero alle superiori un prof di religione cerco’ di convincerci che un aborto fosse realizzato entrando dentro la donna con delle forbici come quelle da pollo e tagliando a pezzi il bambino vivo, che a detta del prete qualche medico aveva anche sentito gridare.

E’ chiaro che una puttanata del genere, nell’ambito della teledidattica, sarebbe un attimo difficile da realizzare senza scandali. Inoltre, il fatto che ogni lezione sia di fatto registrata fa si’ che sia possibile valutare anche la bravura o l’efficacia degli insegnanti (sempre che non condividano una serie di video ed i materiali tra classi, a prescindere dal docente).

E’ ovvio , a mio avviso, che il principale ostacolo a questa innovazione saranno i sindacati della scuola e gli insegnanti. Ma la scuola e’ il caso piu’ semplice perche’, appunto, gli studenti hanno gia’ una curva di adozione ottima.

Poi viene il pubblico impiego. Se nessuno prima aveva mai usato il telelavoro, e non era implementato, la curva di adozione potrebbe essere molto lenta. Non importa che tutti stiano usando Whatsapp come se lo avessero sempre usato. E non importa che tutti stiano usando social network: nel momento in cui al lavoro gli diranno di usare questi strumenti per lavoro, cascheranno dalle nuvole. Scena gia’ vista. Sono abbastanza vecchio da ricordare sindacati che fanno scenate per l’adozione del mouse , perche’ avveniva senza uno specifico addestramento .

Il problema dell’adozione di telelavoro nel pubblico impiego e’ (quando il lavoro non richiede particolari contatti col pubblico: anche fare l’infermiere e’ “impiego pubblico”) consiste principalmente nella tracciabilita’ del lavoro. La necessita’ di un sistema di ticket, di riunioni di allineamento, di condivisione della documentazione in formato elettronico , richiedono qualcosa di piu’ di un sistema di chat evoluto (come nel caso delle lezioni).

Non si tratta solo di garantire l’interattivita’ tra i dipendenti, ma di garantire la tracciabilita’ del lavoro, e la documentazione sul lavoro svolto, in modo che possa essere usato. Inoltre, siccome le persone non lavorano da sole, occorre tenere riunioni di allineamento, che devono avvenire in un preciso orario.

Quando dite una cosa del genere ad un sindacalista del pubblico impiego, immediatamente storce il naso. Iniziera’ a lamentarsi del “grande fratello”, di cui sa tutto perche’ sembra aver letto un libro che si intitolava “il grande fratello”, come la trasmissione televisiva. E a parte i luoghi comuni, il fatto che il lavoro svolto interamente in questo modo sia completamente tracciabile (e debba esserlo) ovviamente terrifica anche la dirigenza. La parte di documentazione, poi, diventa insostenibile.

Innanzitutto, per poter lavorare da remoto su un sistema amministrativo che richiede di consultare lo storico , occorre che tutto lo storico sia disponibile in formato digitale, e che sia accessibile anche da remoto. Che un sistema unificato di documentazione esista, che esista in un formato unificato e che sia ricercabile,  e che comprenda ogni possibile use-case, e’ tutto da discutere.

I paesi che hanno implementato cose del genere ci hanno messo un decennio buono (12 anni in Germania, 13 per la Nord Reno Westfalia, 9 anni in Francia che e’ molto centralizzata, UK non e’ nemmeno all’inizio, con l’eccezione di Londra) , per cui non e’ un progetto che si realizza nei tempi di un’epidemia.

Voi direte: ma se facessi lavorare le persone a casa solo uno-due giorni a settimana? E’ una formula che conosco, visto che nel mio caso personale e’ obbligatoria, ma c’e’ un problema: nel caso la struttura sia impreparata, nei giorni di telelavoro puoi fare solo cose che non richiedano presenza fisica.(nel mio caso, azioni sull’hardware del laboratorio). Questo pero’ implica una riorganizzazione del lavoro, il che significa che se un preciso compito e’ telematico tipicamente verra’ spostato nei giorni di telelavoro.

L’impatto di questo modo di lavorare sui servizi pubblici e’ difficile da calcolare, ma considerando i tempi della pubblica amministrazione probabilmente potrebbe venire assorbito facilmente.

Il guaio vero pero’ sono le paure dei sindacati del pubblico impiego: nel momento in cui TUTTO viene digitalizzato per renderlo compatibile col telelavoro, infatti, il passo successivo e’ quello di aprire il sistema e consentire alle persone comuni di interagire con la pubblica amministrazione in modo digitale. Se tutto viene fatto usando, che so io, un sistema di ticket (o un sistema Agile, per quanto non vedo benissimo questo metodo nella PA) , cosa impedisce al singolo cittadino di aprire un ticket quando ha una richiesta o un malfunzionamento da segnalare, o di farlo attraverso un Helpdesk?

Tecnicamente, piu’ nulla.

La scomparsa del concetto di sportello (che sta gia’ avvenendo in altri settori, come quello bancario) e’ il terrore principale del sindacato della PA. Le attivita’ di sportello sono le piu’ sindacalizzate , per la semplice ragione che quando c’e’ uno sciopero in corso lo sportello chiuso e’ la sua espressione piu’ evidente. Se mettiamo un sistema di ticketing a disposizione del cittadino, lo sciopero rallentera’ si’ lo svolgimento del ticket, ma la persona che dal cellulare fa partire la richiesta non ha la sensazione di chi si presenta allo sportello e lo trova chiuso, dopo aver perso una mattinata di lavoro per questo.

Faccio un esempio che conosco: il sistema fiscale tedesco espone delle API che consentono di fare la dichiarazione dei redditi, le buste paga, stampare scontrini e via dicendo. (significa che il registratore di cassa e’ in buona sostanza un software che potete installare sul laptop).

Ovviamente questi servizi sono offerti anche in un sito web, che essendo disegnato da un burocrate tedesco vi trasforma in uno scarafaggio kafkiano da tanto che e’ facile da usare. Ma il fatto che ci siano queste API disponibili ha fatto nascere tutta una serie di aziende che non amano gli scarafaggi , scrivono interfacce semplici e per la modica cifra di 15 euro vi consentono di fare la dichiarazione dei redditi da soli. (ci sono anche dei wizard, in vendita nei supermercati, ma onestamente continuo a chiedermi chi diavolo abbia ancora un lettore CDROM nel computer).

Dal punto di vista del contribuente questo e’ comodo, ma dal punto di vista del Finanzamt questo ha “fatto calare le visite” nel loro sito (dubito che qualcuno sano di mente lo possa usare) , ma ha creato un ecosistema privato.

Esattamente quello che i sindacati italiani (che vi vendono il CAF e la “consulenza fiscale”) non vogliono.

Con questo voglio dire che la possibilita’ di telelavoro richiede digitalizzazione. Ma la digitalizzazione finisce sempre col rivolgersi verso l’utente finale, cosi’ come le app di home banking stanno facendo sparire gli sportelli bancari.

Si tratta, cioe’ di un processo globale: imporre il telelavoro richiede digitalizzazione COMPLETA, ma la digitalizzazione ha un impatto forte nel rapporto col cittadino. Ma oggi il difficile rapporto col cittadino e’ tutto delegato ad una serie di intermediari, tra cui spiccano le societa’ di servizi che poi sono sempre nell’orbita dei sindacati.

Per questa ragione mi fa piacere che le scuole e alcuni settori del pubblico impiego facciano degli esperimenti e familiarizzino col metodo. Ma sono altrettanto certo che non appena sara’ finita l’emergenza, tutto tornera’ come prima. I sindacati stessi si premureranno di fare in modo che questa idea sia vista come sistema di emergenza, e diventi come quegli schemi di evacuazione dell’edificio in caso di incendio, che tutti vediamo appesi ma nessuno legge mai.

Si fa presto a dire telelavoro. Ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo i sindacati.

Last but not least, c’e’ un problema di diffusione della banda larga. Sinche’ siamo nelle grandi citta’, va tutto bene. Ma chiedere ad un impiegato di lavorare da casa quando a casa gli arrivano 2 Mb/s scarsi (la situazione dei miei familiari, che ufficialmente hanno la banda fino a 20Mb, e’ quella) significa metterlo in croce.

E’ vero che io faccio il 40% del tempo da casa, ma e’ anche vero che ho FTTH, e la maggioranza ha VDSL2 s G.Fast. Se non l’avessi (e ci sono zone della Germania ove non c’e’)  , la cosa sarebbe molto piu’ complicata. Allora, occorre anche chiedersi quale sia il limite dell’infrastruttura pubblica: questo e’ esattamente il momento in cui si dovrebbe riflettere su quante cose “si potrebbero fare” con la banda larga, ma non in astratto.

Intendo dire, quante cose si possono fare DAVVERO. Tipo rallentare un’epidemia.

Fonte: https://keinpfusch.net/si-fa-presto-a-dire-telelavoro-2/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *