Rivolte , sicilia e forconi.(NSFW)

Mi chiedono di scrivere qualcosa sulla rivolta siciliana detta “dei forconi”. Il solo fatto che lo si chieda a me mentre i grandi media tacciono dovrebbe gia’ spiegare in che condizioni si trovano i media italiani: se un’ intera regione del paese e’ paralizzata e quasi alla fame mentre si titola con ogni altra possibile cosa, evidentemente esistono meccanismi di censura piuttosto efficaci. Del resto io mi trovo a Duesseldorf, e scrivere di una cosa che succede in Sicilia leggendo le agenzie e’ come … come fanno i giornalisti italiani. Decidete voi il termine. Nel contempo, il post sulla tragedia della Costa ha attirato qui un sacco di farlocchi sbroccanti, e come ben sapete per far fuggire i farlocchi c’e’ un solo mezzo: TETTE.(1) Cosi’, ne esce questo post, un pochino borderline.

 

Per prima cosa, non intendo scendere al livello dei giornalisti italiani, cioe’ non intendo scrivere da Duesseldorf un articolo sulla Sicilia semplicemente leggendo le agenzie. Questo potete farlo anche da soli,

 

 

La mia conoscenza della Sicilia… uhm. Ho passato qualche tempo a Gela, per questioni lavorative legate al petrolchimico ANIC. (all’epoca lo chiamavano cosi’) . Ho potuto conoscere posti come Gela, Licata, Modica, Palma di Montechiaro (il luogo piu’ assurdo che io abbia mai visto, e ne ho visti) Modica, Vittoria, Butera (altro luogo ai confini dell’universo). Posso aggiungere quindi mie considerazioni personali e alcune considerazioni generali alla cosa.
La prima cosa da dire e’ che la societa’ siciliana e’ fatta a macchie di leopardo. Nella stessa citta’ potete trovare un quartiere che vive diciamo nel nostro secolo , e poi scoprire che per incredibile coincidenza il quartiere vicino vive seicento anni indietro circa. A Gela c’era (se non ricordo male i nomi) “Macchitella” che era un incubo da palazzinari degli anni ’50, ma veniva considerato come il quartiere piu’ bello della citta’. Il quartiere dei ricchi , che se ho capito bene era “Caposoprano”, era un posto che definirei “anonimo” , se non per la presenza di un ospedale , e la cosa incredibile era la promiscuita’ di tali quartieri abitati da persone mediamente colte e molto educate con quartieri che ( non erano dall’altra parte del mondo, bensi’ confinanti con quelli “bene”)  non consiglierei di visitare. Ricordo cose come “Settefarine”, quartiere abusivo subito a nord di Caposoprano, che all’epoca si allagava ad ogni due gocce d’acqua, e come se non bastasse aveva una zona cosi’ abusiva che le vie non avevano toponomastica e si chiamavano tipo “via E.45, via G.12”. Allo stesso modo “Macchitella” , il luogo bourgeoise per eccellenza (mai capito il perche’, era una distesa di anonime palazzine tutte uguali)  conteneva un’area detta “Il Bronx”.

 

Questa promiscuita’ di strati sociali produce un comportamento che all’osservatore esterno appare incomprensibile. Se qui in Germania le classi sociali sono cosi’ divise che probabilmente le persone non si incontrano mai, li’ il perscivendolo (che gira con una carriola di legno gridando tra i palazzi) parla in dialetto con la signora “bene” contrattando il prezzo del pesce in un idioma (con scivolata finale. Il dialetto di Gela e’ roba da decollare e nuclearizzare, non si capisce mai se pronuncino delle domande o delle esclamazioni, sembrano tutte domande) . E’ convinzione di quasi tutti i siciliani che l’approccio con una persona funzioni circa cosi’:

 

  • Ognuno dei due identifica con esattezza la classe socioeconomica dell’altro, associandola ad un tasso di scaltrezza, dialettica o meno.
  • Il piu’ colto si sente in dovere di non umiliare – laddove invece dovrebbe farlo – il meno colto , e si sforza quindi di scendere al suo livello. Nonostante il livello sia abbastanza imbarazzante.
  • Le abitudini animalesche e tribali (nonche’ il cosiddetto “mindset”) del piu’ ignorante, spesso roba che non ha nulla da invidiare al Pakistan, vanno tollerate in quanto sembrano considerate fisiologiche ed immutabili caratteristiche di quel tipo di persona. La loro evidente e libidinosa malvagita’ viene cioe’ scusata da tutti gli altri in nome del fatto che sono quel che sono. Li trattano come dei minus habens, sebbene sia evidente la loro cosciente malvagita’.

 

Questo produce una societa’ ove c’e’ sempre posto per il peggio ed “il meglio” e’ cio’ che viene quasi…. rimproverato di far troppo presente agli altri la propria esistenza. Se sei civile, e osi farlo notare, stai come…. offendendo quei poveretti che non hanno colpe se mandano i figli a vendere carciofi in strada a sei anni. Perche’ mai un genitore non dovrebbe farlo?

Di conseguenza, le classi colte si mantengono tali per questioni ereditarie o di immagine (la reputazione  li’ e’ tutto) mentre le classi meno colte NON hanno alcuna spinta a migliorare, dal momento che vengono tollerate ed aiutate a vivere in quelle condizioni dalla “comprensione” di chi li tollera per principio.
A questo punto, qualsiasi giudizio si dia su avvenimenti siciliani non puo’ prescindere dalla valutazione del tipo di individuo con cui stiamo parlando. Il siciliano non apre bocca se prima non ha classificato la persona con cui parla. Del resto non potrebbe, perche’ rischia di essere accusato di sciantoseria se “vola troppo alto” e di essere uno “zaurdo” se e’ troppo convincente quando vola basso. In ogni caso, c’e’ da dire che tutti sanno parlare tutte le lingue: significa che solo perche’ parlate con una persona colta che non direbbe mai una cosa maleducata come “lampadina” (ommioddio, coprite gli occhi alle vostre figlie!) , non significa che la stessa persona non possa ingravidare un brontosauro a furia di insulti.(2)

 

Una delle classi sociali piu’ potenti in Sicilia e’ quella che chiamerei  “i sistemati”. I sistemati sono coloro che godono di una posizione di rendita gia’ scritta nel tempo,  da generazioni, “avendo una rete di conoscenze familiari adeguata”. In gran parte sono dipendenti statali, oggi con il blocco delle assunzioni hanno saturato la regione ed in generale ogni posto ove ci sia un contratto a tempo indeterminato.

 

Ai bordi di questa classe sociale vivono quelli che non chiamerei “sistemati” perche’ in realta’ la loro posizione e’ precaria, ma diciamo che si sono scavati una nicchia economica fatta ancora di “conoscenze”, ovvero agricoltori che vivono di sussidi, semidisoccupati che vivono di lavoretti, camionisti che vivono di traffici piu’ o meno chiari, pescatori e scaricatori di porto che vivono di antichi privilegi, commercianti da sette generazioni. Li chiamerei “abbarbicati”.

 

Come li riconoscete? Semplice: contate i sindacati di queste categorie, e avrete la risposta: se una categoria di lavoratori ha piu’ di 300 sindacati , allora e’ una categoria di abbarbicati. Non solo ci esce da vivere per la categoria (alle spalle della regione, delle provincie regionali, dei musei, di qualsiasi cosa) ma si mantengono pure i “sindacalisti” , personaggi che sono specializzati in quella abilita’ di cui parlavo sopra, cioe’ di parlare la lingua di ogni strato sociale.
La prima cosa che verrebbe da pensare di questa rivolta, quindi, e’ che si siano esaurite le “vie del signore”, ovvero in qualche modo si siano prosciugati i canali attraverso i quali questi abbarbicati (di solito abbarbicati a strutture statali o parastatali, ma anche a grosse imprese) trovavano il proprio nutrimento. E’ inutile quindi chiedersi “chi sia il leader”: trattandosi di categorie che hanno 300 sindacati al metro quadro , ognuno di loro dira’ di essere piu’ capo degli altri, nel senso che “lui sara’ lui, ma se vuoi la tal cosa devi venire da me”.

 

Questa specie di societa’ a macchie di leopardo, cioe’, sembra aver esaurito quel circuito di risorse “sommerse” che normalmente permetteva al 30% della popolazione -ufficialmente disoccupata- di vivere. Su questa piramide di servizi “in nero” poggiava un’altra piramide di “abbarbicati”, e questo ha prodotto il collasso di quella parte della societa’ che non ha certezza di uno stipendio, quelli che non sono “sistemati”.

 

Cosa e’ successo? La mia personale ipotesi e’ che il credit crunch in atto oggi abbia in qualche modo prosciugato la liquidita’ che permetteva a questa gente di vivere. Lo stesso finanziamento pubblico veniva erogato sulla carta, e pre-finanziato dalla banca, che invece oggi non vuole piu’ assumere questo rischio. Questi prsonaggi  lavorano essenzialmente per liquidi e per finanziamenti di qualche tipo (statale, europeo, regionale, provinciale, eccetera) , cosi’ un credit crunch e’ stato devastante. Come se non bastasse, l’economia locale tende ad immobilizzare i capitali in proprieta’ immobiliari, acuendo il problema.

 

Per questo le categorie in piazza sono quelle di coloro che io definisco “gli abbarbicati”.
Adesso andiamo alla vexata quaestio: “e’ l’inizio di una rivoluzione totale globale inesorabile “?

 

Onestamente, non in quella forma. Come ho detto, si tratta di categorie di privati che hanno sempre vissuto da abbarbicati, come edere su qualche albero grande. Ora l’albero non li sostiene piu’, non gli da’ piu’ linfa, ma credere che un agricoltore che ha SEMPRE vissuto di sussidi, finanziamenti a fondo perduto, fondi per l’agricoltura, finanziamenti europei, oggi si metta a distruggere lo stato siciliano e a staccarsi dalla tetta che lo nutriva e’ difficile. Che dei camionisti (i quali vivono di viaggi Sicilia-Milano e di sgravi fiscali sui carburanti)  decidano di sancire l’indipendenza della Sicilia e la sua sdegnata separazione dall’ Italia  personalmente lo trovo ridicolo. 

 

Ma.

 

Si tratta pero’ di una rivolta per fame: anche se i meccanismi in atto sono ignobili – ma per la cultura sicula l’ignobile va capito dal nobile e non disprezzato (almeno pubblicamente) – , si tratta di una rivolta per fame. Cosi’, e’ possibile che (se in Italia ci sono analoghi focolai di fame) essa si diffonda ancora, almeno al resto del meridione.

 

Problema: e poi?

 

Qui viene il punto: per distruggere una rivolta del genere in Sicilia basta semplicemente dire “fatemi parlare col capo, non voglio mezzeseghe”. Tutti si scanneranno per essere il capo, dal momento che un edonismo patologico impedisce ad ognuno di loro di ammettere che qualcun altro sia piu’ di loro, e a meno che non ci sia un vero capo allora la mossa e’ sufficiente. Del resto, chi non e’ un capo ci fara’ la figura della mezzasega, producendo una faida inesorabile. La richiesta di parlare da soli col capo e’ sufficiente a disgregare QUALSIASI gruppo di siciliani: se anche un capo viene eletto e si fa un meeting, gli esclusi avveleneranno la base insinuando che il capo abbia un accordo segreto con l’avversario.

 

Se pero’ lo stratagemma  non funziona, ovvero c’e’ un capo forte e seguito, allora c’e’ un vero problema. Quando il siciliano accetta di seguire qualcuno come capo, normalmente si tratta di figure leggendarie, e normalmente si tratta di figure indipendentiste. Si basano su una dialettica per la quale la Sicilia e’ un luogo unico (verissimo) , ove si decide ogni cosa e’ davvero importante per i destini del mondo (ovviamente falso), ove inizia e finisce ogni cosa che conti qualcosa nella storia (altrettanto falso), e quindi tutti i problemi vengono dallo “stato”, ovvero da qualcosa che sta oltre lo stretto (in parte vero).

 

Tutto quindi si gioca nelle prossime settimane: se apparira’ questa figura carismatica, allora si tratta di un movimento indipendentista e come tale di un movimento politicamente pericoloso. Se non appare questa figura carismatica, allora si tratta del solito agitarsi per avere di nuovo tutti i fiumiciattoli di soldi che hanno sempre alimentato le categorie che si ribellano. In generale, soldi dello stato e della UE distribuiti a pioggia.
Tutto questo si innesca in un momento politico nel quale Roma non guarda a sud, ma a nord verso la Germania e ad Ovest verso gli USA. I commerci nel mediterraneo risentono delle “primavere autunnali arabe” , e di conseguenza non offrono molte scappatoie. E’ possibilissimo cioe’ che questa rivolta venga ignorata dal governo sino a che spuntera’ a forza un capo carismatico.

 

Piu’ tempo passa piu’ uno dei capetti delle 300 sigle sindacali per metro quadro di ogni singola categoria di lavoratori potrebbe emergere come leader.  E il tempo sta passando.

Puo’ fare una rivoluzione?

 

In generale, una rivoluzione e’ diversa da una rivolta perche’ l’esercito e la polizia, insieme agli enti che dovrebbero sedare la rivolta stessa, passano dalla parte dei rivoltosi. Una rivolta, per quanto lunga, verra’ sempre sedata. Una rivoluzione non si puo’ sedare perche’ ad un certo punto chi deve sedarla cambia bandiera.

 

Il problema e’ che questo richiede alla polizia  e alle forze armate, nonche’ allo stato locale, di cambiare bandiera. Pero’ abbiamo detto che queste categorie in Sicilia sono “i sistemati”, e se lo sono e’ per via del vecchio stato che li paga sostenendo il loro stile di vita. La morte delle rivolte sicule , storicamente, avviene proprio perche’ la popolazione non riesce a convincere la borghesia – mantenuta da un sistema di potere e sin troppo abile a viverci dentro –  a schierarsi dalla propria parte, e con essa i quadri dello stato.

 

Quindi, perche’ diventi una rivoluzione occorrono due cose:

 

  1. Che salti fuori un capo carismatico (questo richiede un ego grande quanto Betelgeuse)
  2. Che la protesta continui al punto da affamare anche i “sistemati”.
  3. Che compaia una retorica indipendentista esplicita che non spaventi ne’ gli abbarbicati che rivogliono i soldi a pioggia, ne’ i sistemati che dopotutto vivevano di stipendi statali.

Se queste tre condizioni si verificheranno, allora potrebbe nascere una rivoluzione locale. Gli esiti sono imprevedibili.

(1) Ho finalmente capito la ragione osservando i loro commenti. Quando uno di questi farlocchi scrive che so io “gli ufo hanno preso un pezzo delle torri gemelle e lo hanno nascosto nel mare, speronando la nave da crociera” , pensa di parlare di “cose serie”. Di conseguenza, un sito serio (come uno che dice cose del genere) non puo’ certo linkare un sito con le tettone. Ecco perche’ funziona: non mi linkano quando metto le tettone.

 

(2) Io ho una certa fantasia, ma sono per meta’ ferrarese e come se non bastasse ho fatto il milite in Marina. Insomma, se vi chiamo  vostra madre ” barcone di bagasce albanesi sullo stretto di Otranto” e’ parte una cosa genetica, parte ambientale.

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