Risvegli

Ho avuto una buffa discussione con una persona rispetto alla cosiddetta “crisi dei 40 anni”. Questo qui (che e’ effettivamente in crisi) voleva sapere come mai io non ne abbia sofferto e/o l’abbia superata. Insomma, secondo lui io (che ho 40 anni e vado per i 41) dovrei per forza essere finito come lui, oppure conoscere qualche “trucco” per scamparsi la mitica “crisi dei 40”.
Non e’ la prima volta che qualcuno mi menziona questa cosa della ‘crisi dei 40 anni”. Personalmente non credo che sia possibile che un mutamento arrivi -per tutti- esattamente alla stessa eta’. Forse agli svizzeri puo’ succedere, ma non credo proprio che capiti agli italiani.
Credo invece che ci sia un qualche picco statistico di probabilita’ che a 40 anni succeda qualcosa, e che effettivamente mi sia successo , ma non la definirei crisi. Credo che la crisi sia un effetto possibile, e pure il piu’ comune, ma quello che succede non e’ strettamente una crisi.

Quello che succede e’ (ma poi mi dilungo nei dettagli) semplicemente una generalizzata caduta dei miti, cioe’ un ridimensionamento alla realta’ di tutto cio’ che si era sopravvalutato perche’ educati a farlo. L’effetto dipende dalle persone. I piu’ deboli soccombono ed entrano in crisi, cioe’ una situazione di “I want to  believe anyway”, un voglio credere ancora, che sfortunatamente non trova piu’ spinta.
Mi spiego meglio: la nostra educazione e’ fatta di miti. Facciamo un esempio: la scuola ti educa al mondo del lavoro. Tuttavia, non ti fa lavorare davvero; ti fa svolgere (se sei fortunato) dei laboratori che hanno un intento formativo e NON sono “lavoro” perche’ non c’e’ la logica economica del lavoro.
Cosi’, essenzialmente la scuola racconta ai ragazzi un mito del lavoro. Dice il lavoro di qui e il lavoro di la’, ma in sostanza che i professori sono lontanissimi dalla logica economica del lavoro, dal momento che la scuola NON ha una logica economica analoga.
Quello che i ragazzi apprendono a scuola se la scuola parla del lavoro, quindi, e’ un racconto di cio’ che i professori suppongono essere il mondo del lavoro, e maggiormente si insiste a “formare”, maggiormente si instaurera’ nei ragazzi la credenza in un mito. Che definisco mito, perche’ una forma di conoscenza che si propone di descrivere fino nei minimi dettagli una realta’  mai incontrata sinora, e che non sia una testimonianza (perche’ neanche i professori l’hanno mai incontrata) e’ evidentemente un mito.
Se ricordate quando siete usciti da scuola per entrare nel famoso “mondo del lavoro” , avevate alcune idee a riguardo. Idee che , almeno nel 99% dei casi, si sono rivelate completamente prive di fondamento. 
Questo ovviamente vale per tutti i settori: ai bambini ed agli adolescenti raccontiamo quanto fantastica sia l’amicizia, l’amore, il sesso, la donna, l’uomo, gli ideali, la politica. Questo perche’, essenzialmente, ESSI NON SONO ANCORA A CONTATTO con tutto questo.
Abbiamo quindi un primo assunto: il giovine si affaccia alla vita conoscendo, della vita stessa, una quantita’ immensa di miti. 
Dico “miti” , ma potrei anche dire “sopravvalutazioni”. Io non sto dicendo che il mondo del lavoro, il sesso, l’amore, l’amicizia, la donna, l’uomo, gli ideali, la politica, siano inesistenti o nulli. Sto solo dicendo che se chiamiamo T0 il momento in cui il giovane li incontra, nel 100% dei casi il giovine li sopravvaluta.
Ovviamente, la societa’ che ha creato quei miti -ed i suoi sacerdoti- non molleranno la presa per esempre. Prendiamo per esempio l’amore. Gran parte delle donne, per via di una letteratura ad hoc -e relativo business- si affacciano al mondo dell’amore avendo un vero e proprio MITO dell’amore. Tutto cio’ che sanno e’ quel poco -pochissimo- che hanno imparato nella loro confusa adolescenza, piu’  tutto cio’ che una apposita letteratura ha raccontato loro, piu’ la moltiplicazione che arriva quando si racconta qualcosa che nessuno ha visto e nascono le leggende.(1)
In ogni caso ad un certo punto , per tornare all’esempio donne/amore,  la donna conosce la realta’. La quale realta’, per quanto soddisfacente, non sara’ mai la fiera di effetti speciali e colori ultravivaci che si trova nei racconti per donne. Ma tutta la genia del business che sta dietro non puo’ accettare di scomparire cosi’, al primo matrimonio. Ne’ la donna cresciuta nel mito dell’amore intende rinunciarvi.
Cosi’, la prima reazione della giovine che incontra l’amore e’ “non e’ quello giusto, il VERO amore (uguale al mito che coltivo) verra’ dopo”.  Questo lo fa anche il maschio con il sesso: dopo aver coltivato per anni un vero e proprio mito (sostenuto anche dalla pornografia imperante), si trova spesso a dire “tutto qui?”, e vive alla ricerca della prossima scopata, quella che sara’ come lui si aspetta.
In definitiva, riguardo a tutte le questioni principali della vita la persona arriva al primo contatto con la realta’ piena di pregiudizi, miti, sopravvalutazioni e false aspettative.
Cio’ che causera’ la crisi, pero’, non e’ questo. E’ che al primo contatto la persona non decide di abbandonare improvvisamente tutti i miti. Al contrario, decide di MANTENERLI a tutti i costi.
Cosi’ le donne continueranno a leggere romanzi rosa e a pensare che il prossimo sara’ quello giusto, i maschi continueranno a vedere pornografia e a provarci con tutte perche’ “quella li’ fa questo e quello”, i nuovi arrivati nel mondo del lavoro si impegneranno lavorando come bestie perche’ “se mi impegno faro’ strada”, chi si getta in politica continua perche’ “impegnandosi si puo’ cambiare il mondo”, e pensa che se fallisce o le cose non sono come pensava allora e’ perche’ ha sbagliato qualcosa, ma continua a mantenere il mito che facendo le cose giuste allora il risultato SARA’ UGUALE AL SUO MITO.
La vera domanda e’: per quanto tempo si puo’ mantenere in vita questo genere di miti? Indubbiamente i sacerdoti del mito faranno di tutto per mantenerlo. I politici vorranno che voi continuate a credere nel mito della politica che cambia le cose , i venditori di femminismo nella donna piu’ intelligente e sensibile e tutto quanto, i venditori di pornografia nella donna che ama fare questo e quello, i venditori di romanzi rosa nell’uomo forte ma dolce ma assertivo ma equalitario ma dominante ma democratico, le aziende vogliono che voi crediate in un mondo del lavoro meritocratico e scintillante coi manager superuomini, eccetera.
Cosi’, siccome ad ogni mito corrisponde ad un business, la persona riesce a mantenere i propri miti per qualche anno. Poi, col tempo, le cose si fanno sempre piu’ difficili.
E’ difficile sopravvalutare la donna se la percentuale di donne stupide che avete conosciuto di persona e’ IDENTICA alla percentuale di uomini stupidi che avete conosciuto. E’ difficile sopravvalutare la politica se ricordate gli ultimi 20/30 anni di politica. E’ difficile per le donne credere nel mito dell’uomo perfetto dopo averne conosciuti un pochino e aver constatato che sono vuoti e stupidi almeno quanto la media delle loro amiche, e dopo una quindicina di anni nel mondo del lavoro avrete perso anche il mito del lavoro. Lo stesso dicasi per il mito dell’amicizia, cui faticate a credere mano a mano che scoprite quanto circostanziali siano le amicizie nella realta’.
Questo non significa che l’amore, l’amicizia, il lavoro, eccetera, siano privi di valore o di bellezza. Al contrario. Semplicemente, essi sono ricoperti da miti, e sono ENORMEMENTE sopravvalutati.
Quando mio padre mi diceva “vedrai quando TU avrai una famiglia , e dovrai pagare le bollette, e avere un lavoro, e badare ai figli”, io immaginavo che per pagare le bollette si dovesse indossare un’armatura, superare qualche ordalia uccidendo un drago, che badare ai figli significasse scalare l’everest per andarli a prendere all’asilo , che sposarsi fosse una specie di rito iniziatico ove bisognava venire appesi per le palle ad un albero  fino a vedere le Rune, e cosi’ via”. Tutto questo ovviamente contribuiva a fare della famiglia , e dell’essere adulti, una specie di impresa titanica, e per questo mitica.
Scoprire che in fondo pe rpagar ele bollette basta andare su un sito web (ai tempi bastava andare in posta), che per avere un lavoro basta andare a lavorare e saper fare qualcosa, che badare ai figli insomma e’ difficile ma non questa impresa assurda , non ha tolto valore a queste cose: ha semplicemente dato loro il valore giusto.
Quel mito, del resto, non poteva sopravvivere a lungo. D’altro canto, la fine del mito ha lasciato la realta’, che volendo non e’ cosi’ malaccio.

La mia sensazione riguardo al discorso “crisi dei quarant’anni” e’  che attorno ai 40 anni si verifica un picco statistico, nel quale e’ altissima la probabilita’ che per la prima volta le esperienze vissute siano abbastanza da rendere insostenibili i miti. 

A questo punto, ci sono due tipi di risposta.
  1. La prima, detta crisi dei quarant’anni, nella quale la persona dice “NO! NO! NO! Io voglio ANCORA CREDERE! IO NON POSSO ACCETTARE CHE SIA DAVVERO COSI’!”. L’idiota in questione va in vacanza-fuga in posti improbabili , compra una moto e una bandana da mettere in testa, cerca un maestro di vita, cambia religione,  si trova un’amante di 20 anni. Le cose non avvengono necessariamente in quest’ordine, ma sono piu’ o meno queste. Lo chiamerete “uomo con la crisi dei 40 anni”.
  2. La seconda reazione e’: “beh, anche cosi’ non e’ malaccio. Potevano anche non menarla in questo modo , pero’.  Perche’ non me lo hanno detto subito?”. I sintomi sono abbastanza facili da riconoscere: calma flemmatica anche durante l’apocalisse , carattere di merda accettato con serenita’, sarcasmo extra-size, deprioritizzazione del lavoro, del sesso, dell’amore, della politica, della religione, derisione del concetto di serieta’ e coerenza. Lo chiamerete “sarcastico coglione” se siete uomini ancora in preda ai miti, “stronzo bastardo” se siete donne ancora in preda ai miti, in genere “uno di noi” se siete nella stessa categoria.

 

Qual’e’ il trucco per entrare nella seconda categoria? Non lo so. Ma chi se ne frega , alla fine? Voglio dire, la maggior parte delle persone che hanno “la crisi dei 40 anni” entrera’ nella prima categoria. Quando ero in marina ho conosciuto un maresciallo che era al terzo divorzio -non avvisava quando era di ritorno per prenotare il letto di casa, ed essendo imbarcato stava fuori anche dei mesi- , eppure  aveva ancora un’idea di donna angelicata che Ciullo D’Alcamo in confronto sembrava Hugh Hefner. Ovviamente era “un quarantenne in crisi”, ma un fesso cosi’ continuera’ a credere nella donna-angelo tutta cuore e intelligenza e sensibilita’ anche al QUARTO divorzio, anche quando un avvocato donna lo uccidera’ di alimenti, quando una direttrice di banca donna gli togliera’ la casa per metterla all’asta: lui VUOLE mantenere questo mito adolescenziale della donna.
Lo stesso per alcuni miei colleghi: essi sono vissuti nel mito della grande corporate dove i veri manager aggressivissimi sono cazzuti e vincenti e se lavori 16 ore al giorno e hai il primo infarto a 35 anni sei un vero dio, e non hai successo davvero se hai ancora una vita privata, e cosi’ via. Non si convinceranno del contrario neanche quando notano che i grandi manager (2) – quando ne conoscono uno- non sono decisamente cosi’. Loro VOGLIONO credere.Vogliamo parlare del mito del popolo, altrimenti detto mito della ggente? Quelli che “se il popolo si stufa”, quelli che “se fanno una cosa cosi’ la ggente fa un casino”? Per poi scoprire che il popolo non si stufa mai  e che al massimo si annoia, e che “la gente” subisce anche di peggio senza “fare un casino”. E che in fondo non c’e’ tanto da fidarsi, di questa “ggente”.

E’ questo VOLER credere a questi miti PER SEMPRE che caratterizza l’uomo che finira’ in crisi ai 40 anni , diventera’ un cinquantenne confuso  e patetico che sbava ad ogni ragazzina che gli incrocia la strada, che e’ al settimo divorzio, al secondo infarto, e che ancora crede che la donna  sia un angelo, che la politica cambia le nazioni, che la religione porta i valori, nella carriera, eccetera eccetera.
Personalmente, credo che l’evento che origina la crisi dei quaranta sia un risveglio, o se preferite la fine di una “realta’ arricchita” : da quel momento finisce l’arricchimento, e si vede la realta’ reale. I piu’ forti sopravvivono e semmai si incazzano con quelli che hanno fomentato i miti e le false aspettative. Quelli non vanno in crisi, e tendono ad uno stato semidivino caratterizzato dal sarcasmo. Da vecchi diventeranno sempre piu’ simili a Jubal Hashaw, e con la faccia seria vi ricorderanno Martin Venator. Ma riescono a fare la faccia seria solo per pochi minuti.(3)
Gli altri rispondono al risveglio dicendo “IO VOGLIO ANCORA CREDERE”. E si trasformano in figure patetiche, dette “uomo nella crisi dei quaranta”. Vanno in vacanza-fuga in posti improbabili , comprano una moto e una bandana da mettere in testa, cercano un maestro di vita, cambiano religione,  cambiano partito politico, si trovano un’amante di 20 anni e/o sbavano dietro a qualche ventenne – ad OGNI ventenne. Le cose non avvengono necessariamente in quest’ordine, ma sono piu’ o meno queste.
Non c’e’ alcun trucco. Semplicemente, ad un certo punto ci si sveglia. Alcuni ce la fanno. Altri no.
E sono TUTTI cazzi loro.Ovviamente non succede solo ai maschi, credo che anche le donne abbiano qualcosa del genere (nessuna leggenda, per quanto romantica, dura di fronte alla realta’), e credo che entrino in crisi in modo analogo, diventando altrettanto patetiche e confuse, solo in maniera esteticamente diversa. Ma di questo dovrebbero parlare loro, mica io.

Uriel
(1) Succede anche ai maschi. Nella mia adolescenza circolava una leggenda secondo la quale al primo rapporto sessuale il frenulo si sarebbe rotto trasformando la cosa in una sanguinosa prova di iniziazione. Questo era dovuto al fatto che , essenzialmente, tutti parlavano di qualcosa che non avevano mai provato di persona.
(2) Ne ho conosciuti di davvero grossi, ed erano tutti persone gentilissime, poco aggressive, amanti del tempo libero e in buona salute. Gli sfigati che credono nello squalo in genere diventano dei galoppini. Lo squalo, si sa, e’ l’animale piu’ feroce di tutti i mari. Per questo e’ cosi’ buono nella zuppa.
(3) Vabbe’, un minimo di autocelebrazione ci sta. E voglio tre segretarie, una bionda, una mora e una rossa.

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