Ripresa si o no?

Ho diverse email in coda, con la richiesta di dare un parere su “ripresa: c’e’ o non c’e’?” . In realta’ il problema sarebbe di capire come sia una “ripresa”, nel senso che se c’e’ ripresa economica ma solo per i nati nel segno del saggitario probabilmente non e’ quello che avete in mente, ma capisco che in ogni caso se non si puo’ parlare di ripresa non si puo’ neanche porre un interrogativo su quale ripresa e come. Cosi’, facciamo una cosa per volta.

Per prima cosa, non c’e’ alcuna ripresa. Ci sono dei fenomeni positivi, che sono causati da un fenomeno MOLTO diverso.

Ogni nazione ha un “distretto industriale”, e spesso anche piu’ di uno. Chi di voi ha una certa eta’ ricordera’ MI-GE-TO, il triangolo industriale che si stabili’ tra un polo finanziario e commerciale (Milano), uno industriale (Torino) ed uno portuale (Genova). Ovviamente la divisione non era cosi’ netta e c’e’ un motivo per questo: i distretti industriali non nascono da sistemi separati e distinti, ma attraverso l’ integrazione fra zone. Il che significa che durante il periodo del “triangolo” Milano era commerciale e finanziaria, MA ospitava anche notevoli industrie, mentre Torino era industriale, ma aveva anche discreti poteri finanziari, e se aggiungiamo genova, essa era sicuramente un porto , ma aveva industrie come Ansaldo.

Dunque, l’ INTEGRAZIONE tra queste tre citta’ fece nascere un distretto industriale. In realta’ ne esistevano diversi, a seconda dei settori, ma il punto e’ che se rendete facile per le aziende comunicare e scambiarsi beni e servizi allora nasceranno i distretti, perche’ le economie tendono ad integrarsi.

I fenomeni economici positivi che vedete oggi, e che fanno gridare alla “ripresa” il governo consistono nel definitivo consolidamento del primo distretto industriale europeo. Esso comprende l’ovest tedesco (che impropriamente chiamate “renania” solo per fare un pompino postumo a Schröeder) , l’est della Francia, la Svizzera, Piemonte, Lombardia, Emilia e parte del Veneto. Sul perche’ il veneto sia integrato ma non troppo, arriviamo dopo.

In definitiva, e’ finalmente andato a “regime” il primo grande distretto industriale europeo , che sta marciando a pieno ritmo, e sta salvando dalle pesche i francesi, costituisce il grande motore della Germania. Le aziende, ci hanno messo molto tempo, si sono finalmente integrate, e se andate in questa zona e osservata la ragnatela di rapporti commerciali , osservate che da una certa dimensione in poi, esse si comportano come si comportavano un tempo le aziende italiane nel triangolo Mi-GE-TO.

Questo distretto , “piuttosto grandino”  in dimensioni , ha iniziato a marciare a pieno ritmo. Questo produce fenomeni come quelli che leggete sui giornali, ovvero che la Whirlpool chiude in Svezia per aprire in Italia. E ovviamente aiuta tutte le aziende che si sono integrate nel distretto. Oggi un’azienda manufatturiera italiana di successo ha, per definizione, interazioni PRODUTTIVE (materiali, servizi acquistati) in diverse nazioni: Italia, Germania, Svizzera, Francia.

Poi magari esporta in tutto il mondo, ma tant’e’.

Un altro distretto produttivo in via di consolidamento si trova sul baltico e coinvolge Svezia, Finlandia, paesi baltici, Polonia. Chi pensa che la Polonia sia una provincia economica tedesca non ha mai letto un libro di storia o non ha mai letto i numeri: e’ vero che ci sono ingenti investimenti e ingenti flussi economici, ma quel distretto si sta concentrando molto di piu’ sui servizi IT. Se considerate che solo tra Svezia e Finlandia ci sono stati 9 miliardi di euro di investimenti americani in Data Center,e  considerate che Svezia e Finlandia hanno pochi abitanti,  piu’ quelli di altre nazioni, capite che entro tre-quattro anni anche quel distretto decollera’, e l’europa avra’ la sua “Ice-Valley”.

In ogni caso, siamo al primo distretto industriale operativo, e al secondo che sta circa al 70/80% dal pieno regime, ed ha uno sbocco naturale nel mercato polacco, poiche’ la polonia cresce molto e quindi assorbe molti servizi IT.

Questi due fenomeni danno quei “fatti” economici che vanno a far sproloquiare i politici italiani di “ripresa”. Effettivamente si tratta di  eventi economicamente positivi, per cui sono sempre belle notizie, ma come potete ben immaginare, se non si spiega agli attori che diavolo stia succedendo, non sapranno MAI che devono trovare partnership in questo distretto.

Era assai facile , ai tempi del triangolo industriale, per chiunque aprisse un’azienda a Milano, capire che doveva avere subito una sete a Genova e una a Torino. Tutti sapevano cosa fosse il triangolo industriale.

Oggi, coi giornali che NON spiegano che si e’ creato un nuovo distretto (mai sia che qualcuno pensi di vivere senza adorare il totem di Detroit!) , gli industriali italiani NON sanno di questo distretto: non sanno in quale zona sarebbe meglio che trovassero i partner, i fornitori, eccetera. Sarebbe MOLTO meglio se le camere di commercio e Confindustria iniziassero a parlarne: il distretto ora esiste, marcia a pieno ritmo, sfruttatelo.

Ci sono anche due distretti che NON stanno partendo, per miopie politiche e altre stupidita’.

Il primo e’ il distretto iberico. Si tratta di una zona che coinvolge i paesi baschi , l’ Olanda, la normandia, i paesi baschi spagnoli, il nord spagnolo e il nord del portogallo, e dovrebbe avere come polo finanziario  l’ inghilterra. Il motivo per il quale non si sta creando questo grande distretto di servizi e’ che il governo inglese e’ retto da un ciarlatano incompetente in confronto al quale Gasparri sembra Giolitti.

Il ciarlatano in questione, nonostante le rimostranze dei suoi industriali (che SANNO di non aver speranze a lungo termine contro il distretto produttivo mitteleuropeo) , rifiuta una maggiore integrazione, tenendo in scacco la formazione del distretto produttivo in se’. Cameron ha una visione del 1930, e persino Obama gli ha detto di muovere il Q verso il continente, visto che la storia del trampolino fiscale irlandese verso gli USA non durera’ in eterno. Ma lui, che ha poche idee ma ben confuse, sta a dire cazzate sui miracolosi creatori di ricchezza che salveranno tutto e tutti.

Questa mancata integrazione costringe l’est francese, il nordest e Spagna e Portogallo a creare un distretto di tipo agricolo e commerciale. Di fatto, questo distretto si sta costruendo, ma il risultato e’ che, per via delle dimensioni, stritola l’agricoltura del meridione d’italia e dei greci. L’agricoltura di quei paesi si sta effettivamente integrando, e lo stesso dicasi per il mondo TLC , ma non ha alcun senso un distretto cosi’ grande : la sua produzione potenziale, specialmente quando cadranno le quote, sara’ molto superiore al fabbisogno.

In ogni caso, l’agricoltura di Grecia e italia del sud e’ stritolata proprio da questo nascente distretto agroalimentare. Se considerate che Cameron avrebbe solo vantaggi nel partecipare ad un distretto industriale e finanziario in quella zona, capite quanto ciarlatano sia il capo di governo inglese.

In ogni caso, come distretto agroalimentare sono circa al 50% dell’andata a regime, mentre come distretto industriale/finanziario sarebbero al 70% se gli inglesi cooperassero, oppure sono attorno al 40%, visto che non cooperano. Anche olandesi e Belgi stanno soffrendo della mancata integrazione.

Un altro distretto che sta faticosamente nascendo e’ quello balcanico. Si tratta di un distretto sudorientale che parte, teoricamente, dal triveneto italiano e arriva sino in Romania. Teoricamente potrebbe essere un distretto enorme, anche per via delle risorse locali mai sfruttate del tutto, come miniere e sorgenti idroelettriche. Attualmente marcia ancora attorno al 30%/35% della sua andata a regime, e ha sbocco verso est, cioe’ turchia , Russia e medio oriente.

A frenarlo sono le riluttanze dei paesi della ex jugoslavia, che pero’ si “piegano” mano a mano che ricevono investimenti e diventano cosi’ dipendenti dal resto d’europa, e i disastri che succedono in Ukraina e (ma molto meno) in Moldavia. Il problema non e’ che l’ Ukraina entri o meno in Europa. Il problema e’ che prenda una decisione. Dal punto di vista di quel distretto, occorre capire cioe’ se gli ukraini  sono clienti o se sono partner. Se sono clienti, il distretto industriale finira’ in Romania, e poi e’ tutto mercato. Se invece si integrano, allora e’ una ulteriore espansione , e alle aziende occorre budget per investire anche in Ukraina.

In ogni caso, Croazia, Serbia, Romania Bulgaria hanno gia’ “varcato la soglia” degli investimenti, quindi non possono piu’ tornare indietro ed isolarsi, visto che perderebbero gli scorsi 20 anni di sviluppo. D’altro canto, le incertezze in Ukraina e i ritardi nell’integrazione “fermano” questo distretto, che e’ ancora embrionale.

Di questa difficolta’ di consolidamento pagano il conto Bulgaria, Austria, Croazia, Serbia, Romania, Ungheria, Slovenia in Europa, in Italia il nordest e il meridione orientale (Puglia, per dire la regione piu’ colpita).

In nero la situazione reale dell’integrazione industriale in europa. Il distretto centrale, che chiamano renano, con la sua espansione (in azzurro) verso la Francia (corridoio di Lione). Completo al 100%, in espansione rapida. Il distretto in alto a destra, vicino ad andare a regime, che coinvolge l’area IT ruota attorno al baltico (chiaro perche’ i paesi baltici aderiscano all’ UE?) .Integrazione in corso, ~70%. A sinistra, in nero il distretto agroindustriale “di ripiego” come sta crescendo, in verde come poteva essere (ma gli inglesi non hanno voluto). A destra in basso, il distretto balcanico, ancora indietro, e il “dubbio ukraino” in giallo.   Le zone economiche impattate dai distretti a regime  sono chiare,  come quelle impattate dalle difficolta’ e dubbi. Notare che il distretto  renano  si espande in Francia: chi non vuole la TAV e’ un pazzo o un mafioso. O entrambi.
Quindi, ricapitolando: le buone notizie per l’economia di alcune regioni italiane viene dall’entrata a regime del distretto “renano” e del buon processo di integrazione, e nel mondo IT italiano si inizia a sentire l’effetto benefico dell’entrata a regime del distretto informatico del baltico.

Le cattive notizie sono che il distretto che definirei “angloiberico” e quello “balcanico” sono in ritardo o distorti, impattando sul meridione d’italia (per via del distretto iberico che si sposta sull’agroalimentare) e e sull’est , sia nord che sud, che non riesce a trovare sbocchi sufficienti ma risente della concorrenza.
Detto questo, il problema e’: ma se supponiamo che il prossimo governo inglese abbia sale in zucca e rimedi al disastro(1), e se supponiamo che l’ Ukraina decida da che parte stare e i serbi si rendano conto di essere un pochino meno speciali di quanto credono, e partisse anche il distretto produttivo balcanico, che cosa succederebbe? Ok, ripresa, ma QUALE ripresa? La societa’ italiana come ne beneficierebbe?

La risposta sta negli indici di Gini. Stando a Wolfram Alpha, l’indice di gini sui redditi in Italia e’ di 0.36. Quello sui patrimoni e’ attorno a 0.52.

Per chi non lo sapesse, l’ indice di Gini misura l’equita’ nella distribuzione delle cose che si misurano 0.36 per i redditi non e’ male ma neanche un bene se consideriamo che la Danimarca sta attorno allo 0.23 (cioe’ la ricchezza e’ ben redistribuita) , ma neanche tanto un bene, se pensiamo che negli USA e’ 0.49 e su scala mondiale e’ 0.70. Sebbene l’ indice di Gini tenda a migliorare su popolazioni piccole, per via di un ovvio problema di varianza , diciamo che si potrebbe fare di meglio. Ma non e’ questo IL punto.

Il punto e’ che ho nominato DUE indici di Gini: uno sul reddito (che in Italia ha un valore abbastanza occidentale) ed uno sulle proprieta’ (immobili, conti in banca, beni di lusso che non svalutano, etc), che in Italia  ha un valore tipicamente “sudamericano”, ovvero un valore da sistema latifondista.

Adesso dobbiamo chiederci: questi due indici come interagiscono? Se pensiamo che solo chi ha un buon reddito ha possibilita’ di possedere patrimoni, e che i patrimoni hanno una resa che produce reddito, capiamo subito che tendenzialmente i due indici tendono AD AVVICINARSI.

Ora, il guaio e’ che bisogna capire quale dei due si muova. Se le proprieta’ ed i patrimoni passano facilmente di mano, mentre i redditi sono rigidi,  ovviamente nel tempo sara’ l’indice sui patrimoni a scendere e diventare simile a quello sui redditi. Se invece i redditi sono volatili mentre le proprieta’ sono stabili, sara’ l’indice sui redditi ad alzarsi, fino ad assomigliare a quello sui patrimoni.

Ora, in passato i redditi erano molto rigidi, perche’ molto garantiti,  cosi’ (volente o nolente) era il patrimonio che lentamente (perche’ garantito anch’esso, ma meno) si muoveva verso il reddito. Il benessere avuto nel periodo del boom era trainato proprio da questo: redditi ben garantiti da lavoro ben garantito davano risparmi alle famiglie, che compravano cosi’ proprieta’ costruendo lentamente il patrimonio familiare.

Se al sud molte famiglie hanno due case (una per vivere ed una per l’estate) e’ anche per via del gran numero di impieghi pubblici , che sebbene garantissero stipendi non altissimi, davano alle famiglie la possibilita’ di costruire lentamente la seconda casa. In questo esempio, l’esempio di come la distribuzione delle proprieta’ si adatti al reddito.

Il disastro e’ venuto con la riforma Treu, che ha improvvisamente reso molto volatile il reddito, per una singola generazione. Questo ha fatto si’ che l’indice di gini sui redditi, piu’ mobile, fosse “attratto” da quello sui patrimoni. Ma un indice come quello sui patrimoni  , se si verificasse sui redditi, trasformerebbe l’ Italia in un paese socialmente infernale, come il messico o certe aree del Brasile.
Poiche’ una “ripresa” indica comunque uno spostamento di redditi, che sono piu’ volatili delle proprieta’, essa si esprime come una concentrazione di redditi nelle stesse mani di chi possiede le proprieta’.
Fatto salvo il fatto che “uscire dall’Europa” oggi non e’ possibile se non al prezzo di uscire dal distretto produttivo renano (per integrarsi nel quale si e’ investito moltissimo da parte delle aziende ) al costo di una catastrofe vera e propria, il vero problema dell’ Italia e’ di manovrare il rapporto tra distribuzione del patrimonio e distribuzione del reddito in modo che sia la distrubuzione dei patrimoni (oggi iniqua) ad avvicinarsi a quella dei redditi.

Il guaio e’ che invece l’ UNICA proposta dominante, da Berlusconi a Renzi, e’ proprio quella OPPOSTA: detassazione dei patrimoni (immobiliari e non) e liberalizzazione del licenziamento.

In questo modo, si rende stabile e rigido l’indice di Gini sui patrimoni  (se non pago tasse sul patrimonio ma le pago sul lavoro, perche’ usare il patrimonio per creare lavoro?) facendo in modo che chi possiede patrimonio NON lo venda e tenendo alta la domanda. Poi si rende “flessibile” il lavoro, ovvero si rende volatile l’indice di distribuzione dei redditi.

Che cosa succede cosi’ facendo? Che appena togliamo tasse sugli immobili e rendiamo piu’ flessibile il lavoro, improvvisamente l’indice di Gini sul reddito viene “attratto” da quello sul patrimonio. E vi trovate un indice di Gini a sul reddito a 0.52, cioe’ una situazione da favelas brasiliana.

Quello che serve in Italia e’ semmai l’opposto:

  • Piu’ tutela sul reddito dipendente, in modo da ri-spostare in basso l’indice di Gini sui redditi. Meno precariato.
  • Piu’ tasse sul patrimonio, in modo da portare chi non lo reinveste con resa alta a venderlo, rendendolo volatile.
in questo modo, non sara’ l’indice di Gini sui redditi (che stabilizziamo) ad essere attratto da quello sui patrimoni (che invece rendiamo volatili) , bensi’ il contrario.

Se non gettate quell’idioliberista di Renzi nel cesso e non osservate meglio i dati economici del paese anziche’ seguire ideologie precotte, il risultato sara’ che questa “ripresa” portera’ ricchezza, ma aumentera’ le disuguaglianze.

E siccome anche l’indice di Gini sul patrimonio PER ETA’ e’ catastrofico, quello che otterrete e’ una distribuzione del reddito per eta’ simile a quella sui patrimoni: un disastro epocale.

Quindi, in sintesi, direi di si: esistono segni buoni, diciamo positivi, ma se volete che diventino “il vostro benessere” dovete per prima cosa fermare i cialtroliberisti come Renzi e Berlusconi. E poi dovete spiegare bene ai vostri industriali cosa succede, ovvero dove siano le occasioni e come sono fatte. Non e’ possibile che ancora molti industriali al nord non abbiano capito di trovarsi dentro un distretto industriale che copre 4-5 nazioni.

Uriel

(1) Presto non saranno piu’ in tempo. Il distretto produttivo renano, nella sua integrazione, sta investendo persino la svizzera (che sinora non aveva mai brillato per integrazione) e si sta espandendo lentamente: acquisti come Ducati e la lenta penetrazione in marche e toscana fanno capire che il distretto e’ in espansione, anche in Francia e Belgio, cosi’ come in repubblica ceca. Motivo per cui trovo stupido chiamarlo “renano”. Se l’espansione continua, presto per gli inglesi sara’ troppo tardi.Hanno 2/3 anni di tempo per decidere. Molto meno se la politica fiscale irlandese dovesse cambiare.

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