Post di capodanno, cazzate tutto l’anno!

Vabe’, credo che questo post sia l’ultimo del 2008 , anche perche’ una severa ottica di decrescita fara’ in modo che l’anno prossimo sia il 2007, al massimo possiamo concederci un 2007 e mezzo, ma non di piu’. Questo nostro calendario pretende che gli anni vadano sempre crescendo, ma come sappiamo il tempo dell’universo e’ finito. Riusciremo a vivere piu’ tempo solo se inizieremo ad accettare che gli anni decrescano.

Un post della mia filosofa preferita mi mette in vena di esprimere quel che penso di coloro che usano metodi “ab initio” nei confronti di temi che sono ricorrenti,  mediamente costanti nella storia e plausibilmente  impliciti nella natura umana.
Il mio non e’ un post mirato a dimostrare la superiorita’ di un percorso formativo piuttosto che un altro; il mio e’ un post per mostrare dove si va con un percorso e dove si vada con l’altro. In definitiva, cioe’, il mio problema non e’ di esaminare la strada, ma dove ti porta.
Il motivo per il quale mi sono sempre interessato a questioni di tipo scientifico e’ che ritenevo che mi permettessero di CAPIRE il mondo che mi circonda, meglio di qualsiasi altro background. Quello che voglio dire e’ che se hai un background tecnico o scientifico, quando ti dicono “dobbiamo produrre piu’ energia solare” tu vai ad esaminare il problema e scopri che c’e’ un grosso inghippo con le reti attuali di distribuzione, che non lo permettono.
Ma non solo: tutta la nostra industria della conservazione, compresi i frigoriferi domestici, va ridisegnata se troviamo “accettabile” vivere in un mondo ove per tutto l’inverno l’ Europa abbia corrente due giorni alla settimana, cosa che succederebbe se il 50% dell’energia elettrica fosse prodotta per via solare: ogni perturbazione di grandi dimensioni toglierebbe cosi’ tanta potenza da arrivare al blackout.
L’umanista ha un approccio diverso: poiche’ rifiuta sdegnosamente di occuparsi di questioni meramente tecniche, si chiede se la tal proposta soddisfi la propria libidine. “Mi fa sentire meglio, penso di essere una persona migliore se dico che voglio piu’ centrali solari? Provo piu’ o meno libidine? La mia autostima cresce?” E se la risposta e’ sì, ovviamente “viva il solare!“.
Cosi’ come aver studiato termodinamica mi fornisce un background minimo, che mi permette di leggere diversamente alcune affermazioni. “La tal risorsa e’ sfruttata solo al 50%” per la media delle persone implica “ma si potrebbe sfruttare al 100%”. Per chiunque abbia studiato termodinamica, invece, non e’ affatto certo che l’efficienza si possa aumentare sempre fino al massimo, e un 50% consiste spesso in una vittoria notevole, per nulla facile da superare.
In generale, poiche’ la politica ha a che fare con l’amministrazione di questioni materiali, e le questioni materiali pongono problemi tecnici, ho sempre ritenuto che non sapendo cosa sia un grafo, e non si ha idea di quanto sia la complessita’ della visita di un grafo, parlare di ferrovie sia inutile. La persona che non sa cosa sia un grafo non dovrebbe nemmeno provarci, a mio avviso.
Questo non significa che sapere cosa sia un grafo orientato sia sufficiente: la tecnica ferroviaria va ben oltre. Ma sapere cosa sia un grafo significa sapere che ottimizzare il grafo diventa sempre piu’ costoso con una legge molto dura, mentre costruire un nuovo cammino ha un costo lineare col numero dei cammini.
Quindi non spendero’ MAI 50 miliardi per ottimizzare il grafo, ottenendo un miglioramento del 2% , quando aggiungendo altri 10 percorsi otterro’ una crescita di performance generali sicuramente superiore. Non so dirvi TUTTI i motivi tecnici di questo: sicuramente gli esperti mi sapranno menzionare per quale ragione convenga costruire nuovi binari piuttosto che agire sulla complessita’ della gestione globale della rete.
Io posso solo intuire, grazie ad un background matematico, che costruire un nuovo cammino sia piu’ conveniente a parita’ di spesa, che sforzarsi di ottimizzare i vecchi. Ma non solo: posso anche intuire, a grandi linee, per quale ragione un nuovo cammino possa giovare anche alla congestione dei cammini vecchi. E quindi, SO che i dati secondo i quali la TAV produce ritardi sono falsi. Cosa che l’umanista non puo’ intuire, perche’ non sa bene cosa sia “NP”.
Cosi’ come , parlando di reti elettriche, potevo intuire che su grandi dimensioni ci fossero dei grossi problemi ad attaccare fonti intermittenti , se queste fonti sono gran parte del fabbisogno.
L’umanista questo non lo sa fare, ma parla ugualmente. Perche’ parla? Perche’ crede di non aver bisogno di percepire il come , il cosa ed il quanto,  e di potersi accontentare dei ” perche’ “.
Cosi’, diventano possibili affermazioni quali “passeremo alle reti smart switch (1) perche‘ l’energia costera’ di piu’ e perche‘ veniamo da anni di energia facile” non e’ un’affermazione basata sul come, sul cosa e sul quanto, ma solo sul perche’.
Chi posta non sa neanche se sia possibile trasformare la rete elettrica italiana in una rete smart switch, per esempio. Esistono studi di fattibilita’, o solo stime di “quanto si risparmierebbe se”? No: dato che esistono le reti smart switch, e dato che si stima che facciano risparmiare (dato verosimile, per carita’) , allora prima o poi si useranno quelle. Come? Quanto? Cosa? No, no: ti forniscono solo il “perche’”.
Ma il perche’ e’ un buon metodo se ci si limita a pensare ed a parlare, diventa debolissimo se lo trasportiamo sul piano pratico. E’ come dire che io diventero’ ricco perche’ desidero troppo comprare una Bea Flora da giardino. Come? Cosa? Quanto? Non importa, bastano i “perche’”.
Lo stesso vale per la “decrescita”: non importa che nessuno sappia dire Come, che nessuno sappia dirmi Cosa, ne’ Quanto: per giustificarla mi si daranno dei “perche’”. La decrescita si fara’ non “se fattibile”, non “se funziona” , neanche “se bastano le risorse” ; si fara perche’.
Il perche’, sia chiaro, e’ un argomento comodo. Sul piano logico non e’ altro che un’implicazione, e a patto di dimenticare la dimostrazione dire che A => B e’ davvero facile. Cosi’, faremo la decrescita perche‘  le risorse si stanno esaurendo.
Come si farebbe? A questa domanda non sanno rispondere se non con altri perche‘, dal momento che “decrescita” non significa altro che “crisi”. In pratica, il sostenitore della decrescita mi dice che venendo a mancare le risorse la soluzione sia di usare meno risorse: la trappola logica consiste nello spacciare per soluzione una conseguenza del problema. “Se manca l’acqua moriro’ di sete”  non mi sta mostrando “morire di sete” come soluzione al “manca l’acqua”, ma come semplice conseguenza.
Il gioco sottile di chi predica la decrescita consiste nello spacciare per soluzioni le mere conseguenze: se manca la luce , stai al buio. Il buio, percio’, e’ la soluzione al blackout. Quindi, nessun problema se la rete smart switch stacca la luce selettivamente: grazie alla parola magica “smart switch” il blackout non e’ piu’ la conseguenza di un problema di carenza di energia: e’ diventata la SOLUZIONE. E il blackout non e’ una conseguenza del calo di energia, ma essendo “selettivo” e’ diventato la soluzione!
Se togliamo, cioe’, il Come, il Cosa ed il Quanto dal nostro ragionamento, possiamo renderlo cosi’ scorretto da spacciare per soluzioni le conseguenze dei problemi: nella frase “usi le stampelle perche’ sei spastico”, le stampelle diventano la cura.
Allora, chiariamoci bene: se manca l’energia, consumarne meno NON e’ una soluzione. E’ la semplice conseguenza del fatto che manchi. Perche’ se ne hai 10 non puoi consumarne 11.
Cosi’ come se il paese e’ in crisi, non stai pianificando la decrescita, la decrescita viene con la crisi.
Certo, per darsi qualche credibilita’ questi signori a volte inseriscono dei dati che sembrano essere dei “cosa”, dei “come” e dei “quanto”.
E’ il caso dei verdi, che ti dicono che “le ferrovie della Val Di Susa sono utilizzate solo al 50%”, che sembra un “quanto” e anche un “cosa”, ma manca il “come”: come sono utilizzate? Perche’ se non capiamo “come”, affermare che “si potrebbe passare dal 50% al 100%” e’ tutta avventura.  Che si potrebbe fare con gli stessi soldi usati per la TAV, poi, lo dicono loro.I non meglio precisati bocconiani di “la voce.info”, che non si capisce perche’ non sia il Politecnico a dirlo e sia la bocconi, ma non importa: “Bocconi”(2) e’ un bel nome e ti rende autorevole.
In generale, quindi, ritengo che specialmente sul piano politico, su quello economico e scientifico l’unico modo per pronunciare un voto sia quello di avere un generico background scientifico il quale permetta di percepire, a grandi linee, i Come, i Quanto, i Cosa, oltre ai “perche’”, che quelli ci riescono tutti.
Invece si scopre che questi signori che rifiutano le scienze esatte con fare sdegnato, sentendosi limitati dai limiti che la scienza scopre(3) , preferiscono rimanere su un piano “astratto” senza mai spiegare che diamine sia questo piano privilegiato che permetterebbe di vedere dall’esterno tutte le altre branche del sapere umano.

Arriva sempre il filosofo e dice “esiste l’etica della scienza, esiste l’etica dell’economia, esiste l’etica della comunicazione”. Va bene: a cosa dobbiamo il fatto che l’  “etica” possa essere una teoria capace di produrre un giudizio su scienza , economia, comunicazione? Cosa gli darebbe questa potenza?

Ovvero: cosa rende questa teoria cosi’ potente da poter produrre giudizi su ogni altra teoria? Siamo alle solite quattro scelte:

    1. L’etica e’ la teoria di ogni teoria.
    1. L’etica non e’ una teoria.
    1. L’etica e’ una metateoria.
    1. L’etica e’ una teoria come le altre, ne’ piu’ forte ne’ piu’ debole.

Possiamo scartare la prima ipotesi perche’ paradossale, la seconda perche’ non essendo una teoria non puo’ produrre ne’ definire verita’. E veniamo al prefisso magico, il piu’ abusato negli ultimi 200 anni di logica e di filosofia: meta-.
La prima obiezione che ho da fare al suffisso e’ che andrebbe sostituito da “anti-“. Nel senso che non c’e’ materia , esatta o meno, utile o meno, che dopo essere stata fatta oggetto di questo “meta-” sia rimasta (a dire dei filosofi) in piedi. Viene da pensare che la costruzione di un meta-qualcosa sia un grossolano espediente attraverso il quale si vuole demolire una teoria.
Come ho precisato nella nota, in questi casi il filosofo si comporta come mia figlia: arriva un tecnico e dice “il Come, il Cosa ed il Quanto” ti contraddicono,  e si mettono a frignare. E il risultato e’ la nascita di un’etica del Come, un’etica del Cosa e un’etica del Quanto.
Le quali non produrranno MAI delle soluzioni, per la semplice ragione che non sono utili al filosofo, ma devono semplicemente rappresentare un ostacolo per il tecnico. Ne’ il Come, ne’ il Cosa, ne’ il Quanto forniscono motivi per i quali evitare gli OGM. Ma il delirio OGM-free si nutrira’ del fatto che esiste una meta-biologia che passa il tempo a discutere delle possibili biologie. E ovviamente, NON ha risposto ad uno solo dei problemi che ha inventato.
Il problema etico, infatti, si contraddistingue dagli altri per il fatto di NON trovare soluzioni (se non apodittiche), e il filosofo etico si distingue dagli altri perche’ ha solo domande., piu’ qualche dogma. Le domande arrivano quando i ragionevoli si sforzano di contestare i dogmi:  non ti sta bene che io consideri la vita di ogni essere antropomorfo come un valore assoluto? Beccati un problema etico sull’esistenza dell’ Umano Assoluto. Un po’ come quando io lancio le crocchette al mio cane perche’ lasci passare il postino.
Certo, anche molti scienziati famosi hanno detto che le domande sono indispensabili alle risposte, ma loro presumevano che ogni tanto, grazie al cielo, QUALCHE RISPOSTA DOVESSE ARRIVARE! Ovvero, dicevano che le buone domande sono quelle che portano buone risposte, e nessuno (neanche Einstein) ha mai sostenuto che le domande siano un bene in se’: ma solo in vista delle buone risposte che possono ottenere.
Il fraintendimento di queste parole ha creato solo dei filosofi che si occupano di creare domande, sdegnando maestosamente ogni richiesta di produrre delle risposte. Anzi, maggiormente la domanda rimane senza risposta, tantopiu’ il filosofo che  l’ha prodotta e’ degno di gloria!
Sappiamo tutti cosa serva per creare domande senza risposta: un linguaggio ambiguo e’ piu’ che sufficiente. Cosi’, quello che abbiamo fatto e’ stato di creare una selva umanista che non si sforza di chiarire i termini che usa, ma anzi si sforza di usare un linguaggio ambiguo che permetta al problema etico di rimanere in piedi.
Andiamo al discorso nel post che ho linkato: ben fatto, perfetto sul piano del metodo, e pagherei per saper scrivere come Ipazia. Ha solo un piccolo problema: l’etica della guerra non puo’ esistere non perche’ la guerra sia frutto di scelte o meno. Procedere di questo passo ci costringe a scartare tutte le possibili vie alternative alla guerra prima di considerarla accettabile.  Siamoproprio certi che non ci fosse scelta? Che fossimo cosi’ in pericolo? Prevedi il futuro, tu? Perche’ non infilare dell’ LSD negli acquedotti di Gaza per ridurre l’aggressivita’ degli abitanti? Ci sara’ sicuramente qualche fisiologo o psichiatra che sapra’ spiegarmi il perche’ : ma se dobbiamo escludere ogni altra scelta prima di dedurre che non vi sia altra scelta , siamo nella merda.
Il problema e’ che stiamo facendo un’operazione scorrette nelle premesse. E qui andiamo all’ipotesi numero 4: l’etica e’ una teoria come tutte le altre, non piu’ debole ne’ piu’ potente, pertanto NON puo’ fornire risposte su altre teorie.
Non puo’ fornire risposte sulla scienza, non puo’ fornire risposte sull’economia, non puo’ fornire risposte sulle comunicazioni, ma solo porre domande. Per una semplice ragione: parla di cio’ che c’e’. Ovvero di cio’ che avviene, in un presente progressivo che diventa passato immediatamente.
Cosi’, l’etica della scienza non puo’ fornire risposte sulla scienza perche’ parla dell’accaduto, ovvero della scienza che c’e’. Ma la scienza che c’e’ e’ fatta delle risposte che la scienza possiede. Ne’ delle sue domande. Si tratta, cioe’, di dati di fatto. Le stesse possibilita’ della scienza non sono frutto di domande: per fare l’esperimento Galileo aveva bisogno di una torre.  La stessa domanda deriva dal fatto di produrre la torre. La scienza ipotizza di fare gli OGM quando puo’ farli. Altrimenti e’ fantascienza.  Ma il concetto e’ che ,essendo la scienza qualcosa che e’ avvenuto quando se ne parla, essa NON e’ piu’ una teoria.
La guerra, allo stesso modo, e’ qualcosa che c’e’. Non e’ una teoria.

Non puo’ esistere un’ etica della guerra, di una singola guerra come della guerra in generale, per via del fatto che la guerra non e’ un pensiero astratto di qualcosa che potrebbe esistere.Guerra e’ il nome proprio di qualche cosa che e’ avvenuto. E non puo’ esistere una teoria dell’avvenuto, ma solo la sua misura.

Ogni qualvolta lo studioso di etica trova che l’avvenuto sia contrastante all’etica che lo studia, parlera’ di realta’ paradossale.
Ma la realta’ non puo’ essere paradossale: il paradosso e’ una situazione nel quale non possiamo distinguere il vero dal falso, mentre il reale, cioe’ l’avvenuto, e’ sicuramente in atto, cioe’ assunto come vero. Se la guerra non esistesse, del resto, i problemi etici sulla guerra di cosa parlerebbero?
Cosi’, l’errore di chi fa “etica di” sta nel fatto di comportarsi come se si trattasse di un’etica dell’avvenire, e non di un’etica dell’avvenuto. Non esiste l’etica della guerra perche’ essa (la guerra) si fara’ ogni qual volta i rischi della guerra (il danno che potrebbe venirne per la probabilita’ che avvenga) siano inferiori al costo del … non fare alcuna guerra.
Anzi, il piu’ delle volte, la guerra si fa quando tali numeri sono “abbastanza buoni” nel giudizio arbitrario di chi la scatena.
L’etica, quindi , pretende di essere uno strumento grazie al quale sia possibile dare senso, nelle parole di Ipazia, a questo “del loro percorso etico e della morale che sottende le loro etiche pratiche (o il giudizio etico delle azioni).”
Si pretende cioe’ che l’etica sia uno strumento cosi’ potente da poter fornire giudizi su ogni azione possibile. Non si capisce cosa dia a questa teoria la capacita’ di affrontare un compito cosi’ titanico, che normalmente viene lasciato al divino: la metafisica infatti e’ l’unica risposta che e’ sembrata (in passato) accettabile per giustificare la superiorita’ dell’etica su qualsiasi attivita’ umana.
Ma non solo: essa crea dei concetti che ammanta di assoluto quando parla di “eticamente inaccettabile”. Si pone cioe’ come giudice , come censore che enumera una lista di cose considerate accettabili o meno.
La debolezza di questi argomenti nasce non appena fuori dalle aule universitarie. Quando i tecnici iniziano a fare calcoli e ti dicono “no, questo costerebbe troppo”, “no, non si puo’ fare”, “no, non puoi avere il tuo pony”(4), eccetera.
In pratica, la sfiga di queste teorie etiche e’ che ad un certo punto arrivano dei tecnici e ti dicono: costa tot. O ti dicono “nunsepoffa’”.E quando si fanno le cose, i tecnici hanno piu’ peso dei filosofi.
E’ bello sapere che ad Economia si studii etica: quello che pero’ dovranno capire gli insegnanti e’ che questi ragazzi finiranno dentro un openspace nel quale l’etica e’ considerata una forma di  marketing.  Il motivo per il quale questi ragazzi sono li’, cara Ipazia, non e’ l’etica. E’ semplicemente “come costruire un brand di azienda etica presso i consumatori”.
Vogliono parlare di etica, costruendo “banche etiche”, “industrie etiche”, e per questo hanno bisogno delle tue parole.Per venderle: “Ethical brand management“.
E cosi’, la ratio dell’avvenuto prendera’ il sopravvento su quella dell’avvenire.
Mostrando che l’etica non e’ una teoria forte, ed e’ anzi cosi’ debole che non dovrebbe provare a cimentarsi ponendosi a giudice di teorie ben piu’ forti, come la scienza, o la comunicazione, o la guerra.
Ecco, darei un consiglio agli “etici”: non siete in cima al mondo , da dove potete guardare ogni altra teoria dall’alto. Siete probabilmente dentro una caverna e vedete solo ombre. E state ancora discutendo se sia stato “etico” che gli scienziati abbiano provato a lanciare una sonda fuori dalla caverna. Mentre quelli sanno cosa ci sia fuori, e magari senza ombre.
Uriel
(1) Per favore, Archimede, ho capito che c’e’ una pagina su Wikipedia inglese. Non e’ il caso che la copii sui commenti.
(2) La qualita’ accademica di quella scuola non mi sovviene, se non in materia di fuffa applicata un tanto al chilo.
(3) Penso che mia figlia di 20 mesi sia un esempio classico di filosofo. Lei vuole qualcosa, un matematico gli dice che non la puo’ avere per ragioni di quantita’ o di logica, e lei si mette a strillare. O si rivolge alla mamma.
(4) Sto riflettendo sull’opportunita’ di abitare in montagna. Sono venute meno tutte le scuse con le quali normalmente si dice di no agli adolescenti che vogliono un pony. Cazzo: io ho lo spazio, il posto giusto, le risorse. Fossi in condominio, potrei citare un’evidenza. Forse dovrei creare un’etica del pony: “e’etico che tu possieda un pony”? Poiche’ a questa domanda non e’ possibile rispondere, la richiesta verrebbe fermata: “non puoi avere il tuo pony per ragioni etiche“. Figo.

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