Popoli e logica.

Dopo lo scorso post e’ nata una discussione sul concetto di “popolo”, ovvero su quando un gruppo di persone siano da considerare un popolo, e su quando non lo siano, e su cosa debba fare o non fare, essere o non essere un gruppo di persone per essere un popolo. Poiche’ personalmente credo che “essere un popolo” sia una delle disgrazie peggiori che possa capitare ad un gruppo di persone, provo a spiegare il mio punto di vista.

L’errore peggiore compiuto dai gruppi umani che vogliono ritenersi popoli e’ di credere di essere impegnati  nella ricerca dell’identita’. E dico peggiore perche’ se analizzassero bene i concetti che hanno in mente, scoprirebbero facilmente che puoi avere tutta l’identita’ del mondo SENZA essere per questo un popolo.

Hai una religione diversa? Embeh? Non sarebbe il primo stato multiconfessionale al mondo. In Russia convivono 117 religioni diverse, tra variazioni di cristianesimo (versioni diverse di cristianesimo ortodosso , cristianesimo nestoriano, animismi e sciamanismi, versioni dell’islam e del buddismo, ed altre) , e Mosca e’ una delle citta’ piu’ multinetniche del mondo (in senso asiatico, naturalmente) , ma questo non cancella l’identita’ russa.
Mangi diversamente? Dormi diversamente? Vesti diversamente? Nemmeno questo e’ fondamentale, si pensi alla Finlandia con le differenze tra nord e sud,alle differenze profonde in seno alla Francia, all’ India, alla Cina. Niente di che.
Neanche il problema del sangue e’ davvero importante, se si pensa che esistono popoli a base tribale, ovvero popoli organizzati sulla base della distinzione tra sangue e sangue. Mai un popolo a base tribale direbbe di condividere il sangue: ogni tribu’ ha il suo.
Cosi’ il punto non consiste nell’identita’. Anche facendo il ragionamento dei fascisti ed attribuendo l’identita’ alla tradizione, nemmeno in campo ebraico si sarebbe cosi’ uniformi, viste le differenze tra Lubavitch, Askenaziti, Sefarditi, Ebrei pre-diaspora italiani , e chi piu’ ne ha e piu’ ne metta.
No, “essere un popolo” non ha niente a che vedere ne’ con le abitudini, ne’ con le religioni, ne’ con le tradizioni, con l’abbigliamento o quant’altro. I militari si vestono diversamente, per molti versi mangiano diversamente, osservano turni di lavoro diversi, ma non sono un popolo.
Quando un gruppo umano inizia a dirsi un popolo? Qual’e’ la caratteristica chhe fa di un gruppo umano un popolo? Non e’ latradizione, non e’ la religione, non e’ lo stile di vita, non e’ l’abbigliamento, la lingua o altro. La caratteristica che cerchiamo e’ una relazione logica, e la chiamero’ d’ora in avanti “estraneita’“.

La semplice verita’ dei fatti e’ che un gruppo umano diventa un popolo quando e’ estraneo ad ogni altro popolo. Quando il tuo gruppo e’ un estraneo per qualcun altro, allora e’ un altro popolo.

 Quindi e’ inutile dire che l’ebreo mangi diversamente per mantenere la propria identita’: l’ebreo mangia diversamente per sancire la propria estraneita’. E deve farlo, per la semplice ragione che altrimenti non riuscirebbe ad autodefinirsi un popolo.
Il motivo per cui non succedera’ MAI che tutti gli ebrei vadano a vivere in Israele e’ proprio questo:  molti di loro non riuscirebbero a sentirsi estranei. Dopo una vita fatta di generazioni e generazioni di persone occupate a sancire di continuo la propria estraneita’ , moltissimi non riuscirebbero MAI ad andare a vivere in un posto ove NON possano piu’ sentirsi estranei.
D’altro canto, anche in Israele ci sono persone che hanno continuato a coltivare sino all’estremo la tradizione ebraica, sino a non riconoscere lo stato di israele o a non fare lo stesso stile di vita degli altri israeliani. Questo e’ il caso in cui qualcuno accetta di vivere in Israele ma desidera ancora sancire la propria estraneita’, a costo di divenire estranei alla stessa nazione di Israele.
D’altro canto, c’e’ chi in Israele c’e’ andato e ci sta bene: quando il prezzo dell’estraneita’ supera alcuni limiti nel luogo di provenienza (il perche’ lo vedremo dopo), succede che qualcuno e’ disposto a sopportare la fine dell’estraneita’.

La storia di Israele, peraltro, AIUTA queste persone a sentirsi estranee anche quando sono in Israele : Israele e’ circondata da nemici, gli israeliani sono una democrazia elettorale circondata da dittature o quasi: insomma, se vai in Israele sei meno estraneo di quando non lo sei a Parigi, ma sei ancora un bel pochino estraneo a tutto quello che ti circonda, e quindi potrai ancora sentirti “un popolo”.Ogni volta che inizia una guerra.

Molti hanno cercato di convincermi che la cultura ebraica sia una ricerca dell’identita’, anche Fromm, nella sua “Legge degli Ebrei” , cerca di dimostrare che l’ebreo stia cercando di sancire la propria identita’. Niente di piu’ sbagliato, e basterebbe un semplice esame logico rigoroso per capire che le cose non stiano cosi’.
Sul piano logico differenza principale che passa tra identita’ e estraneita’ e’ che l’identita’ e’una relazione simmetrica e permette quindi delle classi di equivalenza. Io sono identico ad io. Ma per le ovvie proprieta’ della relazione di identita’, se fosse questo il caso, esisterebbe un solo tipo di ebreo, una sola tradizione,una sola cucina , e ci sarebbe una gigantesca ricerca filologica volta ad escludere tutto cio’ che sia “spurio”. Ma i Lubavitch, quelli col ricciolone e il cappello di pelo, non sono affatto conformi a qualsiasi cosa sia mai stato l’ebraismo prima di 200 anni fa, e di certo nessuno ha mai portato quei cappelli di pelo ai tempi di Salomone, in palestina.
Al contrario, la ricerca dell’estraneita’ e’ piu’ semplice. In assenza di comunicazioni, in assenza della possibilita’ di tramandare davvero qualcosa in maniera coerente, e’ possibile tramandare una semplice relazione “siate diversi da chiunque altro sia intorno a voi”.
Non importa essere tutti uguali, basta semplicemente essere estranei a qualsiasi altro popolo, e si potra’ pure essere diversi. Essere tutti uguali e’ l’insieme definito dalla relazione di identita’: in una classe di equivalenza tutti gli elementi sono equivalenti, e se due classi di equivalenza hanno un elemento in comune, allora sono la stessa classe di equivalenza.(1) Poiche’ gli ebrei NON sono tutti identici e ci sono sottoinsiemi senza elementi in comune tra loro, va da se’ che l’identita’ NON e’ la relazione  che caratterizza il loro “essere popolo”.(1) Dobbiamo cercare una relazione che non sia l’identita’.
La relazione che descrive correttamente il processo e’ l’estraneita‘.
Tutti i popoli diversi si considerano “estranei”: francesi e tedeschi, francesi ed italiani, tutti quanti possono essere amici quanto si vuole, ma nel momento in cui si dice che siano popoli diversi, si sta sancendo la reciproca estraneita’.
Ovviamente, e’ semplice capire come questo atteggiamento sia foriero di guai.
  • L’estraneo e’ il primo bersaglio dei nazionalisti e dei razzisti. Il gruppo umano che si definisce “popolo” instaura una relazione di estraneita’ con gli altri popoli. Se ha un territorio da difendere, ed e’ sufficientemente numeroso, essere bersaglio dei nazionalisti e dei razzisti altrui produce semplicemente molte guerre.
 Questo e’ stato il prezzo che l’europa ha pagato per una eccessiva attenzione alla definizione di “popolo”. Un sacco di popoli diversi, con un sacco di confini in comune ed un continente relativamente povero di risorse (se paragonato ad ogni altro continente) hanno fatto il resto. Se siamo estranei, possiamo essere nemici.
Nel caso di ebrei e zingari , due popoli accomunati dalla determinazione fortissima ad essere estranei ad ogni altro, si aggiunge il problema di non avere un territorio proprio.
  • Cercare l’estraneita’ mentre si vive sul territorio di un altro popolo equivale, per forza di cose, a cercarne l’ospitalita’. Perche’ c’e’ una sola situazione nella quale l’estraneo puo’ vivere tra noi, ed e’ quella dell’ospite. Ma la posizione di ospite e’ delicatissima, impone piu’ doveri che diritti ad entrambe le parti, ed e’ facilissimo che una delle due parti decida che il costo sia eccessivo.
Normalmente, e’ l’oste che decide di cacciare l’ospite. Prima lancia qualche messaggio amichevole  , tipo “si e’ fatto tardi”, e poi diventa via via piu’ esplicito, sino allo scontro.
La ragioni di questi scontri sono sempre, piu’ o meno, le stesse.
Chi vive sul territorio del popolo A e dice di essere il popolo B, di fatto sta sancendo la propria estraneita’. Da questo momento, essendo sul territorio del popolo A, diventa ospite. Diventando ospite, ovviamente e’ soggetto ad alcuni obblighi di ospitalita’, ma d’altro canto acquisisce dei doveri. La piu’ comune aspettativa che un popolo ha nei confronti degli estranei (cioe’ di altri popoli) che ospita e’ che l’ospite ringrazi, e che non si metta a criticare troppo.
Quello che non viene capito da chi cerca a tutti i costi di “essere un popolo” quando e’ sul territorio di un altro popolo (sia anche una comunita’ di italiani all’estero: non vale solo per gli ebrei) e’ che quando ti dici “popolo” ti dici estraneo, e se ti dici estraneo diventi un ospite. Da quel momento puoi criticare, ma solo con le dovute maniere, e non troppo spesso.
D’altro canto, il fatto di vivere in luoghi ove c’e’ liberta’ di parola fa pensare di poter essere “un popolo”, cioe’ estranei, cioe’ ospiti, senza il dovere di limitare le critiche. Succede a quegli emigrati italiani che girano per altri paesi sputando su ogni cosa, e succede a chiunque continuia  sancire di essere un “popolo” mentre si trova sul territorio di un altro popolo. Prima o poi verranno rigettati ed isolati.
Sfortunatamente, questo produce SEMPRE ostilita’, SEMPRE diffidenza, sempre FASTIDIO, e nel lungo termine porta inevitabilmente alla cacciata dell’ospite. Quando va bene.
Non che vada meglio quando i popoli possiedono del territorio. Il fatto che fuori dal confine viva un altro popolo, cioe’ un estraneo, porta ogni popolo a leggere con ostilita’ ogni possibile conflitto di interessi. Perche’ se io e un altro , appartenenti allo stesso popolo, abbiamo un conflitto quello che faremo sara’ di rivolgerci alle rispettive autorita’ ed alle rispettive leggi.
Questo fa emergere un altro punto: quando si formano gli stati, al popolo corrisponde per forza di cose una diversa gerarchia di autorita’ ed una diversa legge. Il guaio e’ che nel proprio territorio, ogni popolo intende far si che la PROPRIA legge sia prevalente, e che ci sia UNA SOLA autorita’, ovvero un solo stato.

Insomma, in che cosa consiste materialmente “essere un popolo”? Qual’e’ l’atto materiale?

Il fatto che un altro popolo sia un altro popolo, cioe’ che sia estraneo, indica e richiede che abbia leggi diverse ed autorita’ diverse. E finche’ i due popoli vorranno sancire la propria diversita’, quello che faranno sara’ di sancire che leggi ed autorita’ sono distinte.
  • Non c’entra la dieta, l’abbigliamento o il giorno di riposo. Quando un popolo vuole sancire la propria estraneita’, concretamente dichiara pubblicamente e visibilmente che non seguira’ le leggi di nessun altro popolo, e che avra’ autorita’ diverse (civili e/o religiose).
Questa e’ la ragione per la quale molti ebrei residenti in Italia vanno cosi’ orgogliosi del passaporto israeliano: stanno sancendo di essere estranei, cioe’ di obbedire ad una autorita’ diversa. (uno stato diverso).
E nel perseguire una dieta , un abbigliamento o un giorno di riposo diversi stanno dicendo di avere una legge diversa, cioe’ obblighi diversi, appunto la dieta o l’abbigliamento o il dovere di riposare.
  • LA dieta, l’abbigliamento , il giorno di riposo sono elementi irrilevanti in se’. Essi sono semplicemente strumenti qualsiasi , per indicare l’obbedienza ad un sistema di leggi diverse. E non e’ fondamentale nemmeno la religione: in generale, basta una qualsiasi gerarchia diversa da quella dei popoli cui si vuole risultare estranei.
Per questo la marina militare, pur avendo uno stile di vita enormemente diverso dal resto degli italiani rispetto agli ebrei, non puo’ essere un popolo: la gerarchia e’ quella dello stato, e le leggi che creano la marina sono quelle dello stato, lo stesso di tutti gli altri italiani.
Potrei creare un “popolo” semplicemente imponendo come precetto di fare tre ore di pilates al giorno, trombarsi la suocera il mercoledi’ e mangiare solo cibo proveniente da un posto ad oriente rispetto a dove si mangia. Poiche’ queste regole non vengono dall’ordinamento italiano otterrei l’obbedienza a leggi diverse, e se mettessi un gruppo di persone, diciamo “Vigili Urbani della Fede” a sorvegliare le persone e a spiegare i precetti, avrei ottenuto un “popolo”.

Materialmente, quindi,

  • Un gruppo di persone diventa un popolo quando sancisce la propria estraneita’ ad ogni altro popolo. Tale estraneita’ viene sempre sancita , direttamente o simbolicamente, disconoscendo le leggi degli altri popoli , e ripudiandone le relative autorita’. Concretamente, questo coincide con l’atto di stabilire una propria legge ed una propria autorita’.

Nel caso di popoli vicini, questo porta guerre. Nel caso di minoranze, questo porta al pogrom.

Arrivati a questo punto, appare chiaro come mai “essere un popolo” sia tra le cose peggiori che possano capitare ad un gruppo umano. Possiamo fare alcune considerazioni semplici.
  1. Ogni popolo territoriale, nel creare uno stato, si accolla l’incarico di far rispettare le leggi che lo stato produce. Se il gruppo umano che si dice popolo, ovvero estraneo, si trova oltre ad un confine, occorrera’ un lavorio di accordi internazionali che elimini i conflitti dovuti a leggi differenti. Oppure sara’ guerra. Se il gruppo che si dice popolo , ovvero estraneo, si trova all’interno, dovra’ in qualche modo rassegnarsi a seguire le regole del popolo che lo ospita,  senza pubblicizzare troppo che ripudia leggi ed autorita’ locali. Oppure sara’ pogrom.
  2. Le autorita’ non amano essere sbeffeggiate , criticate, e specialmente ripudiate. Se un popolo diverso , cioe’ un gruppo estraneo, se ne sta fuori dal confine, tutta l’attivita’ diplomatica consiste nel RICONOSCIMENTO, ovvero nel sancire il fatto che “io governo tedesco riconosco che la francia e’ un altro governo, e che sul suo territorio puo’ avere le sue leggi. Altrettanto fa la Francia con me”. Allo stesso modo io cancelliere vado a stringere la mano al presidente francese, ovvero riconosco che su questo territorio questa e’ l’autorita’ legittima. Oppure sara’ guerra. Se il gruppo che si chiama popolo si trova DENTRO i confini, la cosa diventa problematica:  nel rinascimento, il rabbino non puo’ riconoscere il papa come autorita’ religiosa legittima sul territorio italiano perche’ lo riconoscerebbe anche sul suolo ove vive, e non puo’. Allo stesso modo, il rabbino non puo’ riconoscere la legge dei cristiani su tutto il territorio di ROma, perche’ significherebbe riconoscerla anche sul proprio.(2) La minoranza che si chiama popolo ripudiera’ le leggi vigenti e disconoscera’ l’autorita’ al potere creando una propria autorita’ ed una propria legge. E il risultato e’ gia’ stabilito dalle proporzioni numeriche.
Essere un popolo non e’ altro che l’atto con cui si disconosce ogni legge di ogni altro popolo, e l’atto con cui si ripudiano le autorita’, civili, religiose o statali, di ogni altro popolo.
Nel caso di popoli che hanno uno stato territoriale, l’equilibrio e’ prima militare e poi politico, quando i costi e i rischi delle guerre sono eccessivi.
Quando uno dei due popoli non ha uno stato territoriale, e uno dei due riconosce l’altro, di fatto si sancisce che le leggi e le autorita’ vengono disconosciute sul territorio ove pretendono di essere ufficiali.
Questo continuo disconoscere pubblicamente le autorita’ e le leggi degli altri per ottenere la propria estraneita’, ovvero la dichiarazione di essere un popolo, porta in se’ tutto cio’ che di peggio potra’ accadere: se i popoli hanno un territorio, essi si disconosceranno a vicenda nelle leggi e nelle autorita’ sino tensione prima ed alla guerra dopo. Se i popoli vivono l’uno dentro il territorio altrui,  tutto quello che succedera e’ che la minoranza, nel sancire di essere un popolo, disconoscera’ le leggi e le autorita’ del popolo che lo ospita, istituendo le proprie leggi e le proprie autorita’. E questo , nel medio e lungo termine, puo’ solo produrre il pogrom.
Chi cerca di essere un popolo cerca di essere estraneo a tutti gli altri, e nel farlo produce , mediante la ricerca di leggi e autorita’ diverse, una politica di tensione che rischia di continuo di sfociare nella guerra non appena manchino risorse e/o ci siano  contese. Nel lungo termine, e’ solo questione di tempo, e arrivera’ la guerra.
Chi cerca di essere un popolo quando non ha un territorio proprio semplicemente di trovera’ a darsi una propria legge per sancire la propria estraneita’, disconoscendo pubblicamente quelle  del popolo piu’ numeroso. Poi si trovera’, sempre per sancire la propria estraneita’, a creare una propria gerarchia di autorita’, diverse da quelle ufficiali. Ne scaturira’ inevitabilmente una contesa che finira’ col pogrom.
Sicuramente guerre e pogrom sono un ricordo in Europa, da quando si e’ smesso di cianciare di popoli, e si e’ smesso di nascondere l’estraneita’ dietro alla foglia di fico dell’identita’.
La verita’ e’ che parlando di popoli si semina estraneita’, e l’estraneita’ richiede il disconoscimento di leggi altrui e di autorita’ altrui. Cosa che porta , nel lungo termine, solo guerre e pogrom. Chi semina popoli raccoglie sangue.
L’ultimo paradosso si realizza quando un popolo educato a sancire a tutti i costi la propria estraneita’ si raduna. Esso non puo’ accettare una identita’ comune perche’ gli individui sono educati a cercare l’estraneita’.
In questo senso, ci sono tutti i requisiti perche’ il sogno di un popolo errante, la terra promessa che li accolga tutti, non potra’ mai essere   mantenuto.
Tutti gli individui di quel popolo sono educati a cercare l’estraneita’ si da bambini. Essi possono fare parte di un gruppo solo nel caso in cui sia evidente che quel gruppo e’ estraneo a tutti i gruppi circostanti. Per questo, moltissimi non cercheranno MAI di andare in un posto ove NON potranno dirsi estranei. Gli ebrei non emigreranno MAI tutti in Israele. Perche’ moltissimi in quel posto non potrebbero piu’ sentirsi estranei, (a meno di non essere circondati da nemici di religione diversa).
Se ci andranno, alcuni cercheranno di dirsi estranei anche li’, dividendosi dagli altri , disconoscendo le leggi statali e le autorita’ pubbliche, perche’ sono stati educati sin da bambini a cercare l’estraneita’ sopra ogni cosa.
Quelli che non obbediranno a questa regola possono rimanere solo nella condizione in cui l’esistenza della nazione neghi le leggi di ogni nazione circostante, e ne disconosca le autorita’ . Devono comunque sentirsi estranei. Una nazione simile potra’ soddisfare la richiesta di estraneita’  solo sino a quando sancisce piu’ visibilmente la propria estraneita’ verso altre nazioni , cioe’,usando termini piu’ appropriati, sino a quando e’ in guerra. Cosi’, se non sara’ possibile sentirsi estranei dentro alla nazione, allora ci si sentira’ estranei guardando fuori dai confini.
Non appena una nazione simile fosse in pace coi vicini , riconoscesse autorita’ simili o analoghe  e non riuscisse a sancire la propria estraneita’ in maniera cosi’ evidente, verrebbe abbandonata da coloro che, educati all’estraneita’, non possono tollerare di perderla.

 Si dividerebbe in gruppi che farebbero a gara nel disconoscersi a vicenda pur di sancire la reciproca estraneita’. Ognuno si rinchiuderebbe nel suo quartiere imponendo regole e stili di vita diversi da quelli degli altri quartieri, sino all’inevitabile scisma, alla lotta intestina.

Personalmente, non credo che classificarsi come “popoli” possa portare niente di buono. La storia e’ li’ a mostrarlo. L’algoritmo che ho descritto si esegue con precisione matematica, sempre ed in ogni caso.
E gli stessi ebrei, quando non sono in Israele e sentono , nelle nazioni ove si trovano, la gente gridare sulle strade  “gli italiani sono un popolo”,! o “gli inglesi sono un popolo!”, iniziano a sudare freddo. Perche’ in fondo anche chi porta una foglia di fico sa bene cosa ci sia sotto, e si sa bene dove porta la situazione ove tutti dicano “noi siamo un popolo”.
Guerra e pogrom.

Mi spiace, ma convincermi che essere un popolo sia una cosa bella e’ impossibile. Usare la parola contro la logica , peraltro, ha un suo prezzo storico. Piuttosto alto.

Il progresso puo’ stare negli stati e nei governi, ma mai nei popoli. I popoli portano solo guerra e pogrom.

Uriel

(1) Queste sono cose matematiche dimostratissime sino dall’esame di Analisi I. Significa che se Dio la pensa diversamente, sbaglia lui.
(2) Ovviamente, si puo’ simulare la presenza di due stati territoriali , separando in qualche modo i territori dei due popoli. Si crea il ghetto. Ma questo non e’ l’atto di cambiare le regole: e’ il riconoscimento delle regole stesse. Con la pietosa menzogna di ignorare che le regole, applicate, possono solo portare guerra e/o pogrom. Quello e’ un algoritmo che termina SOLO in un modo. E non c’e’ un solo esempio storico che mostri il contrario.

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