Piratare l’inutile.

Mi si chiede cosa io pensi dell’ennesimo allarme sulle copie di prodotti occidentali, per via di un articolo che parla dei cloni cinesi di un prodotto americano, l’ i-Phone. E’ difficile sintetizzare la mia opinione, ma potrei esprimerla in questo modo: “se e’ possibile copiarti, non stai facendo nulla di speciale.”.

Poiche’ ho espresso la mia opinione in maniera concisa, adesso mi vedo di parlare di due errori culturali che sono alla base di un’idea sbagliata di industria.

Per prima cosa c’e’ il narcisismo di chi vive sugli allori. Spesso sento delle reprimende sul fatto che esista il Parmesan o che esistano vini californiani o australiani che prendono quote crescenti di mercato. Tutte queste dialettiche non fanno altro che dire “e’ impossibile che un vino californiano sia buono quanto il nostro”.

Tali dialettiche partono dall’idea stravagante secondo la quale esisterebbe un ingrediente segreto in alcuni prodotti, il quale ingrediente si trova, unico ed inimitabile, nel prodotto originale , locale o tradizionale. La pura e semplice verita’, invece, e’ che nella stragrande maggioranza dei casi la certificazione DOGC e’ valore AGGIUNTO. Ma quando parliamo di valore AGGIUNTO al prodotto non stiamo parlando di qualcosa che e’ insito nel prodotto, ma qualcosa che ci aggiungiamo noi all’esterno.

Non esiste alcuna legge della fisica per la quale un vino californiano non possa superare un vino italiano o francese: esistono delle consuetudini , esistono delle condizioni al contorno difficili da imitare, ma a patto di produrre le stesse condizioni di contorno (o condizioni di contorno accettabili, e in California c’e’ piu’ sole che in Piemonte per dirne una) si potra’ ottenere un prodotto simile.

Se nel campo del cibo alcune questioni locali possono influire (per produrre una Guinness occorre una particolare acqua, altrimenti vi escono schifezze inenarrabili(1) ), nel campo della tecnologia non esiste nessuna condizione di contorno che renda automaticamente l’ i-Phone di Apple migliore dell’ Hi-Phone di Cheng Wang.

L’ingrediente magico , di solito legato al brand, e’ una pura leggenda nata per soddisfare il narcisismo locale. Apple non produce chip , dunque usa chip che si trovano sul mercato. Il resto e’ semplicemente un lavoro di assemblaggio, eseguito in fabbriche le quali probabilmente sono state create proprio da Apple per ridurre i costi delocalizzando.

Insomma, e’ assolutamente probabile che le fabbriche costruite da Apple , il personale addestrato da Apple , gli investimenti di Apple in Cina producano prodotti assolutamente identici ,sotto ogni possibile aspetto, ai prodotti apple. Ed e’ seriamente possibile che non sia possibile, nemmeno in seguito ad una perizia, distinguere il vero dal falso misurandone le qualita’.

In altre parole, dopo l’era delle delocalizzazioni selvagge e’ possibile, probabile e quasi certo che i prodotti di imitazione raggiungano in tutto e per tutto la qualita’ degli originali. Sono costruiti dalle stesse persone che hanno costruito gli originali, nelle stesse fabbriche e con gli stessi componenti.Quale dovrebbe essere la differenza?

Il secondo concetto e’ il seguente: da che cosa e’ costituito il tuo prodotto? Voglio dire: perche’ non vediamo imitazioni dei processori SPARC, o imitazioni del Boeing 777?

La risposta e’: perche’ sono troppo costosi, e perche’ tecnologicamente sono livelli troppo difficili da raggiungere. Qui siamo al dunque: produrre un processore, o anche solamente un ASIC e’ un’impresa difficile, nella quale la copia non e’ possibile. Non e’ possibile sia per la dimensione degli investimenti, sia perche’ si tratta di campi nei quali l’esperienza conta davvero.

Se e’ possibile prendere un cellulare e farlo due millimetri piu’ corto per evitare l’accusa di plagio, fare lo stsesso su un Boeing 777 richiede un’esperienza in fluidodinamica non indifferente. E se e’ possibile allungare di un minimo la scheda in bachelite che costituisce l’ iPhone senza soffrire molto, lo stesso non si puo’ dire della geometria dei circuiti dentro i processori.

Cosi’, il concetto e’ che se un prodotto e’ davvero allo stato dell’arte tecnologico, non e’ semplicemente possibile clonarlo: chi potesse clonare un Boeing 777 , con lo stesso investimento potrebbe semplicemente mettersi sul mercato a vendere aerei, ritagliandosi la propria fetta di mercato.

Analogamente, chi potesse clonare lo SPARC potrebbe serenamente mettersi a fare CPU per il mercato normale, e avrebbe la propria fetta.A seconda del prezzo, ovviamente.Gia’. Punto dolente. Dove sta la trappola?

La trappola scatta quando il 75% del prezzo finale e’ “brand”. Quando cioe’ l’investimento necessario a produrre il clone e’ piccolissimo rispetto a quello necessario per commercializzare l’originale.

Nel caso dei processori, la spesa necessaria all’industrializzazione e’ enorme rispetto alla spesa necessaria alla commercializzazione. Chi tentasse di imitare l’oggetto potrebbe mettere in commercio il clone ad un prezzo che sarebbe circa il 99% dell’originale.

Se invece prendiamo gli oggetti di Apple (potrei usare i vestiti di Armani, o qualsiasi altra cosa venga clonata) le cose non stanno cosi’. Prendiamo l’ iPod. L’idea generale e’ di Sony, che ha inventato il walkman. L’encoding e’ un’idea del consorzio Fraunhofer. I chip sono di terzi. L’oggetto e’ uno stupido parallelepipedo bianco con un cerchio sopra. Le memorie flash sono un’idea di Intel. Il menu’ era un brevetto di un’altra azienda (di cui non ricordo il nome, ma che ha ottenuto soldi per questo minacciando la causa). I chip sonori sono di altri (se non sbaglio ARM e EMU).

In queste condizioni, cioe’ nelle condizioni in cui ci occupiamo di assemblare idee di altri, la clonazione e’ facilissima. E’ conveniente. E specialmente , produrre il prodotto partendo da altre tecnologie consolidate costa pochissimo: il vero lavoro di R&D e’ stato fatto da altri. Ma perche’ l’ iPod costa molto? Per il fenomeno del branding, ovvero per tutti gli investimenti di Apple nel campo dell’immagine.

Ed e’ qui la trappola: ogni qualvolta un prodotto ha il prezzo determinato in gran parte dal cosiddetto “Valore Aggiunto” o dal cosiddetto “Brand”, e’ particolarmente conveniente la clonazione. Cosi’ ad essere clonati sono i capi di abbigliamento alla moda ma non le apparecchiature diagnostiche (nonostante il fatturato di queste ultime sia superiore), sono clonati gli iPod ma non i chip che lo compongono, sono clonati alcuni cibi ma non sono clonate alcune medicine.

La clonazione, cioe’ il falso, e’ un’attivita’ che ha il proprio campo nel campo della fuffa. Quanto piu’ il prodotto e’ fatto di fuffa, quanto piu’ e’ conveniente clonarlo. Quanto piu’ il valore del prodotto e’ composto da fuffa, tanto piu’ e’ conveniente clonarlo.

Il fatto che un prodotto sia clonato ci dice due cose:

  • La produzione dell’originale non e’ qualcosa di cosi’ speciale sul piano tecnologico.
  • Il suo prezzo e’ dovuto in gran parte al suo brand e non alla qualita’ del prodotto.

Tendanzialmente, questo fenomeno e’ destinato a crescere. Con l’allergia al rischio che si diffonde tra i finanziatori, i paesi emergenti ed i paesi del terzo mondo stanno venendo abbandonati. Ma le fabbriche ivi costruite rimangono, e le esperienze, le competenze, gli insegnamento rimangono. E’ del tutto presumibile che tutte queste nazioni “sedotte ed abbandonate” iniziino a produrre cio’ che sinora hanno prodotto: i “nostri” prodotti.

Parlare di “copie” e’ inutile: si tratta di originali privi di brand, o al massimo di originali che usano il brand senza permesso.

Sono convinto che anche questo fenomeno sia un fattore di selezione positivo: esso elimina dal mercato (o rende piu’ difficile sopravvivere) le aziende che producono cose che tutto sommato non sono nulla di speciale  , con un prezzo che e’ dovuto in gran parte  al marketing.

E non solo: colpisce particolarmente quelle fascie di mercato ove il prodotto vale per attributi immateriali (o mitologici) del prodotto, ovvero l’industria della fuffa. E lo fara’ sempre di piu’.

Qui in Germania ho visto, entrando in un supermercato, uno scooter cinese in vendita: 666 euro.(2) Il prezzo corrispondente per uno scooter Piaggio e’ di diverse migliaia di euro, superiore di 4 volte. Tuttavia, per essere venduto qui uno scooter deve passare alcuni test molto severi. Dunque, Piaggio puo’ raccontare che il prezzo sia dovuto alla qualita’?(3) E puo’ lamentarsi se viene clonata?

In generale considero positivo questo fenomeno, nella misura in cui mette in difficolta’ le aziende che sinora hanno basato sul marketing il prezzo della propria merce.

In definitiva, quindi, affermo che la contraffazione e’ solo una tassa sulla fuffa.Sul marketing. Sul brand. Su tutte quelle cazzate che ci hanno fatto pagare senza che abbiano valore.

Tutto qui.

Uriel

(1) Nessuno vieta ad un chimico di passare tale acqua in uno spettrografo di massa, determinarne la composizione, ed ottenerla identica.

(2) Chi ha ideato questo prezzo e’ un genio. Un fottuto genio.

(3) Non mi raccontate la palla del costo del lavoro. Dire che il prodotto Piaggio costa 4 volte di piu’ per la manodopera significa dire che l’ 80% del FATTURATO di Piaggio finisce nello stipendio dei lavoratori. Ridicolo, neanche in URSS avvenivano cose simili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *