Per la mia generazione l’identita’ non e’ un valore.

Leggo un’intervista CRETINA a Zuckemberg, il quale giustifica la sua avversione all’idea di superiorita’ gerarchica dello stato sulle aziende(1) , il quale dice che le leggi sulla privacy che il giudice italiano ha applicato non sono da applicare, in quanto LUI ha deciso che “per la sua generazione la privacy non e’ un problema”. Ovviamente si riferisce alla generazione di coglioni ricchi americani, la quale secondo ogni americano deve diventare automaticamente un modello per il mondo intero.

 

Tutto nasce dalla sentenza contro Google/Youtube, quando un giudice italiano ha deciso di condannare Google per i contenuti che ha veicolato, in barba alle norme italiane. Per le aziende come Google, faceboo, Twitter, le norme italiane sono praticamente omicide, e tutto il gotha delle grandi webco americane sta facendo un’opera incredibile di evangelizzazione contro quegli stati che ancora si ostinano a regolare i comportamenti delle aziende anziche’limitarsi a tutelarne gli interessi.

 

Sulle prime, verrebbe da rispondergli che la prossima generazione potrebbe non considerare la proprieta’ privata un problema, per esempio. O potrebbe perdere tanti sciocchi pregiudizi nei confronti dell’omicidio. Ma il problema non e’ questo.

 

E’ gia’ successo, nella storia, che al cambiare della cultura siano cambiate le sensibilita’ riguardanti qualche tema. E il legislatore, di conseguenza, si e’ adeguato. Quello che pero’ non piace a Zuckemberg e’ semplicemente il fatto che lui pretende di allentare solo UNA delle sensibilita’ che si sono affievolite , riflettendo questo cambiamento sul diritto, ma si guarda bene dal portarsi appresso le altre.

 

A me, caro Zuckemberg, mi puo’ andare benissimo che tutti i dati presenti su internet siano legalmente disponibili a tutti. Siccome e’ un fatto che la privacy sia minore , allora il diritto deve adeguarsi. Aha. Benissimo.

 

Ma allora, diciamola tutta: insieme al fatto che si e’ affievolito il concetto di privacy, si e’ affievolito il concetto di identita’. Caro Zuckemberg, a me va benissimo che la legge non preveda piu’ la tutela della privacy, a patto che venga meno ANCHE la tutela dell’identita’.

 

Zuckemberg  sapra’ bene cosa sia un avatar. E sapra’ benissimo che moltissimi domini, al whois, risultano allocati a persone inesistenti, ovvero ad avatars. Sapra’ che i 3/4 dei nomi che si leggono su Facebook sono puramente inventati. Possiamo dire, quindi, che neanche l’identita’ sia un valore per la “generazione internet”  Allora, caro Zuckenberg, mi sta bene che si allenti la privacy, ma voglio che il lavoro di portare le usanze di internet nel diritto sia completo: si dia personalita’ giuridica agli avatar.

 

Mi si permetta, cioe’, di avere quante identita’ voglio. Di essere Giuseppe Rossi per il mio datore di lavoro e di essere Filippo Dickinson sul mio certificato di matrimoni , e di comprare case come Zend Mc Hell, di aprire un conto in banca come Gengis J. Khan.

 

Direte voi: ma dall’avatar e’ possibile, con qualche indagine, risalire a te. Vero. Ma non e’ possibile risalire all’avatar partendo da te. E’ vero che qualcuno, indagando su “Uriel Fanelli” potra’ risalire al mio nome. Ma non e’ vero che usando il mio nome la mia azienda possa risalire a me. Non cosi’ facilmente, perlomeno, ovvero non altrettanto facilmente.

 

A quel punto Zuckenberg dira’ “ehi, ferma tutto! Se la gente inizia a mentire sulle generalita’, io non so piu’ nulla dei miei clienti, non so piu’ se i miei studi di mercato funzionano, non so piu’ quanti utenti ho, non so piu’ quanti clienti effettivamente ho! E non so nemmeno a chi fare causa se qualcuno fa un uso abusivo dei miei sistemi!”.

 

Eh, bello, ma le cose te le devi prendere cosi’ come sono: se pretendi che le usanze “di internet” si riflettano sul diritto, e rilassino i concetti presenti, anche il concetto di “false generalita’” deve cadere. Vuoi rilassare il concetto di privacy? Bene. Vuoi conservare dati su tutti? E va bene. Ma allora permettimi di fare acquisti con un avatar. Avatar del quale saprai tutto, saprai quando si collega e da quale IP, ma non sai nient’altro, perche’ e’ legale farsi stampare un passaporto con quel nome, ed e’ altrettanto legale fare un contratto ADSL con quel nome. E la tua indagine si ferma a quel nome.

 

Dirai tu: eh, certo, ma cosi’ tu lavori per me (Google, facebook o altri) come Filippo Dickinson, e poi lavori per Yahoo come Robert Romanov. Potresti condividere segreti industriali!

 

Certo.Ma ti informo che la stessa generazione che “non tiene alla privacy”, non tiene nemmeno tanto al copyright. E neanche al segreto industriale. Non e’ forse il segreto industriale l’analogo della privacy per le aziende?

 

Sveglia, matusa: siamo nell’era dell’ open source. Il prezioso algoritmo di Google dovrebbe essere condiviso:, cosi’ come i segreti di Facebook o di Twitter: la mia generazione non crede nel valore della proprieta’ intellettuale. Zuckenberg e’ d’accordo anche su questo?

 

Il motivo per il quale la gente come Zuckenberg non mi convince e’ che si sforzano di rendere legali le “nuove culture”  solo a pezzi. E’ chiaro che Internet e’ vivibile, e quindi e’ un esempio di nuova cultura che in teoria si autosostiene. Ma attenzione: non si sostiene solo per quanto riguarda la privacy: si sostiene perche’ le regole sono MOLTO diverse sotto MOLTI aspetti.

 

Allora, al signor Zuckemberg bisogna rispondere che, se vogliamo ricreare l’allegro svacco globale nel quale Google o Facebook o Twitter prosperano, non dobbiamo solo rilassare il concetto di “privacy”, ma ne dobbiamo rilassare molti.

 

    • Identita’. Va dato valore legale agli Avatar, per quanti siano, per quante la persona voglia crearne. La persona deve avere quante identita’ vuole, e deve poterci comprare case e beni mobili, fare contratti, contrarre titoli di studio, farsi assumere con quell’identita’. Caro Zuckemberg, su internet il valore dell’identita’ e’ molto relativo.
    • Proprieta’ intellettuale e segreto industriale. Se e’ possibile dire che “per la mia generazione la privacy non conta niente”, e’ possibile dire che la stessa generazione dei diritti d’autore e della proprieta’ intellettuale “makes dogs”. Allora, Google pubblichi il suo prezioso algoritmo di ricerca, Facebook rinunci ai diritti sulle applicazioni, eccetera.
    • Nazionalita’.Zuckenberg ha detto che le leggi italiani, essendo “locali”, non si applicano su internet. Aha. Bene. Ma anche moltissime leggi americane esistono solo negli USA. Perche’ applicarle su internet? Perche’, per esempio, dovrebbe far testo la legislazione sulle chiavi di crittazione? In fondo, e’ solo una cultura locale.
    • Liberta’ individuali. Dopotutto, i cinesi da soli sono piu’ degli americani e degli europei messi insieme. La nostra idea di liberta’ di parola e’ locale. Il governo cinese ha tutto il diritto di respingere questi ideali come locali. Quindi, Zuckenberg non ha alcun diritto di portare a spasso per il mondo la sua idea di liberta’ di parola o di espressione, essendo valori locali per poche centinaia di milioni di persone.

 

 

Ovviamente, tutto questo non piacera’ a Zuckenberg, visto che di fatto va contro gli interessi della sua azienda. Tuttavia, si tratta di uno spaccato esatto dei “valori” della generazione di Internet. Ovviamente, pero’ Zuckemberg sara’ contrario alla fine del segreto industriale perche’ , anche se la generazione internet se ne fotte altamente , serve a Google, Faceook, Twitter. E del resto, sara’ contrario anche al riconoscimento della personalita’ giuridica agli avatar, perche’ avra’ paura di non sapere piu’ chi cazzo lavori per lui, per paura che le sue indagini di mercato sballino completamente , per paura di non saper piu’ stimare la sua customer base, per paura di non riuscire piu’ a determinare il target delle sue campagne. Dopotutto, se io mi chiamo sia Filippo che Veronica, ed entrambi hanno una carta di credito, stabilire che Filippo sia “ceto medio, laureato, maschio, impiegato” mentre Veronica sia “high class, diplomata, femmina, artista” diventa complicatino.

 

Cosi’ come a Zuckenberg non piacera’ sapere che le idee degli americani riguardo ai diritti fondamentali (stampa, religione, proprieta’ privata, liberta’ di impresa, diritti della donna, etc) non siano esattamente universali, anzi: se togliamo soltanto il mondo islamico , la Cina e le dittature varie , otteniamo che i nostri “diritti umani universali” sono un valore locale di un piccolo villaggetto di occidentali; niente che si dovrebbe applicare su Internet. Quindi, perche’ non possiamo censurare Google,  Facebook, o Twitter,  dal momento che la liberta’ di espressione e’ solo un valore locale?

 

Questo e’ il punto di fallimento dei falsi profeti come Zuckenberg: essi si atteggiano a profeti della “nuova cultura” di Internet, ma in realta’ sono solo difensori della vecchia cultura dei porci comodi. Se proprio a Google, Facebook o Twitter  interessa la nuova cultura, inventino un sistema di pagamenti che permetta di aprire un conto anche agli avatar, e che sia valido per acquisti reali, per ricevere un eventuale stipendio se lavoro da remoto in qualche altra nazione, eccetera.

 

E allora, sono disposto a rinunciare alla mia privacy.

 

Perche’ la “nuova cultura della nuova generazione” non e’ una cosa che puoi prendere a rate. O la prendi tutta, o niente.

 

Uriel

 

(1) Google e’ stata condannata dallo STATO. Il che significa che Google scatta sull’attenti e grida “si’, signore”. Invece se ne escono con la palla che i regolamenti degli stati sono locali, mentre le aziende sono globali: Facebook, quindi, non dovrebbe sottostare alle leggi italiane perche’ si trova “su internet”. Aha. Bene. Sbattiamo in un carcere locale Zuckemberg, e si accorgera’ che le aziende saranno anche globali, ma una localissima galera e’ un problema sin troppo concreto.

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