Neotenie esistenziali

Da quando ho parlato delle neotenie politiche una tizia che si ritiene al di sopra di ogni critica in quanto mamma (1), perche’ ho definito le mamme italiane come “le peggiori madri del mondo”. Bene. Lo ripeto. Le madri italiane sono le peggiori madri del mondo, e i padri italiani sono tra i piu’ inetti ed assenti del mondo. E la prova e’ nella genia di neotenie che si sta allevando.

Chi di voi ha avuto figli conosce le streategie infantili per aggirare il principio di realta’. Cioe’, alla fine il bambino vuole. Poiche’ il “voglio” ha un valore assoluto, deve sviluppare delle strategie per fare in modo che gli venga dato quanto vuole esattamente quando lo vuole.
Il meccanismo che sta alla base e’ il seguente:
  1. Voglio la tetta.
  2. Allora piango.
  3. Arriva la tetta.

Ovviamente prima o poi succede qualcosa che cambia la situazione: con l’eta’, non arriva piu’ la tetta. E’ importante osservare il bambino in questo momento, perche’ la sua osservazione vi permettera’ di riconoscere la neotenia in futuro. Che cosa succede?
  1. Voglio la tetta.
  2. Allora piango.
  3. NON arriva la tetta.
  4. Allora cerco un modo diverso di piangere affinche’ arrivi la tetta.
Questo e’ lo stile di vita del bambino: in questo modello, la persona passa la vita alla ricerca del modo giusto di piangere per avere le cose. Se da un lato non accetta che non arrivi piu’ la tetta, dall’altro tutto il suo sviluppo e’ condizionato da un’idea: trovare il modo giusto di piangere perche’ gli altri ti diano quello che vuoi.
E qui arriviamo alle mamme italiane. Il bambino non fa altro che sforzarsi di provare tutte le combinazioni fino a giungere ad un grido , o ad un gesto, che porti la madre al cedimento. E questo perche’ ha formato una strategia di vita che consiste esattamente in questo: trovare il modo giusto di piangere.
In questo non farete fatica a riconoscere l’atteggiamento tipico dell’italiano che si lamenta ma non fa nulla. Che cosa sta facendo questo italiano? Sta piangendo. Sta piangendo perche’ vuole che una mamma arrivi e gli dia la tetta. Qual’e’ la strategia del bambino? Fare in modo che il pianto sia insopportabile e responsabilizzi chi lo ascolta, appoggiando su di lui la responsabilita’: e non e’ altro se non quello che il nostro bamboccio piagnucoloso fara’.
Il bambino non fa altro che accusare la mamma perche’ non gli porta la tetta, perche’ lo scopo e’ di dimostrare che la mamma sia colpevole di non dargliela.Cosi’ come il nostro italiano medio non fa altro che accusare il governo: quello che non puo’ capire e’ che ad un certo punto la tetta finisce, e mangiare diventa tutto affar tuo.
Ovviamente le strategie dei bambini non sono cosi’ semplici. Vanno dal pianto alla protesta, fino al fastidio, cioe’ al produrre azioni distruttive , tipo impedire l’accesso in una stanza, o rompere qualcosa volontariamente. Se astraete questi concetti, otterrete sempre lo stesso schema: “un comportamento apparentemente passivo ma fastidioso viene usato come strumento di pressione per ottenere qualcosa senza sforzo, o con lo sforzo di altri”.
Se allarghiamo questo concetto alla politica o alla societa’ degli italiani, non otteniamo altro che questo: gente che si lamenta, che fa manifestazioni, che rompe delle cose, che urla. Tutto lo spettro di queste attivita’ non e’ altro che la ripetizione del medesimo schema, ovvero lo schema per il quale il bambino cerca un modo di piangere che costringa l’adulto a dargli quanto il bambino  vuole, a spese proprie.
Cosi’, s e girate sulla blogsfera “contro”, non vedete altro che questo: persone che si lamentano, che piangono, che urlano e che magari manifestano, senza mai cercare di ottenere quegli obiettivi con un atto di indipendenza. A che cosa e’ dovuto questo fatto?
Non si tratta di ipocrisia, e nemmeno di cialtroneria: e’ semplicemente il proseguimento di uno stile di vita infantile.Voglio qualcosa? Piango. Urlo. Non la ottengo? Piango in modo diverso ed urlo in modo diverso; la mia attivita’ , il mio modello esistenziale non e’ altro che una ricerca del modo giusto di piangere ed urlare per ottenere le cose da altri.
Quando uscirono le prime macchine ibride, mi augurai che i cosiddetti ecologisti si tuffassero a comprarle; invece rimasero un vezzo di pochi, peraltro quasi mai ecologisti. Perche’ questo? Perche’ lo stile di vita del bambino non e’ di fare qualcosa per ottenere la tetta, per costruirsi la colazione , e’ semplicemente quello di gridare perche’  qualcun altro porti la tetta. Cosi’, l’ecologista vuole il pianeta verde, ma lo vuole come il bambino vuole la tetta: lo vuole da altri. Non deve far qualcosa LUI, deve ricevere la cosa da altri.
Questo e’ il motivo per il quale l’opposizione italiana non riesce a formare governi. Il modello dell’opposizione e’ ancora quello infantile: gridiamo, manifestiamo, strilliamo, diamo fastidio fino a quando la mamma non ci porta la tetta. Il motivo per il quale il radicalchic, cosi’ come il militante di sinistra , risultano fastidiosi e petulanti e’ semplicemente quello: stanno proseguendo lo stile di vita infantile, che comprende il fastidio, la disobbedienza, la petulanza, la protesta, le grida, tutto cio’ che infastidendo l’altro lo costringa a portargli cio’ che vuole.

La protesta come strategia politica non e’ altro che il proseguimento di una strategia infantile, che consiste nel fare qualcosa di apparentemente passivo , se non sintomo di malessere, al preciso scopo che tale segnale induca qualcuno a fare quanto preteso che faccia.

I partiti che costruiscono una mitologia della protesta, i movimenti che si basano sull’idea che un tale comportamento fastidioso (loro dicono “scomodo”, credo) possa “costringere” qualcuno a fare la tal cosa (e questo qualcuno non sono mai loro stessi, perche’ loro lottano per “il cambiamento globale”, cioe’ “per un mondo diverso”, ovvero per un universo che porga loro la tetta) non sono altro che partiti che raccolgono pseudoadulti in realta’ fermi all’infanzia,  creano un’ideologia o un mito dell’atto del pianto infantile, del capriccio, del battere i piedi per terra , del dare fastidio per ottenere qualcosa, che non fa altro che accontentare il cronico desiderio di vita infantile di queste persone.
“Urla, e la mamma verra’ e fara’ quello che dici.”
Perche’ questo processo non si ferma mai? Non si ferma mai per diversi motivi:
  1. Anche in genitori credono nello stesso principio. Per questa ragione non possono venire meno a questo ruolo: se ad un certo punto, coscientemente, decidi che il lamento, il pianto e la protesta non debbano essere lo strumento per ottenere da altri cio’ che si dovrebbe far da soli allora bisognera’ criticare il proprio stile di vita.
  2. I genitori italiani sono i peggiori genitori del mondo. (2) Se i padri sono assenti e inetti perche’ in fondo aspettano la tetta a loro volta, le madri coltivano spesso un rapporto morboso col figlio; essendo la maternita’ un valore aggiunto  su scala sociale, esse tentano di far si’ che esso duri il piu’ possibile: non permetteranno mai a nessuno di pensare che il pargolo non abbia piu’ bisogno della loro tetta. “Mio figlio ha bisogno di me” e’ il mantra che si ripetono per mantenere lo status di madre all’infinito.
Questa coazione sviluppa quelli che abbiamo chiamato “bamboccioni”. Qual’e’ lo stile di vita del bamboccione?
  1. Lamentarsi. Il lamento e’ fastidioso , petulante, ripetitivo: la stessa tecnica del pianto del bambino. Qual’e’ lo scopo?  Papa’ che ti trova lavoro, mamma che ti trova lavoro, eccetera.
  2. Rimanere a casa, cioe’ realizzare lo scopo di questo stile di vita: ho pianto, mi sono lamentato, qualcuno mi dara’ la tetta.
  3. Lavorare per il fallimento. Il bambino che viene lasciato dalla mamma da solo,e  cade apposta per poter piangere , in modo che la mamma arrivi e lo raccolga da terra , lo prenda in braccio e lo coccoli.
Ovviamente, dall’altro lato continua lo stile di vita dei pessimi genitori italiani.
  1. Reagire con la concessione alle lamentele.
  2. Tenerli a casa: “mio figlio ha bisogno di me”.
  3. Consolarli laddove andrebbero puniti , cioe’ quando falliscono.

Questa e’ la sindrome malefica che costringe la nostra societa’ ad una politica inetta: il fallimento principale di questa societa’ italiana e’ quello di non saper produrre adulti.

Quello di produrre solo dei bambocci che numericamente potrebbero scatenare rivolte e cambiare il paese rivoltandolo come un calzino. Ma bisogna stare attenti: il bambino che punta al frigo e si sforza di arrivarci per prendere il dolce, e se gli viene impedito strilla e piange , sta lottando. Il bambino che rimane fermo a piangere senza far nulla per avere il dolce sta facendo una cosa molto diversa.
Il bambino che vuole il dolce e assale il frigo sta facendo un passo verso la maturita’. Certamente ancora il dolce non e’ suo e gli arriva gratis, MA ha capito che per prima cosa deve muoversi ed agire.
Il bambino che si limita a strillare per avere il dolce invece e’ fermo all’infanzia.
Se il primo bambino non viene regolato, ovviamente rimarra’ fermo al secondo passo infantile, quello del prendo perche’ voglio. Ma attenzione, ha salito un gradino. Ovviamente da quel momento bisognera’ regolarlo e fargli capire che occorra un merito positivo per avere qualcosa e non basti prenderselo.
Questi milioni di disoccupati che si lamentano ma non fanno nulla, invece, non hanno compiuto nemmeno quel primo passo. Questi milioni di precari che non si costituiscono a formazione politica autonoma e determinata ma si rivolgono ai partiti esistenti sono semplicemente dei bambini che chiedono ai (o tramite i)  genitori esistenti la tal cosa.
Il secondo grave errore dei genitori italiani e’ quello di continuare con un secondo comportamento infantile, che viene lasciato a perpetuarsi fino all’era adulta.
Quando il bambino e’ piccolo, vi chiede delle direttive. Se non sa fare qualcosa, e’ giustificato perche’ non la sa fare. Io non pretendo che mia figlia sappia disegnare, cosi’ non mi scandalizzo se disegna male. Se studiamo questo meccanismo, otterremo che tendiamo a perdonare il bambino se assumiamo che non debba sapere cosa fare e come farlo.
Il che, finche’ il bambino non ha l’eta’, puo’ essere giusto. Il problema vero e’ che questo viene applicato oltre i tempi ragionevoli. Si continua, cioe’, a ritenere che una persona sia giustificata o giustificabile nel fallimento se non sa come fare la tal cosa. Il meccanismo a questo punto e’ il seguente:
  1. Sei adulto, devi fare  la tal cosa.
  2. E come?
  3. Cosi’ e cosa’.
  4. Non funzionerebbe mai, perche’ blablala. Dunque, non so ancora come e tu non me lo hai detto. Dunque, continuiamo come prima e non pretendere che io faccia.
  5. Allora cosi’ e cosa’.
  6. Non funzionerebbe nemmeno questo, e poi ho provato (senza convinzione, nda) e non ha funzionato. Fallo tu al posto mio.
Il motivo per cui un adulto e’ ridotto in queste condizioni e’ che  si e’ tollerato troppo a lungo che il fatto di non immaginare come riuscire fosse una scusa per il fallimento. La verita’ e’ che la decisione e’ un atto arbitrario con la quale si impone la volonta’ e ci si pongono degli obiettivi, decidendo i mezzi. Non c’e’ nulla da imparare a prendere le decisioni. Non c’e’ una scuola che insegna a prendere le decisioni. Lo sai fare perche’ sei adulto. Se non lo sai fare, meriti ogni male che ti capiti.
In realta’, il dialogo deve essere molto diverso. I genitori NON devono vivere la vita dei figli, e non sono tenuti a sapere come si fa. Lo scopo e’ di insegnare i primi 3 gradini su dieci. Una volta accertato che sa salire i gradini, dal quarto al decimo sono (e devono essere ) tutti cazzi suoi. La discussione di cui sopra deve essere cosi’:
  1. Sei adulto, fai la tal cosa.
  2. E come?
  3. Non spetta piu’ a me dirtelo. Decidilo.
  4. Ma se neanche tu sai dirmi come , come puoi aspettarti che io riesca?
  5. Se non riesci sei fottuto.Non hai scelta. E’ un fatto. Prendi una decisione.
  6. Ma ho provato e ho fallito.
  7. Il fallimento non e’ una scusante. Prendi una decisione.
  8. Ma non ci riusciro’ mai: non puoi aiutarmi? Fallo tu.
  9. No. Arrangiati.
Ovviamente adesso tutti i pedagoghi del paese staranno li’ a  dirmi che i miei principi siano profondamente sbagliati. E che ovviamente occorra continuare con questa merda giustificazionista: del resto, dal pedagogista ci vanno genitori a fare questo discorso:
  1. Si faccia ascoltare da suo figlio.
  2. E come?
  3. Cosi’ e cosa’.
  4. Ma non funzionerebbe mai, perche’ su e perche’ giu’.
  5. Allora faccia cosi’ e cola’.
  6. Ma non funziona, e poi ho provato ed ho fallito.

In realta’ il gioco finira’ cosi’:

  1. “Ci puo’ parlare lei? A me non mi ascolta.”
Questo e’ lo scopo del nostro bambino di mezza eta’: “poiche’ il fatto che io  non so fare qualcosa, e tutto quello che mi propongono gli altri non funziona, gli altri (che non mi sanno proporre un modo funzionante) sono responsabili e devono aiutarmi”.
Si tratta di una logica che sposta la fatica e la responsabilita’ dell’apprendimento sull’insegnante: se lo studente e’ ignorante allora e’ colpa dei professori. Cosi’, essi devono far parte della commissione d’esame, per restituire il fatto che non hanno saputo spiegare.
Dimenticando una cosa: conoscere era l’obiettivo degli studenti, e semmai i professori sono un mezzo. Al contrario, l’insegnamento e’ diventato l’obiettivo dei professori, ai quali viene scaricata la responsabilita’ se lo studente fallisce.
Tutto questo non e’ altro che il proseguimento di un atteggiamento sbagliato in fase educativa: si stabilisce un numero massimo di esempi e di ripetizioni a scopo didattico. Fino alla fine del periodo di insegnamento, non si punisce il fallimento. Dalla fine del periodo, il fallimento va punito SEMPRE.
Ti spiego UNA VOLTA, DUE VOLTE, TRE VOLTE. Alla quarta, se non fai le cose bene, ti prendi i tuoi sberloni.
In realta’ stiamo applicando un principio noto in societa’; se hai 14 anni e rubi probabilmente la prima volta ti spiegheremo che non si fa, la seconda te lo spiegheremo meglio, ma a 18 anni te ne vai in carcere.
Il fatto che da un certo momento in poi “non so come fare” non sia una giustificazione , e il fatto che dopo una certa eta’ non si debba piu’ tollerare nulla che sia sotto un certo livello di capacita’ decisionale di assunzione di responsabilita’ e di capacita’ inventiva,  e punire i fallimenti con la massima durezza.
Tutto questo manca alla neotenia italiana.
Con il risultato che non abbiamo abbastanza adulti. Abbiamo personaggi che nella peggiore delle ipotesi piangono senz a far nulla. Nella peggiore ti accusano di aver sbagliato nell’educarli, e si giustificano dicendo che non sanno come fare ad ottenere i propri risultati, e siccome non lo sai nemmeno tu non puoi giudicarli: nessuno ha spiegato loro che il problema del fallimento non e’ il giudizio sul fallimento, ma il BILANCIO del fallimento.
E si’, questo e’ dovuto alle peggiori mamme del mondo, e ai peggiori padri del mondo.
Il che, sia chiaro, non assolve nessuno.
Uriel
(1) A quanto pare, la passera quando testata e fertile gode della proprieta’ divina di sollevarvi dal giudizio umano.
(2) Forse alcuni genitori americani arrivano a questi livelli.

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