Mischioni assurdi.

La stampa italiana sta fornendo (credo sia semplice ignoranza, unita al pressappochismo di chi sa di non pagare se sbaglia) una visione dell’andamento dei titoli bancari italiani completamente priva di fondamento. Si pretende di buttare nello stesso calderone la crisi di Fiat, dovuta a fattori che non c’entrano col credit crunch, la crisi delle due principali banche italiane (dovuta ad altro) e la crisi dovuta al debit crunch.

 

Allora: la crisi di Unicredit e’ dovuta ad un spaccatura tra i soci che la rende ingovernabile, in un periodo che gia’ e’ difficile. Non ho voglia di commentare il senso di responsabilita’ di un consiglio che si spacca in un periodo come questo , perche’ la borsa lo fa molto meglio di me. Come se non bastasse , un “provvidenziale” intervento libico ha esacerbato gli animi: non sono abbastanza complottista da sostenere che lo si sia fatto apposta, ma se questo producesse una spaccatura e unicredit tornasse italiana, i sostenitori dell’ “Italianita’ ” dovrebbero un favore a Gheddafi, col quale l’attuale governo ha riallacciato i rapporti.

Vedete voi cosa pensare.La partita, del resto, e’ aperta.

Intesa arranca anche lei. A parte la genialata di lanciare 13 miliardi di cartolarizzazioni nel bel mezzo di una crisi dovuta al rischio mal gestito (e ho detto tutto) , l’andamento si spiega abbastanza bene andando qui e scaricando il bilancio trimestrale :  come vedete, gia’ nel terzo quarter (cioe’ quando ancora la banca non pagava il costo della crisi) le cose non andavano tanto bene.

E’ interessante notare che le voci piu’ devastate di questo bilancio sono “raccolta tra le famiglie (risparmio gestito)” e “risultato dell’attivita’ di negoziazione”. La seconda e’ un dato molto complesso, ma vorrei far notare 45 MILIARDI di euro in meno per via  del calo dei risparmi gestiti.

Lo faccio notare perche’ quando tempo fa (nel vecchio blog e via radio) dissi che sarebbero state le banche italiane a mettere fine al delirio riformista della distruzione del mercato del lavoro, fui visto come un pazzo. L’idea che le banche sarebbero state cosi’ “operaiste” veniva vista come una follia. Bene, guardate quelle cifre: 45 miliardi di euro in meno li possiamo attribuire alla crisi quanto vogliamo, ma si tratta di contratti a medio e lungo termine. E sara’ giustificare con la crisi un calo di contratti a medio e lungo termine che avviene PRIMA che la crisi colpisca le famiglie(1) la parte difficile.

La verita’ e’ che e’ il crollo del mercato dellavoro a colpire questo settore, e non si vede in che modo questo debba venire recuperato: si e’ detto che abbattendo il costo del lavoro si sarebbe avuta una ripresa delle aziende, ma stranamente il tasso di crediti in situazione di rischio dopo il ricalcolo e’ rimasto nei dintorni del 71% (passando dal 70.8 al 70.7%), cioe’ non e’ cambiato il numero di aziende che riescono ad uscire dal tunnel, nonostante il ricorso alla cassaintegrazione e l’aumento di disperazione dei precati . Non sembra quindi che questi 45 miliardi di euro tolti al risparmio delle famiglie abbiano avuto un ritorno sulla situazione della ricchezza delle aziende, ed il tasso di sofferenza netto rimane fermo allo 0.9%.

Faccio notare una cosa interessante: che il totale di raccolta diretta e’ aumentato, ma e’ diminuito quello di raccolta indiretta: significa che la banca ha trovato nuovi clienti, e questo e’ vero, ma non e’ riuscita a convincerli ad avere un rapporto di risparmio a medio e lungo termine. Questo significa che effettivamente l’economia “moderna ed al passo coi tempi” produce un effetto positivo di breve termine, ma non fornisce alle banche degli strumenti di investimento a lungo e medio termine: in pratica ci sono piu’ liquidi nei conti, ma meno nei contratti di risparmio. Si stanno usando piu’ liquidi (faccio notare che il totale commissioni sia nello stesso ordine del totale interessi , segno di volatilita’) ma meno gente ha il coraggio di pianificare.

La situazione rimane bilanciata sino a quando possiamo tenere commissioni cosi’ alte; non appena si fosse costretti ad abbassarle, emergerebbe il merdone della politica riformista del mercato del lavoro: una perdita di rendite indirette di 45 miliardi, di cui 34 di risparmi gestiti.

Ripeto: questo e’ uno dei motivi per i quali penso che ad un certo punto sara’ la lobby delle banche a chiedere di fermare la pazzia del lavoro atipico, o di limitarla. E sono numeri: quello e’ il danno.

In ogni caso, il calo di entrate indirette e di risparmio gestito e’ bilanciato solo apparentemente dai clienti “liquidi”, e quindi non c’e’ da meravigliarsi.

La crisi delle due grandi banche italiane, quindi, e’ dovuta a fattori “normali”, nel senso che non c’entra la crisi se il CDA di Unicredit e’ una rissa (2) ma non crollera’ sinche’ bastera’ una telefonata per far arrivare soldi da fondi sovrani amici  (che guarda caso a cuiscono le liti, facendo sperare di riportare a casa Unicredit), e le ragioni dei problemi di Intesa sono legate agli stessi fattori che hanno generato la crisi , ma non crollera’ sinche’ si potranno tenere costi di commissione cosi’alti.

Fiat e’ nell merda, oltre che per la fine del ciclo tecnologico dell’automobile, per via del fatto che lagestione Marchionne non ha saputo (o voluto: non mi risulta fosse nel mandato) cambiare la cultura interna dell’azienda,c osa che e’ lasciata ai nuovi rampolli di casa Elkann, quando prenderanno il potere. FIAT rimane un ministero farragginoso e lottizzato, sotto il controllo di piccole gerarchie estemporanee che fanno esplodere i costi. Capitani coraggiosi come Montezemolo hanno inventato e lanciato nuovi prodotti e la situazione era migliorata , tantevvero che la posizione di mercato tiene, ma non sono riusciti a trasmettere questo entusiasmo nella caserma sindacalizzata dei capetti, dei sistemati e degli uffici acquisti.

Questo non dipende dalla crisi:  le condizioni per trasformare FIAT in un ministero lottizzato, fatto di assunzioni politiche in cambio di fabbriche promesse dai politici locali, di assunzioni per parentela , eccetera. La sua caduta dipende da fattori molto lontani dalla crisi,cui si aggiungono le circostanza, come la fine del ciclo tecnologico dell’auto , la crescita del treno , e non ultima la crisi di liquidita’ che colpisce chi acquista automobili a rate.

Colpisce la differenza con la crisi dell’auto USA: secondo i piani di Crysler, tanto per dire, le compagnie pensionistiche che erano causa delle perdite saranno “finanziate” usando azioni dell’azienda. Si tratta di una pistola puntata contro il governo: se mi lascii fallire, non riuscirai a salvare “in separata sede” i pensionati, che pagheranno i nostri debiti sui loro fondi pensione.

Tra l’altro, ne’ i piani presentati da GM , Crysler o Ford parlano di quella conversione al “verde” che Obama ha sbandierato in campagna elettorale: non sembra che ci siano investimenti per il rilancio, anzi. I soldi dello stato vengono usati (a quanto hanno reso pubblico) per sanare i bilanci , pagare i dividendi e i debiti. Questo fara’piacere agli azionisti, ma non c’e’ traccia di una riconversione completa del sistema produttivo che sarebbe necessaria per smettere di usare i motori a scoppio e usare altri carburanti, o anche soltanto per usare carburanti diversi(3).

Non si vede traccia di investimenti nella direzione indicata da Obama, e il crollo di occupazione annunciato si aggiunge a quelli gia’ critici che sono attuali. E qui mi allaccio al crollo dei bancari americani: il crollo dell’occupazione sta alzando pericolosamente il rischio sia nei crediti al consumo che sulle carte di credito(4) e sui debiti, (il dato del 0.9% di rischi di Intesa e’ un sogno paradisiaco in USA; dove una buona media e’ considerata il 7%) , e nel momento in cui superasse (come si teme faccia) l’8% i bancari americani inizieranno a ballare sul serio.

In ogni caso, il tasso di disoccupazione in aumento sta abbassando il gettito fiscale americano, e nei prossimi mesi le  amministrazioni locali indebitate inizieranno ad andare in default. Per quelle grosse si trattera’ di un problema internazionale (ma parliamo di giugno-luglio), i piccoli municipi e le piccole contee, indebitate con le banche locali, inizieranno a cadere prima.

Sara’ interessante capire se l’ Unione si considerera’ tenuta a coprire tali debiti “in solido” o se li considerera’ un affare non proprio: se cosi’ fosse, per coerenza l’eventuale default dello stato della California non troverebbe aiuti statali, e questo abbasserebbe il rating di tale debito. La partita e’ ancora da giocare, bisogna aspettare che qualche municipalita’ rilevante sia portata in tribunale da una banca che pretende dallo stato o dal governo il pagamento dei debiti.

Se il governo federale decidesse di accollarsi i debiti delle amministrazioni locali, di fatto il debito locale dovrebbe essere considerato debito federale; se decidesse di non farlo, poiche’ non puoi sequestrare o ipotecare la California, il rating del debito crollerebbe. Si vedra’ come finisce.

Ecco, vorrei dire una sola cosa: tante “analisi” che vedo in giro che parlano di disastri senza fare distinguo e senza aprire la scatola mi sembrano piu’ ideologiche che altro.Ogni sistema sufficientemente stocastico tende a passare da uno stato di equilibrio all’altro, come se fosse wieneriano. I crolli ci sono e ci saranno sempre; gridare all’apocalisse e’semplicemente millennarismo.

Come dissero gli sciamani allo Zar: “che tu dorma o sia sveglio, il grano cresce quanto deve crescere”.(5)

Finanza o meno, a primavera gli alberi fioriranno, ovvero: da qualche parte c’e’ un’economia reale.

Uriel Fanelli, 21/2/2009

(1) Che un crollo del costo del petrolio unito ad un calo del tasso di interesse sui mutui abbia colpito le famiglie vorrei vederlo dimostrato coi numeri, pero’. Ancora non ci credo del tutto.

(2) E’ vero che a pancia piena sia piu’ facile andare d’accorso. Tuttavia, non e’ una scusante per un CDA.

(3)he non e’ facile riprogettare i motori per un carburante diverso: “funziona lo stesso” e “funziona bene” sono due condizioni diverse. Le auto attuali resistono all’uso dell’etanolo, ma non e’ che siano efficienti: l’impianto di raffreddamento e’ dimensionato per la benzina e non per l’alcool che scalda molto meno, ma e’ un bel pacchettino di kilogrammi che ci trasciniamo dietro, per dirne una. Gli stessi lubrificanti dovranno cambiare, i distributori dovranno cambiare perche’ l’alcool e’ un detergente micidiale, e la sporcizia attuale della benzina non sara’ accettabile perche’produrrebbe il distacco di residui dall’impianto. Distacco che avviene (e vi intasa gli iniettori) se prendete una macchina sinora usata a benzina e la passate ad etanolo: l’etanolo pulira’ l’impianto di alimentazione, e i residui andranno ad incrostare gli iniettori,dandovi qualche problema di “strappi” nei primi minuti.

(4) In realta’ le carte di credito, essendo circuiti, non sono banche: comprano denaro alle banche.

(5) Il risultato di questo atteggiamento derisorio fu la decisione dello Zar di cristianizzare la Russia. Nessun Re puo’ sopravvivere con i religiosi che lo deridono.

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