Millenovecentoforever?

Uno dei danni dell’ideologia di Marx e’ stato, anche se non e’ colpa di Marx, di aver cristallizzato il discorso della tassazione e dell’atteggiamento verso la ricchezza su un binario che e’ ormai obsoleto. Tutto si riduce, infatti, al concetto ormai esausto di “plusvalore”. Il quale concetto riduce il concetto della tassazione a “lo stato si prende il plusvalore o meno”. Il problema e’ che nel tempo sono venuti meno i motivi, e semmai oggi i motivi sono altri.
Nella definizione che Marx faceva del plusvalore, esso era un qualcosa in piu’, che si poneva automaticamente fuori dal processo produttivo. Secondo Marx, l’industriale comprava lavoro e materie prime, vendeva poi il prodotto ad un costo che era maggiore della somma delle sue spese, e a quel punto il plusvalore gli rimaneva in tasca. Di conseguenza, il plusvalore non era indispensabile all’attivita’ produttiva: sarebbe bastato che lo stato possedesse i mezzi di produzione, ed ecco che la fabbrica avrebbe lavorato ugualmente, senza produrre plusvalore o semplicemente dandolo allo stato, che lo avrebbe usato a fini sociali.

In questa visione, cioe’, il plusvalore e’ un prodotto collaterale della produzione, non strettamente indispensabile alla produzione (se non come “premio” per l’industriale, che fa l’industria per guadagnare) e quindi il problema e’ sempre “che cosa farne”.
L’esperienza sovietica dovrebbe aver dimostrato che le cose non stanno esattamente cosi’, ma si e’ voluta leggere tale esperienza nel modo sbagliato. Si e’ detto che togliere il plusvalore alle aziende fosse sbagliato perche’ cosi’ facendo il padronato perdeva iniziativa, e non aveva piu’ interesse a far andare meglio l’azienda. In pratica, il plusvalore non entra ancora nel processo produttivo, semmai e’ una spinta individuale a competere.
Manca ancora un pezzo, che e’ il pezzo principale, a questa sintesi. Si tratta di porsi una semplice domanda: davvero il plusvalore e’ esterno alla produzione, e al massimo e’ da considerarsi un incentivo per la produttivita’ individuale?
Lo dico perche’ ho letto, seguendo un link di Yossarian, i programma di Clegg,e ne ho avuto una sensazione sgradevole: pieno ottocento. Ancora una volta, nella sua idea c’e’ il chi tassare, il quanto tassare, ma non il perche’. Manca cioe’ un elemento fondamentale del design del sistema fiscale, ovvero PERCHE’ tassare.
Faccio un esempio stupido: un mio amico di famiglia aveva , fino a qualche anno fa, una piccola impresa artigiana nel campo della meccanica. Non e’ mai cresciuto, ma quando e’ andato in pensione aveva da parte un patrimonio (investito in liquidi) da far paura. Come mai?
Il concetto e’ molto semplice: di fatto, gli conveniva investire soldi come gli veniva consigliato dalla banca prima e dal private banker poi (1) , piuttosto che ingrandirsi. Gli stessi tot euro investiti in azienda erano, alla fine dei conti, meno redditizi.
Quando ad un certo punto si e’ reso conto che i rischi del private bankig erano alti in uno dei tanti “lunedi’ neri” della borsa dell’ultimo ventennio, ha semplicemente deciso di comprare il capannone della propria azienda. Adesso che ha chiuso, lo affitta ricevendone una rendita. Quando lavorava, ovviamente risparmiava nel non pagare affitti.
Se queste decisioni sembrano sensate sul piano microeconomico, diventano dannosissime sul piano macroeconomico. (2)
In termini macroeconomici, se gli imprenditori smettono di investire nelle proprie aziende, e parlo anche delle piccole aziende, si ottiene la situazione italiana: arretratezza, desertificazione, outsourcing, delocalizzazione.
In termini macroeconomici, se gli imprenditori diventano immobiliaristi, non fanno altro che spostare investimenti che dovrebbero rendere a breve termine (circa tre anni di ammortamento dentro un’azienda) in investimenti immobiliari , la cui resa e’ nel lungo termine, e il cui ammortamento e’ ben piu’ lungo.
Cosi, “tassare le case sopra il milione di sterline” non cambia un cazzo. Chi ha una casa di quel tipo, potra’ ben pagare un altro tre o quattro o cinque per cento di tasse in piu’ per l’immobile (di piu’ non potrete tassare per non devastare il mercato), e tutto finira’ li’. I vostri piccoli imprenditori e le aziende continueranno a comprare appartamenti da affittare, di valore inferiore, e non avrete risollevato l’economia.
L’abitudine dei seguaci di Marx di ragionare in termini microeconomici nel mandare avanti intere economie nazionali e’ cosi’ sviluppata che viene spacciata per la maniera piu’ sociale di gestire le cose; il problema e’ che non solo non e’ la cosa piu’ sociale, ma e’ la meno sociale.
Quando io vado a tassare le case che valgono un milione di sterline o piu’ non sto affatto impattando la societa’. Sto raggranellando soldi impattando l’uno per diecimila della societa’, e quando distribuiro’ tali soldi non staro’ facendo nulla di sociale: non sempre la spesa pubblica e’ “sociale”.
Se vogliamo spostare la tassazione dalla rendita al lavoro, limitarsi a tassare i ricchi e’ una ricetta stupida, qualunquista, ridicola, e specialmente obsoleta. La rendita ormai e’ diffusa ad ogni livello della societa’. Quando avete un “lavoro fisso” e per questo chiedete un prestito, state vivendo di rendita; il basso rischio che permette ad una banca di darvi i soldi e’ una semplice rendita di posizione. La verita’ e’ che se non aveste chiesto il prestito per l’auto nuova, avreste dovuto lavorare di piu’ per averla. Invece, stabilizzando il lavoro avete offerto un basso rischio alla banca , usando uno strumento finanziario.
Lo spostamento della tassazione alle rendite dal mondo del lavoro, cioe’, non e’ qualcosa che si fa colpendo solo i ceti piu’ possidenti, ma deve riguardare l’intera societa’; dagli artigiani ai dipendenti, a tutti coloro che hanno convenienza ad usare strumenti di rendita (immobili, finanza, etc) al posto del lavoro.
Cosi’ , adesso sappiamo non tanto CHI tassare, non tanto QUANTO tassare, ma PERCHE’ tassare: tassiamo perche’ vogliamo che l’intera societa’ , nessuno escluso, trovi piu’ conveniente il lavoro rispetto alla rendita.
Soltanto quando abbiamo stabilito questo , allora possiamo procedere col design del sistema fiscale. In ultima sintesi, che cosa stiamo tassando? Il reddito. Sinora, come determiniamo il reddito? Stimando le entrate dovute al lavoro. Cioe’, di fatto, tassiamo il lavoro.
Benissimo. Proviamo a pensare diversamente. Supponiamo che io inizi a stimare diversamente le entrate, e inizi a farlo attraverso una serie di indicatori, legati alla proprieta’.(3) Conti in banca, titoli azionistici/finanziari, immobili, automobili, barche, e tutto cio’ che ha un registro pubblico, compresi alcuni hobbies che richiedono l’iscrizione ad un registro pubblico per motivi diversi (caccia, pesca, etc).
Stimando il reddito basandosi sulle proprieta’ , immediatamente rendiamo conveniente il lavoro. Voglio dire: alla fine dei conti se comprate un’ulteriore immobile, vi aumentano le tasse. Se assumete una persona in piu’ , no. Se rinnovate le attrezzature, no. E sono cose che hanno un rientro. Ma non verra’ tassato, finche’ non diventa una proprieta’ di qualche tipo.(4)
Allora direte: ma e’ un’idea semplice. Perche’ non si fa?
Si fa, eccome. Lo stesso “studio di settore” fa qualcosa di simile: stima il reddito a partire dall’infrastruttura. Il guaio e’ che non si fa coi redditi dei privati, e che non si fa con le proprieta’ non aziendali.
Quello che dovrebbe succedere, se dovessimo spostare la tassazione dal lavoro alle rendite, e’ che dovrebbero fare testo tutte le proprieta’, anche quelle che stiamo pagando a rate. Perche’ anche per pagare le rate serve un reddito.
Ed ecco il vero motivo per il quale non si fa.
Marx, caro Yossarian, era un populista di portata cosmica. Nell’addossare tutte le responsabilita’ di finanziare il “sociale” alle classi alte parlava solo per cercare un facile consenso tra le fascie piu’ popolose della popolazione. Non era altro che un sofisticato Borghezio, solo che anziche’ avercela coi negri ce l’ha con i ricchi.
Che cosa succederebbe se proponessimo di tassare le rendite in Italia? Succederebbe che sinche’ “rendita” e’ il deposito di soldi di Paperon de Paperoni, tutti sarebbero d’accordo. Ma quando scopriamo che per spostare la tassazione sulle rendite andiamo a contare tutte le proprieta’ , allora ci sarebbe una sommossa.
Siamo in un mondo, caro Yoss, nel quale la parrucchiera anziche’ assumere una praticante ha comprato una multiproprieta’ a Sharm el Sheik, cioe’ ha finanziato una Real Estate per avere la proprieta’ condivisa di una villa per due mesi , in modo da fingere di essere ricca per quindici giorni l’anno. Per lei si tratta di “investimento” in quanto pensa che tale multiproprieta’ rivaluti nel tempo.
 Anche questa, caro Yoss, e’ la rendita che vogliamo evitare non e’ solo quella dei ceti alti, perche’ abbiamo detto che vogliamo i ceti medi, e per ottenere un ceto medio occorre una classe di piccoli professionsiti/artigiani/risparmiatori. Se questi iniziano a scialacquare e  a immobilizzare i capitali, andare a tassare quelli che stanno in cima alla piramide otterra’ solo di foraggiare la spesa pubblica, magari consolidare i bilanci pubblici, ma il cittadino non vedra’ cambiare nulla nella propria vita economica.
In questo senso, le idee di TUTTE le sinistre e di TUTTE le destre attuali sono terribilimente obsolete. Un tempo, esisteva solo un plusvalore. Oggi, possiamo identificarne due: uno che viene investito (il 65% in servizi e il 30% in attrezzature) e uno che viene semplicemente trasformato in rendita (titoli pubblici, immobili, depositi bancari vincolati, beni di lusso, eccetera) . Ma la trasformazione di soldi in rendite anziche’ in lavoro e servizi e’ il vero problema, e NON riguarda solo i ceti alti che possiedono la villa da un milione di sterline. Dire questo e’ pura demagogia. Cosi’ come lo e’ dire che dando piu’ incentivi, cioe’ piu’ reddito, i ricchi produrranno piu’ ricchezza.
Le idee obsolete, oggi, sono due.
  • Un socialismo obsoleto che si illude che basti ridistribuire le ricchezze  dei piu’ ricchi per produrre sviluppo, cosa che non e’ perche’ oggi sono venute a mancare le ricchezze del ceto medio al processo di sviluppo, e non quelle dei piu’ ricchi.
  • Un liberismo obsoleto che vede la ricchezza solo come incentivo per i ricchi a imprendere, anziche’ definire che la ricchezza e’ utile solo quando produce altro lavoro,  e’ obsoleto perche’ la ricchezza oggi puo’ essere ottenuta anche senza produrre lavoro e quindi tale incentivo e’ un’arma spuntata.
I lib/dem, e il loro ottocentesco programma, sono la somma di due obsolescenze diverse. Non hanno piu’ possibilita’ di ottenere buoni risultati rispetto al socialismo da solo o al liberismo da solo; il mix di due ricette sbagliate non fa una ricetta buona.
Per una politica moderna, per prima cosa bisogna avere il coraggio di ammettere che nel 2010, per via degli strumenti finanziari che producono “ricchezza” senza lavoro (a spese dell’economia reale, cioe’ del lavoro) , sia il liberismo che il socialismo siano punti di riferimento OBSOLETI ed ESAUSTI.
Se tu avessi chiesto a Marx di modellizzare il processo finanziario che trasforma il rischio in valore, MArx non avrebbe saputo che pesci pigliare, o avrebbe prodotto idiozie. E lo stesso avrebbe fatto Adam Smith. La verita’ e’ che il sistema finanziario basato sui rischi e’ qualcosa di nuovo che richiede risposte nuove. Esso pruduce un fenomeno mai visto, cioe’ l’estensione del fenomeno delle rendite alle classi medie e lavoratrici (5), che non e’ mai stato esaminato ne’ dal liberismo classico ne’ dal socialismo classico.
Nessuna di queste due ideologie e’, ormai, adatta al 2010. Per cui, anche il loro mix, come il “lib-dem”, e’ destinato a fallire miseramente.
Non esiste piu’ nulla, oggi, come il “plusvalore”. Marx e’ obsoleto. E di conseguenza, lo e’ anche Adam Smith, perche’ non esiste piu’ il guadagno come stimolo a intraprendere, visto che il denaro puo’ essere ottenuto anche senza intraprendere.
So benissimo che promettere la tassazione alle case sopra un milione di sterline ecciti gli animi. Ma oltre l’eccitazione non va. Il possessore di case del genere comprera’ case altrove, e non potrai tassare patrimoni immobiliari stranieri. E anche ammesso che paghi, otterrai un flusso di cassa, che la tua amministrazione statale spendera’ ancora prima che tu inizi a discutere di come usarli per riavviare l’economia.
Mescolare ricette obsolete non ottiene una novita’.
Uriel
(1) Oltre i tot euro di risparmi entrano in gioco i private banker, che vi danno (di solito) rese superiori.
(2) Gran parte dei ragionamenti di MArx erano validissimi sul piano microeconomico, ma tremendamente disastrosi sul piano macroeconomico. Il plusvalore, sul piano macroeconomico, semplicemente non esiste.
(3) E’ il metodo di sgamo dell’ IRS e della GdF in italia. Ha un errore del 2%. USando un simile metodo, in termini estensivi, cioe’, si riduce l’evasione fiscale in maniera drastica.
(4) Questo non vieta all’azienda di possedere una limousine , o la villa, e darvela in comodato gratuito come benefit perche’ siete il capo, come accade negli USA. Ma questo e’ un beneficio per l’economia, perche’ se l’azienda possiede la limousine o la villa, ha piu’ beni pignorabili in caso di fallimento.
(5) Nel caso delle classi medie la rendita viene sia dall’immobiliare (e relative speculazioni), dalla posibilita’ di accesso a strumenti finanziari. Nel caso delle classi lavoratrici, la rendita e’ cio’ che permette di usare il proprio “lavoro fisso” come garanzia maggiore per i prestiti.

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