Masse immobili

La caratteristica fondamentale delle popolazioni ridotte a “masse” consiste nel fatto di essere divise in due fazioni contrapposte non appena si presenta un qualsiasi argomento. Tali fazioni litigano senza davvero scontrarsi (in modo da non poter prevalere), producendo un’eterna rissa. Le popolazioni ridotte in questo modo si chiamano “masse”.

Il problema di questo meccanismo e’ che si impadronisce della politica, e produce (o mira a produrre ) situazioni analoghe anche al governo.

Esaminiamo il comportamento di una massa:

  • L’argomento arriva all’attualita’.
  • Ci si divide in due fazioni.
  • Tali fazioni sono per principio irridicibili.
  • La lite continua in modo da evitare situazioni di vittoria.
  • L’equilibrio che si ottiene non cambia nulla.

e scopriamo subito il desiderata della politica. Che genere di governo desidera, una massa? E in che cosa si differenzia il desiderata di una “massa”, rispetto a quello desiderato da qualsiasi altra popolazione?

Il primo punto e’ che la massa, quando si divide in due fazioni, evita come la peste lo scontro totale, o meglio, lo scontro decisivo. Sebbene le due fazioni dicano di non avere paura e di essere prontissime alla battaglia, situazioni di scontro risolutivevengono evitate come la peste. Se osservate il dibattito in TV tra due fazioni opposte, scoprirete che il moderatore mira alla parita’.

Ma il fatto che il Bruno Vespa di turno miri alla parita’ non significa che miri semplicemente a voler vedere gli ospiti un’altra volta. Se ci fossero un vincitore ed un vinto, il vincitore vorrebbe tornare a ripetere la vittoria , mentre il vinto vorrebbe la rivincita.

Il vero problema e’ che ENTRAMBI concordano con il moderatore una conduzione che eviti QUALSIASI scontro abbastanza duro da essere risolutivo, uno scontro tale da consentire a uno dei due di prevalere. Uno scontro, cioe’, il cui esito sia decisivo.

Le due parti, cioe’, mirano a tirare a campare. In questo modo, possono pretendere in eterno di essere strenui difensori di qualcosa , senza mai dare battaglia, una vera battaglia, temendo di perderla.

Allo stesso modo, la cultura di massa vorrebbe che gli scontri politici fossero eterni. Che non emergesse mai un vincitore. Per questo le masse sono immobili: esse sono impegnate in un’eterna lite tra tifoserie.

Per questa ragione quando arriva un capo del governo che inizia a spingere in una data direzione, si inizia a gridare alla dittatura. E l’accusa diventa ridicola specialmente nei modi: se io fossi a capo di un partito di opposizione e pensassi che Renzi abbia fatto “un colpo di stato” e che “sia uguale a Mussolini”, non andrei a dirlo ad una trasmissione RAI.

Prima fuggirei all’estero, poi organizzerei un governo in esilio, e da li’ magari denuncerei le atrocita’ renziane. Se ci credessi davvero, intendo.

Il guaio quando si va alle atrocita’ renziane e’ che non esistono. Renzi sta facendo le cose che ritiene giuste. Possiamo criticarle o non essere d’accordo, ma e’ esattamente quello che si suppone che un presidente del consiglio faccia.

Allora perche’ tanti gridano all’ “uomo solo al comando”, al “colpo di stato” e al “ritorno del fascismo”? Semplice: perche’ vengono dalla cultura di massa, e il loro governo perfetto e’ un governo di eterna contrapposizione, senza mai uno scontrodecisivo, ovvero senza che ci siano decisioni.

Avete presente le elezioni, dove tutti hanno vinto? Ecco, prendete il nuovo sistema elettorale e chiedetevi se soddisfa questo paradigma. Non si direbbe perche’ ha un piccolo difetto: che dopo un ballottaggio a due, per il perdente dire di aver vinto e’ impossibile. Uno vince e schiaccia l’altro con un bonus elettorale.

Questa cosa e’ completamente diversa dalla cultura di massa: nella cultura di massa le due fazioni hanno degli screzi, delle scaramucce, ma non arrivano mai ad uno scontro campale dal quale una delle due potrebbe uscire rovinosamente sconfitta.

Quello che i dissidenti del PD si aspettavano era che il PD si dividesse in due, che le due controparti si guardassero in cagnesco in eterno, e che alla fine tutto rimanesse immobile. Se arriva Renzi, chiede la fiducia e mostra che sono in 30, ovvero che Civati&Co non riescono a trovare consenso in parlamento, una fazione e’ evidentemente sconfitta, l’altra evidentemente vincente.

Ma la cultura di massa NON vuole questo: la massa e’ immobile, deve rimanere immobile, e per rimanere immobile nessuna fazione deve mai prevalere. A corollario, ovviamente non deve prevalere nessuna linea, dunque nessuna idea. Dunque nessuna decisione deve venire presa.

In questo senso, cioe’, Renzi ha il difetto di non essere un uomo della cultura di massa: adesso che i sindacati lo hanno sfidato sulla scuola, essi (i sindacati) credono di essere entrati nella “lunga trattativa”, uno dei modi nei quali la cultura di massa espleta il proprio copione di contrapposizione rumorosa, aspra, senza vinti ne’ vincitori.

Ovviamente Renzi ha risposto che chiedera’ la fiducia. Nel farlo, non solo mostrera’ che i sindacati hanno presa solo marginalissima nelle due ali del parlamento, ma dalla partita uscira’ solo un vincitore ed uno sconfitto.

Ma adesso andiamo piu’ in profondita’: come mai la cultura di massa in Italia non vuole vincitori? Semplice: vista la tendenza dell’italiano a soccorrere il vincente, se dovesse succedere che una delle due fazioni prevale, l’altra cesserebbe di avere consenso.

Se Renzi dovesse vincere sulla scuola mostrando un sindacato debole e ininfluente in politica, il risultato sarebbe che le RSU inizieranno a migrare verso l’area renziana, ovvero a lasciare CGIL, e lo farebbero in massa.

Lo stesso vale per la scuola. Gli stessi professori e gli stessi studenti che si oppongono oggi alla riforma, se sconfitti clamorosamente a colpi di fiducia , e con larghi numeri, diventeranno tutti renziani e solerti sostenitori della riforma stessa.

La conseguenza di questo e’ che , contrariamente alla storia del paradosso del prigioniero di Nash, le due parti preferiscono normalmente guardarsi in cagnesco in eterno piuttosto che scontrarsi. Sanno che al perdente non rimarranno nemmeno le spoglie.

In questa situazione si inserisce il problema della scuola.

Sinora si e’ parlato del problema dal lato studenti, professori, eccetera, ma proviamo a vederlo dal “lato ministro”.

Se siete un ministro, non avete notizie dirette da migliaia di scuole. Come fate a sapere che una scuola abbia un problema?

  1. Approccio STASI. Inserite finti studenti e/o professori in incognito e spiate le scuole.
  2. Approccio TV: quando la merda urta il ventilatore, e uno studente magari ci rimette la vita, lo vedete in TV.
  3. Approccio “conosco uno a roma”: il preside/provveditore/rettore ha amici a ROma, ci va, e riceve l’aiuto che serve.
  4. Approccio “militare”: mando un tizio di ispezione con i guanti bianchi, lui passa il dito ovunque, e se trova polvere tutti in punizione.
  5. Approccio “invalsi”: faccio una misura standard, che in qualche modo rappresenti un indicatore di sintesi, e interpreto i dati.

Il primo metodo e’ inaccettabile, perche’ produce una serie di espedienti fatti per ruffianarsi eventuali infiltrati con una dimostrazione solo apparente di buona volonta’. Quello che otterrete e’ che tutti si accorderanno per essere ugualmente schifosi, in modo che gli infiltrati riferiscano tutti la stessa cosa.

Il secondo modo e’ controproducente perche’ come ministri perdete consenso, dal momento che arrivate sempre DOPO che la merda ha urtato il ventilatore. Ovvero quando uno studente ci ha gia’ lasciato le penne, magari.

Il terzo approccio e’ fonte di familismi: alla scuola conviene lasciar andare avanti quello che ha le conoscenze, perche’ “porta a casa finanziamenti”. Ovviamente chi e’ dello stesso partito del ministro e’ avvantaggiato, eccetera.

L’approccio militare e’ bello, ma ottiene spesso che il tizio coi guanti bianchi se ne va con le tasche piene di soldi, dopo essere stato convinto che le mensole sono spolverate. Oppure succede che qualcuno si mette di guardia, a fare il palo, per capire se arriva. Il vecchio “facite ammuina”.

Rimane il metodo della misurazione. Ma paradossalmente la misurazione viene rifiutata. Perche’? A chi fa comodo rifiutare la misurazione?

In generale, chi non vuole la misurazione e’ il capo che vuole prendere decisioni arbitrarie.

Alcuni manager/dirigenti si comportano come il medico esperto di ingessature, che ingessa il braccio a tutti. Allora hai mal di pancia? Ingessiamo il braccio destro. Mal di denti? Perdio, gesso sino al gomito!

Se un dirigente farlocco vuole questo, la misura e’ l’ultima cosa che vuole. Se per esempio vuole promuovere il gessista – nerbo della scuola! – non vuole che arrivi una misura : potrebbe mostrare come ci sarebbero altri piu’ degni.

A chi fa comodo ancora tra i dipendenti? Ovviamente fa comodo a chi vuole guadagnare la stessa probabilita’ di altri di fallire. Se la vostra resa misurata non viene misurata, e ci sono tagli da fare, si possono spalmare a casaccio: tre nel tuo dipartimento, tre nel suo dipartimento.

Se c’e’ un qualcosa che dice “il tale dipartimento performa peggio dell’altro”, questa decisione arbitraria (e salomonica) e’ piu’ difficile. In definitiva, cioe’, se lavorate BENE invalsi VI CONVIENE.

Ed e’ qui il punto: lasciarsi misurare e’ l’ UNICO modo di uscire dal gorgo delle decisioni arbitrarie. Non tanto perche’ misureranno anche i somari, ma perche’ misureranno voi.

Partiamo da un’ipotesi:

  • I cambiamenti costano.
  • Si fanno dunque cambiamenti SOLO per risolvere/prevenire problemi.
  • Nell’agenda del cambiamento finiscono SOLO le zone problematiche.

Questa ipotesi e’ vera SOLO se si fanno delle misure. Se si fanno delle misure si scopre che, per dire, nella scuola Tuppio Borghezio di Maurania Citeriore c’e’ un problema perche’ le ragazze straniere hanno un rendimento pessimo.

Se dobbiamo dare un’agenda al miglioramento della scuola, chiaramente l’ IRPZIS T. Borghezio finisce in agenda. La vostra scuola, che NON ha problemi, in agenda NON ci finisce. Quindi non subira’ cambiamenti.

Nel mondo del lavoro reale, cioe’, venire misurati accuratamente e’ un BENE. Anche perche’ il manager arrivera’ sempre con dei dati finanziari e dira’ “costi troppo”. Se voi non avete dei dati per dire “produco molto”, ha vinto lui. Lui ha dei dati, e voi no.

La dialettica aberrante dei sindacati della scuola, cosi’, mi fa capire una cosa:

  • E’ fatta di capi che vogliono prendere decisioni arbitrarie. Ergo non vogliono misure.
  • E’ fatta di insegnanti che ritengono di lavorare male. Per questo non vogliono essere misurati.
  • E’ fatta in generale da persone che NON vogliono si affrontino i problemi. Per questo non vogliono una misura che li faccia emergere.

La prova di tutto questo e’ che se gli invalsi raccolgono dati, non c’e’ nessuna inchiesta o richiesta di chiarimento su come saranno usati.

Raccogliere KPI non e’ una misura del deliverable in se’. Se vogliamo sapere cosa la scuola italiana stia “producendo”, possiamo misurare il numero di brevetti, il numero di marchi registrati, il numero di diritti intellettuali pagati , e abbiamo la misura economica esatta del valore intellettuale prodotto.

Ma lo scopo di un KPI non e’ quello di misurare l’output per calcolare un valore: lo scopo e’ di identificare i problemi e classificarli, in modo da avere chiare le zone di intervento.

Se domani dovessi diventare, che so, turboministro dell’universita’ europea, e dovessi consolidare, per prima cosa penserei di chiudere le universita’ peggiori destinando i soldi alle migliori.

Ora, senza una misura di merito, cosa potrei fare? Dovrei affidarmi al ranking, e usando il ranking le universita’ italiane ne uscirebbero “maluccio”. Allora mi direte che ci sono ottimi doventi in Italia. Verissimo. Ma il turboministro di Bruxelles, come fa a saperlo? Deve credervi in parola? Fare un giro di tarocchi?

E qui torniamo alla cultura di massa: questa situazione non deve essere evitata perche’ usare il ranking e’ piu’ o meno stupidoc he usare una metrica. Il problema e’ che si prende una decisione. Nel momento in cui si prende la decisione, la fazione che proponeva la stessa cosa e’ vincitrice, l’altra e’ perdente.

Ed e’ questo il motivo per il quale i test INVALSI sono ideologicamente contrari alla cultura di massa: una volta eseguita la misura, e’ possibile prendere decisioni. Prese le decisioni, una fazione e’ vincente, l’altra scompare.

Esattamente il contrario a quanto la cultura di massa vuole: secondo la cultura di massa, la discussione deve procedere cosi’:

  • Fancazzisti! Bastardi! Diciotto ore e poi a casa! Lavura’, barbuN!
  • Diritti! La Kultura non si Misura! Abbasso i padroni!

e lo scontro deve durare IN ETERNO.

E’ la fine della “trattativa eterna”, la fine dell’eterna tifoseria che si teme, e si teme perche’ con le misure arrivano le decisioni, e le decisioni decidono chi vince e chi perde.

Tutto qui.

Renzi come leader non e’ niente di speciale. Semplicemente fa quello che nella cultura di massa non e’ consentito, ovvero prendere decisioni. Dal momento che la massa e’ immobile, ed e’ immobile perche’ si divide tra fazioni eternamente in conflitto senza mai prevalere, la decisione nella cultura di massa viene vissuta come trauma.

Anche sulla storia dell’errore nel dire “umanista” al posto di “umanistica”, la cosa fa piu’ ridere che altro. Ricevo in continuazione email di raffinati letterati che mi chiedono di togliere la tale virgola o rimuovere il talaltro apostrofo. Quando le ricevo, di solito penso “un tale letterato deve aver scritto libri memorabili, e se ha un blog deve avere uno dei blog piu’ colmi di contenuti del paese. Come minimo, costui scrivera’ capolavori immortali!!”

Non resto nemmeno piu’ sorpreso nel notare come costoro non abbiano mai scritto nulla. Mai. I blog italiani sono scritti generalmente da tecnici. L’umanista italiano e’completamente improduttivo. Sa fare a malapena a cercare refusi tra le virgole e gli apostrofi.

In questa condizione, la mia risposta e’ sempre quella: “se l’unico problema di quel post e’ la tale virgola o il tale apostrofo, mi ritengo soddisfattissimo della qualita’”.

E potrebbe essere la risposta di Renzi a chi critica il suo inglese senza mostrare il proprio toefl, a chi critica il suo italiano senza mostrare altra abilita’ se non correggere virgole e apostrofi.

Non sono un grande fan di Renzi, ma devo dire una cosa: tra lui ed i suoi detrattori, la scelta non e’ difficile. E non per la grandezza del toscano: per la miseria dei suoi detrattori.

Per quanto riguarda gli studenti che scioperano, essendo io quello che fa i colloqui tecnici ai candidati nella mia azienda, posso solo dire questo: “non vi preoccupate, poi il test invalsi ve lo faccio io”. E come me , vi diranno questo TUTTE le aziende ove vorreste andare a lavorare.

Poi il vostro papino puo’ sempre provare a fare ricorso, se vuole.

Se vuole farci ridere ,intendo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *