M2M ed Industrial internet.

Le reazioni che ottengo quando parlo di M2M e di Industrial Internet sono quelle cheriguardano un futuro remoto oppure questioni che toccano poco l’uomo comune. Il problema pero’ e’ tutto divulgativo: per esempio, “Industria Internet” e’ venduto come  l’ha venduto GE, che era molto interessata nella manutenzione di grosse macchine di potenza , o a cose come i reattori degli aerei. Vorrei aprire un pochino la sua descrizione, e uscire da questo mainstream.

Innanzitutto, per “Industrial Internet” si intende la possibilita’ di piazzare sensori su qualsiasi apparecchiatura usata per produrre qualcosa. GE, che ha introdotto il concetto, si e’ focalizzata principalmente sulle macchine che vende, ovvero su motori per aereo, sistemi energetici di potenza, e di questi ha parlato.
Essendo che gran parte dei divulgatori hanno idee limitate e conoscenza limitata delle implicazioni, tutti coloro che ne parlano (anche, con tristezza, in diversi TED), si limitano a fare l’esempio dei reattori degli aerei e delle turbine.

Cazzate.
I controlli periodici su turbine di aerei si faranno comunque perche’ esiste una legislazione che li considera obbligatori. Nessuna autorita’ per i trasporti aerei accettera’ mai che voi facciate i controlli “quando Industrial Internet dice che sono necessari”: vi diranno “daily, weekly, monthly…. check” , fine.  Almeno in Europa.
Ma torniamo indietro: se per GE il concetto di “macchina usata nella produzione” significa principalmente reattori per aerei e turbine per energia, non significa che le cose stiano cosi’ per tutti.

L’idea di base della “Industrial Internet” e’ di piazzare sensori in OGNI dispositivo impiegato per la produzione di merci, fosse anche una stampante 3D, in modo da poter verificare lo stato di usura, il grado di precisione (casomai si perda nel tempo), le reali condizioni di utilizzo (in modo da cambiare pezzi o suggerire al padrone di sostituire delle parti con parti piu’ adatte), e lo scopo e’ quello di recuperare le “zone morte” nell’efficienza industriale.

il campo di applicazioni va ben oltre i semplici reattori degli aerei o le turbine di GE. Che pure sono comprese nel concetto.
Guardate questa foto:
questa e’ una torneria. Ce ne sono migliaia, forse milioni, di tornerie come queste, nel mondo. Ognuna di quelle macchine utensili ha una grande utilita’, ma anche molti difetti. Per esempio:
  • Perdere precisione nel tempo.
  • Rotture periodiche.
  • Cicli di manutenzione periodici, che non tengono conto dell’utilizzo reale.
  • Condizioni di lavoro sbagliate: sbalzi di corrente, temperatura, umidita’, vibrazioni del suolo.

 

questo produce una quantita’ di tempi morti e di perdite nella produzione industriale. L reazione e’ quella di controlli periodici di qualita’, in modo da sapere se la macchina sta funzionando bene, se tutto e’ in ordine,  ma rimangono i problemi di rotture periodiche e di condizioni di lavoro sbagliate. Inoltre, se la macchina e’ utilizzata poco o utilizzata per lavorazioni che la stressano poco, il ciclo di manutenzione periodico potrebbe anche essere cambiato.Ma… come saperlo?
Adesso immaginate il mondo di Industrial Internet: dentro ognuna di queste macchine piazziamo dei sensori. E questi sensori fanno:
  • Dicono al produttore se la macchina si usura, e quali pezzi si usurano di piu’. Fa anche un previsione di rottura basata sul trend.
  • Avvisano quando la macchina STA per rompersi, qualora esista un qualsiasi segno (vibrazioni, armoniche:la rottura inizia con il guasto, che poi danneggia l’apparato sino a causarne il fermo).
  • Definire il ciclo di manutenzione a seconda del fabbisogno reale della singola macchina. Quella usata su lavorazioni che la stressano meno avra’ cicli piu’ lunghi.
  • Dicono al produttore in che condizioni di lavoro la macchina stia lavorando. Corrente elettrica instabile, temperature sbagliate, umidita’, vibrazioni del suolo, qualsiasi cosa.

 

se applicate questo ad OGNI macchinario, comprese le macchine usate, che so io, dai fornai per fare il pane, al frigo del macellaio, al congelatore del supermercato, alla macchina da tipografia, alle ruspe, ai trattori, alle macchine per l’edilizia , ai forni per ceramiche,   a qualsiasi cosa serva ad industria ed artigianato per produrre , ottenete un incremento enorme delle prestazioni, o se preferite un decremento enorme dei fermi per guasto e manutenzione.
A questo dovete aggiungere che l’industria e l’artigianato si stanno robotizzando. A me spiace per i romantici, ma quando pensate alla stampante 3D come al “nuovo artigianato”, dimenticate sempre di dire che in ultima analisi una stampante 3D e’ UN ROBOT.
Certo non e’ un androide, ovvero non ha forma umana. Ma una cosa cui spiegate cosa fare e ve lo fa guidata da un computer , e’ sicuramente UN ROBOT. End of story.
Nel momento in cui il mondo si robotizza , la domanda “ma chi controlla il robot” e’ secondaria rispetto alla domanda “ma COME controlliamo il robot”. Se ogni robot ha un chip che si attacca ad internet e comunica il proprio funzionamento fisico, con tutti i diagnostici, la possibilita’ che un robot “impazzisca” e’ molto remota. Anche le situazioni descritte da Asimov, di robot che commettono crimini o fanno cose strane perche’ improvvisamente lavorano in condizioni ignote, e’ risibile: se esiste qualcosa come “INdustrial Internet”, le condizioni anomale vengono notate immediatamente, cosi’ come il fatto che il robot sia sottoposto ad uno stress eccezionale o che faccia cose che nessun altro robot fa.
Ok, gli ammiratori di Asimov dovranno farsene una ragione. (Asimov resta un grande!).
Cosi’, quando vedo gente che va a spiegare Industrial internet limitandosi ai due esempi di GE a volte mi viene il latte alle ginocchia. Industrial internet e’ molto di piu’, ed e’ una buona fetta di “M2M”.
L’altra parte ovviamente e’ “internet of things”, di cui ho gia’ parlato.
Per quanto riguarda Snowden e tutto quanto, devo dire che ultimamente ci sono novita’. Il mondo M2M, almeno nelle intenzioni dei grandi player, (le telco) ricevera’ investimenti – in Europa – per quasi 40 miliardi di euro, sommando le singole telco, solo per la creazione di infrastrutture di rete DEDICATE.
Significa che le la “macchina da produzione” da tenere sotto controllo e’ per esempio una che si trova in un ospedale, e salva vite, possiamo controllarla e ridurne i tempi di fermo per curare piu’ persone. Ma per questo ci serve una rete affidabile, intoccabile dall’esterno, e specialmente che non sia raggiungibile da un attaccante straniero che vuole paralizzare la nostra industria.
Si tratta, cioe’, di reti fisicamente sconnesse che non parlano con Internet e che sono mediamente di dimensioni nazionali , visto che sono costruite da telco nazionali.
A questo investimento di 40 miliardi in UE28 si aggiunge quello – di cui si vocifera ma non e’ ancora ufficiale – di Vodafone , che ha venduto Verizon per un bel gruzzuolo, e deve decidere dove investirli. Se Vodafone, come si vocifera, doppiera’ almeno (significa che investira’ almeno 40 miliardi in UE28) , e Telefonica non sara’ da meno, avremo raggiunto un livello di investimenti tali da poter parlare di splitting.
C’e’ molta attenzione sull’ M2M, se andiamo in ordine:
ecco i case study di Vodafone:
quelli di telefonica:
poi ci sono gli operatori “mono”nazionali:
e potrete trovarne decine di altri.
In generale, ognuna di queste telco propone la “propria infrastruttura”, ovvero una rete separata per i dati M2M, unita a sistemi separati da internet per la loro elaborazione.
Lo split, quindi, e’ gia’ li’:  queste reti cresceranno con il traffico M2M, che sta crescendo rapidamente, diventando piu’ redditizie dell’accesso broadband wholesale. Il risultato e’ che questa rete “parallela” non sara’ spiabile, essendo chiusa, e venendo implementata DOPO la grande paura di NSA.
In questo senso, quando ho scritto “scogli”, volevo far notare come la tecnologia AGGIRA gli scogli, e persino un pessimista come me , che aveva qusi “perso fede”, si e’ dovuto ricredere. Presto gran parte del traffico economicamente rilevante (M2M = Industria, Consumer)  passera’ per delle reti private sconnesse da internet.
Poiche’ le SIM M2M necessitano di provisioning apposito (molte NON sono nemmeno associate ad un  MSISDN  http://en.wikipedia.org/wiki/MSISDN cioe’ ad un “numero di telefono” ma si limitano ad usare l’IMSI, cosa che permette di ridurre le chiamate MAP)  e di credenziali crittografiche, ueste reti sono realmente separabili dal resto, risentendo meno degli attacchi ai GRX ed ad altri dispositivi.
A questo punto abbiamo una domanda: il traffico M2M e’ piu’ redditizio in termini economici , piu’ sicuro in termini di riservatezza e “vale di piu” in termini di rapporti economici. Quello wholesale, cioe’ il semplice accesso degli utenti, e’ poco redditizio per via del calo dei prezzi degli abbonamenti, e’ meno sicuro per via dei fenomeni che conosciamo, e in termini di rapporti economici arricchisce solo gli “over the top” (Google, Facebook, Twitter, etc) ma poco le telco.
E’ facile temere un disinvestimento nelle infrastrutture per l’accesso wholesale, e che tutti gli investimenti si concentrino sulle infrastrutture M2M, che danno piu’ soldi alle telco:
guardate quanto brutalmente cresce come business: era moltissimo tempo che le telco non avevano occasioni simili. A questo ritmo, traffico voce e internet per il singolo consumatore saranno un introito minoritario per tutti.
Da quel momento in poi, e’ solo questione di tempo, e poi potrebbe succedere che le linee “pubbliche” vengano assorbite dall’infrastruttura M2M, e ne diventino una piccola fetta. In questo caso, cioe’ , le aziende non investirebbero in una nuova internet wholesale locale per evitare la NSA: spinte dai finanziamenti per l’ M2M, investiranno sulle nuove reti che nascono gia’ staccate da Internet, e quando le reti M2M fossero abbastanza grandi , allora spegneranno le reti di accesso wholesale per usare solo le nuove infrastrutture.
E allora lo “split”, il segmentarsi di internet,  sarebbe completo.
Uriel

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *