L’uso di parole random in politica.

L'uso di parole random in politica.

L'uso di parole random in politica.

Quando ho ascoltato il video ove i codardissimi funzionari RAI cercano di edulcorare un sistema, non mi ha stupito tanto la dinamica. La dinamica e’ quella della codardia: i funzionari in questione si cagano sotto perche’ il loro padrone si arrabbiera’ con loro se al concertone qualcosa andra’ storto. Siccome sono terrorizzati , e codardi, fanno la solita telefonata da codardi, codardi come piccoli uomini con un grosso potere possono essere.

Per i piccoli uomini un grande potere (o un potere troppo grande per loro, che sono molto piccoli) e’ come essere scaraventati in una specie di Arena che schiaccia la loro codardia: se sei un codardo, qualsiasi responsabilita’ e’ troppo grande e qualsiasi scelta e’ troppo ardua. Il codardo vuole  vivere solo di gesti giustificati da procedure, che poi usera’ come giustificazioni. Inutile cercare tracce di leadership in un codardo, del resto.

L'uso di parole random in politica.

La cosa che invece mi ha colpito , nella loro dialettica, e’ stato l’uso di parole vuote, quasi casuali. Quando si parla di “contesto inopportuno”. E’ una cosa che, se ci fate caso, non ha senso. Che cazzo vuol dire “contesto inopportuno?”. Se il contesto e’ “inopportuno”, qualsiasi cosa significhi, in ogni caso e’ il contesto ad essere opportuno, quindi il problema e’ nel contesto. Non in Fedez o in quello che dira’. Ma poi di quale contesto si parla? E’ il primo maggio ad essere inopportuno? E’ il concerto? Quale sarebbe questo contesto? E perche’ sarebbe “inopportuno”?

Il problema e’ che abbiamo a che fare con dei codardi, e come tali faticano a prendere posizione.

Chiarire e’ prendere posizione. Nessun codardo chiarisce mai.

Lo dice anche Lillo, nel suo maldestro tentativo di difesa:https://www.corriere.it/spettacoli/21_maggio_03/caso-fedez-lillo-nessuno-ha-parlato-censura-semmai-edulcorare-suo-discorso-527cef68-abfe-11eb-85bf-b7fbcf91bb8d.shtml

L'uso di parole random in politica.
Il codardo tiene famiglia, insomma.

Quindi in definitiva un contesto non meglio specificato sarebbe inopportuno per motivi mai menzionati. Stessa cosa per la “questione editoriale”. Qual’e’ la questione di cui parliamo? Qual’e’ l’oggetto della frase, della conversazione? E perche’ la questione, qualsiasi cosa sia, e’ “editoriale” e , per dire, non “alimentare”? Voglio dire, se non specifichiamo quale sia questa “questione” , possiamo appioppargli qualsiasi cosa: “editoriale”, “anale” , “virginale”, “astrologica”, “dietologica”…. chissenefrega, tanto ex falso quodlibet sequitur.

Ma questo comportamento linquistico e’ tipico del codardo e lo identifica chiaramente: chiarendo, infatti, si prende sempre posizione. Se avessero detto “senti, la Lega ha un CDA leghista e la questione editoriale e’ che ci fanno un culo quadro se dici queste cose, e ce la stiamo facendo sotto” avrebbero potuto indispettire il padrone. Se avessero detto che il “contesto inopportuno” era il concerto del primo maggio, che era inopportuno perche’ fosse per la Lega lo avrebbero chiuso, avrebbero preso una posizione.

In quel modo, i codardi credono di non aver preso alcuna posizione. Senza rendersi conto che adesso non possono neppure trovare la protezione del padrone: se avessero detto “senti cocco, qui in RAI comanda la Lega, devi fare come dice la Lega”, sarebbe successo ugualmente un casino, ma la Lega avrebbe poi dovuto difendere i suoi burattini. Ma in questo modo, adesso si sono chiusi da soli nel limbo: la Lega non ha alcun vantaggio nel difenderli, perche’ non sarebbe un’esibizione di lealta’ verso i propri uomini.

Un altro disastro linguistico arriva da articoli come questo: https://roma.repubblica.it/cronaca/2021/05/03/news/pio_e_amdeo_ruth_dureghello_le_parole_giustificano_la_storia_quanti_passi_indietro_per_quel_monologo_-299175556/?ref=RHTP-VS-I287621970-P14-S2-T1

“Le parole giustificano la storia”. Una frase che sarebbe anche interessante o esteticamente piacevole, ma adesso chiediamoci che diavolo voglia dire. E la verita’ e’ che la frase non significa nulla:

  • la storia non si giustifica , e’ una sequenza di fatti.
  • non si capisce cosa significa che la scelta delle parole giustifichi qualcosa.
  • ancora meno si capisce cosa significhi che le parole giustifichino “la storia”.

In questo caso non si tratta tanto di codardia, si tratta di non avere argomenti: per quale motivo una barzelletta (divertente o meno) abbia il potere (o meno) di “giustificare la storia” (qualsiasi cosa voglia dire) non si capisce, e del resto siccome l’espressione “giustificare la storia” non significa nulla, forse una barzelletta puo’ farlo o forse no, magari puo’ farlo un piatto di spaghetti. Le probabilita’ sono sempre al 50%.

Ma questo tipo di ciarpame dialettico viene , appunto, dal fatto di non avere argomenti: quando un comico ti dice che vietare le barzellette distrugge la comicita’, o hai argomenti vincenti, spessi e logici, oppure ti inventi che le parole giustificano la storia. Anche “gli arzigogoli glassano la falegnameria” poteva andare altrettanto bene, proprio perche’ quella frase in se’ non significa nulla.

Nel mio disclaimer contro il politicamente corretto ho mostrato un paradosso, mostrando (per assurdo)  quanto tirannica e violenta potrebbe diventare la pretesa che l’intera societa’ si adatti alla sensibilita’ di pochissimi: mi aspetto che qualcuno mi spieghi per quale motivo lo sterminio di ogni gatto del pianeta sia opportuno per salvare coloro che sono allergici al pelo di gatto. E voglio vedere struttura e contenuti.

Allo stesso modo, andando alle parole, voglio sapere perche’ e’ opportuno chiedere la scomparsa di termini dal vocabolario di tutti, se non dal discorso pubblico, solo perche’ una piccola minoranza e’ allergica a quella parola. E anche qui mi aspetto struttura e contenuto.

Invece, il massimo che sanno fare e’ “le parole giustificano la storia”. Va bene. Allora sterminiamo tutti i gatti del pianeta perche’ pochissimi sono intolleranti al loro pelo, dicendo che lo facciamo perche’ “la dialettica carbonitrura la cacofonia”. Non significa una cippa, ma in assenza di meglio sembra quasi che tu sappia la risposta. (Se la controparte non ti risponde “ma che cazzo vuol dire la cosa che hai detto, precisamente?”).

L’uso di parole vuote in politica, da gettare contro chi ha degli argomenti , non e’ cosa nuova. Quando il cattolico dice che il matrimonio omosessuale distrugge la famiglia tradizionale, di che diavolo sta parlando? CI sono famiglie eterosessuali che hanno divorziato perche’ nel pianerottolo di sotto due lesbiche si sono sposate? Di quale diavolo di fenomeno si sta parlando? Fidanzati che si dicono “no, cara non ti sposo proprio: guarda, ad Avellino c’e’ un gay che ha sposato il compagno di classe”.

Si tratta cioe’ di una frase che SEMBRA descrivere un fenomeno, “A agisce su B”, dove A e’ il matrimonio gay, B e’ la famiglia tradizionale, e “agisce” significa “distrugge”. Ma usciamo dalla grammatica e chiediamoci: di quale diavolo di fenomeno stiamo parlando, di preciso? Quanti romani eterosessuali hanno divorziato perche’ a Padova si sono sposati due uomini? Ma che cavolo significa questa frase? Quale fenomeno REALE indica?  Quanti eterosessuali NON hanno sposato il partner perche’ a Bolzano due lesbiche hanno adottato un figlio?

La politica  oggi ha PAROLE, ma non CONTENUTI. HA FRASI, ma non ARGOMENTI.

Ed e’ per questo che ho sempre insistito sul fatto che ormai la filosofia politica sia una branca della filosofia estetica. Le loro parole non significano nulla, non indicano nulla, non descrivono nulla. Riempiono lo spazio: chi ascolta queste persone sta solo perdendo tempo in attesa della morte.

Politici, politicanti e affini si sforzano solo di mettere delle parole una dopo l’altra, senza chiedersi se le frasi cosi’ ottenute significhino qualcosa, se si riferiscano alla realta’, se abbiano una struttura logica. Si limitano a tirarti addosso delle parole che non vogliono dire niente.

Perche’ i loro pensieri non hanno contenuti, non hanno struttura, non hanno argomenti.

Hanno solo parole.

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