L’indicibile Canada.

In tutta la vertenza tra FIAT e FIOM, sembra che ci sia una parola che e’ impronunciabile dalla nostra stampa:  la parola e’ “Canada”. Lo dico perche’ un discorso chiarissimo di Marchionne e’ stato riportato, stravolto in maniera incomprensibile, al solo scopo di non pronunciare una parola: “Canada”. E c’e’ un motivo.

Nelle sue ultime dichiarazioni Marchionne ha detto di avere la richiesta dei sindacati canadesi di spostare gli investimenti di Mirafiori al Canada, ove alcune fabbriche possono crescere di produttivita’ aggiungendo il terzo turno, ovvero tenendo aperti gli stabilimenti anche di sabato. (1)
Marchionne ha poi detto che eventualmente sara’ cosi’ se il referendum perdesse , e quindi in tal caso accontentera’ i canadesi, motivo per il quale “si trovera’ a festeggiare a Toronto”.

Di conseguenza, il discorso e’ molto chiaro: ci sono gia’ fabbriche molto produttive in Canada, altre potrebbero diventarlo, e il mercato nordamericano tira. E’ possibile quindi cambiare il piano di investimenti e anziche’ produrre auto in Italia per venderle qui , usare gli stessi soldi per produrre auto in Canada e venderle in nordamerica.

Il discorso e’ stato riportato in Italia completamente censurato, in modo da far sembrare che Marchionne intenda “festeggiare a Toronto” , ma togliendo la prima parte (festeggiare a Toronto l’investimento a Toronto) esso cambia completamente senso.

C’e’ qualcosa che oggi non si puo’ dire, in Italia, ed e’ “Canada”. Quando parliamo di delocalizzazione di aziende, in Italia, per qualche motivo e’ obbligatorio dire che si delocalizza verso la Cina, l’ India, ma non si puo’ MAI dire che si delocalizzi verso altri paesi.
Eppure, la  maggioranza delle PMI venete che hanno delocalizzato  sono finite in Austria, Germania , e nel nord della Lombardia la delocalizzazione sta investendo la svizzera, cosi’ come nel piemonte moltissimi stanno emigrando in Francia.
Per motivi legati alla distanza, in realta’ la delocalizzazione verso India, Cina, e ad altri paesi “a vasta schiavitu’” e’ un fenomeno ridotto rispetto alla delocalizzazione verso altri paesi europei. Quando Hatu decise di non pagare tangenti all’amministrazione comunale e di spostarsi in Spagna, a Bologna si disse che “delocalizzavano”, e la parola Spagna veniva nominata pochissimo, sostituita da “dove la manodopera costa meno”, con la sola eccezione del Resto del Carlino, che non e’ un giornale allineato alla sinistra emiliana.
La verita’ e’ che in Italia il fenomeno delle delocalizzazioni e’ vastamente distorto dalla stampa, che le dipinge principalmente come il tentativo di andare alla ricerca di schiavi. Cosi’, nel caso di FIAT a Mirafiori si continua a parlare di Serbia, alternativa che veniva valutata per Pomegliano, ma non e’ mai entrata nella discussione.
In pratica, in Italia quando si parla di “delocalizzare” ci ri riferisce PER FORZA a paesi nei quali la manodopera e’ maltrattata. Non e’ possibile, e’ vietato, dire che l’industriale delocalizzi per andare in germania, dove ci sono gli stipendi medi  piu’ ALTI d’europa (per un certo periodo, del mondo).
Questo fenomeno ha diverse radici politiche e sindacali.
  • La radice politica sta nella radice di odio per la nazione che permea la sinistra e la sua base sin dall’ inizio della sua storia. L’uomo di sinistra ha bisogno di dire che all’estero sia meglio. Tuttavia, essendo un partito politico, ha bisogno di riferirsi all’estero come a qualcosa che e’ “di sinistra”, e quindi l’estero della destra non puo’ essere l’estero della sinistra. Quando un uomo di sinistra dice che “in Canada e’ meglio” , sta dicendo che se fossero al governo loro sarebbe come in Canada perche’ loro sono portatori delle idee che rendono il Canada migliore. Questo pero’ ha una conseguenza: il Canada non puo’ mai essere “contro” la sinistra. Dal momento che il Canada fa un pochino il cazzo che piace ai canadesi, il risultato e’ che la sinistra non puo’ essere contro il Canada.
Che cosa intendo? Mettetevi nei panni della sinistra italiana. Essa deve accusare Marchionne di voler distruggere i diritti degli italiani e di volerli trasformare in schiavi sfruttando la competizione con gli schiavi cinesi. Il guaio e’ che il trucco funziona solo se c’e’ di mezzo la Cina (e sino al 2020, quando il reddito procapite pesato col potere d’acquisto dei cinesi -scusate ma questa cosa e’ costata un ban  , come da regolamento –  superera’ quello americano. Da quel momento in poi gli stipendi cinesi saranno piu’ alti dei nostri.) .
Adesso proviamo a pronunciare ad alta voce quanto segue: “Marchionne vuole colpire i diritti dei lavoratori ed i loro redditi, trattandoli come se fossero lavoratori canadesi”. Viene da ridere , o no? Il canada ha un welfare di tutto rispetto, ottime performance in termini di civilta’, e specialmente redditi di tutto rispetto e rispetto dei diritti umani (e della sicurezza sul lavoro) che noi possiamo sognare, in Italia.

 

Fossero stati almeno gli USA, si sarebbe potuta spacciare la palla che si va negli USA perche’ li’ ci sono i malvagi capitalisti con la tuba e il frac e non ci sono i sindacati. Ma il Canada, che appartiene (nell’immaginario di sinistra) al club degli ariani del mondo, proprio e’ indigeribile.
E’ indigeribile perche’ non ci si puo’ mettere a gridare “dovremmo fare come in Canada”, per la semplice ragione che e’ esattamente quello che sta dicendo Marchionne. In altre parole, il problema della sinistra e’ che deve dire “all’estero e’ meglio”, e contemporaneamente si trova a fare i conti col fatto che il famoso “estero” e’ il luogo di nascita dell’ideologia nemica.

 

In Canada e’ meglio. Marchionne vuole fare come in Canada. La sinistra e’ contro Marchionne. La sinistra e’ contro il canada. La sinistra e’ contro il meglio.

Questo e’ il cortocircuito che vieta ai giornali dell’universo di sinistra di parlare seriamente di delocalizzazioni. Quelle che avvengono DAVVERO in italia, in grandissima parte verso quei paesi che per la sinistra sono “il meglio”, cioe’ Francia, Germania, Spagna, a volte persino paesi scandinavi.
Quando un giornale parla di “delocalizzazione” deve per forza piegarsi all’ideologia (esistono anche gli scioperi della stampa) e obbedire ai sindacati , dicendo solo “Cina, Serbia, Polonia, Russia”.
Parole come “Germania, Canada, UK, Germania, Francia, Spagna, Austria, Svizzera” sono rigorosamente vietate (pena lo sciopero delle redazioni, degli stampatori o di qualsiasi altro anello della catena) , perche’ altrimenti si realizza un cortocircuito culturale che bloccherebbe completamente la dialettica di sinistra: se all’estero e’ meglio, perche’ quando vogliamo fare come all’estero, come IN QUELL’ estero, la sinistra (i sindacati piu’ a sinistra) sono contrari?
Landini ha cercato inutilmente di chiedere un responso al PD, una presa di posizione chiara, sperando in una posizione conservatrice. Ma il PD teme che la delocalizzazione di Mirafiori possa puntare verso il Canada, nel qual caso dovra’ poi spiegare negli innumerevoli confronti televisivi, come mai si preferisca pagare DI PIU’ un operaio canadese piuttosto che pagare MENO un operaio italiano.
Qui c’e’ il problema di base, il grande problema che affligge la dialettica dei sindacati odierni:

 

Se gli stipendi in Italia sono i piu’ bassi d’europa, come mai non abbiamo le industrie di tutta Europa a delocalizzarsi in Italia?

Voglio dire, stiamo sostenendo che FIAT vada laddove il costo del lavoro e’ piu’ basso. Contemporaneamente, stiamo dicendo che l’italia sia il paese con i redditi piu’ bassi del continente. Tuttavia, non vediamo delocalizzazioni.
Quando fate questa domanda, immediatamente arrivano i soloni a spiegarvi che il costo del lavoro non e’ solo il reddito, perche’ a detta loro le multinazionali sarebbero soggette alla tassazione come qualsiasi altro ente. Il che non e’. Quanto alla pressione fiscale sul lavoro, le tasse sul lavoro sono piu’ alte nel nord europa, e lo so perche’ ho confrontato netti e lordi italiani con quelli delle offerte del lavoro qui in Germania.
Altri rispondono dicendo “burocrazia”, ma anche qui sbagliano: la burocrazia spagnola non e’ migliore della nostra, specialmente in provincia, tantomeno il corrotto sistema rumeno , con ben quattro equivalenti della nostra “guardia di finanza” tutti a chiedere tangenti e mazzette.
Si parlera’ di impianto normativo e di tempi, ma neanche questo e’ un dato reale. Se cosi’ fosse, ci sarebbe semplicemente un business di body rental.
Se il problema fosse legato semplicemente alle questioni locali italiane, ma l’ italia fosse appetibile, basterebbe creare un’azienda italiana e mandare i lavoratori a lavorare all’estero. Se il problema fossero i permessi che servono per aprire un’impresa, ma l’ italia fosse appetibile, nascerebbero (come sono all’estero) aziende specializzate nel creare complessi industriali pronti ad essere affittati da stranieri. Se il problema fosse che aprire uno stabilimento in Italia prende troppo tempo, ma l’ italia fosse appetibile, ci sarebbero aziende specializzate nel costruire capannoni gia’ pronti per gli acquirenti stranieri.E se il problema fosse il sindacato, invece?
La verita’ e’ semplicemente che in Italia non si accetta nessuna modernizzazione del sistema. Non parlo di modernizzazione nel senso di “globalizzazione”, intesa come competizione con i poveri schiavi straccioni canadesi, ma di qualsiasi genere di modernizzazione.
Sono almeno 20 anni che il sindacato risponde alle sfide della modernizzazione tenendo le cose cosi’ come stanno. Chi , come me, lavora nel mondo dell’informatica sa benissimo in Italia  di essere un “metalmeccanico terminalista”. Sebbene ormai da 20 anni buoni il lavoro degli informatici non ha piu’ NULLA a che vedere con la metalmeccanica, ancora ci si ostina a tenere il contratto cosi’ com’e’. Nessun cambiamento. Per l’Italia io sarei una “tuta blu”. Niente in contrario, ma lo era mio padre e non stiamo faticando allo stesso modo: io non sono una tuta blu, e’ chiaro.
Un’altra occasione persa e’ stata quella del telelavoro, ampiamente sfruttato nei paesi che la sinistra ha sempre additato come “belli & buoni”, e che in italia e’ stato disciplinato in modo da renderlo praticamente impossibile, nonostante i vantaggi (ecologici, esistenziali, economici, produttivi) che esso ha.

Allo stesso modo si e’ risposto a TUTTE le sfide lanciate dal mondo moderno: bloccando l’innovazione.

Gli stessi contratti “precari” potevano essere resi meno precari se si fosse reso obbligatorio un percorso formativo: se il datore di lavoro per tenere al lavoro qualcuno con un contratto “atipico” deve pagargl(di tasca sua) un corso di formazione, a lui stesso non conviene poi rilasciarlo  dopo aver investito. Questo e’ il modo col quale i sindacati stranieri hanno gestito i contratti atipici e la flessibilita’. Ma il sindacato italiano NON ha voluto creare una categoria di giovani flessibili e molto specializzati per proteggere i vecchi dinosauri dalla concorrenza dei nuovi arrivati.
Quanto sta accadendo, e il cortocircuito culturale che deriva da un Marchionne che viene censurato dalla stampa per non fargli dire cio’ che e’ scomodo, e cioe’ che potrebbe spostare Mirafiori in Canada, dove gli stipendi degli operai sono piu’ alti che in Italia e il potere d’acquisto pure, dovrebbe essere un buon momento per riflettere sul bilancio dell’attivita’ sindacale degli ultimi 20-30 anni.
Se chiedete ad un sindacalista onesto che cosa sia cambiato , vi dira’ che l’impianto dei contratti di lavoro e’ quello degli ultimi 40 anni. Quello che hanno fatto e’ stato trattare degli aumenti e le pause per andare al cesso e le festivita’. Non hanno cercato di introdurre migliorie, di fomentare il telelavoro, di barattare la flessibilita’ con la formazione : hanno solo cercato di tenere cosi com’erano quelli che c’erano gia’.
Viene da ridere , a vedere lo stesso sindacato che ha partorito l’accordo di Treu che si impunta per dieci minuti di pausa per il cesso in piu’ o in meno: ma che cazzo, avete sbattuto una generazione in strada consegnandola al lavoro atipico, li avete sottoposti a condizioni al cui confronto il nuovo contratto di FIAT e’ paradisiaco, e adesso vi incazzate perche’ Marchionne vuole far lavorare  gli operai  a turni su ritmi continui. E’ sensato?
Negli ultimi 20 anni il sindacato si e’ disinteressato delle PMI e del settore servizi. I contratti per il commercio e per i servizi non hanno ricevuto sostanziali cambiamenti da anni, e l’esempio degli informatici e’ solo la punta dell’iceberg.
Ma non solo: nonostante il fatto che esistano numerosissime associazioni internazionali di sindacati, di fronte alla globalizzazione delle aziende non hanno mai provato a globalizzarsi anche loro. Esistono sindacati in Italia e sindacati in Serbia. Se il problema e’ la minaccia di spostarsi in Serbia, perche’ il sindacato italiano ha problemi a coordinare la trattativa col sindacato serbo? Perche’ se l’industria dice “e io mi muovo in Serbia” il sindacato non puo’ rispondere “e io pure?” Perche’ non si sono globalizzati. Non hanno saputo farlo, non tanto quanto le aziende. Perche’ ogni sindacato, ovviamente, pensa per se’.
Per anni ed anni i sindacalisti hanno spinto perche’ non si parlasse mai di come il meraviglioso “estero” ha gestito le stesse cose. Non hanno mai detto che il sindacato tedesco ha accettato delle forme di contratto flessibile, con la precisa clausola che si assicurassero i precari contro la disoccupazione (circa un 10% dello stipendio finisce in questa assicurazione, che paga in caso di licenziamento.) che si garantisse loro una formazione certificata sul mercato. Il “modello renano” (di cui non vi parleranno MAI) ha si’ permesso diverse forme di orario flessibile, ma ha in cambio richiesto vantaggi collaterali che vanno dalla formazione alla definizione preventiva (e personalizzata) del percorso di carriera e degli obiettivi.
Certo, e’ vero che qui mi richiedono le notti e i weekend e le reperibilita’. Ma e’ anche vero che al momento dell’assunzione puoi mettere nero su bianco che se raggiungi il tale “gate”  in un tale tempo, vieni promosso al rango X, con piu’ stipendio. Quindi hanno detto qualcosa come “l’azienda puo’ richiedere un maggiore  lavoro, a patto di dire in anticipo al lavoratore cosa ci guadagna nel medio termine: se fai il turnista per tot anni, vai avanti prima e meglio di altri”, o roba simile. Alcune categorie hanno avuto la possibilita’ di andare in pensione prima se accettavano turni piu’ duri.
Tutto questo non e’ nemmeno stato discusso, perche’ in Italia la colpa e’ sempre del padrone che e’ obsoleto e mai del sindacato che non chiede le cose giuste. Ma oggi il problema e’ che c’e’ un padrone meno obsoleto che deve lottare col sindacato che vuole mantenere le stesse cose di 50 anni fa.
CGIL puo’ mantenere, per dire, il contratto dei lavoratori dell’ IT come  contratto da metalmeccanico, come tutti quelli che hanno il contratto da “informatico”. Il risultato e’ che ad un certo punto l’azienda  Italiana ha proposto il passaggio da terminalista nel metalmeccanico a terminalista nel commercio, e quasi l’ 80% dei colleghi intende aderire.La sezione tedesca questi problemi non li ha: gli informatici hanno il LORO contratto.
E perche’ in Italia succede la fuga? Perche’ nel contratto del commercio e’ piu’ facile gestire gli orari flessibili, e le festivita’ che non collimano (qui in Germania io faccio feste che non esistono in italia, e viceversa. Non vi dico il disastro a far digerire la cosa in busta paga per la contabilita’ italiana): sono l’unico al  mondo a lavorare per una multinazionale dell’ IT,  o semplicemente il meraviglioso “contratto” e’ obsoleto?
Qui posso chiedere di lavorare da casa anche avendo come causale “maltempo”. Gia’, proprio cosi’: fortunatamente lavoro vicino all’azienda, ma mi e’ capitato di fare mezza giornata dall’ aereoporto di Lione, insieme ad altri colleghi, collegato da remoto. Il punto non e’ che possa diventare la prassi o meno, (ovviamente no)  il punto e’ che al lavoratore tedesco questo non porta alcun fastidio, E’ LEGALE,  mentre il lavoratore italiano ha dovuto fare i salti mortali per far capire ad INPS (che vuole sapere DOVE di preciso si trovi il lavoratore) che ha lavorato da remoto senza delimitare il suo spazio di lavoro con una apposita striscia bianca dipinta sul pavimento tutto attorno alla sua scrivania.
Se mi capita di arrivare tardi o di saltare un giorno perche’ gli aerei sono un rischio , posso recuperare LEGALMENTE le ore , a qualche ora al giorno di extra. In Italia si fa, ma e’ ILLEGALE.
Questi sono i contratti di lavoro, quelle preziose merde rifritte cui i sindacalisti tengono cosi’ tanto: tutto quello che ti serve e’ vietato o vessatorio. L’importante e’ , semmai, quanto tempo hai per andare al cesso.

 

Cosi’, oggi c’e’ una parola che non si puo’ dire:” Canada”.
Non so come faranno, se vinceranno i “no”, a spiegare che Marchionne porta in Canada (e non in Cina o in Schiavonia) la produzione. Non so come faranno a spiegare che la sinistra si e’ opposta a modelli organizzativi perfettamente accettabili (e addirittura richiesti dai sindacati)  in Canada.
Secondo me continueranno a fare come fa La Repubblica, cioe’ menzioneranno sempre e solo la Serbia.
Ma prima o poi qualcuno scoprira’ che i lavoratori serbi e polacchi hanno futuro, si sposano, mettono su casa, spesso sono felici, e capira’ una cosa: che quando una fabbrica chiude , quando non ne nasce una perche’ non c’erano i 13 minuti per il cesso anziche’ 10, qualcuno diventa un precario o un disoccupato.
E da quel momento vive peggio, peggio, molto peggio di uno “schiavo” serbo.
MA ai sindacati interessano i lavoratori col contratto. L’importante e’ di avere il 30% dei metalmeccanici. Che ne restino 10, chissenefrega?
Uriel
(1) Questo non implica un giorno in piu’ di lavoro. Implica semplicemente una turnazione che potrebbe lasciare a casa il lavoratore il martedi’ e farlo lavorare il sabato.
(2) Gli esempi NON sono in discussione, dal momento che servono semplicemente comestrumento espressivo. Chi discute ribattendo un esempio non e’ degno di ricevere risposta.

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