L’immensa banalita’ del bene.

Di Levoivoddin aka Uriel Fanelli 24 febbraio 2003

Credo che se volessimo classificare il ventesimo secolo, il “novecento”, dovremmo scegliere come locuzione “il secolo della banalizzazione del male”.

In questo secolo, da un lato si ergono sentinelle inflessibili (o quasi) alla proliferazione del male, e dall’altro il male si attrezza per superare il loro ferreo controllo.

Cosi’, mano a mano che la scuola universale tenta di diffondere valori, il male adotta tutte le strategie possibili per diffondersi. Nei primi anni del secolo, col nazismo ed il comunismo, il male adotta la formila “un male troppo grande non viene percepito come tale”.Per dirla alla Goebbels, se uccidete un bambino avrete tutti contro perche’ un bambino morto lo “capiamo” tutti. Ma quanti possono capire un milione di bambini morti? Ed ecco che i grandiosi sistemi malefici prendono posizione. Nazismo, comunismo: mali troppo grandi perche’ la loro “sbagliatezza” sia facilmente comprensibile dalla massa. Il male conta di vincere divenendo troppo grande perche’ l’individuo possa capirne l’orrore. Perche’ nessuno di noi sa immaginare 1 milione di bambini morti. E tuttavia, perde. Quei regimi perdono. Con la loro sconfitta, costituzioni e dichiarazioni dei diritti umani si ergono ad immensi guardiani , contro il male. Il male , supposto grande, viene attentamente sorvegliato. Confinato. Schedato. Ma ecco che esso ritorna, banalizzandosi. Un po’ per volta, sotto il nome di “provocazione”,sotto il nome di “novita’”, mirando ad una assuefazione progressiva, il male usa la strategia opposta per superare i grandi bastioni che lo dovrebbero contenere. Si banalizza. Troppo banale per essere rilevato. Ed ecco che la seconda meta’ del novecento diventa il periodo della banalizzazione del male. L’estetica nazista esce dalla propaganda di partito e rientra nelle pubblicita’ concentrate sul corpo perfetto. La dittatura del proletariato torna in tv sotto forma di format popolare. L’abbruttimento dell’uomo , fino al lancio di sassi dal cavalcavia, o allo sterminio dei genitori, viene piano piano instillato sotto forma di veleno BANALE. I diritti della donna , cosi’ faticosamente conquistati insieme ad un briciolo di dignita’, vengono distrutti dal silicone e dall’anoressia. BANALE, troppo banale perche’ un filtro anche evoluto possa fermarlo senza tingersi di censura. E cosi’, ecco la societa’ ur-nazista, protocomunista del 2000. Finalmente si arriva al 2000, sapendo che il male progressivo, banalizzato quanto strisciante ha gia’ raggiunto il culmine massimo ed altro non puo’ fare. Pensiamo quindi, peggio di cosi’…non si puo’ andare peggio. E guardiamo il 2000 come l’anno della speranza. E invece si, puo’ avvenire ancora il peggio.  La banalizzazione del male non e’ di per se’ una catastrofe: e’ un problema. Esso porta alla diffusione del “male”, alla volgarizzazione della massa, alla sua becera insensibilita’ verso lo spirito delle cose, ma niente di piu’. E specialmente, niente che la persona non scelga. Viene da chiedersi se le persone che si adattano a tutto questo siano stati inseminati dal male o se siano (con la loro piccolezza e banalita’) gli stessi semi del male. Ma il suo massimo risultato e’ che gli interessi vengono prima dei valori. Ma non e’ il peggio che possa accadere. Il problema reale, che si sta mostrando sempre di piu’, e’ la banalizzazione del bene. Si e’ iniziato con l’ecologia: per sponsorizzare una caramella ci si faceva scudo dietro la difesa degli orsi polari. Si sono difesi i grandi diritti sotto forma di interesse commerciale. Se prima gli interessi venivano prima dei valori, oggi gli interessi usano i valori come brand come logo. Manca poco alla Fiat Pace 16 valvole, o alla Hiunday Solidariety Turbodiesel “5 marce e terzo mondo”. Se fino a qualche anno fa questo avveniva poco, al giorno d’oggi il no-profit e’ un settore enorme, che muove interessi finanziari spaventosi. Ed ecco , che l’interesse usa i valori come logo, come brand. Se prima avevamo prodotti che usavano un marchio come logo, oggi abbiamo prodotti che usano “il bene” come logo. Spaventoso: il detersivo solidarieta’ che lava piu’ bianco, la crema anticellulite Pace che sfama le donne sieropositive del terzo mondo, la rockstar 13 enne Phellatia Bottoms che canta per le bambine prostitute di rio de janeiro… questo e’ peggio della banalizzazione del male. E’ la banalizzazione del bene. Il bene come merce. La banalizzazione del male e’ una strategia che il male assume per superare le nostre difese. E’ in un certo senso nell’ordine delle cose che “il male” ci provi, e che ci riesca in un certo numero di casi. Ma la banalizzazione del bene? A che cosa serve? Che battaglia porta avanti? A che cosa mi serve vedere persone nelle quali riconosci sconfinate distese di miseria umana manifestare per le piu’ altisonanti delle verita’? Ascolto alla radio di un’associazione che si ripromette di aiutare i bambini ciechi e sordomuti. Solo ciechi e sordomuti? Perche’ non li scuoiate, anche?O che ne so, bambini ciechi e sordomuti e negri ebrei omosessuali sieropositivi. Non e’ meglio? O forse cosi’ si noterebbe la grottesca operazione di banalizzazione del bene che state operando? E quando tutti avranno bambini sfigati per 3 motivi, poi passerete al quarto motivo: ciechi sordi muti e che so diabetici? Che senso ha occuparsene in questo modo, per ordine di grandezza nella “sfiga”? Non sarebbe meglio dividere “fortunati” e “sfortunati” tout court? Forse che aiutare un bimbo sordo cieco e muto e’ meglio o peggio di un bimbo storpio talassemico e autistico? Ecco, ricordano quei mendicanti che storpiano i figli perche’ suscitino piu’ pena e raccolgano piu’ soldi. Banalizzano il bene. Ormai la banalizzazione del male non e’ piu’ il problema. Le generazioni ultime sembra abbiano imparato (o si siano assuefatte) al male, al punto da fermarlo quasi ad istinto, senza sapere di preciso il perche’. Tranne alcune vittime, si intende. La banalizzazione del bene invece colpisce gli adulti. Quelli che hanno ancora qualche anticorpo contro il male, ma nessuno contro qualsiasi cosa si travesta da “bene”. Non mi preoccupa un mondo nel quale molti cadano nelle mani di un male banalizzato: il male miete sempre le proprie vittime. Ma un mondo nel quale il bene non e’ credibile perche’ troppo banalizzato, quello mi fa paura. Temo piu’ un’uomo che non crede piu’ nel bene di che un’uomo che crede nel male. LA Fiat Pace 16 valvole e la crema anticellulite “Amore per il Prossimo” sono dietro l’angolo. Ah, si: se proprio non vi piacciono come modelli, potete sempre rivolgervi a qualche circuito alternativo: c’e’ ogni ben di dio, dalle Opel “Chiapas” alla musica solidale a favore dei bambini ebrei negri sieropositivi talassemici ciechi e sordomuti (nonche’ diciamolo: un po’ sfigati). Adesso vi saluto, vado a farmi una birra. Una bella Gandhi doppio malto, con un po’ di Cristo dentro.Ha quel retrogusto di Pace che la mattina mi da’ la carica. E poi aiuta le prostitute dodicenni brasiliane. Non so come , ma Phellatia Bottoms ha detto che lo fa, e lei l’hanno fotografata a lourdes. Cioe’, non so se mi spiego. O meglio: e’ come vi vedo. Non vi accorgete che state diventando cosi’? Avete trasformato il bene in una merce. Se foste solo sostenitori del male, potrei limitarmi ad odiarvi. Ma cosi’, non riesco a non disprezzarvi.

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