L’identita’ politica.

C’e’ un particolare aspetto del disastro italiano che non viene mai esaminato, e che sto iniziando a notare pesantemente negli ultimi giorni, riguardo all’ Italia. E lo noto principalmente perche’ sto parlando di politica con tedeschi, e la differenza pesa molto. Il problema e’ quanto l’ italiano tragga il concetto di se’ dalle proprie idee politiche, cosa che porta a dei comportamenti che trovo snervanti.

Se girate per il mondo, ed evitate la gente impegnata, vi renderete conto con una certa facilita’ di quanto la politica diventi essenziale per la persona comune italiana. Nel resto del mondo esistono ovviamente persone impegnate, e le persone politicamente impegnate si comportano piu’ o meno come l’italiano medio, ma esclusi questi – che sono di fatto dei fanatici – tutto quello che vedete nelle persone e’ un approccio alla politica del tipo “la politica e’ una cosa che penso”.

In questo senso, la politica non viene scambiata per qualcosa che fa parte del se’, ma di un effetto del se’: domani si puo’ cambiare partito e voto come si cambia un vestito. Certo, prima mi piaceva , ma oggi non piu’.
D’altro canto, l’italiano , come spesso fa l’europeo “impegnato” , tende a scambiare la politica per un sistema di valori fondanti l’individuo, e di conseguenza scambia la politica per la religione. Fatto questo, pretende di trarre dalla politica la propria identita’.
Cosi’ come, secondo Paolo di Tarso, il cristiano e’ chiamato ad essere “Alter Jesus”, cioe’ un altro Cristo, dunque gli viene fornita una precisa istruzione su che persona ESSERE, il messaggio politico viene scambiato per un preciso percorso esistenziale, ovvero si pretende di trarre la propria identita’ dalla posizione politica.
L’intera vita di relazione dell’ Italiano viene prodotta da questa religione laica, o se vogliamo dalla seconda religione, al punto che una domanda relativamente rara per un tedesco “ma sposeresti una persona di idee politiche diverse” diviene pregnante: la politica ti dice cosa essere, dunque cosa fare.
 Che cosa succede quando l’orizzonte di relazioni e di punti di riferimento viene in qualche modo aggredito? Che cosa capita quando qualcuno  – come ho fatto di recente – osa contraddire l’insieme di precetti parareligiosi che formano l’ IO italiano? Succede che l’italiano sente aggredita la propria identita’, ovvero l’immagine che ha di se e l’insieme di cose che fanno di lui cio’ che e’: da quel momento inizia una lotta di astuzia dialettic – che personalmente trovo snervante – tesa a dimostrare che il filmettino che ha sempre considerato vero sia davvero una mappa del mondo.
L?italiano, cioe’, non puo’ cambiare partito quanto non puo’ cambiare religione: non puo’ perche’ gli sarebbe piu’ facile cambiare nome e cognome. Troppe cose da andare a ridiscutere.
Se prendiamo per esempio i due articoli precedenti, mi sono reso conto di essere entrato in un terreno minato non tanto per gli insulti ricevuti – chissenefrega , sai che novita’ – ma per l’atteggiamento ipocrita e gli stratagemmi dialettici usati per difendere non tanto l’ideale, ma il proprio io.
Se prendiamo per esempio il discorso del fascismo, quello che ho detto non e’ una novita’ per gli storici. E’ arrivato il 1917, ed un movimento prima osteggiato ma sopravvalutato riesce  a fare una rivoluzione , e non in un piccolo stato: in quella che comunque era una delle potenze del periodo.
Questo galvanizza i militanti europei, e se prima il socialismo era cosi’ sottovalutato che Lenin viene mandato in Russia senza minimamente temere gli effetti della rivoluzione, dopo il 1917 le borghesie europee sono sconvolte.
In Italia il socialismo aveva preso dei caratteri aggressivi,  e i capi incitavano ad una rivoluzione (e a continui scioperi con appropriazione delle fabbriche, poi sgombrate dalla polizia in maniera poco delicata dopo aspre battaglie) che i borghesi italiani temevano.
C’era poi una classe di lavoratori dominante, che erano i contadini. Essi erano il 95% della popolazione, fornivano gran parte delle camicie nere di Mussolini ma non volevano fare nessun tipo di rivoluzione in stile sovietico. L’idea di massacrare un padrone che di fatto possedeva poco piu’ di loro non gli interessava.
Le prime classi della piccola borghesia non si sentivano rappresentate ne’ dai socialisti, dai quali temevano le persecuzioni contro i “kulaki” ne’ dal capitalismo che Mussolini rappresentava come pantofolaio.
Ora, la caratteristica del fascismo fu di entrare nel dibattito proponendo una terza via, ovvero una societa’ pacificata. Qualcuno mi ha attribuito il termine “pacifica” , perche’ si e’ sentito aggredito, ma non ho mai detto che il fascismo fosse pacifico. Quando dico “pacificata” intendo una societa’ priva di lotte di classe.
Essenzialmente la “proposta politica” fascista era rivolta a tre entita’:
  1. Si proponeva alla borghesia una societa’ senza rischio di rivoluzione, in cambio di qualche tassa in piu’, che i borghesi non disprezzavano di pagare (all’epoca). Si doveva costruire un welfare possente che togliesse rabbia e disperazione ai piu’, e i pochi capi  rimanenti sarebbero stati manganellati.
  2. Si proponeva alla classe media , che non aveva potuto accedere alle scuole “alte”, una cultura elettrizzante, futurista, facile da comprendere e (1) contemporaneamente ammantata di cultura. Si proponeva anche una specie di nobilitazione sociale con una riforma scolastica che avrebbe dato al ceto medio la possibilita’ di studiare.
  3. Si proponeva alle classi basse una emancipazione , sin da bambini coi campi solari , per poi passare dalla nuova scuola sino ai GUF, si proponeva ai vecchi -prima abbandonati a se’ o gravanti sulla famiglia – una pensione, si proponeva cassa malattia, ospedali , una riforma agraria, un programma di modernizzazione, e specialmente senza bisogno di versare sangue, idea che non piaceva ai contadini italiani di estrazione cattolica.
Il risultato fu l’unicita’ della proposta fascista. Fu la peculiarita’ ideologica: societa’ pacificata non significa societa’ senza violenza o societa’ pacifica o pacifista: significa semplicemente senza lotte di classe come disegnate dalle sinistre.
 Quando dico questo, ovviamente sto negando l’universo ideale di molti che si dicono di sinistra. Dire che il fascismo fu semplicemente lo squadrismo e che regno’ per via della violenza fa parte della loro identita’. Negare che ci siano stati motivi oggettivi e novita’ ideali che potessero piacere a TUTTA la societa’ dell’epoca va a colpire la loro identita’.
Loro credono di ESSERE quelli che si oppongono ad un regime che e’ solo manganello e dittatura. Scoprire di non ESSERE queste persone, ma di essere non solo abitanti di infrastrutture fasciste – quali sono le societa’ e le economie moderne – e di averle considerate “di sinistra” per errore significa dover ammettere di essere -almeno in parte- fascisti.
Ovviamente nel 22 dopo Internet la domanda e’ ridicola: siete piu’ per Mario o per Silla? Siete piu’ guelfi o ghibellini? Siete per i sassoni o per gli angli? Vi sentite piu’ ariani o piu’ ortodossi?  Siete per gli orazi o per i curiazi? Siete giolittiani? Sono tutte domande senza senso, perche’ per l’italiano essere per Giolitti significherebbe aderire anima e corpo ad un sistema di valori identitario, e identificarsi con Giolitti e’ difficile. Nella media, l’italiano non sa nemmeno chi sia stato.
Figuriamoci Silla o Mario.
Cosi’, arrivano tutti gli espedienti dialettici del caso. Il punto e’ per prima cosa di dimostrare che il fascismo non invento’ un’ideologia. Poi di affermare che alla fine l’unica sua caratteristica fu la violenza. Insomma, bisogna ridurre tutto all’immagine che hanno di se’: essere gli unici a stare dalla parte del welfare, di averlo inventato nella forma in cui e’ oggi.
Ho scritto che la peculiarita’ del fascismo fosse il fatto che il welfare era usato come sistema invasivo per bloccare lo scontro di classe, e per questo era unico. Forse per qualcuno la frase e’ troppo lunga per essere capita tutta insieme, ma la cosa che rende il welfare fascista straordinario ed unico e’ il fatto di essere concepito per togliere consensi alla lotta di classe.
Ho scritto questo nel post precedente quando ho scritto che il welfare non e’ certo novita’ del fascismo, ma e’ una novita’ il suo utilizzo ed il suo scopo. Ma questo non basta: alcuni italiani si sono sentiti toccati nell’identita’: essi attribuivano a se’ stessi, ovvero alla fazione cui appartenevano, la creazione del welfare moderno – che nasce ESATTAMENTE allo scopo di fermare la lotta di classe , e per questo viene mantenuto dagli alleati in funzione antisovietica – e’ fascista. Chi si sente parte di questa creazione , quindi, e’ fascista: se foste di sinistra il vostro scopo non sarebbe FERMARE la lotta di classe violenta , la tensione e la rivoluzione, bensi’ di favorirle.
La cattiva fede di queste argomentazioni e’ chiara quando si nota che si stia discutendo della paura della rivoluzione senza tenere conto che la rivoluzione sovietica avviene nel 1917. Ma il mio interlocutore, troppo spaventato di perdere la sua identita’ di welfare=sinistra, non si preoccupa di affermare che la paura della rivoluzione dovesse essere per forza identica PRIMA della rivoluzione e DOPO che essa era avvenuta, diventata notizia e finita nei giornali. Insomma, tutti temevano di fare la fine dello Zar, sia dopo che prima che lo Zar venisse fucilato, perche’ non si mette nel discorso la data dell’evento terrificante, mentre di discute dell’evento terrificante.
Lo stesso e’ capitato quando ho mostrato come la quantita’ di assenze tra i parlamentari richiede , per una attivita’ che continui cinque anni , che i parlamentari si accordino sulla presenza in aula. Dal momento che la dominanza del PDL sul PD era grande ma non il 30% dei parlamentari, e’ ovvio che una media di assenze del 30% mettono il PDL nelle condizioni di sperare che il PD si assenti in aula.
E non c’e’ niente da fare a riguardo, perche’ in ultima analisi la fine di ogni procedimento e’ la votazione, cioe’ una sommatoria. Ma l’italiano di sinistra era convinto di essere all’opposizione e di aver per questo la coscienza pulita. (2) Chiaramente, gli riesce impossibile cambiare identita’ e diventare qualcosa di simile a Berlusconi. In questo senso, sono scattati tutti i sotterfugi possibili per ottenere con la dialettica cio’ che i numeri non consentono.
Se l’assenteismo e’ maggiore del vantaggio numerico del tuo schieramento, il che e’ una condizione che avveniva, hai bisogno al momento del voto di un accordo che ti consenta di rimanere prevalente. E’ semplice. E’ una semplice disequazione.
Ma con le parole e’ tutto piu’ difficile, e se la stessa sommatoria la chiamiamo “fiducia” forse le cose cambieranno. Se la sommatoria la ridefiniamo come “complessa procedura parlamentare” forse le cose cambieranno.
Palle. Una sommatoria e’ una sommatoria. E il dilemma  dei due prigionieri rimane cosi’ com’e’. Se io non so quanti si assenteranno dei miei e quanti si assenteranno degli altri, non raggiungo mai la decisione di proporre il voto.
Invece di voti ce ne sono stati, e la percentuale di assenze non permette di dire che tutti siano stati presenti per tutte le votazioni. E’ chiaro che se su 126 leggi ne passano 126 e in tutto i giorni sono 289, il parlamentare che ha fatto meno del 57% di presenze e’ mancato a qualche votazione. E di questi parlamentari ce ne sono a sufficienza  da rendere ignoto l’esito delle votazioni, visto che i casi peggiori arrivano al 97% di assenze.
Ma ovviamente questo va a minare l’identita’ dell’italiano che CREDE di essere parte, dunque di essere qualcosa, di un partito di opposizione.  Egli CREDE di ESSERE qualcosa di diverso, e quindi non puo’ sopportare che l’orizzonte attorno a lui cambi e lui finisca con “gli altri”. Eppure, i numeri sono quelli.
LA malafede emerge anche in questo caso quando mi si accusa di aver detto che l’80% dei parlamentari sia assente, quando ho detto che esistono parlamentari assenti oltre l’80% del tempo, che e’ una cosa diversa.
Questa montagna di merda, che ho gia’ illustrato in un altro post , la teoria della montagna di merda, e’ tale che non mi aspetto di venirne a capo. Dovessi spalare tutta la merda che si puo’ produrre, non finirei piu’.
Tutto quello che mi limito a dire e’ questo: potete fregare tutti per qualche tempo, potete fregare qualcuno per tutto il tempo, ma non potete fregare tutti per tutto il tempo.
 Potete pensare di essere membri di un partito di opposizione quando non e’ mai stato vero , potete pensare di essere i bianchi che combattono contro i neri, e potete guardare il welfare moderno come se fosse una costruzione socialdemocratica, che siete voi, e quindi il welfare e’ merito vostro.
Ma ci sara’ sempre qualcuno a questo mondo che vi guardera’ con un certo compatimento, che vi considerera’ per quello che siete, e nel caso dovesse prendere delle decisioni non partira’ dalle vostre parole, bensi’ dalle sue proprie idee.
Per esempio, Grillo lo sta facendo. Potete fare blablabla quanto volete con lui, anzi nemmeno perche’ quello vi insulta – ottima strategia per stroncare discorsi di merda sul nascere – ma le sue decisioni le ha prese: voi del PD siete il PD meno Elle, e non siete diversi da Berlusconi. E cosi’ si comporteranno. E se pensate di essere migliori degli altri, beh, loro hanno deciso – lo diceva Nenni: arriva sempre il puro piu’ puro che ti epura – che il PD non e’ il partito dalle mani pulite, ma quello che si sporca le mani coi contributi ai partiti. Fine.
Io sono meno drastico sul piano politico – anche i grillini prendono questa cosa come religione – ma la cosa non cambia.
Non vi credo, tutto qui.  Siete molto peggiori di quel che credete. E la vostra identita’, detto come va detto, fa un pelo cagare.
Persone che hanno bisogno di un partito per sapere chi sono, secondo me, non sono proprio niente.
Uriel

 

(1) Lo fece anche Hitler, che odiava la Kultur , “nessuna opera che richieda settimane di spiegazioni dovra’ mai finire ancora nelle mani dei tedeschi”.
(2) Un signore di qui mi ha detto che “pochi hanno votato Hitler, ma le bombe sono cadute su tutti”. Chissa’ quando l’italiano capira che aver votato contro non e’ una giustificazione. Forse sono cadute troppe poche bombe.

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