Liberta’ di qui e di la’.

Mi viene chiesto di spiegare che cosa sia per me la liberta’ (in relazione alla storia della censura del web) , e siccome si tratta di una domandina facile facile <grin> la prima cosa che mi veniva da rispondere era “tutto qui? E nel tempo libero cosa dovrei fare?”. Lo dico perche’ alla fine il tema della liberta’ e’ stato dibattuto negli scorsi 5000 anni un pochino dappertutto, e nessuno ci ha cavato un ragno dal buco.

In realta’ giudicare gli insuccessi altrui e’ molto piu’ semplice che ottenere un successo, cosi’ posso capire con estrema chiarezza dove abbiano sbagliato molti filosofi del passato, ovvero nel cercare di definire la liberta’ come fatto, quando non come assoluto. Una volta partiti da questo assioma scorretto e antinomico, si finiva sempre in una dimostrazione circolare ogni volta che si notava che ci fosse di mezzo in qualche modo la volonta’ delle persone, il che riduce tutto al mondo delle opinioni.

Sarebbe stato meglio, a mio avviso, affermare che la liberta’ sia un’opinione. Il problema e’ che questo otterra’ un levarsi di scudi da parte dei libertari, perche’ di solito chi vuole limitare la liberta’ per prima cosa dice “la liberta’ e’ un’opinione”, e poi dice “guarda caso, proprio la mia opinione”.Il timore che qualcuno ti tolga la liberta’ ha portato molte persone nello stato di agitazione compulsiva ogni volta che si e’ tentato di discutere della liberta’ come concetto meno assoluto dell’assoluto stesso.

I sostenitori di questo modello di liberta’ continuano a sostenere che la liberta’ sia lo stato di assenza di costrizioni o divieti, ma alla fine si tratta di una definizione che dura pochissimo; nessuno mi vieta di comprare una Bentley, non esiste una norma o una forza che me lo impedisce, se non le regole dell’economia. Del resto, nell’economia senza soldi non esistono squilibri nella proprieta’, e quindi non e’ possibile spostare valore verso una singola automobile in quel modo. Cosi’, se mi trovo a non comprare una Bentley e’ proprio perche’ essa puo’ esistere cosi’ com’e’ se e solo se io non la posso comprare. Non per niente per indicare molti prodotti si usa il termine “esclusivo”: se fosse per il mero mercato, ogni prodotto avrebbe lo scopo di vendere piu’ possibile, e quindi non dovrebbe esistere un filtro che riduce il numero di compratori; il concetto di “esclusivo” serve solo a limitare una liberta’; escludendo qualcuno dal fare qualcosa che vorrebbe. Insomma, la Bentley esiste perche’ e’ esclusiva, (1) cioe’ perche’ viene limitata la liberta’ di comprarne una.

E’ molto difficile anche identificare la liberta’ come l’assenza di divieti, nel senso che per esempio una donna potrebbe vietarmi di sodomizzarla in ascensore, e se anche questo mi toglie liberta’ non e’ percepito come un grosso limite alle mie liberta’.

Potremmo discutere di questo per millenni, ed ogni definizione troverebbe un caso negativo.

L’unica intuizione che trovo interessante viene dalla costituzione americana, che nell’intenzione di essere liberale dice che l’individuo ha il diritto  di cercare la propria felicita’. Di per se’ appare una condizione piuttosto banale: anche il detenuto cerca la felicita’, anche il torturato, anche il moribondo; di per se’ la ricerca della felicita’ e’ una volonta’, un processo interiore, e io posso decidere di cercare la felicita’ a partire da qualsiasi condizione.

Ma quell’espressione e’ importante, a mio avviso, perche’ mette un intento libertario (quello di cui scrive la costituzione americana) in relazione diretta con un concetto altrettanto astratto: la felicita’.

E’ interessante perche’ mi permette di fare un esperimento logico, per esplorarlo in seguito:

Un individuo e’ libero quando non prova alcun senso di infelicita’ dovuto esclusivamente ai divieti ed agli obblighi  cui e’ soggetto.

Questa definizione di felicita’ ovviamente scontenta tutti, e questo mi spinge a considerarla potenzialmente logica: di solito le cose logiche non soddisfano del tutto nessuno. Ovviamente non e’ una prova a priori , ma almeno un “fumus”, me lo concederete.

Non piace perche’ e’ assoluta. Al vaticano potrebbe piacere l’affermazione secondo la quale se obbedire ciecamente ai precetti della chiesa non ti rende infelice, allora sei libero. Il problema e’ che ne conseguirebbe che se ti senti infelice per quegli stessi precetti, allora non sei libero.

Cosi’ come non piacera’ molto nella discussione circa il tamponamento di civilta’. Indubbiamente se costringessimo una donna educata all’occidentale a sottostare alla Sharia, non sarebbe felice dei divieti e degli obblighi, per cui non sarebbe libera. Il guaio e’ che milioni di donne invece sono felici di quei divieti e di quei precetti, dunque sono libere.

Il fatto che io abbia legato il concetto di liberta’ al concetto di felicita’ rende difficile la valutazione bilanciata della cosa. La gente potrebbe essere felice per tantissimi motivi, se per esempio una norma liberticida colpisse solo i propri nemici, o se una persona e’ felice perche’ nonostante la prigionia riesce a realizzare un obiettivo. Poiche’ la felicita’ e’ a sua volta una condizione esistenziale, possiamo escludere tutti i fattori contingenti alla felicita’ e tentare una definizione anche migliore.

Proviamo cosi’:

Un individuo e’ libero quando valuta positivamente la somma di  divieti e di obblighi cui e’ soggetto.

Con questa definizione abbiamo coperto un pochino di casi in piu’. Nel caso della donna che mi vieta di sodomizzarla in ascensore, da un lato potrei dire che il divieto mi renda infelice per via delle mie pulsioni; dall’altro converro’ che una simile regola sia tutto sommato sensata perche’ tiene conto anche della sua liberta’, che sarebbe inficiata dall’obbligo di farsi sodomizzare quando non lo desidera.

Questo a sua volta pone gli stessi problemi di prima: i religiosi ameranno il fatto che se i propri adepti considerano positivi i precetti religiosi allora saranno definiti liberi; odieranno il fatto che saranno chiamati liberticidi ogni volta che provano ad imporli su chi non li vuole.

Una simile definizione spiega l’esistenza di persone che , cresciute in societa’ prive di liberta’, ed ivi educate, non percepiscano la propria mancanza di liberta’, poiche’ hanno un giudizio positivo dei divieti e degli obblighi cui sono tenuti.

Se esaminiamo il caso del singolo individuo, una simile definizione spiega praticamente tutti i fenomeni che conosciamo. Spiega il senso di solitudine di coloro che vorrebbero di piu’ e sono circondati da gente felice del proprio status quo, spiega perche’  nessuno si senta prigioniero in alcune societa’ ove divieti ed obblighi sono stravaganti, spiega per quale motivo i cattolici si sentano liberi di fare come dice il Papa.

Di fatto, basta infrangere un assioma piovuto arbitrariamente dal cielo , secondo cui la liberta’ sarebbe un fatto misurabile e non una semplice opinione, e sono possibili moltissime definizioni della liberta’ a partire da una semplice opinione. Il problema semmai viene quando ci sforziamo di allargare delle definizioni buone per gli individui ad una societa’ intera.

Possiamo prendere l’ultima definizione di liberta’ che ho dato, che si adatta praticamente a tutti i casi noti, e cercare di generalizzarla ad una societa’.

Un individuo e’ libero quando valuta positivamente la somma di  divieti e di obblighi cui e’ soggetto.

Se proviamo a generalizzare questo concetto, ci scontriamo con un primo fattore. Il fatto che su scala sociale la liberta’ e il suo opposto non siano del tutto complementari. Prendiamo due affermazioni simili, che si basano sulla definizione individuale di liberta’.

Una societa’ e’ libera quando il numero di persone libere e’ il piu’ alto possibile.

e poi

Una societa’ e’ libera quando il numero di persone non libere e’ il minore possibile.

Apparentemente, per un principio di complementarieta’, sembrerebbe che le due cose siano identiche. In realta’ non e’ del tutto vero. La prima affermazione e’ vera per esempio negli USA. Una grossa parte delle persone e’ libera di fare praticamente tutto, mentre una minoranza vive in condizioni tali da non poter fare nulla. (2) Questa societa’ e’ apparentemente libera, con la sola piccola eccezione di coloro che (ma sono una minoranza) non lo sono. Poiche’ stiamo misurando solo i liberi (la prima proposizione e’ una proposizione sulle persone libere) , abbiamo soddisfatto il requisito. Ma non abbiamo una societa’ che definiremmo libera.

Questo avviene perche’ esistono dei casi di relazione nei quali la liberta’ di A non corrisponde a quella di B. Se torniamo all’esempio della sodomizzanda di prima, la mia liberta’ consiste nella sua mancanza di liberta: l’equilibrio che si ottiene potrebbe soddisfare una maggioranza di maschi su una minornza di sodomizzande. L’esistenza di situazioni di antagonismo fa si’ che un’ottica parziale diventi pericolosa.

Per questa ragione il secondo enunciato ha ancora piu’ difetti: non appena ci sforzassimo esclusivamente di soddisfare i desiderata di una minoranza di insoddisfatti , nei casi di antagonismo otterremmo che una minoranza di uomini arrapati preverrebbe su una maggioranza di donne poco attratte dall’idea della sodomia coatta.

Siccome abbiamo due condizioni di minimo e una situazione di antagonismo, l’unica soluzione che trovo sensata sul piano logico e’ questa:

fatta salva la mia definizione di persona libera,

Un individuo e’ libero quando valuta positivamente la somma di  divieti e di obblighi cui e’ soggetto.

allora per risolvere i casi di antagonismo posso scrivere questo:

Una societa’ e’ libera quando il numero di persone libere e’ il piu’ alto possibile E   il numero di persone non libere e’ il minore possibile.

Questo risolve il caso dell’antagonismo, dicendo che se vogliamo una societa’ libera non solo non possiamo aumentare la liberta’ di molti ai danni di una minoranza, ma non possiamo nemmeno chiedere alla maggioranza di sopportare i capricci di una minoranza.

Questa potrebbe essere una definizione efficace, se non fosse che abbiamo dimenticato il caso opposto all’antagonismo , cioe’ la cooperazione. Supponiamo che voi vogliate pattinare. Siete tuttavia in un luogo ove nessuno pattina. Cosi’ vi mettete a pattinare, che non e’ vietato, ma siccome la vostra passione non e’ condivisa non trovate mai le ruote con la morbidezza giusta, non potete chiedere al comune di farvi una pista di pattinaggio, eccetera.

In questo caso non c’e’ ne’ un precetto ne’ un divieto : nel caso di antagonismo la signorina vi vietava di sodomizzarla, oggi nessuno vi vieta di pattinare. E’ la situazione nella quale ci trovavamo noi geeks negli anni 80: nessuno ci vietava di essere appassionati di computer, e’ solo che dovevi fare 45 km per comprare un floppy.

Nel caso in cui il problema e’ che non ci sono abbastanza persone che sono felici di partecipare ad una qualsiasi attivita’ perche’ l’attivita’ abbia senso, il problema rimane irrisolvibile; se avessimo obbligato tutti a vendere floppy per noi pochi geeks, il costo economico avrebbe scontentato la maggioranza; non facendolo, eravamo scontenti noi che eravamo una minoranza. Tuttavia non esisteva alcun antagonismo esplicito, tantevvero che quando tutti hanno voluto i floppy , li avevano anche i tabaccai e i supermercati.

E questo e’ il tema ancora irrisolto , ovvero cosa fare se la tua valutazione dei precetti e dei divieti di una societa’ e’ negativo, ma non c’e’ alcun modo di modificare la situazione se non togliendo liberta’ ad una maggioranza o ad una minoranza. Il problema e’, secondo me, irrisolvibile: nessuna definizione individuale di liberta’ puo’ garantire la stessa soddisfazione agli altri individui , e nessuna definizione sociale di liberta’ puo’ garantire sia i casi ove il problema e’ l’antagonismo che quelli ove il problema e’ la cooptazione.

Siccome non voglio piu’ discutere di politica, e’ sufficiente per me dire che la penso come ho detto sopra. La liberta’ dell’individuo e’ semplicemente una valutazione di sintesi sull’insieme di divieti e obblighi in vigore. Sul piano sociale, possiamo trovare una soluzione ai problemi di antagonismo (quando la mia liberta’ inficia quella di un altro) ma non a quelli di cooperazione (quando la mia liberta’ richiede la cooperazione di qualcuno) .

Mancando nel tema della liberta’ un lato oggettivo o assoluto, si tratta di opinioni, e come tali non c’e’ nulla di strano se sono soggette a dibattito politico. Del resto, se e’ vero che una minoranza non possa venire vessata da una maggioranza, e’ anche vero che una maggioranza non possa venire vessata da una minoranza.

Il che toglie alla maggioranza il diritto di opprimere le minoranze, ma toglie alle minoranze il diritto di molestare la maggioranza.

Uriel

(1) Se non fosse uno status symbol, nessuno comprerebbe quelle automobili. Costi di manutenzione altissimi, consumi alti, manovrabilita’ infima, motori non  eccelsi,  non cosi’ robuste , eccetera.

(2) Una regola che ponga dei prezzi per l’istruzione equivale a vietare ai poveri di istruirsi. Se proiettiamo tutte le leggi sull’indice “liberta’/non liberta´”, molto del liberismo si traduce in una serie interminabile di divieti fatti ai poveri.

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