Lezioni di caccia al revisionismo.

Un “acceso” diverbio con un simpatizzante neonazista mi ha fatto toccare con mano alcune delle tecniche preferite dai revisionisti. Si tratta di tecniche probabilmente studiate per trovare ragione dialettica al di fuori dagli ambienti accademici, che oggi si avvalgono dell’impareggiabile uso di Google.

 

Un “acceso” diverbio con un simpatizzante neonazista mi ha fatto toccare con mano alcune delle tecniche preferite dai revisionisti. Si tratta di tecniche probabilmente studiate per trovare ragione dialettica al di fuori dagli ambienti accademici, che oggi si avvalgono dell’impareggiabile uso di Google.

Ho sempre pensato che in ultima analisi un revisionismo possa venir contestato appellandosi a due cose:

  • Metodo di ricerca, ovvero una discussione epistemologica sui metodi usati per arrivare alla conoscenza.
  • Oggettivabilita’ dei dati.

In ambiente accademico, tutto cio’ e’ sicuramente vero. Per quanto riguarda il primo punto , l’ambiente accademico si considera tale proprio in quanto condivide gli strumenti epistemologici.

Di conseguenza, sebbene ci sia poca discussione sul metodo, sicuramente c’e’ il metodo. Pochi sconvolgimenti possono cambiare l’approccio del mondo accademico, di solito si tratta di scoperte o  di opere dal valore scientifico epocale.

Il secondo punto, l’oggettivabilita’ dei dati, e’ a sua volta frutto di una convenzione. E’ ovvio che possiamo considerare valido un esperimento se un certo numero di laboratori lo convalidano, decidere che se qualcosa e’ valido a Boston, a Mosca e a Tokyo allora e’ valido anche su Marte e’ una decisione arbitraria, in fondo nessuno ci ha mai garantito che le leggi della fisica siano uguali in tutto l’universo.

Poiche’ abbiamo poco a che fare con il resto dell’universo, facciamo cose presuntuose come decidere che conosciamo la “legge di gravitazione universale” quando in realta’ mentre scriviamo tale legge (intorno al 1700 se non erro ) dell’universo possiamo osservare pochissimo.

Non sarebbe nemmeno strano scoprire che esistono fisiche locali, ma la cosa certa e’ che fino a quando non ci avremo realmente a che fare , potremo considerare universali delle cose che sono reali solo nel nostro cortiletto di casa. In questo senso parlo di oggettivabilita’ e non di oggettivita’; rimane il fatto che l’ambiente accademico condivida anche dei criteri di oggettivabilita’ della conoscenza.

Stabilite le due convenzioni sul metodo e sul dato, ciurlare nel manico diventa davvero impossibile; per questa ragione di solito i revisionisti vengono rapidamente espulsi dall’ambiente accademico.

La rivolta dell’ambiente accademico e’ totale proprio nella misura in cui il metodo e il dato sono convenzionali, ovvero condivisi; questa unanimita’ spesso si presta ad accuse e complottismi. Una saggia regola talmudica (1) prescriveva che una sentenza unanime fosse inaccettabile, perche’ troppa sicurezza espone ad errori, quindi occorreva uno della giuria che votasse contro; questo probabilmente evitava accuse di complottismo.

Il problema viene uscendo dal mondo accademico; non si tratta di un problema secondario poiche’ il “cittadino comune” ha potere di voto; convincere il cittadino comune di qualcosa che l’ambiente accademico rifiuta significa rendere “verita’ politica” qualcosa che e’ falsita’ scientifica.

Lo strumento principe del revisionista e’ proprio, paradossalmente, l’essere stato espulso dall’ambiente accademico; sapendo di non avere di fronte una personalita’ accademica il revisionista puo’ fare un gioco assai sporco: somigliare ad un ricercatore accademico.

In particolare, puo’ fare due cose:

  • Citazioni. Il revisionista puo’ usare con la persona comune proprio quelle citazioni e quella bibliografia che sono state respinte dal mondo accademico ufficiale; il cittadino comune non ha gli strumenti per respingerle allo stesso modo.
  • Contestazioni.Il revisionista pretende dal cittadino comune che le contestazioni avvengano proprio come sono avvenute nel mondo accademico ufficiale, che lo ha espulso, ben sapendo che non puo’ accadere anche con il cittadino comune ; quest’ultimo non ha i mezzi per fare la stessa cosa.
  • Delegittimazioni dialettiche. Il revisionista delegittima l’interlocutore comune sfruttando le ambiguita’ tipiche del linguaggio comune; la tecnica non funziona nel mondo accademico poiche’ esiste un approfondimento esaustivo per quasi ogni affermazione, ma funziona bene col cittadino comune in quanto egli non dispone di approfondimenti cosi’ esaustivi.
  • Divagazione: inserire altri elementi nella discussione , al fine di prendere autorevolezza dialettica avendo ragione su alcune cose, sostenendo poi che avendo ragione si X si abbia anche ragione su Y. Nel mondo accademico non funziona perche’ il metodo di lavoro e’ condiviso, funziona bene a livello dialettico.

Queste strategie sono consolidate nel mondo del revisionismo, e se costituiscono un’arma formidabile per il revisionista, possono costituire uno strumento eccezionale per chi li avversa; allo stesso modo in cui il mantello della tigre la mimetizza durante la caccia, ma conoscere il mantello della tigre aiuta il cacciatore.

Possiamo stanare il revisionista, anche sotto mentite spoglie, riconoscendo tre strategie nella sua dialettica quotidiana; il revisionista e’ costretto a dibattiti continui , al punto che per assuefazione la sua forma mentis si deforma e acquisisce un assetto riconoscibile.

Possiamo partire dai quattro punti di cui sopra per riconoscere il revisionista:

  • L’uso di citazioni di livello accademico con il cittadino comune. Non serve a nulla citare le fonti con una persona che non ha ne’ il tempo ne gli strumenti per verificare le fonti. Si tratta evidentemente di una strategia disonesta e soverchiante, che in quanto tale e’ sospetta.
  • La richiesta di fonti di livello accademico al cittadino comune. Non ha alcun senso la pretesa di fonti di livello accademico al cittadino comune , dal momento che il cittadino comune non ha ne’ il tempo ne’ gli strumenti per trovare tali fonti. Pretendere che chi contraddice fornisca di continuo fonti di livello accademico, al di fuori di un contesti accademico, e’ disonesto e peraltro soverchiante. L’illusione fornita da Google e da internet in generale, di avere accesso a tali fonti, e’ illusoria poiche’ al cittadino comune mancano gli strumenti di scelta delle fonti.
  • Delegittimazione. Normalmente, un lavoro scientifico innovativo non delegittima i precedenti , ma si limita a fornire una teoria migliore. Qualora si tratti di scienze esatte a volte si paragonano i risultati evidenziando le migliorie e gli errori, ma l’obiettivo NON E’ di delegittimare l’avversario, Immirzi non ha mai voluto delegittimare Hawkins, ha solo proposto la PROPRIA formula. Il revisionista, invece, inizia un lento lavorio di delegittimazione; (es: gli ebrei nei forni erano 5.900.000 anziche’ 6.000.000, le SS avevano o non avevano gli stivali descritti da un testimone), generalmente il lavorio si basa su piccole cose, (es: il 61, 3% e non il 62,5% moriva di stenti), cose che non inficiano la verita’ complessiva della teoria, ma la delegittimano dialetticamente.
  • Distrazione. Il revisionista distrae l’interlocutore introducendo nuove discussioni nella discussione. In una discussione sul Settembre Nero (il genocidio di palestinesi operato dai giordani) , egli introdurra’ una discussione sull’operato della Cina in Tibet e una sulla faida tra Hutu e Tutsi, avendo ragione su quella , potra’ sostenere agevolmente che il Settembre Nero fu opera dei tifosi della Spal, dopo aver detto la verita’ sulla Cina e sugli Hutu, sembrera’ piu’ credibile quanto dice sui giordani; potra’ fare anche il contrario contestando gli avversari su questioni terze, e poi prendendo la contestazione su questi argomenti come autorevolezza per contestare l’avversario su verita’ delle quali non si e’ parlato.

In generale, quindi, un ottimo metodo per riconoscere la mentalita’ revisionista e la cultura revisionista consiste nel riconoscere questi quattro metodi, e’ portatore di revisionismo   colui che sbandiera fonti accademiche fuori dal mondo accademico, che richiede fonti accademiche fuori dal mondo accademico, che delegittima l’esattezza degli  avversari basandosi su questioni minori ed irrilevanti, che introduce di continuo nuovi argomenti in una discussione.

La presenza di questi quattro atteggiamenti nella stessa persona e’, a mio parere, pienamente probante: non puo’ essere che un revisionista.

Uriel

(1)cfr. Il talmud, Ed Laterza, R. Cohen . Si trova in libreria in vendita al pubblico, non e’ un testo accademico.

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