Lei non sa chi sono io. E io neanche.

Continuando a riflettere su quanto avvenuto a Milano (e sembra destinato a reiterarsi il 15 dicembre) con gli autoferrotramvieri , affiorano sempre piu’ domande.

Allora, abbiamo detto che non si puo’ vivere a Milano con 850 euro al mese. Cosa verissima, peraltro. E quindi posso dire che simpatizzo con i ferrotramvieri che hanno scioperato , anche bloccando la citta’. No problem se lo sciopero era “illegale”: lo sciopero nasce proprio come atto illegale, per colpire una legalita’ che non garantisce diritti. Non a caso dove nasce, nell’inghilterra industriale, esso viene chiamato “strike”, colpo.

Il problema , pero’, e’ diverso. Con l’euro, e con la falsificazione sistematica del dato inflazionistico, i redditi hanno perso valore. Vero. Ma non sono quello degli autoferrotramvieri. Che non sono certo gli unici a
soffrire di questa cosa. Anzi, poi ci sono i vari co.co.co, i vari interinali, i vari contratto formazione, eccetera. I quali guadagnano anche meno dei colleghi ferrotramvieri, operai eccetera.

In definitiva, possiamo pensare che se gli autoferrotramvieri fossero nella media dei redditi di una certa fascia sociale, molto diffusa, allora tutta la fascia sociale patisca lo stesso disagio economico. Che poi vuol dire poverta’, suvvia.

Il problema e’: come mai tutti gli altri lavoratori non si uniscono a loro? Se lo stipendio e’ basso, cosa si fa? Si sciopera, si lotta perche’ si alzi. Come mai gli altri lavoratori (che guadagnano piu’ o meno le stesse cifre) non si uniscono?

Il qualunquista dice che questo avviene perche’ i sindacati hanno perso autorita’, credibilita’, eccetera. Sebbene il dato sia vero (negli ultimi 25 anni i sindacati sono stati completamente INUTILI a quelli che dovevano difendere) , rimane il fatto che ad un certo punto quelli dei tram hanno deciso di farlo lo stesso, lo sciopero. E del resto, la fame passa ben sopra alla credibilita’ di un sindacato: se non ce la fai ad arrivare a fine mese, sei costretto a lottare per sopravvivere.

Rimane il fatto che gli altri lavoratori siano restii a fare lo stesso, magari in coincidenza con il loro sciopero. Perche?

Alla fine, ho concluso che si tratti sostanzialmente di un problema di “io residuo”.

Non so se avete mai visto le reclame con il Re in disgrazia che continua a vestire la corona sotto un ponte da barboni, con un cameriere altrettanto coperto di stracci, i quali continuano a recitare la parte del Re anche se ridotti in miseria.

Ma quello che voglio dire e’ proprio questo: qualcuno si era montato la testa.

Per tutta la mia infanzia, la ricchezza coincideva con alcuni simboli. “Due macchine”, “casa di proprieta’”, “vacanze all’estero”, “vestito firmato”, “impianto stereo” erano alcune di questi. I “ricchi” le avevano, e noi no.

Improvvisamente tutto bendiddio questo e’ piombato su tutti. Ma anziche’ constatare come alla fine dei conti si fosse ABBASSATO il prezzo di queste cose, tutti hanno semplicemente dedotto di essere diventati ricchi.

E l’orgoglio e’ un assai brutto consigliere.

La mia tesi e’ la seguente: milioni di italiani hanno vissuto il sogno delle generazioni precedenti. Essere ricchi. Avere lo stereo, due macchine, la casa di proprieta’, il vestito firmato. Essere ricchi.

Si erano abituati a rappresentarsi come ricchi. Avevano basato la propria IDENTITA’ su questa certezza apodittica: io sono tra i ricchi. Magari un certo complesso di colpa cattolico li costringeva a ripiegare su termini piu’ “modesti”, come “benestante” o “ceto medio”, ma il dato di fatto e’ che si rappresentavano in maniera opulenta.

E qui viene la risposta alla mia domanda: perche’ queste persone non vanno a manifestare coi ferrotramvieri e stringono i denti?

Ve lo dico io: perche’ andare a manifestare con chi vuole alzarsi lo stipendio equivale ad ammettere, PRIMA DI TUTTO CON SE’ STESSI, di non essere ricchi.

Significa gettare alle ortiche quel vestito psichico di certezze senza le quali tutti si sentono nudi. Poveri.

Guardate la retorica circolante: si dice che “sono aumentati i prezzi”. Ma quando i prezzi aumentano TUTTI, e TUTTO e’ troppo caro, non sono aumentati i prezzi ma sei tu che sei povero.

E questa spaventosa forza , che poi e’ l’orgoglio, unito alla paura di vedersi deboli quando fino a ieri si era “imprenditori”, se non “uno che gioca in borsa”, diviene un muro che impedisce alle altre categorie di
manifestarsi per cio’ che sono: i nuovi poveri.

Questa gente ha paura di non essere piu’ nessuno. Dopo anni nei quali si erano illusi di essere qualcuno, di essere ricchi, di essere quei “signori” che i loro padri guardavano con invidia.

Penso che i ferrotramvieri di Milano, ed iferrotramvieri in generale, abbiano avuto il coraggio di sfondare questo muro, ancora prima di sfondare il muro dell’orario di sciopero.

Il vero momento nel quale hanno compiuto un gesto coraggiosissimo non e’ stato quando hanno anticipato lo sciopero, ma quando si sono incontrati e si sono detti “io non ce la faccio piu’ a tirare fine mese. Sono povero”. Il primo che ha detto questo si e’ sentito rispondere “anche io” dai suoi colleghi.

Riesco a pensare alla sua paura: sentir parlare il bauscia della situazione “che lui si e’ fatto le vancanze quest’estate”. Ognuno di questi italiani poveri ha come l’impressione che gli altri stiano MEGLIO di lui, e quindi di essere il solo sfigato.

Di conseguenza, recita la parte di quello che sta bene anche soltanto per questo: non essere l’unico cane barbone dell’ufficio che “non ce la fa”. E siccome tutti fanno questo, si e’ stabilito un tacito meccanismo secondo cui tutti sorridono, tutti si sforzano di essere fighi e vincenti.

“Tutto va bene, tutto va meglio, che cazzo ci fai ancora sveglio?”

Ebbene, tra i ferrotramvieri qualcuno ha spezzato questo muro. Qualcuno ha detto per la prima volta “io sono povero”. Forse si aspettava di essere deriso ed umiliato. E immagino il sospiro di sollievo che ha tirato quando anche gli altri hanno tolto la loro pietra dal muro di orgoglio borghesoide e hanno ammesso “anche noi”.

Ecco, c’e’ una crepa nel muro.

Adesso ci sono due scelte: deridere queste persone, trattarle come se fossero gli unici pezzenti d’italia ad avere bisogno di un’aumento di stipendio (perche’ noi invece siamo fighi e andiamo a lavura’), e poi
tornare ai nostri drammi economici “lavati in casa” , oppure avere il coraggio di dire “ANCHE IO NE HO BISOGNO”.

Se si fara’ questo, il muro crollera’, e allora le cose cambieranno.

Altrimenti, saremo tutti poveri, ma placcati ceto medio. Bijotteria.

Quello del: “Lei non sa chi sono io. E io neanche”

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