Le donne+

Al post precedente ho ricevuto le risposte che mi aspettavo, e curiosamente ho avuto modo di confermare il mio sospetto, cioe’ che le piu’ convinte sostenitrici del “MIO FIGLIO non andra’ MAI a lavorare in fabbrica” siano appunto donne, cioe’ le madri. Non per nulla quelle che spingono le persone a carriere di studi inutili e dannose sono quasi sempre “professorESSE”, e cosi’ via. Cosi’ come quelle che sostengono quasi sempre i figli che restano a casa sono piu’ le madri che i padri. Perche’? Ne parlavo con Lady Uriel, e alla fine siamo convenuti su una cosa: le madri italiane vogliono restare madri a vita.
Circola tutta una vulgata su questo fatto, secondo cui le madri non vedrebbero l’ora che i figli se ne vadano di casa. In realta’, pero’, nella media cio’ che e’ vero e’ che DICONO di non vedere l’ora, ma non e’ proprio esattamente quel che vogliono davvero.

Il punto del problema e’ che le donne italiane vivono nel mito della regina. Tutto cio’ che sognano e’ di essere regine, ovvero coloro la cui volonta’, ogni volonta’, e’ un ordine. Questo procede cosi’ nella casa natia, dove la mamma -in quanto mamma, cioe’ donna+- gia’ spadroneggia, e ovviamente tende a replicarsi fuori da casa.
Fuori da casa, pero’, queste principesse in attesa di corona scoprono una amara realta’. Sul lavoro, si imbattono quasi sempre col fatto che no, non saranno regine regnanti.(1) In famiglia, si imbattono quasi sempre nel fatto che si devono scontrare con un altro regnante, il quale detiene la parte maggiore -e spesso dominante- del reddito.
Questo tuttavia continua sino a quando non arrivano i figli. Non appena arrivano dei figli, la donna italiana riceve il titolo di “madre”, che nella loro mente ha un valore che descriverei come “donna+”. Non appena ricevuto questo status, credono che in qualche modo esso dia loro dei superpoteri, o almeno una superdignita’, o sicuramente una qualche corona. Se vedete una donna che gira per un mercato col passeggino VUOTO e senza figlio (che hanno lasciato a casa) e’ proprio per la stessa ragione per cui le regine portano una corona o nell’esercito si portano i gradi: occorre necessariamente distinguersi dalle altre sfigate, che non sono regine.
Forti di questo status di donna+, automaticamente diventano -inutilmente- aggressive e stupidamente arroganti, al punto da sfidare persone che sono piu’ forti di loro -tanto quanto prima che partorissero- e che da farsi mandare a quel paese. Alcune di loro hanno addirittura la presunzione di sforare delle leggi della fisica. Tempo fa andammo con una famiglia di amici in un parco giochi tipo Qualcosilandia (2) e ad un certo punto un’auto della colonna si fermo’. Eravamo in una superstrada veloce verso i lidi, ma questa donna+ non ebbe problemi a piantarsi in mezzo alla corsia, aprire lo sportello e scendere verso il centro della strada, lasciando la portiera aperta andare dall’altro lato, tirare fuori un bambino e fargli fare pipi’. Ovviamente attorno a lei le auto sfrecciavano come sanno sfrecciare solo sulle superstrade verso i lidi romagnoli, e ai colpi di clacson la pazza furiosa non faceva altro che rispondere indicando il bambino: come dire “ehi, io sono una donna+, io POSSO , non vedete che ho un bambino, e quindi i superpoteri?”.
Ora, il concetto e’ che le leggi della fisica sono quelle, e rimangono quelle ANCHE se hai un bambino: puoi essere una donna+ quanto vuoi, ma la quantita’ di moto di un’auto in corsa rimane quella. Ma questo, per la donna+ italiana, non e’ rilevante: una volta avuto il “dono” , essa puo’ semplicemente gridare “fermi! in nome del mio essere mamma! E’ un ordine!”.
Cosi’, la regina italiana riceve uno status dall’avere figli, e quando lo ha ricevuto ovviamente non puo’ perderlo. Non se lo puo’ permettere, perche’ e’ troppo comodo. Arriva regolarmente in ritardo al lavoro perche’ “il bambino”, se ne va regolarmente prima perche’ “il bambino”, in casa si fa quello che vuole lei perche’ “il bambino” , e cosi’ via. Le basta nominare il pargolo per avere i superpoteri, e avuti i superpoteri si fa come dice lei. Perche’? Perche’ il pargolo qualcosa.
Avuto un siffatto status, ovviamente la donna italiana non tollera di perderlo. Anche per un altro motivo: essa e’ passata dal rango di donna al rango di donna+, ma se tornasse indietro diciamo quando il bimbo ha 18 anni, diciamo quando la madre ne ha 50, non tornerebbe a “donna”, ma a “donna-“, cioe’ donna con le tette che non stanno su come prima e qualche ruga.
Cosi’, sebbene moltissime donne DICANO di non veder l’ora che i figli se ne vadano, in realta’ ci gongolano e il momento del distacco sara’ un trauma , almeno quanto lo e’ stato Piazzale Loreto per la Petacci.
Innanzitutto, spadroneggiare per casa dicendo “il bambino” non funzionera’ piu’.
Se prima era una cosa come:
  • Ehi, Mario, che cos’e’ questa roba?
  • La radice di due e’ un numero irrazionale, cara.
  • Fai qualcosa, il bambino non sopporta questa cosa. Ha gia’ caldo cosi’!
  • Ma la radice di due rimane un numero irrazionale!
  • Non se ne parla neanche: sai benissimo che il Bambino oggi ha la sua Prima Qualcosa della Sua Vita. Vuoi dargli un trauma?
  • Ma nostro figlio ha 24 anni!
  • Non importa, lo sai che lui e’ Il Bambino, blablabla, il Bambino, lalala, Il bambino, blablabla, io mio figlio lallalla’, blablabla, lallalla’. Tu a tuo figli NON ci tieni, TUTTO il peso e’ sulle MIE spalle!
Ora, succede che dopo che il “bambino” ha lasciato casa, le cose iniziano ad andare circa:
  • Cara, vado un attimo a casa di mio fratello Mario, devo aiutarlo a tirare su un muro in garage.
  • Va bene, a che ora torni?
  • Non so. Al limite vieni anche tu?
  • Va bene, che faccio due chiacchiere con mia cognata.
Cioe’ alla normalita’.
Ora, e’ abbastanza chiaro un fatto: in questa situazione, l’economia psichica della donna+ e’ tale per cui continua ad essere donna+ sino a quando il pargolo (o la pargola) rimangono a casa. Sino a quando rimane a casa, il pupo e’ il Dio di casa, e mamma e’ il suo profeta. Cioe’, il padre non puo’ sapere se il figlio abbia caldo o meno. E’ la donna+ che lo comunica. Cosi’ , se la donna+ ha caldo, non deve fare altro che dire “il bimbo ha caldo ” e zap, siccome lei e’ per il pargolo (anche se ha 30 anni) cio’ che il PApa e’ per Dio, automaticamente non e’ “io ho caldo”, che potrebbe avere come risposta “e io no”. E’ “Dio ha caldo”, che ovviamente ha come risposta “accendiamo il condizionatore”. Non si discute con Dio. Specialmente se il suo profeta si crede investito da una autorita’ divina.
Cosi’, nel momento stesso in cui la gravidanza e’ nota, e nei 35-40 anni che seguono, e’ scritto sia il copione della commedia che il ruolo dei personaggi. Il nascituro e’, assiomaticamente, DIO. O meglio, dogmaticamente.
Una volta stabilito che il nascituro e’ DIO, a quel punto deve avere un profeta, ed e’ ovviamente quello che ha un qualche tipo di rapporto misterico col dio stesso. Se poi il Dio si presta molto ad avere un rapporto di simbiosi col proprio profeta, a quel punto la coppia e’ fatta. Abbiamo un pargolo-dio che  ottiene tutto quello che vuole a patto di dire al suo profeta-mamma che vuole questo e quello. Il profeta-mamma va dal popolo (in questo caso, il padre) a dire quale sia la volonta’ di Dio. Come capita al Papa, succede che qualcuno dei benefici di Dio vadano (almeno in parte) in tasca al profeta stesso, ma questo fa parte del patto di complicita’ tra il pupo-dio e la profeta-mamma.
A questa liturgia si uniscono ovviamente i nonni, che elevano il nuovo pupetto-dio al rango di divinita’ assoluta: se almeno con la profetessa si potra’ discutere di teologia, ovvero di educazione , con i nonni questo non succede: essi formano una classe sacerdotale di tipo ortodosso, per la quale la volonta’ di Dio e’, appunto, una cosa che va fatta.
Il risultato e’ uno schema di questo genere: pupetto-Dio, la mamma e’ il suo profeta, e i nonni il suo sinedrio. Una volta trasformata la famiglia in una Chiesa del Pargolo, il risultato sara’  quello che otterrete con OGNI chiesa, ovvero un’istituzione che bada a preservare se’ stessa.
Ma si da’ il caso che ad un certo punto il pupetto cresca. E ad un certo punto non solo sia pronto ad andarsene, ma si presume che lo voglia. Questo equivale circa a Nietszche che arriva e dice “Dio e’ morto”, ma anziche’ dire questo dice “dio se n’e’ andato con quella la’”. Assai sgradevole, per il Papa. Cioe’ , immaginate che il Papa debba affacciarsi alla finestra  e dire “ehi, io non rappresento piu’ nessuno, Dio se n’e’ andato  per i fatti suoi con quella Ishtar la’, adesso sono di nuovo un tizio qualsiasi”.
Questo e’ esattamente il momento che la madre italiana NON vuole veder arrivare.Si, dice che in effetti lo spera ed e’ il suo obiettivo (cosi’ come la chiesa dice che ad un certo punto verra’ il regno di Dio e non ci sara’ piu’ bisogno di Papi e preti) ma tutto questo , onestamente, non e’ di questo mondo.
Cosi’, anche se le madri italiane non concorrono coscientemente nella produzione di una neotenia, si trovano nelle condizioni nelle quali tuttavia, la neotenia non le infastidisce tanto. Dal momento che la situazione di bambino in casa prolunga il loro stato di madre, cioe’ di donna+, cioe’ di profeta del volere del dio bambino, se anche si tratti di una situazione deprecabile, si tratta di un deprecabile che non va poi combattuto molto.
In realta’, dietro la situazione di molti bambini-principi che non usciranno di casa fino a quando non avranno il posto di lavoro che spetta loro “di diritto” (e nessun posto e’ abbastanza buono, sia chiaro) c’e’ una madre che a parole se ne lamenta, ma spesso e volentieri sta cercando disperatamente di prolungare (almeno in famiglia) il suo stato di donna+, cioe’ di mamma, cioe’ di regina.
Se escludo il mio caso personale ed esamino tutti i casi che osservo di ragazzi che se ne vanno da casa, osservo un fenomeno: a fare resistenza  passiva e’ quasi sempre la madre. La madre e’ disposta ad accettare che il figlio se ne vada di casa se si sposa, per la ragione che questo non presume un vero e proprio allontanamento , e’ una specie di allontanamento debole, nel quale una nuova donna arriva a fianco del pupo e’ comunque una situazione nella quale un’altra donna si appresta a diventare donna+, con l’ausilio della preziosa esperienza della passata donna+. Insomma, da papa a teologa, o almeno a consigliere del papa, con una specifica materia occulta che e’ una specie di complicita’ sacerdotale del tipo “solo noi mamme possiamo capire”.
Anche perche’ il fatto che la neotenia passi dalle mani di una donna alle mani di un’altra non ne certifica l’era adulta: anzi, lo stato di simbiosi permette sempre di dire “e’ come un bambino”. Anche se ha sposato un’altra, la cosa viene vista quasi come un elemento di successione : ad un papa ne segue un’altro, ma il ruolo di Dio verso la vecchia famiglia continua. (almeno finche’ non arriva un altro minuscolo Dio).
Il pargolo che (come me ed un mio cugino) se ne va di casa senza avere una candidata donna+ , e prende in mano la propria vita dice, in maniera esplicita “adesso la tua maternita’ e’ finita”. E la nostra donna italiana si trova priva dello status di donna+, col risultato che torna ad essere una donna di mezza eta’, che e’ sempre vista come donna-.
Quindi non mi stupisce se le grandi sostenitrici del “mio figlio IN FABBRICA non ce lo mando!”. Ma non lo manderai neanche in ufficio, ragazza. E neanche in nessun altro posto. NESSUN posto e’ abbastanza per l’imperatore-dio di casa. E specialmente, nessun posto permette di preservare il tuo ruolo di donna+.

Allo stesso modo, questa mamma consigliera’ (o accettera’ di buon grado consigli a riguardo) sempre il percorso scolastico PIU’ LUNGO, perche’ intende -coscientemente o meno- prolungare il suo status. Un percorso del tipo “cinque anni e poi a lavorare” significa perdere lo status in breve tempo. Un percorso “cinque anni di liceo piu’ cinque di universita’ e poi, forse….” significa garantirsi altri dieci anni di regno.

Niente di nuovo sotto il sole.
Se non un piccolo problema: nel momento in cui nessun piccolo principe e’ disposto ad andare a lavorare in fabbrica, in fabbrica ci andra’ qualcun altro. E se questo qualcun altro e’ cinese, o tedesco, o svizzero, la fabbrica se ne andra’. E al tuo figliuolo sfumera’ anche il prezioso sogno di diventare CEO, o designer, o qualsiasi cosa. Perche’ quando le fabbriche se ne sono andate, con loro se ne vanno anche gli uffici.

E questo NON dipende dai vostri sogni di mamma, da quello che voi desiderate o meno, dalle vostre ragioni. Perche’ al di fuori della vostra mente, il vostro piccolo principe nel 90% dei casi e’ un idiota, non arriverebbe da nessuna parte comunque, e tenerlo a casa non servira’ a dimostrare che il mondo non lo capisce, ma semplicemente a dimostrare che LUI non capisce il mondo.E , a dire, il vero, neanche voi sembrate tanto sveglie.

Uriel
(1)No, all’estero non e’ diverso. La donna italiana all’estero riesce a lavorare, ma non appena tenta di far carriera salta fuori “la regina che e’ in lei”, e  alla voce “delega” salta fuori che nella mente della donna italiana crescere gerarchicamente significhi far lavorare gli altri e dire cosa fare, ma non lavorare in se’. Il risultato e’ che oltre a delegare il lavoro che va delegato, delegano IL PROPRIO, e non appena qualcuno se ne accorge, perdono posto e carriera: come capo deleghi il lavoro del TEAM, ma non il TUO, che rimane TUO e lo devi fare TU, anche se sei una regina italiana. Di donne italiane che fanno carriera all’estero ne vedrete pochine, IMHO.
(2) Esperienza orrenda. Sconsiglio qualsiasicosilandia a chiunque.

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