La teocrazia incombente.

La discussione sulle regole di base della democrazia ha portato a galla la cultura profondamente teocratica del nostro paese, che lotta per annullare i meccanismi di base della democrazia stessa. Per spiegare come , specialmente a sinistra, alberghino residui di teocrazia bisogna spiegare il punto cardine , il punto di svolta tra una teocrazia ed una democrazia.

In una teocrazia si assume, come principio fondante, di sapere cosa sia “il giusto” e cosa sia “sbagliato”. Si assume quindi di avere un criterio di giudizio per il quale sia sempre e definitivamente possibile dire che la tal cosa sia “giusta” e la talaltra sia sempre “sbagliata”. Questo avviene perche’ un ente mitologico, sia esso una divinita’ o un principio (il karma, per esempio) o filosofica (come nel caso del buddhismo o del confucianesimo) viene considerata come fonte del diritto piu’ alta.

Una volta stabilito che sappiamo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, e che perlomeno possiamo saperlo mediante una adeguata indagine teologica o filosofica, la democrazia non serve piu’ : se assumiamo di sapere cosa sia giusto e cosa no, basta fare le cose giuste ed evitare quelle sbagliate. Che bisogno abbiamo di chiedere alla gente quel che ne pensa, dal momento che c’e’ un’entita’ superiore al popolo che sa distinguere il giusto dallo sbagliato?

Morale della storia: ogni volta che assumiamo che esista un “giusto” od uno “sbagliato” che siano definiti da qualche ente di levatura superiore alla volonta’ popolare , sia esso “l’estero”, , “dio”, “il karma” , “la giustizia”, , “gesu’” , “I klingon”, “i principi”, o “l’ideologia” , stiamo usando uno dei requisiti tipici della teocrazia: da qualche parte sta scritto cosa sia giusto e cosa no, basta fare quella roba li’ per andare bene.

Se usiamo questi principi, non stiamo lavorando per istituire una democrazia, ma per istituire una teocrazia, nella quale un gruppo di “ispirati” possono dirvi se una cosa sia giusta o meno, e quindi la volonta’ popolare non conta una cippa. A quel punto, cosa mettiamo in cima a tutto conta poco: che sia Dio o che sia Topolino, se sa distinguere infallibilmente il giusto dallo sbagliato allora e’ una teocrazia.(1)

Se vogliamo una democrazia , invece, partiamo dal presupposto contrario: non sappiamo dire con assoluta certezza cosa sia giusto o che cosa non sia giusto, e ci limitiamo a fare cio’ che accontenta piu’ gente. Dal momento che non sappiamo che cosa sia giusto e cosa no, del resto, non abbiamo molte alternative: o lanciamo una monetina, o chiediamo ad un tizio che si sembra cazzuto, oppure ci sforziamo di limitare il malcontento. Dopo le rivoluzioni del diciannovesimo secolo, si vide che il malcontento poteva diventare un problema militare irrisolvibile(2) , e quindi si preferi’ seguire la soluzione che accontenta piu’ gente. In questo modo, eventualmente a ribellarsi sarebbe la minoranza scontenta, il che rende militarmente risolvibile il problema: il mio esercito ha la maggior parte delle risorse perche’ e’ mantenuto dalla maggioranza dei soddisfatti, quindi puo’ vincere la rivoluzione stroncandola.

I farlocchi stanno per dire: ma ci sono dei principi fondanti della democrazia. Vero. Ma non si tratta di principi “superiori” , bensi’ di principi necessari, o ritenuti tali. Atene era una democrazia pur avendo 5000 persone parte dell’ “ekklesía” su una popolazione di oltre un milione, popolazione che non aveva accesso all’agora’ per il 99.9%(3). Dunque, la rappresentativita’ assoluta NON e’ indispensabile . Cosi’ come Atene dei diritti umani se ne fotteva, dunque nemmeno i diritti umani sono necessari ad una democrazia. Per non parlare della liberta’ di stampa e di opinione: vi bastava dire ad un giovinetto che il dio-cinocefalo degli egizi era piu’ figo di quello cittadino per essere messi a morte, scusa che fu usata contro Socrate.

Dunque, di fatto i principi fondanti di una democrazia sono identificati come quelli che permettono alla democrazia di reggersi. Niente di piu’. Nella situazione in cui la liberta’ di stampa e’ ritenuta indispensabile per il voto, allora avremo la liberta’ di stampa: se possiamo raggruppare tutti i votanti in una piazza , far fare un comizio ai due candidati e questo basta ad informare gli elettori (come capitava nell’ Agora’ o nel sistema svizzero di qualche secolo fa(4) ), i giornali possono anche fottersi.

Tornando a bomba, quindi, abbamo due situazioni:

  • Teocrazia: sappiamo cosa sia giusto e cosa sbagliato, o abbiamo qualcuno che lo sa, quindi non ci serve il parere di nessuno.
  • Democrazia: NON sappiamo cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, e quindi chiediamo alla gente cosa ne pensi.

Va da se’ che le due cose siano mutuamente esclusive: se accettiamo la democrazia, allora non esiste e non puo’ esistere alcun “giusto” o “sbagliato” definito a priori, altrimenti sarebbe sufficiente una teocrazia di chi sa distinguere “giusto” da “sbagliato”.

L’italia e’ stata una teocrazia per secoli, o forse sarebbe meglio dire che sia stata vittima di una teocrazia per secoli: questo significa che nelle menti di molti alberga, come residuo culturale, l’idea fondante della teocrazia, ovvero “sappiamo cosa sia giusto e cosa sbagliato”.

Dal momento che sappiamo cosa sia giusto e cosa sbagliato, allora possiamo dire che “destra” sia sbagliato perche’ significa “egoismo” e “individualismo”, cosa che sappiamo essere sbagliata. Ma in questo caso non ci serve la democrazia, perche’ ci basta una teocrazia che vieti individualismo ed egoismo.

Essere in una democrazia significa invece assumere che NON SAPPIAMO se individualismo ed egoismo siano sbagliati o meno, e quindi chiediamo alla gente: e se la maggior parte e’ felice di essere individualista ed egoista, allora le cose stanno esattamente cosi’.

In una teocrazia, se assumiamo che un mitologico “estero” sia una divinita’, possiamo definire che sia giusto tutto quello che fanno in questo mitologico “estero” e sbagliato cio´ che NON fanno. A quel punto basta fare come loro. Ma questa e’ ancora una teocrazia che usa “estero” come divinita’, o perlomeno come rivelazione: non abbiamo bisogno di votare per sapere come fanno “all’estero”.(5)

Se invece vogliamo una democrazia, e’ perche’ NON sappiamo se come fanno all’estero sia giusto, e vogliamo chiedere alla gente: in tal caso, pero’, viene meno il presupposto della teocrazia: poiche’ non sappiamo cosa sia “giusto” e cosa sia “sbagliato” evidentemente dobbiamo credere alla sovranita’ popolare.

Cosi’, in una democrazia dire che la Bindi e’ piu’ bella che intelligente nel diritto di liberta’ di espressione, e non ha violato proprio niente: in una teocrazia invece possiamo definire una “rivelazione” che dice “non dirai ad una donna che e’ brutta”, e a quel punto chi lo fa sbaglia.

E c’e’ di piu’: in una democrazia, se anche esistesse una legge che vieta di dire alle donne che sono brutte, la maggioranza potrebbe cambiarla. LA costituzione, per dire, puo’ essere cambiata mediante due voti del parlamento a distanza di 4 mesi con i 2/3 dei voti a disposizione. Il che significa che se davvero i cittadini sono d’accordo, e’ possibile modificare anche questo.

In una teocrazia, invece, le scritture sacre sono quelle, e non si cambiano.

Cosi’, quella che stiamo vedendo e’ in realta’ una delle ultime conseguenze della storia teocratica del paese. A sinistra e’ diffusa una religione, che parla di “valori”, di “rispetto”, e di tutta un’altra serie di feticci mitologici. Per motivi di ordine religioso, a sinistra si ritiene che nemmeno il voto possa andare contro questi principi. Cosi , sempre per ragioni di tipo religioso, si decide che sia scontato che “egoismo” e “individualismo” siano “male”, a prescindere dalla decisione della maggioranza.

Questi sono residui della cultura teocratica cattolica: esiste da qualche parte un “alto” ente per il quale alcune cose sono definite come “assolutamente vere”. Ma se cosi’ fosse non avremmo bisogno della democrazia, dal momento che basterebbe fare quel che dice tale “ente”.

E questo e’ esattamente l’ideale della sinistra odierna: trasformare la democrazia in una teocrazia, nella quale la rivelazione sarebbe la percezione delle idee della sinistra. Poiche’ esse hanno validita’ di rivelazione, e’ chiaro che se la pensi diversamente e’ perche’ sei escluso dalla rivelazione , e quindi il tuo destino e’ l’inferno.

Per questa ragione, il furore delle persone di sinistra somiglia molto al furore dei religiosi fanatici quando vedono violato il loro feticcio preferito: come hai OSATO? Eh, in democrazia posso osare il cazzo che mi pare: se decido che si possa dire che la Bindi e’ piu’ bella che intelligente, o che si possa dire che Berlusconi e’ un buffone , o sfottere Brunetta perche’ e’ un nano, o dare della pompinara alla Carfagna in un comizio, o qualsiasi cosa, allora e’  va bene cosi’.  Ma ci vuole la maggioranza.

Quello che l’uomo di sinistra fa e’ partire invece dai presupposti della teocrazia: esistono “principi” o “idee” che sarebbero superiori anche alla sovranita’ popolare. Poiche’ tali cose sono rivelate ad una specifica casta di persone, “gli intellettuali”, e’ chiaro che basta fare come dicono  tali sacerdoti, “gli intellettuali”, per fare la cosa giusta. Perche’ dovremmo fare le elezioni? Per lo stesso motivo per il quale al Papa piace avere la gente che ascolta la sua messa: ai sacerdoti piace venire adorati.

Cosi’, ci si scontra sempre con questa sinistra teocratica ogni volta che si fa loro presente che loro non rappresentano un’idea speciale, importante, obbligatoria o migliore, ma semplicemente una qualsiasi tra le tante. E che a decidere , in democrazia, sia la maggioranza.

Se invece si presume che la tale idea sia speciale, importante, obbligatoria o migliore a tal punto da prevalere sulla volonta’ popolare, allora stiamo facendo una cosa che si chiama “teocrazia”. E se lo facciamo, non possiamo piu’ dirci democratici.

Uriel

(1) Non vedo perche’ si potrebbe basare una teocrazia sulla Bibbia e non su Topolino, visto che alla Disney sono dei professionisti molto migliori. Insomma, non e’ che Basettoni abbia qualcosa da invidiare ad Abramo, eh.

(2) Gli eserciti potrebbero anche vincere le rivoluzioni, a patto di sterminare il popolo. E morire poi di fame perche’ nessun popolo mantiene piu’ l’esercito.

(3) Inizialmente la cosa aveva sfondo tribale, e solo i nobili avevano accesso. Dopo la riforma timocratica di Solone, anche i ricchissimi poterono accedere e votare.

(4) Gli svizzeri sostengono che il loro sistema togliesse il diritto di voto alle donne perche’ nelle piazze, ove inizialmente si votava,  non ci stavano anche loro. Questa motivazione ha senso solo se le donne svizzere occupano piu’ spazio degli uomini, o se qualche legge fisica vieta di fare piazze piu’ grandi. Qualcuno ha delle statistiche sulla superficie occupata dalle donne svizzere?

(5) Mi spiace dirvelo, ma se applicassimo in Italia il “Blut und Ehre” come in Germania, Fini si scorderebbe di dare qualsivoglia cittadinanza agli immigrati. Idem se, come a Londra, pretendessimo che un immigrato abbia un conto in banca per poter lavorare, e perche’ abbia un conto in banca gli chiedessimo la ricevuta dell’ ICI e una copia del contratto di lavoro che andra’ a firmare. Anche questo e’ “estero”.

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