La storia di un metodo.

Dopo la questione dei due post sull EROEI cui ho chiuso i commenti, ho ricevuto una valanga di email. Esse oscillano tra il ridicolo e il rabbioso, quindi nessuna di loro avra’ risposta. Vedo che solo UNA persona ha cercato di calcolare il conto economico della centrale che ho proposto come esempio, il resto ha tirato fuori le tipiche affermazioni forfettarie e analogiche degli umanisti, per cercare di contestare una questione che puo’ essere affrontata solo coi numeri.

Perche’ questo e’ il problema: la valutazione della resa energetica e’ materia di quantita’, cioe’ di cardinalita’; non esiste alcun metodo qualitativo (tantomeno dialettico) per affrontarla. Poiche’ le quantita’ seguono regole piuttosto precise, non e’ possibile occuparsene un tanto al chilo, o senza scrivere formule. Quindi, dirmi che ci sarebbero costi immensi di produzione di una materia prima senza farmi vedere uno straccio di bilancio economico nel quale tali costi appaiano, e’ semplicemente fuffa.
Altri mi chiedono perche’ mai io abbia scelto un argomento del genere, e quel particolare approccio.
L’ho fatto perche’ in molti anni di blog mi sono scontrato con quelli che troppo spesso sono dei catafalchi dialettici, e che (spesso a sinistra, ma molto spesso in tutta l’area rossobruna) sono presentati come dati certi, scientifici, inoppugnabili, metrici ed esatti.
Il guaio e’ che se ci ficchiamo dentro le mani e vediamo cosa siano questi dati, otteniamo che non sono metrici, non sono scientifici, non sono inoppugnabili e neanche esatti.
Tutto inizio’ con il PIL. Esso veniva presentato come la misura esatta della ricchezza prodotta dal paese, e ogni politica (come quella EU) che calcoli il rapporto tra debito e PIL sembrava sensata. Specialmente a sinistra questo dato veniva presentato come una pietra miliare dell’economia , una prova certa di buona conduzione.
Bene. A quel punto ficcai le mani dentro il PIL, e vidi che esso viene calcolato come la somma algebrica di tutti i movimenti contabili di bilancio , sempre considerati positivi. Il che significa che e’ un dato che descrive la produzione moltiplicata per l’entropia media: se il valore 10 viene venduto da A a Z , allora il PIL e’ 20. Se viene venduto da A a B a C a Z, il PIL e’ 60.
Come conseguenza, la creazione di una classe di  intermediari in piu’ e’ aumento del PIL. E’ facilissimo per un governo barare sul PIL, semplicemente creando nuovi layer di intermediari. Cosi’, il rapporto DEFICIT/PIL e’ un parametro del cazzo: una nazione ove sia permesso al produttore di vendere direttamente al consumatore potrebbe avere un PIL inferiore ad una nazione che produce meno ricchezza ma impone che di mezzo ci sia un grossista.
Cosi’, il rapporto tra debito e PIL e’ una misura , di per se’ stessa, che non misura proprio niente, perche’ il PIL della nazione A non e’ paragonabile al PIL della nazione B, essendo il numero di intermediari diverso. Il criterio di Maastricht, quindi, e’ forfettario ed opinabile, esistendo indici piu’ precisi per la valutazione, quali il CGI e l’ ISEW.
Fatto questo, il dubbio ha iniziato ad attenagliarmi. Quanti “dogmi” ci siamo sciroppati, in tutti questi anni? Quante persone ci hanno fatto cadere dall’alto delle verita’ assolute, inopinabili, esatte, magari infarcite di terminologie che sembrano scientifiche, con l’aria di quelli che hanno capito e che hanno saputo, e magari sitratta di dati privi di fondamento?
La seconda “verita’ assoluta” con la quale mi sono scontrato, in discussioni asprissime, e’ quella secondo la quale la UE avrebbe aumentato le performances dell’economia continentale, fornendo vantaggi a tutti. La verita’ e’ che non c’e’ traccia alcuna di tali vantaggi negli andamenti destagionalizzati degli indici economici.
Se parliamo di “vantaggi di sistema” dovremmo vederli da qualche parte: ma ne’ gli indici di produttivita’ globali ne’ quelli delle singole nazioni hanno subito variazioni che siano in correlazione con i passaggi del processo di unificazione. Di questi “vantaggi certi” dell’unificazione, religioni che vengono spiegate con aria saccente a chiunque osi contestarle, non si vede traccia in nessun bilancio economico. In che cosa, dunque, consisterebbero?
La risposta e’ un’ipotesi, ed e’ il terzo moloch incontestabile ed assoluto che ci viene proposto di continuo: senza la UE, saremmo andati al default. In realta’, a dirlo sono Prodi, Ciampi e Amato.
Esistono anche giornali stranieri che lo affermano, ma tutti fanno riferimento alle parole di questo trio. In pratica, Prodi, Amato e Ciampi dicono che senza la loro decisione saremmo andati in default, e l’unica prova e’ la loro parola. La parola di coloro che con tale parola giustificano il proprio operato. Non mi sembra affatto una verita’ incontestabile, specialmente perche’ il default argentino e’ stato ACUITO dal fatto che l’ Argentina fosse legata ad una moneta forte come il dollaro, perche’ al momento del detach forzato l’inflazione e’ stata del 330%, costringendo tutti i cittadini a ritirare i risparmi per arrivare a meta’ del mese, cosa che ha prodotto il collasso delle banche. Come se non bastasse, nessuna teoria economica lega la solvibilita’ del debito pubblico alla valuta in uso.
Dunque, questa religione si basa sul nulla. Non solo non e’ scritto da nessuna parte che entrare nell’euro ci abbia riparati dal default, o che possa averlo fatto, ma non c’e’ nessuna prova davvero ficcante di questo ipotetico rischio di default.

Tutti questi dati vengono “calati dall’alto” sotto forma di cose risapute, di tecnicismi che ogni persona che osa aprire bocca dovrebbe conoscere (e naturalmente approvare), e se tu non ragioni in questi termini sei un idiota o un ignorante.

Peccato che tutti questi castelli di carte rimangano in piedi solo fino a quando una persona non si mette di buzzo buono a leggere dati, e va a ficcare il naso nelle fondamenta di questo castello. Cosi’, Maastricht e’ il risultato di un accordo politico che puzza di compromesso tra i paesi membri, non c’e’ mai stato alcun rischio serio di default per l’ Italia negli anni ’90, e anche se fosse stato entrare nell’Euro non sarebbe stata una soluzione cosi’ come non lo fu la dollarizzazione argentina, e il PIL non rispecchia la ricchezza prodotta ma solo l’entropia nei movimenti contabili.
Ovviamente il processo puo’ continuare, e questa volta e’ toccato all’ EROEI. Quando si parla di nucleare, centinaia di farlocchi scendono immediatamente in campo gridando che l’ EROEI di qui ed i costi di la’.  Dicono che globalmente il bilancio energetico di “tutte” le energie (senza specificare quali) sarebbe a sfavore del nucleare, citano improbabili studi come prova (e poi se leggi questi studi , essi dicono tutt’altro) , eccetera. Questi numeri vengono presentati come esatti, metrici, standardizzati, universalmente accettati.
Ho letto parecchio su queste pubblicazioni “scientifiche” , e quello che ho visto e’ che non esiste alcun metodo standardizzato per fare questi calcoli, non c’e’ alcuna formula. Come se non bastasse questo dato non e’ metrico, non e’ esatto, e non puo’ quindi venire usato per comparazioni o valutazioni quantitative. Anzi, i suoi presunti usi contengono numerosi errori logici, come quello di usare un metodo qualitativo per fare calcoli quantitativi.
Come si sa da 3000 anni circa, questo metodo soffre del paradosso del sorite, il paradosso del mucchio: se da un mucchio di riso tolgo un chicco, ho ancora un mucchio di riso. Sul piano qualitativo, la mia quantita’ e’ ancora un mucchio. Ma se ragioniamo sul piano quantitativo, quando avro’ tolto tutti i chicchi dal mucchio, non avro’ piu’ un mucchio: dunque, l’affermazione secondo la quale “mucchio -1 = mucchio”, che qualitativamente sembra sensata, non lo e’ sul piano quantitativo.
Ci vogliono, insomma, i numeri.
Ogni ragionamento che tenti di usare metodi qualitativi per esaminare problemi quantitativi soffre inevitabilmente di questo errore logico, e produce conclusioni necessariamente errate. Di conseguenza ,  quando vedo mescolare affermazioni qualitative del tipo “ma per fare l’uranio occorrono energie NON elettriche che aggiungono costi”, e non ci sono numeri, e non si capisce perche’ questi costi non facciano parte del prezzo dell’uranio , perche’ “i francesi se li trovano in bolletta”, senza spiegare come mai la bolletta francese sia ugualmente conveniente sul piano quantitativo, beh: simili metodi mi fanno andare in bestia.
Sono prese per il culo. Belle e buone.
Ci sono questi cialtroni che si mettono in posa sputando dati qualitativi ma quantitativi, inventandosi che una stima non sarebbe una cosa esatta, che neanche un indice lo e’, e che una quantita’ si possa calcolare senza aver mai deciso come si calcoli. In pratica, e’ come se invece di scrivere, che so io:

F= m*a

noi andassimo a scrivere

F = “qualcosa che cambia a seconda”

che non e’ una formula, ma poi pretendessimo che la formula sia ugualmente valida, esatta e metrica.
La superficialita’ di questi cialtroni e’ tale che non si accorgono neanche delle argomentazioni quantitative che potrebbero presentarsi loro: poiche’ da bravi umanisti pensano che “la matematica e’ fredda” e non si sono mai degnati di prendere in mano dei numeri, non si accorgono neanche delle argomentazioni a loro favore.
La centrale nucleare che ho proposto loro come esempio era una centrale SPERIMENTALE a Torio. Essa ha lavorato per un totale di 400 giorni, poco piu’ di un anno, su dieci anni di vita. Essendo gia’ costosa di suo perche’ sperimentale, ed avendo lavorato solo il 10% del tempo, il costo finale dell’energia e’ stato 15 volte piu’ alto della media.
Il che significa, al conto economico, che si trattava di un argomento quantitativo a mio SFAVORE. Eppure, nonostante io abbia chiesto di prendere in esame quel caso, nessuno dei farlocchi che mi contestavano (tranne uno, che ha sbagliato i calcoli ma almeno ci ha provato: il costo totale per Kwh e’ stato di 1,21 Euro, non 80 centesimi come calcolato) ha avuto l’onesta’ intellettuale di prendere i dati e fare una divisione. Solo uno.

Il principale contestatore, invece, che aveva l’aria saccente di chi viene a dare lezioni, ha tirato dritto : ha tirato dritto perche’ non ha la piu’ pallida idea di come si calcoli la quantita’ che accusa me di non saper calcolare, e come se non bastasse pensa che una “stima” e un “indice” siano ipso facto valori senza alcun intento quantitativo. Il ragionamento tipico del farlocco sparapose di fronte alla richiesta di VERI numeri.

E questo nonostante l’esempio avrebbe dato ragione a lui: non si e’ nemmeno accorto dell’ordine di grandezza dei numeri. Se la centrale avesse lavorato a quel ritmo per tutti gli anni della sua vita il costo sarebbe stato di 0.08 euro/Kwh, e avrebbe prodotto non tre miseri terawattora, ma quasi cinquanta terawattora. E per saperlo bastava moltiplicare per il numero di giorni la capacita’ dichiarata della centrale!

Se una persona arriva qui con l’aria di uno che sa perfettamente cosa sia un EROEI e si permette di argomentare , con quell’aria presuntuosa che e’ tipica della sinistra, che io dovrei “capire” l’EROEI, beh, almeno vedi di accorgerti se una centrale ha un output piu’ piccolo di un ordine 10 rispetto a quanto atteso, per dire. Invece il tipo mi ha detto che la “storia di successo” di questa centrale sia stata dovuta al fatto che “e’ risaputo che l’ EROEI del nucleare sia alto”, proprio ed esattamente in un esempio che dimostrava un caso contrario, e neanche il fatto che IO abbia detto che la centrale fu chiusa perche’ troppo costosa lo ha insospettito: il professore ci ha spiegato che la “storia di successo” di quella centrale fu dovuta al fatto risaputo che l’ EROEI sia alto. Peccato che in quel caso sia stato esattamente il contrario , ma il professore non si degna di farci vedere quanto e’ bravo a calcolare questa cifra: si limita a prendere la penna rossa e correggere gli altri.
Invece,come accadeva per il PIL, come accadeva per il “default”, come accade per Maastricht, come accade per ogni cosa che “e’ risaputa”,  c’e’ questa torma di farlocchi, capace solo di ragionamenti qualitativi, che continua a far cadere dall’alto cose che non sono ne’ risapute ne’ scontate ne’ universalmente accettate come verita’ assolute.
Cosi’, a volte mi diverto a far notare questo fatto. Mi piace, e lo faro’ sinche’ non si avra’ il coraggio di spaccare il guscio di supponenza e presunzione di questa gente per vedere quanto deboli siano le loro certezze, il coraggio di guardare davvero il Re e notare che e’ nudo.
Uriel

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